Hit mondiale degli scienziati in medicina, chi sono gli italiani al top
Da Mantovani, sul gradino più alto del ranking nazionale e 63esimo al mondo, a Franceschi la prima donna
Vanta 230.160 citazioni, 1.761 pubblicazioni e un H-index - indicatore di qualità della produzione scientifica - nel suo campo pari a 220. L'immunologo Alberto Mantovani continua ad essere saldo portabandiera della ricerca italiana, riconosciuto a livello internazionale da vari ranking che valutano le performance degli scienziati. L'ultima classifica globale a incoronarlo primo tra i top scientist in forze in istituzioni del Belpaese è quella stilata e diffusa in questi giorni dalla piattaforma Research.com, realtà che conduce diverse analisi di questo tipo e valuta anche le migliori università.
Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente alla Humanitas University, è 63esimo nel ranking mondiale dei 'Best Medicine Scientists', i migliori scienziati del settore medicina, e primo a livello nazionale. Si tratta di una classifica che è alla sua terza edizione e combina dati da più fonti, tra cui OpenAlex e CrossRef. Allargando il focus anche agli italiani all'estero, il più alto in classifica in assoluto è l'oncologo Carlo Maria Croce, in forze all'Ohio State University, 35esimo al mondo (con un H-index nella sua disciplina pari a 241, 264.424 citazioni e 1.524 pubblicazioni).
Secondo nel ranking italiano e 92esimo a livello mondiale è Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, che vanta un H-index nella sua disciplina di 206, e un 'tesoretto' di 250.108 citazioni e 1.611 pubblicazioni. Prima donna italiana nella classifica mondiale - al 186esimo posto - è Silvia Franceschi del Cro (Centro di riferimento oncologico) di Aviano, con un H-index di settore pari a 189, 158.243 citazioni e 1.458 pubblicazioni scientifiche. Franceschi è quinta in Italia.
Nella classifica dei top scientist in medicina, il primo in forze in un'istituzione del Sud risulta essere Vincenzo Di Marzo, del network del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), di base a Pozzuoli. Per lui il 633esimo posto a livello mondiale e il 15esimo in Italia con un H-index di settore pari a 157, 90.762 citazioni e 848 pubblicazioni.
Franceschi: "Serve coraggio e altruismo"
Secondo Silvia Franceschi, direttore scientifico del Centro di riferimento oncologico (Cro) Irccs di Aviano, coraggio di partire, ma anche di tornare. Altruismo nel condividere i risultati degli studi e le pubblicazioni, fiducia nei giovani, scarsa attrazione per il potere e molta passione per la ricerca e la cura dei lavori sono gli elementi su cui si costruisce una carriera da ricercatrice al top delle classifiche internazionali. Franceschi è la prima donna tra gli italiani presenti, quinta tra i connazionali e 186esima tra tutti gli scienziati del mondo. Dei suoi 50 anni di ricerca, ricchi di 1.458 pubblicazioni e 158.243 citazioni - spiega all'Adnkronos Salute - 25 li ha trascorsi all'estero. E ci tiene a non essere chiamata professoressa: "Non ho mai lavorato nelle università, sempre in enti di ricerca, i meccanismi di ingresso all'università non fanno per me".
Medico, specializzata in ginecologia e statistica sanitaria e con un Master in epidemiologia all'Imperial Cancer Research Fund di Oxford (Regno Unito), Franceschi, esperta internazionale di epidemiologia oncologica, ha contribuito alla comprensione del ruolo del Papillomavirus umano nel tumore del collo dell'utero, dell'ano e dell'orofaringe. "Molto presto nella mia carriera - racconta - mi sono appassionata all'epidemiologia dei tumori. E sin da quando ero all'università ho cercato di fare ricerca, all'inizio all'Istituto Mario Negri, poi ad Oxford, poi all'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione, per poi rientrare nel 2018 in Italia al Cro. Racconto tutto questo per dire che la prima chiave della mia produttività scientifica è di essere stata molto 'mobile' e di non essermi mai 'impigrita' rispetto alla possibilità di ampliare la mia capacità di comprensione dei dati in altri Paesi".
Il secondo elemento per spiegare il gran numero di pubblicazioni, continua, "credo sia nel fatto che serve amare scrivere e anche riscrivere, perché un articolo per diventare citabile richiede cura, precisione e qualità. E poi bisogna essere altruisti, lavorare con tanti giovani e lasciare loro il primo nome sui lavori perché sono loro che devono farsi le ossa, non più io. Tutto questo 'disegna' il modo giusto di pubblicare, a mio avviso. Negli ultimi anni, nel nostro Paese ci si è resi conto dell'importanza delle pubblicazioni e questo purtroppo ha portato a una voglia improvvisa e un po' superficiale di pubblicare. Cresce nel mondo il numero di pubblicazioni, ma non la loro accuratezza e qualità. Le riviste si sono moltiplicate e ci sono anche situazioni quasi di mercato", evidenzia Franceschi.
Remuzzi: "Uno dei segreti lavorare coi giovani"
Essere ai primi posti fra gli scienziati italiani più quotati a livello mondiale in medicina - come confermato dall'ultimo ranking stilato dalla piattaforma 'Research.com' - fa "molto piacere". Il segreto per riuscirci e mantenere per così tanto tempo alti livelli nella ricerca scientifica? Più di uno, assicura Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, che in classifica è secondo a livello nazionale e 92esimo nel mondo: "Tanto lavoro, una buona dose di fortuna, circondarti di collaboratori più bravi di te - elenca all'Adnkronos Salute - e soprattutto lavorare con i giovani. Io ogni giorno imparo tanto dai ragazzi giovani", assicura evidenziando l'importanza dello scambio intergenerazionale per il progresso della scienza in generale.
A monte di tutto questo, però, c'è l'etica del lavoro. "Io ho sempre lavorato tantissimo - racconta Remuzzi - lavoravo anche in aereo nei voli intercontinentali di decine di ore, non perché ero bravo, ma perché così non mi annoiavo. Quindi direi che la prima regola è lavorare sempre. La seconda è essere fortunati". Sembrerà strano, ma questa è "una cosa fondamentale", garantisce lo scienziato. "C'era un mio amico che, ovviamente estremizzando, diceva: meglio un chirurgo fortunato che un chirurgo bravo. Forse non è così, però un po' è vero - sorride Remuzzi - Quanto alla terza regola, secondo me è appunto scegliersi dei collaboratori che si ritengono anche più bravi di se stessi. E' quello che ho sempre cercato di fare".
E infine i giovani, forze e menti fresche. "Se tu lavori con dei ragazzi che scegli perché sono bravi e motivati, impari tantissimo", evidenzia il medico. E' molto importante per Remuzzi questo concetto del 'brainstorming' fra senior e junior, l'aprirsi alle nuove leve perché continuino anche a prendersi cura di ciò che si è costruito. "Dobbiamo sapere - sottolinea - che abbiamo dei ragazzi meravigliosi in Italia. Per quanto riguarda i clinici, sono meravigliosi quelli che sono usciti dal test di Medicina che pure io ho tanto criticato, ma che è stato capace per qualche ragione misteriosa di far emergere dei professionisti bravissimi. Circondarsi di questi ragazzi meravigliosi, soprattutto in campo clinico, è fondamentale".
Salute e Benessere
Fargnoli (Sidemast): “Per cura psoriasi...
'Sono loro a dover inviare i pazienti dallo specialista, preoccupa ancora abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento'
Anche 12 anni di attesa prima di ottenere le prime terapie specifiche. Per i pazienti con psoriasi curarsi è un'odissea. "I motivi del ritardo nell'inizio dei trattamenti sono da cercare nel territorio. Dobbiamo sensibilizzare i medici di medicina generale a inviare i pazienti dallo specialista, ma anche sensibilizzare lo stesso paziente". Lo ha detto Maria Concetta Fargnoli, ordinaria di Dermatologia e Venereologia presso l'Università dell'Aquila e vicepresidente di Sidemast (Società italiana di dermatologia e delle malattie sessualmente trasmesse), intervendo alla conferenza stampa a Roma sull'approvazione della rimborsabilità per il farmaco orale deucravacitinib.
L'altro problema è che il paziente rinuncia con facilità alle cure. "C'è una preoccupante tendenza - fa notare Fargnoli - all'abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento, oppure si dilazionano gli intervalli di assunzione del farmaco senza che venga indicato dal medico. Problemi che nascono dalla sottovalutazione della condizione".
Al momento "per la psoriasi moderata severa abbiamo diverse terapie – spiega Fargnoli all'Adnkronos Salute - farmaci convenzionali che hanno sicuramente il limite in termini di efficacia, ma soprattutto di trattamento a lungo termine per la tossicità, e poi abbiamo i farmaci innovativi tra cui biologici e piccole molecole. I biologici di prima generazione sono molto efficaci, ma vengono spesso percepiti troppo forti dal paziente che invece vorrebbe, soprattutto nelle forme moderate, un trattamento meno aggressivo". Tra le richieste dei pazienti "un farmaco che riduca il burden infiammatorio e quelle che sono le comorbidità associate che necessitano una presa in carico multidisciplinare e quindi una collaborazione tra dermatologo, reumatologo, gastroenterologo, solo per fare alcuni esempi. Questa nuova molecola può aiutare i pazienti ad uscire dal guscio e riprendersi la loro vita, perché spesso a causa della psoriasi evitano le relazioni sociali", conclude.
Salute e Benessere
Processo al vino, condannato solo per rischi nei minori e...
Il vino fa male alla salute? Va condannato o assolto? La sentenza è stata pronunciata al termine di un processo in piena regola che si è celebrato ieri sera a Milano, promosso dall'Ordine dei medici provinciale OmceoMi: vino "colpevole", ma solo in parte, "per il fatto di essere certamente pericoloso per i soggetti vulnerabili, per i minorenni e per le donne in stato di gravidanza", e per questo "condannato a 18 mesi di lavori socialmente utili da scontare in un'azienda che produce vino analcolico". Vino "assolto", invece, "per i principali capi di imputazione (112, 590, 589 co. I e IV del codice penale), perché il fatto non costituisce reato".
La difesa esulta: "Si è confuso l'uso consapevole e moderato, che ha portato all'assoluzione, con l'abuso che invece è molto pericoloso, ma che non riguardava i capi d'imputazione. Tutti gli allarmi lanciati dagli esperti riguardano prevalentemente proprio l'abuso. Su cui tutti siamo d'accordo", si legge in una nota diffusa dopo il dibattimento che si è svolto nella sede di Confcommercio, presentato dall'ex rettore dell'università Statale meneghina, Elio Franzini, e diretto da Nunzia Gatto, già avvocato generale al Palazzo di Giustizia di Milano, incaricata dal presidente del tribunale Fabio Roia. Il vino è stato rappresentato dal produttore Walter Massa. Portavoce dell'accusa il magistrato Eugenio Fusco ("a differenza di quanto si dice il vino non ha effetti benefici", ha sostenuto nell'arringa), supportato dai testi Andrea Arighi (direttore Ssd Neurologia-Malattie neurodegenerative Policlinico Milano), Irene Cetin (direttrice Sc Ostetricia e Ginecologia Policlinico Milano) e Alberto Martelli, pediatra. Rappresentanti della difesa le avvocate Ilaria Livigni e Giorgia Andreis, sostenute dai testi Luigi Saverio Belli (direttore Sc Epatologia e Gastroenterologia Niguarda Milano), Stefano Carugo (direttore Uoc Cardiologia Policlinico Milano) e Vito Intini (presidente Onav, Organizzazione nazionale assaggiatori vino).
Le perizie sono state affidate ai medici legali Riccardo Zoja, Arnaldo Migliorini e Giuseppe Deleo, mentre la giuria era composta da Pierluigi Vecchio (direttore Federazione nazionale Ordini dei medici Fnomceo), Andrea Senna (presidente odontoiatri OmceoMi), Roberto Monaco (presidente Ordine medici Siena e segretario Fnomceo) e Filippo Anelli (presidente Fnomceo). "Questa sentenza rispecchia ciò che è emerso dal dibattimento - dichiara Roberto Carlo Rossi, presidente OmceoMi - Attenzione alle persone fragili, ai giovani e giovanissimi, alle donne in gravidanza, dove il vino può davvero essere pericoloso. Attenzione all'abuso, certamente. Ma nessuna evidenza scientifica reale attesta che il vino consumato correttamente sia dannoso per la salute e debba essere vietato".
Per il pediatra Martelli, pro-accusa, "in Italia i numeri relativi al consumo di etanolo fra i giovani sono davvero allarmanti. Il vino sembra però rientrare in questo fenomeno molto marginalmente, perché i giovani abusano perlopiù di superalcolici. Per i minori un percorso educazionale appare essere non più rimandabile in ambito famigliare e scolastico". Il neurologo Arighi avverte che "il consumo eccessivo e cronico di vino comporta gravi danni neurologici, sia a breve che a lungo termine. L'alcol, metabolizzato in acetaldeide, una sostanza tossica, causa stress ossidativo e danni alle cellule nervose. In acuto l'abuso di vino può portare a intossicazione alcolica e crisi epilettiche, nonché ad un aumentato rischio di ictus", mentre "l'assunzione cronica può causare patologie come la demenza alcolica, la neuropatia periferica, oltre a compromettere gravemente la memoria e le funzioni cognitive". Per la ginecologa Cetin, il vino "nuoce al feto durante tutta la gravidanza. Se si pianifica una gravidanza, è opportuno non bere vino e alcolici già dal mese precedente il concepimento perché l'alcol determina modificazioni epigenetiche ai gameti, anche a quelli maschili, che si formano nei 70 giorni precedenti il concepimento. Gli effetti tossici del vino sono principalmente legati al danno neuronale causato dall'etanolo e alla perdita neuronale conseguente. Queste condizioni sono poi associate anche a potenziali esiti nella vita futura".
La difesa sottoscrive i rischi dell'abuso, ma aggiunge altre osservazioni. "Il vino fa male al cuore? In assoluto no - dice il cardiologo Carugo - Le linee guida cardiologiche raccomandano 2 bicchieri (meglio vino rosso) per i maschi e 1 per le donne al giorno, e in generale non più di 100 grammi di alcool la settimana. I polifenoli (resveratrolo) esercitano un'attività antiossidante e antinfiammatoria, e fanno parte in toto della dieta mediterranea assai cardioprotettiva. Ovviamente il vino va assunto con moderazione, ma la complessità ed eterogeneità della 'matrice vino' è il veicolo ideale per aumentarne biodisponibilità e potenziali effetti biologici. L'azione pleiotropica, sinergica e additiva dei diversi fenoli potrebbe spiegare l'effetto protettivo esercitato dal vino anche a fronte di basse concentrazioni". E per non rovinarsi il fegato? "Il limite della moderazione viene abitualmente posto a 2 unità alcoliche al giorno per la donna e a 3 unità alcoliche al giorno per l'uomo - risponde l'epatologo Belli - Una unità alcolica corrisponde a circa 10 grammi di alcol, il contenuto di bicchiere di vino o di una birra da 250 cc. Il vino, anche in piccole quantità, è invece sconsigliabile nei soggetti che dovessero avere malattie epatiche concomitanti soprattutto se avanzate, come la cirrosi da qualunque causa. L'uso smodato dell'alcol è un capitolo a sé stante e può essere causa di malattia di 2 organi: il fegato, fino allo sviluppo di cirrosi, e il cervello quando si instaura dipendenza. Condizioni che nulla hanno a che vedere con il consumo moderato e raccomandato".
Salute e Benessere
Medicina, diagnostica per immagini sempre più centrale...
Gli interventi del radiologo Gualdi nei prossimi congressi
La frontiera della cardiologia viene applicata allo sport, e in particolare alle risposte degli atleti agli stress cardiaci. I casi drammatici e recenti di problemi cardiaci riscontrati durante le competizioni hanno riacceso il dibattito sulla salute degli sportivi e sulle potenzialità della medicina di leggere in anticipo i rischi e individuare le soluzioni. Anche di questo si parlerà il prossimo 25 ottobre a Roma con Gianfranco Gualdi, direttore scientifico del servizio di Diagnostica per immagini dell’Istituto di Medicina e scienze dello sport del Coni, terrà una relazione sulle “modificazioni che possono verificarsi negli atleti sottoposti ad attività agonistica a carico delle strutture cardiache con individuazione del sottile margine tra fisiologico e patologico al fine di accertarne l’idoneità sportiva”. L’intervento è inserito all’interno del 21.simo Congresso Romacuore 2024, organizzato da Collegio federativo di Cardiologia che avrà come tema centrale ‘il ruolo dell’imaging avanzato nelle idoneità sportive: tra fisiologia e patologia’.
Verranno invece descritte nel corso del 107.simo Congresso nazionale Siot, Società italiana di ortopedia e traumatologia, le ultime scoperte mediche sull’instabilità post-traumatica acuta e cronica della spalla nell’atleta. Nell’ambito dell’evento, previsto a Roma dal 29 e il 31 ottobre, è previsto infatti l’intervento di Gualdi che nasce dall’esperienza maturata nel settore sportivo. Partendo dalle modificazioni con coinvolgimento delle strutture anatomiche della spalla, nel suo intervento, il professore, già direttore dell’Unità operativa complessa di Radiologia d’Urgenza del Policlinico Umberto I di Roma, punterà a dimostrare le alterazioni che possono verificarsi a carico delle strutture legamentose e tendinee, oltre che a carico della cartilagine e dei capi ossei e delle strutture muscolari.