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Perugia, Scoccia: ”Cittadella giudiziaria? Se ne parlava da mezzo secolo, ora è realtà”

Perugia, Scoccia: ''Cittadella giudiziaria? Se ne parlava da mezzo secolo, ora è realtà''

Il vecchio carcere di Piazza Partigiani che si trasforma in un simbolo urbano di legalità nell’ambito di un grande progetto di riqualificazione che coinvolge due importanti immobili storici di Perugia. Si è parlato dell’importanza del Parco della Giustizia nel corso dell’incontro che si è svolto questa mattina all'Ordine degli Avvocati di Perugia con la candidata sindaco Margherita Scoccia. ''Almeno da mezzo secolo si parla della cittadella giudiziaria ma solo durante questa amministrazione un’area dismessa e centralissima di 24 mila metri quadrati a Porta Eburnea dove c’era un vecchio carcere dismesso è stato deciso che ospiterà Procura, Tribunale, Corte dei Conti, Tribunale per i minorenni, Sezione lavoro, Sorveglianza e Polizia giudiziaria - spiega Scoccia -. Un maxi-progetto da quasi 150 milioni di euro. Il Parco della Giustizia sarà presto realtà in centro storico, entro quest’estate verrà aggiudicato l’appalto del primo stralcio, un contenitore riempito nel cuore della città che rende certamente meno complicata la vita ai nostri amici avvocati, che sono migliaia, e ogni giorno sono costretti a girare come trottole per l’intera città. Mediante questo straordinario esempio di rigenerazione urbana sul quale la nostra amministrazione ha creduto sin dall’inizio lo Stato avrà l’opportunità di risparmiare fior di quattrini per gli affitti ai privati. Parliamo di milioni, non di bruscolini. Giudici, cancellieri, amministrativi, tutti finalmente nella stessa struttura, i testimoni non si perderanno più tra un ufficio e l’altro''.

''Nel corso di questi anni - spiega l’assessore all’urbanistica Scoccia - sono stati costanti i confronti e le interlocuzioni tra il Comune e il Demanio, il Ministero della Giustizia e la Soprintendenza, la nostra amministrazione ha fatto tutto ciò che doveva e che poteva essere fatto dai nostri predecessori che però se ne sono disinteressati. Noi invece non siamo rimasti a guardare, abbiamo avuto una parte attiva nella strutturazione urbanistica del progetto e più in generale nella grande opera di riqualificazione del centro che muove da principi multidisciplinari di dinamicità e interconnessione''. ''Abbiamo fortemente voluto la cittadella giudiziaria in centro - prosegue la candidata sindaco -. Eravamo tutti d’accordo nel non creare un Parco della Giustizia in qualche lontana periferia come è stato fatto per esempio a Firenze con la cattedrale nel deserto di Novoli, che sarebbe stata senza dubbio la soluzione più semplice. Il Parco della Giustizia in piazza Partigiani influirà inevitabilmente in maniera positiva anche sullo sviluppo immobiliare intorno a Porta Eburnea, dove sorgerà un nuovo parcheggio per gli utenti che verrà individuato dal prossimo Piano regolatore: residenzialità ed attività economiche beneficeranno di quest’opera e ciò non sarebbe stato possibile se la cittadella giudiziaria fosse stata costruita chissà dove''.

Nel corso del confronto con gli avvocati Margherita Scoccia ha anche affrontato i temi legati alla Ztl e alla Tari. ''Siamo sensibili alle problematiche dei professionisti e mi impegnerò personalmente ad individuare soluzioni fattibili e utili. In questa campagna elettorale sto sentendo tante belle promesse, non so quanto realmente fattibili. La questione della Ztl pomeridiana per gli studi professionali è allo studio per comprenderne la fattibilità ma c’è la volontà di intervenire. Mantenere le attività professionali in centro storico è uno dei nostri obiettivi e per questo abbiamo necessità di favorirli, dovendo mantenere in equilibrio le esigenze dei professionisti con quelle dei residenti e dei turisti. Per quanto concerne invece la necessità di rimodulare la Tari posso dire che, tenendo conto delle indicazioni del Dpr 158/99, intendo portare il tema a livello nazionale ragionando, in chiave locale, su soluzioni che possano agevolare anche i professionisti''.

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Politica

M5S, Conte: “Grillo è il papà ma non può esercitare...

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Il leader del M5S parla dello scontro con il garante: "Non vedo scissioni, se Grillo continua con le pec risponderanno gli avvocati"

Giuseppe Conte (Fotogramma)

"Grillo dice che non è il padrone del Movimento 5 Stelle ma il papà. Certo, è il fondatore del Movimento, ha avuto quest'opera meritoria di lancio del Movimento... Però il papà non può pensare di avere un telecomando in mano e di esercitare il parental control decidendo cosa dobbiamo vedere, perché siamo una comunità di adulti". Lo ha detto Giuseppe Conte, leader del M5S, parlando dello scontro con Beppe Grillo a '4 di sera' su Rete 4.

"Spero che la questione finisca qui - ha aggiunto - Se continueranno le pec da parte di Grillo o le diffide formali, vuol dire che risponderanno gli avvocati. Io non rispondo più. Ho già detto che questo processo è irreversibile e nessuno lo può fermare. Scissioni non ne vedo: una scissione si fa quando non c'è un'occasione di discussione".

Il presidente M5S ha parlato anche dell'ondata di maltempo che ha colpito l'Emilia Romagna. "Dobbiamo evitare - ha sottolineato - quello che è successo in passato, con la presidente Meloni in stivali pronta a intervenire a favore di telecamere ma poi i ristori non sono ancora arrivati ed è passato tantissimo tempo".

"Ho sentito il ministro Musumeci scaricare le responsabilità sulle autorità regionali o addirittura rimpallare responsabilità con un altro ministero del governo. Questa è una cosa che non va fatta. Se durante la pandemia di Covid avessi fatto la stessa cosa, il Paese sarebbe collassato. Bisogna lavorare a tutti i livelli: governo, regioni e comuni". ha scandito Conte.

Poi su Open Arms: "Non auguro la condanna a nessuno, nemmeno a un avversario politico. Ma le mie posizioni sul caso Open Arms, attraverso le lettere scritte, sono state chiare. Dire 'io difendo i confini nazionali' è un concetto fondamentale. Ma qui non erano confini terrestri, erano confini marittimi. E se ci sono persone in condizioni critiche bisogna intervenire".

"Eravamo a cavallo di Ferragosto. Su quella nave c'erano anche minori. Spettava a Salvini consentire l'attracco. Salvini aveva già la prospettiva di uscire dal governo, quindi assunse un tono muscolare", ha aggiunto Conte ricordando le fasi critiche della vicenda Open Arms.

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Politica

Lega, Vannacci: “Partito mio? Invenzione stampa di...

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"Rosicate quanto volete, ma il governo italiano dura"

Roberto Vannacci (Afp)

Roberto Vannacci non fonderà un partito suo, non adesso perlomeno. A dirlo è stato lo stesso europarlamentare eletto nelle file della Lega alla platea di poco più di 300 persone che, dalla prima festa organizzata in suo onore a Viterbo, sarebbe stata ben felice di accogliere una creatura politica solo del generale.

Prima di dirlo coram populo, però, Vannacci lo rivela ai giornalisti che durante l'arco della giornata hanno provato a carpirlo dall'organizzatore della kermesse, Umberto Fusco, e dal presidente de 'Il mondo al contrario', Fabio Filomeni. "Il partito è un’altra invenzione della stampa di sinistra, io non l'ho mai detto, ma non escludo nulla", chiarisce prima di sottolineare che lui sta bene nella Lega. E davanti a tutti aggiunge che il suo obiettivo è di "essere fedele, coerente con le idee che ho espresso. Non mi interessano le poltrone, mi interessa portare avanti idee, che ora sono condivise" con il partito di Matteo Salvini, con cui non c'è nessuna frizione, insomma.

D'altronde, i temi che affronta sul palco sono molto simili a quelli che porta avanti il Carroccio, i migranti e la sicurezza su tutti. L'Italia, dice infatti, diventerebbe una nuova Svizzera se la sicurezza fosse garantita al 100%, perché "siamo il Paese più bello del mondo". Un Paese che, forse, dice ancora, non dovrebbe svendere la cittadinanza, che invece dovrebbe essere concessa solo a determinate condizioni.

Vannacci parla anche dell'Ucraina, dei missili e della costruzione di un processo di pace, che dovrebbe partire da quell'Unione europea di cui lui ora è un esponente, e che sì, esiste. Parla della comunità Lgbt, di cui non capisce alcune cose, delle donne e del supporto alla maternità. Esprime anche un parere sul governo: "Durerà, anche se rosicate", afferma tra gli applausi dei presenti, ma si dispensa dal commentare l'operato del ministro della Difesa, Guido Crosetto.

L'occasione, però, è utile per scagliarsi contro i giornalisti, facendo nome e cognome. Se, infatti, deve essere grato a Matteo Pucciarelli di Repubblica, che ha scovato il suo libro e ha fatto in modo che diventasse famoso, non arrivano parole di stima nei confronti di un cronista de La Stampa e di uno del Giornale. E anche per alcuni colleghi, due su tutti Maurizio Gasparri e Chiara Gribaudo, arrivano frecce appuntite.

Sono le ultime, però. Il generale, acclamato fin dal suo arrivo con un po' di ritardo, si congeda firmando le copie dei suoi libri. Poi chissà se arriverà davvero un partito prima o poi.

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Politica

Rai, sudoku nomine ancora senza soluzione: ‘fumata...

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Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale

Sede Rai (Fotogramma/Ipa)

C'è chi si dice convinto che il sudoku verrà risolto 24 ore prima del voto del Parlamento, non un minuto prima. La deadline per l'elezione del Cda Rai si avvicina - il 26 settembre il giorno X - ma maggioranza e opposizione navigano ancora a vista, seppur sia convinzione diffusa che la fumata bianca arriverà senza colpi di scena o nuovi rinvii. Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale. L'incarico di amministratore delegato, salvo sorprese, dovrebbe andare a Giampaolo Rossi, in quota Fdi, anche se, raccontano i beninformati, il suo nome nei mesi scorsi avrebbe 'ballato' anche in seno al partito di via della Scrofa oltre che nei piani alti di Palazzo Chigi.

E se sui vertici la soluzione sembrerebbe ormai a portata di mano, l'affaire Cda al momento è lungi dall'esser risolta. Per la presidenza serve infatti l’ok dei due terzi della Commissione di Vigilanza Rai, quindi un accordo con almeno una parte dell'opposizione. Il Cda Rai è composto da sette membri: due vengono eletti dalla Camera e due dal Senato, altri due vengono indicati dal ministero dell'Economia (uno è l'amministratore delegato, l'altro il presidente che appunto deve passare per il gradimento della Vigilanza) e un altro membro viene eletto dai dipendenti dell'azienda.

Dopo il passaggio di Maria Stella Gelmini nelle file di Noi Moderati, al centrodestra mancano due voti per portare a casa la partita, vale a dire il raggiungimento del quorum dei due terzi necessario per l'entrata in carica del presidente. Forza Italia continua a puntare su Simona Agnes, che farà sì parte del Cda - su indicazione del Mef o del Parlamento, semmai dovesse servire un piano B - ma che difficilmente la spunterà come guida del Consiglio d'amministrazione. In caso di indicazione parlamentare, i piani di Meloni e del centrodestra, che attualmente prevedono un nominato in quota Fdi (Valeria Falcone) e uno in quota Lega verrebbero scompaginati. A dare le carte potrebbe essere ancora una volta Matteo Renzi, potenziale ago della bilancia visti i due membri in quota Iv. Ma è soprattutto il M5S che potrebbe fare la differenza, mentre Pd e Avs minacciano l'Aventino.

Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di convergere su un nome di garanzia, qualora "ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche". Un identikit che però non corrisponde, secondo i pentastellati, al profilo di Agnes: "Per noi - spiegano fonti M5S vicine al dossier Rai - non si tratta di un veto sulla persona, ma di un problema di metodo. Agnes non può essere un presidente di garanzia" in quanto "espressione di Fi": un mix di fattori che renderebbe per i 5 Stelle "molto difficile" esprimere un voto a favore della figlia di Biagio Agnes.

La palla, sottolineano nel Movimento, è nelle mani della maggioranza: "Serve uno sforzo comune per trovare un nome condiviso". Negli ultimi giorni sono tornate ad affacciarsi diverse ipotesi alternative per la presidenza Rai, come Antonio Di Bella e Gianni Minoli, due figure interne all'azienda con alle spalle una lunga carriera nel servizio pubblico. Nei sondaggi interni al M5S, Di Bella verrebbe preferito a Minoli alla luce del contenzioso milionario (ormai chiuso, ndr) che vedeva contrapposti il padre di Mixer e Viale Mazzini sui diritti di 'La storia siamo noi'. Altra ipotesi gradita per il Movimento guidato da Giuseppe Conte sarebbe Milena Gabanelli.

Se non dovesse arrivare un accordo, ipotesi da non escludere, la soluzione sarebbe la nomina a presidente del membro più anziano: il timone del cda spetterebbe a quel punto ad Antonio Marano, ex direttore di Rai2 ma anche un passato da deputato nelle file della Lega.

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