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A Milano il profilattico non va più di moda, interviene il Comune con il progetto “A Luci Accese”

È allarme profilattici a Milano: meno di un giovane su due li utilizza abitualmente, con una percentuale del 43%, in drastico calo rispetto al 57% del 2019.

I dati emergono dall’Osservatorio Giovani e sessualità 2023 realizzato da Durex in collaborazione con Skuola.net e sono arrivati fino a Palazzo Marino. Le cause dello scarso utilizzo del profilattico a Milano sono diverse, anche se, come ricordano gli autori dello studio, “non esistono scuse per non utilizzarlo abitualmente, ma solo innumerevoli rischi”:

scarsa educazione sessuale: l’educazione sessuale nelle scuole non è ancora obbligatoria in Italia, e questo può influenzare negativamente la consapevolezza dei giovani riguardo all’importanza del profilattico;
tabù e imbarazzo: molti giovani si sentono imbarazzati o non a proprio agio nel parlare di sesso e contraccezione con adulti o coetanei;
disponibilità e accessibilità: non sempre i profilattici sono facilmente reperibili o gratuiti per i giovani (non a caso il Canada li ha resi gratuiti per nove milioni di donne)

L’educazione sessuale a scuola

La scarsa educazione sessuale ha una serie di effetti corollari pericolosi.
Innanzitutto, il 39% dei ragazzi intervistati crede che il coito interrotto sia una pratica efficace per evitare gravidanze indesiderate e persino infezioni sessualmente trasmissibili. Non sorprende, quindi, che oltre un ragazzo su due (53%) non sappia riconoscere le infezioni sessualmente trasmissibili (Ist).

L’ignoranza tocca anche i risvolti pratici della faccenda, come dimostra il fatto che il 41% dei ragazzi non sa come si indossa un preservativo.

Chi lo sa fare, lo ha imparato “sul campo”, non certo a scuola o in corsi ad hoc, con l’evidente rischio di indossarlo senza seguire tutte le accortezze del caso (si pensi ad esempio alla necessità di tenere “tirata” la punta del profilattico mentre lo si indossa, dettaglio trascurato da molti giovani).

L’Osservatorio dimostra che proprio durante la fase centrale della formazione, i giovani hanno la loro prima esperienza sessuale. Per l’81% degli intervistati la prima volta arriva un po’ prima dei 19 anni, con una frequenza concentrata tra i 17 e i 18 anni. Non è trascurabile il fatto che un ragazzo su dieci (11%) abbia avuto la sua prima esperienza sessuale prima di compiere 13 anni.

Il tutto mentre la scuola tratta ancora l’argomento come un tabù, lasciando che i rischi si moltiplichino. Eppure, se fosse per i giovani la situazione sarebbe ben diversa: il 94% degli intervistati ha dichiarato che vorrebbe l’educazione sessuale a scuola, obbligatoria o facoltativa, come già avviene in altri Paesi europei. Secondo quanto riportato dal Report-GEM dell’Unesco 2023, solo 6 Paesi europei non hanno ancora disposto programmi formali e obbligatori di educazione affettiva e sessuale nelle scuole. E tra questi c’è l’Italia.

Se non è il banco, è lo schermo

“Vietato giocare a palla”, sanciva perentoriamente un cartello affisso su un muro a Milano. “E allora noi ci droghiamo”, scrisse qualcuno più sotto con un pennarello. Morale: i divieti possono fare molto male, soprattutto quando vengono imposti e non condivisi. Figurarsi poi quale possa essere sui giovani l’effetto della mancata educazione sessuale tra i banchi di scuola.

Nel frattempo, Papa Francesco paragona i profilattici alle armi: “Danno reddito, come le fabbriche delle armi sono investimenti redditizi, ma impediscono la vita”, ha detto il Pontefice, ospite degli Stati Generali della Natalità. Bergoglio ha quindi aggiunto “C’e un dato che mi ha detto uno studioso della demografia: in questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e i contraccettivi: uno distrugge la vita, l’altro impedisce la vita”.

Le conseguenze della mancata educazione sessuale sono già scritte, l’Osservatorio Durex-Skuola.net le fissa con i numeri:

internet è la fonte più utilizzata dai giovani per informarsi sulla materia sessuale (45% degli intervistati);
un giovane su due (51%) ha avuto esperienze di sexting: l’invio di testi ma soprattutto foto o video sessualmente esplicite tramite internet, quasi sempre sullo smartphone.

Su quest’ultimo punto giova sottolineare che per molti il consenso di entrambe le parti è condizione necessaria e sufficiente ad evitare problemi, ma in realtà non è proprio così. “Come quelle in carne ed ossa – scrivono gli autori del rapporto – anche il sesso digitale può presentare dei rischi: contenuti inizialmente privati possono diventare pubblici”.
Al termine del rapporto sentimentale, il sexting può facilmente e crudelmente trasformarsi in revenge porn, fenomeno che in alcuni casi ha portato al suicidio della vittima.

Perché si preferisce internet

Il tabù che serpeggia nella istruzione è lo stesso che si alimenta nella società, nelle famiglie, arrivando nelle teste di milioni di ragazze e ragazzi. Infatti, alla domanda “Perché preferisci usare Internet per informarti sulla materia?”

Uno su tre (32%) spiega di cercare risposte sul web perché così evita l’imbarazzo;
Il 29% lo preferisce perché è semplicemente più veloce;
il 26% perché è abituato a trovare online tutte le risposte.

Il quadro diventa negativo soprattutto perché in Italia c’è poco formazione non solo sessuale ma anche digitale: spesso i giovani non considerano la fonte, ma solo la informazione. Mai come in questi casi, saper scegliere le fonti giuste può rivelarsi fondamentale. Le fonti migliori sono nel mondo offline e si chiamano medici, urologi e ginecologi.

Le malattie sessualmente trasmissibili

Secondo un report pubblicato a luglio 2023 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, 1 milione di persone al mondo ogni giorno contrae una infezione sessualmente trasmissibile (Ist), la maggior parte delle quali è asintomatica.

Nonostante il 76% dei giovani intervistati dall’Osservatorio siano consapevoli che alcune Ist possono essere asintomatiche, il 72% di chi ha avuto rapporti sessuali completi non ha mai fatto uno screening, che rappresenta l’unica via per sapere se abbia contratto un’infezione. Ogni anno oltre 300.000 donne perdono la vita a causa del cancro alla cervice associato a infezioni da Papilloma Virus (Hpv).

I dati dell’Istituto superiore di sanità dimostrano che negli ultimi anni sono aumentati i casi di Ist in Italia. Dopo un trend costantemente in aumento dal 2004 al 2016 (+72%), dal 2017 si è rilevata una diminuzione del numero delle persone con una Ist confermata, molto evidente – tra il 2018 e il 2020 – tra gli uomini eterosessuali.
Tuttavia, tra il 2021 e il 2020 i casi segnalati sono aumentati di quasi il 18%, soprattutto per quanto riguarda clamidia, gonorrea e sifilide primaria e secondaria, e in particolare nei rapporti omosessuali tra uomini (MSM, +23,2%). Chiaramente, il 2020 è stato un anno statisticamente particolare per le restrizioni anti-Covid.

Per quanto riguarda l’Hiv, nel 2021 si è attestata tra i giovani con una Ist del 14,7%, circa settanta volte più alta di quella stimata nella popolazione adulta italiana. Insistere sull’uso del profilattico diventa quindi determinante.

Milano con Durex: ecco il progetto “A Luci Accese”

Mosso da questa convinzione, il Comune di Milano ha iniziato a collaborare con la casa farmaceutica multinazionale Reckitt Benckiser Healthcare Italia e con Durex per promuovere il progetto “A Luci Accese” per l’anno scolastico 2024-2025, annunciato il 7 maggio scorso.

Il progetto consisterà in un corso di educazione sessuale e affettiva nelle scuole superiori della città e nella realizzazione della nuova edizione dell’Osservatorio “Giovani e Sessualità” sul territorio di Milano.

Martina Riva, assessore a sport, turismo e politiche giovanili, ha ringraziato le aziende partner per aver “voluto mettere a disposizione della città e della comunità di Milano la loro esperienza e la loro conoscenza”.

Una sinergia pubblico-privato per costruire una società migliore e diffondere il sesso sicuro: “La partnership con il Comune di Milano è un passo avanti cruciale e significativo nella missione di Durex di promuovere una sessualità libera, protetta e consapevole e nel diffondere l’importanza dell’educazione affettiva e sessuale tra i giovani”, ha spiegato Paolo Zotti, Amministratore Delegato della Reckitt Italia.

Come visto, il Belpaese è in netto ritardo sul tema dell’educazione sessuale nonostante le Ist siano in aumento e anche i giovani chiedano di introdurre questi corsi a scuola. Laura Savarese, Direttrice Affari Regolatori e Relazioni Esterne della stessa multinazionale, si auspica che “A Luci Accese” sia da esempio per il prossimo futuro: “Ci auguriamo che questo possa essere solamente un primo passo d’ispirazione per altre realtà, locali e nazionali, a intraprendere un percorso di educazione alla sessualità e all’affettività rivolto ai più giovani”.

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Dal trattamento dell’obesità a quello della fertilità, il...

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gravidanza pancioni

I nuovi farmaci agonisti del recettore del GLP-1 (GLP-1RA) stanno rivoluzionando il trattamento di diabete e obesità. Oltre ai benefici metabolici, recenti segnalazioni hanno evidenziato un curioso effetto collaterale: un aumento del tasso di concepimenti tra le donne in terapia, tanto che sui social media i neonati concepiti durante l’assunzione di questi farmaci sono stati soprannominati “baby Ozempic”. Secondo la Società Italiana di Diabetologia (SID), queste molecole agiscono su un ormone umano naturale, il peptide simile al glucagone 1 (GLP-1), che regola l’appetito e i livelli di zucchero nel sangue.

Peso, fertilità e sistema riproduttivo

Le terapie a base di GLP-1RA (come liraglutide, dulaglutide, semaglutide e tirzepatide) potrebbero influenzare la fertilità in modo indiretto attraverso la perdita di peso o, in alcuni casi, tramite un’azione diretta sul sistema riproduttivo. Gli esperti della SID ipotizzano anche che questi farmaci possano interferire con l’assorbimento dei contraccettivi orali, riducendone l’efficacia e aumentando il rischio di gravidanze non pianificate.

La dottoressa Veronica Resi, coordinatrice del Gruppo di Studio congiunto SID – AMD Diabete e Gravidanza, sottolinea come la perdita di peso abbia effetti positivi sulla fertilità. “Una riduzione del 5% del peso corporeo migliora significativamente la probabilità di concepimento. L’elevato peso pre-gravidico è un predittore di sovrappeso e obesità nei figli, con un impatto intergenerazionale”.

Ovaio policistico e nuove opportunità terapeutiche

Tra le cause di infertilità, la sindrome dell’ovaio policistico è una delle più comuni, interessando circa il 10-12% delle donne. Questa condizione è spesso associata a elevati livelli di insulina, che alterano l’equilibrio ormonale e ostacolano l’ovulazione. Le linee guida 2023 sul trattamento della PCOS includono i farmaci GLP-1RA come opzione terapeutica.

Gli esperti sottolineano che l’uso di questi farmaci può rappresentare un valido supporto pre-concepimento, anche per le donne che ricorrono a tecniche di procreazione medicalmente assistita. Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere appieno i meccanismi attraverso cui queste terapie influenzano la fertilità.

Consigli e precauzioni per la gravidanza

Gli esperti della SID raccomandano di sospendere i farmaci GLP-1RA almeno due mesi prima del concepimento o un mese nel caso della tirzepatide, in linea con le indicazioni dei produttori. Se la gravidanza è già avviata, l’interruzione immediata del trattamento è fondamentale, poiché gli effetti sui feti non sono ancora del tutto noti.

“Il trattamento dell’obesità deve essere affrontato in modo multifattoriale”, spiega la dottoressa Raffaella Buzzetti, presidente della SID. “Un piano che includa counseling nutrizionale e supporto psicologico è essenziale per prevenire il rapido recupero del peso perso dopo la sospensione dei farmaci GLP-1”. Questo aspetto è cruciale non solo per la salute materna, ma anche per il benessere del nascituro. “Numerosi studi infatti hanno sottolineato che dopo la sospensione dei trattamenti con GLP-1 si può verificare un recupero del peso, un rischio da contenere per i potenziali effetti negativi su mamma e bambino. Sono quindi necessarie discussioni aperte sul desiderio di maternità nelle pazienti in età fertile obese valutando il progetto a 3-5 anni, fertilità e contraccezione devono essere argomenti da considerare attentamente negli studi medici insieme all’informazione che un minore Bmi materno è associato ad una migliore salute dei figli”, conclude Buzzetti.

Un eccesso di peso durante la gravidanza può aumentare il rischio di complicazioni come diabete gestazionale, ipertensione e necessità di parto cesareo. Sebbene i difetti congeniti nei neonati siano meno preoccupanti, la salute metabolica della madre ha un impatto diretto sulla prole. Un indice di massa corporea (BMI) più basso è infatti associato a una migliore salute nei figli.

Le evidenze attuali aprono nuove prospettive per il trattamento combinato di obesità, diabete e fertilità. Tuttavia, la scelta terapeutica deve essere attentamente personalizzata, considerando non solo gli obiettivi di salute a breve termine, ma anche i progetti di vita delle pazienti. La discussione sul desiderio di maternità, insieme alla pianificazione di strategie contraccettive efficaci, dovrebbe diventare parte integrante della consulenza medica per le donne in età fertile.

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Nasce nella sala parto 6, riposa nel letto 6 della stanza...

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Neonato Fa Smorfie

“È un angioletto, non un diavolo. Dopo il biberon si addormenta e non ci ha mai fatto passare una notte insonne”. Una frase che lascerebbe indifferenti, se non fosse che il bambino in questione si chiama Lucifero (Lucifer). A scegliere questo nome è stata una coppia della piccola cittadina del North Yorkshire, ma alla base non c’è l’adorazione per Satana.

Perché hanno chiamato il figlio Lucifero

Stefan, 27 anni, e Jess, 25 anni, hanno scelto il nome “Lucifer” pensando al significato etimologico di “portatore di luce”, dal latino lux-lucis (luce) + ferre (portare). A ispirarli, come hanno dichiarato, è stata la celebre serie TV Netflix Lucifer, dove il protagonista, interpretato da Tom Ellis, dà vita a una versione carismatica e ironica della figura diabolica.

A rendere tutto più intrigante (o inquietante, a seconda dei punti di vista) ci ha pensato anche una coincidenza numerica curiosa: il bimbo è nato nella sala parto numero 6, prima di essere trasferito nel letto 6 della stanza 6 all’interno del reparto di Ostetricia (formando 666, ovvero il ‘numero del diavolo’). La coppia assicura di aver scelto il nome già prima di questa coincidenza: “Abbiamo deciso questo nome appena abbiamo scoperto che stavamo aspettando un bambino,” ha dichiarato Stefan.

E, come a voler sfatare ogni stereotipo negativo legato al nome, i genitori hanno descritto Lucifer come il bambino più tranquillo che si possa immaginare: “È un angioletto, non un diavolo. Dopo il biberon si addormenta e non ci ha mai fatto passare una notte insonne”.

Le critiche della comunità

L’annuncio del nome, reso pubblico nel contesto della tradizionale rassegna di fine anno sui neonati, ha suscitato una pioggia di reazioni sui social media. Molte critiche sono arrivate dalle generazioni più anziane, che hanno sollevato dubbi sull’impatto di questo nome sul futuro del bambino: “Che succederà quando andrà a scuola? Come affronterà il giudizio degli altri?”.

Non meno contestata è stata la decisione di chiamare il piccolo Gery come secondo nome, in onore dello zio defunto della madre.

La madre, rispondendo alle critiche, ha sottolineato che il Regno Unito non pone limiti sui nomi, se non per parole volgari o inappropriate: “Ci è stato suggerito di chiamarlo Romeo, visto che sua sorella si chiama Giulietta. Ma sarebbe stato molto peggio di Lucifero”.

Un precedente simbolico e il dibattito sulle scelte dei nomi

L’episodio riapre una riflessione sui diritti dei genitori nella scelta dei nomi per i propri figli e sull’equilibrio tra libertà personale e conseguenze culturali o sociali. Nel Regno Unito, a differenza di altri Paesi, non esistono regolamentazioni stringenti in materia. In Francia, ad esempio, le autorità possono intervenire se un nome viene considerato lesivo per il benessere del minore, così come in Italia.

Sarebbe legale in Italia?

In Italia, chiamare un bambino “Lucifero” sarebbe illegale. La legge italiana vieta l’assegnazione di nomi che possano arrecare pregiudizio morale o che siano ridicoli, vergognosi o offensivi. Nomi come Lucifero e Satana rientrano in questa categoria, poiché possono essere associati a connotazioni negative legate alla religione e alla cultura. Allo stesso modo, chiaramente, non si può chiamare il proprio figlio “Dio”, “Gesù” o simili.

Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 396/2000, i nomi devono rispettare specifiche regole per garantire la dignità del bambino. I nomi che possono causare imbarazzo o derisione sono esplicitamente vietati. Una questione simile è stata sollevata nel nostro Paese in occasione del ragazzo di origini ghanesi chiamato “Silvio Berlusconi Boahene”, in onore del Cavaliere. Se nel caso del ragazzo di origini ghanesi nato a Modena la scelta è lecita, non sarebbe stato lo stesso per “Lucifero”.

Non c’è un elenco completo dei nomi vietati, ma delle regole che stabiliscono quali sono i nomi vietati in Italia:

  • Nomi dei genitori o dei fratelli, anche se preceduti da junior, come spesso accade oltremanica;
  • Nomi ridicoli o che possano provocare senso di vergogna al figlio;
  • Nomi di personaggi storici controversi come “Benito”, “Adolf” e “Osama” (in riferimento a Mussolini, Hilter e Bin Laden);
  • Nomi “controversi” provenienti dalla letteratura come “Bestia”, “Biancaneve” o “Dracula”;
  • Nomi che incitino all’odio o alla violenza, per esempio “Satana”;
  • Nomi di oggetti o marchi commerciali: a nessuno venga mai in mente di chiamare il proprio figlio “Samsung”, “Macchina” o “Danone”!
  • Ai bambini di cittadinanza italiana non può essere dato un nome scritto con lettere di un altro alfabeto (per esempio cinese, giapponese o cirillico);

Pertanto, sebbene ci siano stati casi di battaglie legali per registrare nomi controversi, la scelta di chiamare un bambino Lucifero non sarebbe generalmente accettata dalle autorità italiane.

Intanto, la giovane coppia inglese rassicura sulla bontà delle proprie intenzioni: “Abbiamo persino contattato un prete per battezzarlo!”

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Pandoro-gate neologismo Treccani: il caso Ferragni fa storia

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Chiara Ferragni

Probabilmente Chiara Ferragni voleva solo dimenticare la storiaccia che ha segnato gli ultimi due anni, ma così non sarà. Oltre agli strascichi legali della vicenda, ci pensa la Treccani che ha inserito tra i neologismi 2024 il termine ‘pandoro-gate’, a dimostrazione di quanto lo scandalo abbia colpito l’Italia intera e sia entrato nella società come simbolo della poca chiarezza della pubblicità on line, specialmente se si intreccia con la beneficenza e il personal branding.

Il pandoro-gate, nella definizione che ne dà l’Enciclopedia, è “lo scandalo legato alla pubblicizzazione e alla vendita di una marca di pandoro”. Ma perché è stato così significativo?

Le tappe principali del pandoro-gate

La vicenda è nota e comincia nel novembre 2022. Ferragni lancia una campagna social in collaborazione con l’azienda Balocco per pubblicizzare un’edizione speciale del classico pandoro, la ‘Pink Christmas’. Un prodotto brandizzato Ferragni – quindi rosa – e venduto al triplo del dolce normale (9,37 euro invece di 3,68). La campagna suggeriva che parte del ricavato che sarebbe andata all’Ospedale Regina Margherita di Torino per sostenere le cure dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing, cosa che agli occhi dei consumatori giustificava il prezzo elevato.

In seguito a un’indagine portata avanti dalla giornalista Selvaggia Lucarelli, però, saltò fuori che una donazione da 50mila euro era già stata fatta all’ospedale mesi prima, quindi in modo ‘forfettario’, a prescindere dalle reali vendite del pandoro rosa. Che peraltro si sono assestate su almeno 362.577 pezzi.

Si arriva così, il 15 dicembre 2023, alla multa dell’Antitrust, che ha sanzionato sia l’azienda di Ferragni sia la Balocco S.p.a. per oltre 1 milione di euro e 420 mila euro (rispettivamente) ritenendo che la pratica commerciale messa in atto fosse ingannevole e scorretta.

Le contestazioni, prima da dell’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) e poi delle Procure – la competenza infine è stata assegnata a Milano – riguardavano l’uso di “una pubblicità ingannevole condivisa via social media e web” per pandoro e colomba venduti in edizioni limitate. Già, perché al dolce natalizio del 2022, si è sono poi aggiunte le ‘Uova di Pasqua Chiara Ferragni – sosteniamo i Bambini delle Fate’ (Pasqua 2021 e 2022).

Lo scorso 4 ottobre la Procura di Milano ha chiuso le indagini e accusato Chiara Ferragni e altre tre persone di truffa aggravata e pratica commerciale fatta passare per beneficenza. L’imprenditrice rischia il processo.

Il numero di persone “indotte in errore”, sottolinea la Procura, non è quantificabile, ma “l’ingiusto profitto” per la società con il marchio ‘Dolci Preziosi’ è pari a circa 5,66 milioni (nel 2021) e quasi 7,46 milioni (nel 2022) per un totale di oltre 13 milioni di euro. “Tutti conseguivano, inoltre, – si legge nel provvedimento – profitto non patrimoniale derivante dal ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica“. Nello specifico, Chiara Ferragni avrebbe dunque ingannato i consumatori e ottenuto dalle due campagne un ingiusto profitto di circa 2,2 milioni di euro, oltre che benefici non calcolabili a livello di immagine”.

Con i consumatori il caso si è chiuso a fine dicembre con un accordo tra l’imprenditrice, il Codacons e l’Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi. Risarciti i consumatori che avevano acquistato il pandoro ‘Pink Christmas’ e rimborsate le spese legali sostenute da Codacons e Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi. Inoltre, 200mila euro verranno donati da Ferragni alle donne vittima di violenza.

L’impatto sulla società

Una delle problematiche emerse dal pandoro-gate è stata l’assenza di una regolamentazione chiara che disciplinasse le donazioni di beneficenza. La vicenda ha così portato all’adozione da parte del governo di quello che è stato chiamato ‘decreto-Ferragni’, che impone a influencer e micro-influencer regole più definite per le operazioni di questo tipo, ad esempio l’obbligo di comunicarle prima all’Antitrust.

Quanto alle donazioni, lo scandalo non sembra aver avuto grosse ripercussioni: secondo il rapporto ‘Noi doniamo 2024’ dell’Istituto Italiano della donazione, su 347 organizzazioni non profit solo il 5% ritiene che abbia influito negativamente sulla propria raccolta fondi.

Ma più in generale la storia ha aperto un vaso… di ‘Pandoro’ riguardo all’etica nella pubblicità e ai rischi del personal branding sia per le aziende sia per gli influencer: un tema sensibile e fondamentale nell’epoca dei social media, in cui i consumatori sono sempre più esposti a testimonial che sul web ‘spingono’ prodotti e servizi.

Gli influencer, per i quali la fiducia di cui godono da parte del pubblico è fondamentale, rappresentano oggi uno dei canali più potenti per fare pubblicità. Trasparenza e onestà dovrebbero essere la norma, ma non sempre è così e questo va a danno dei consumatori. Inoltre, quando la fiducia viene tradita, come nel caso del pandoro-gate, i danni reputazionali possono essere devastanti sia per i testimonial che per le aziende coinvolte. A proposito dello scandalo Ferragni, ad esempio, si è anche parlato di social-washing, ovvero del tentativo di migliorare la propria reputazione attraverso iniziative di responsabilità sociale non davvero efficaci o addirittura di facciata, il cui obiettivo è piuttosto un guadagno economico.

L’impatto su Ferragni

Il fattaccio ha avuto grosse ripercussioni sull’immagine dell’imprenditrice. A un anno dallo scoppio dello scandalo e dalla sanzione inflitta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, uno studio di Arcadia – società di comunicazione specializzata in un monitoraggio delle dinamiche online – racconta il crollo dei profili social dell’imprenditrice e di quello che all’epoca era suo marito, Fedez: un’emorragia di follower, calo delle interazioni e un engagement in forte diminuzione. Non solo un problema di ‘vanità’ per i due: numerosi brand e sponsor di lusso nel 2023 e 2024 hanno interrotto le collaborazioni con lei.

Nel dettaglio, Ferragni ha perso 1 milione di follower su Instagram e 100 mila su TikTok; Fedez: 850 mila su Instagram e zero nuove acquisizioni su TikTok. L’engagement, indicatore chiave per la credibilità degli influencer, ha subito una vera e propria disfatta: Ferragni è passata dal 3,2% all’1% su Instagram (-69%) e dal 2,7% allo 0,73% su TikTok (-73%). Fedez ha visto il suo tasso di engagement scendere allo 0,79% su Instagram e allo 0,47% su TikTok.

Il dibattito pubblico è ruotato intorno a parole chiave che indicano cosa abbia ‘bruciato’ di più gli italiani: truffa aggravata e pratica commerciale hanno dominato il discorso online. La narrativa che si è sviluppata nei mesi è stata negativa, spinta anche dall’autogol comunicativo della Ferragni che in un video si è presentata a scusarsi spettinata, vestita modestamente e struccata. Un’operazione che è stata giudicata come ipocrita e come un tentativo di voler ripulire fintamente la propria immagine: l’imprenditrice infatti annunciava anche la devoluzione di 1 milione di euro all’Ospedale Regina Margherita (‘charity-washing’).

Trasparenza ed etica della comunicazione

Come hanno affermato Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi e Adusbef in occasione dell’accordo con l’imprenditrice, “questa vicenda rappresenta una lezione amara: quando il marketing supera i limiti della trasparenza, le conseguenze possono essere devastanti, non solo per le aziende come Balocco, ma anche per le celebrità che prestano il proprio volto e la propria immagine”.

In sostanza, la morale del pandoro-gate è che il ruolo degli influencer e delle aziende dovrebbe evolvere verso una comunicazione più responsabile. La trasparenza, l’onestà e l’impegno concreto sono diventati elementi imprescindibili: senza un adeguato equilibrio tra marketing e autenticità, il rischio di perdere credibilità è elevato, dimostrando quanto fragile possa essere una reputazione costruita sui social media. E quanto i consumatori debbano stare attenti a quello che si dice sul web.

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