Ucraina, armi Nato contro Russia: Usa e Germania accelerano, Italia cauta
Tajani a Praga: "Lo vieta nostra Costituzione"
Usa e Germania imprimono un'ulteriore accelerazione nel loro sostegno a Kiev ed escono allo scoperto, seguendo la linea già tracciata da Gran Bretagna, Francia e Canada. Semaforo verde per l'Ucraina che nella guerra in corso da oltre 2 anni potrà colpire il territorio della Russia cono le armi che i governi di Washington e Berlino hanno inviato per rintuzzare l'offensiva delle forze di Vladimir Putin, sempre più incalzante nell'area di Kharkiv.
Un salto di qualità nel contrasto all'esercito erede dell'Armata Rossa, quello ufficializzato da Berlino e Washington, che arriva mentre a Praga i ministri degli Esteri della Nato ribadiscono il loro appoggio incondizionato e a lungo termine a Kiev e da Mosca l'ex presidente Dmitry Medvedev torna a evocare l'incubo della guerra nucleare. Ma è proprio sull'utilizzo delle armi contro la Russia che la compattezza e l'unità di intenti rivendicata dagli alleati ha ceduto il passo a posizioni diverse.
L'Italia dice no
L'Italia "non invierà alcun militare a combattere contro i russi in territorio ucraino, né potranno essere utilizzate armi italiane per colpire in territorio russo: lo impedisce la nostra Costituzione. Non siamo in guerra con la Russia, noi difendiamo il diritto alla libertà e all'autodeterminazione dell'Ucraina", ha riaffermato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, chiarendo tuttavia come la posizione prudente del governo Meloni non significhi in alcun modo mettere in dubbio il sostegno italiano a Kiev.
Anzi l'Italia, che il prossimo anno guiderà il gruppo internazionale di ricostruzione dell'Ucraina, farà di tutto per consentire a Kiev di respingere l'offensiva russa, ha assicurato il titolare della Farnesina, secondo cui l'obiettivo ultimo deve essere quello di raggiungere lo stallo militare sul campo di battaglia così da costringere Putin a sedersi al tavolo dei negoziati. Per questo ci vogliono le armi, a partire dai sistemi Samp/T, fiore all'occhiello della nostra difesa aerea che l'Italia ha già inviato a Kiev e che, secondo Tajani, potrebbe inviare ancora.
La linea rossa per Roma
L'impiego delle armi italiane contro il territorio russo è una vera e propria linea rossa, ha evidenziato il ministro degli Esteri - e lo stesso ha fatto il ministro della Difesa Guido Crosetto - spiegando che da parte ucraina c'è un impegno ad evitare che le armi italiane finiscano per colpire oltreconfine.
E rivolgendosi al segretario generale Jens Stoltenberg, che a Praga si è detto "lieto che gli alleati stiano allentando le restrizioni sull'uso delle armi" e ha rimarcato come il diritto all'autodifesa includa anche il diritto di colpire "obiettivi militari legittimi" in Russia, Tajani ha fatto appello alla cautela: "Ho parlato a lungo con Stoltenberg, gli ho ribadito la nostra posizione e l'ha capita perfettamente. Non è la Nato a decidere come si usano in Ucraina le armi italiane o di altri Paesi. Ogni Paese è libero di confrontarsi con Kiev e di decidere come vengono usate le sue armi".
Proprio Stoltenberg, che al termine della riunione nella capitale ceca ha fissato il target degli aiuti militari annui a Kiev ad "almeno 40 miliardi di euro", ha confermato come il percorso dell'Ucraina sia inevitabilmente diretto verso l'adesione alla Nato e che gli alleati sono "determinati a fare progressi" a riguardo. Un segnale di attenzione alle istanze del presidente Volodymyr Zelensky che è stato accolto anche dal segretario di Stato americano, Antony Blinken, secondo cui "il nostro obiettivo ora è quello di gettare un ponte per avvicinare l'Ucraina alla Nato". E in vista dell'atteso vertice di luglio a Washington ha affermato che da quel summit "emergerà un solido pacchetto di sostegno per l'Ucraina".
La svolta degli Usa
Lo stesso segretario di Stato ha poi confermato la notizia che era iniziata a circolare con insistenza sulla stampa americana ovvero che dall'Amministrazione del presidente Joe Biden fosse arrivato l'ok all'utilizzo delle armi americane in Russia.
"Nelle ultime settimane, l'Ucraina ci ha chiesto l'autorizzazione a usare le armi che stiamo fornendo per difendersi da questa aggressione, anche contro le forze russe che si stanno ammassando sul lato russo del confine e che da lì stanno attaccando l'Ucraina. Questa richiesta è andata dritta al presidente Biden che ha approvato l'uso delle nostre armi per quello scopo". Un via libera quindi, ma con alcuni paletti, come ha scritto il Wall Street Journal, secondo cui gli ucraini potranno utilizzare le armi americane per colpire le basi in Russia da cui viene attaccata Kharkiv, ma non potranno utilizzare i missili terra-terra a lungo raggio Atacms.
La reazione di Mosca
Quasi inevitabilmente il cambio di passo occidentale ha causato la reazione di Mosca. "Sappiamo che stanno già provando a effettuare attacchi sul territorio russo con armi di fabbricazione americana", ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, sostenendo che si tratta di una prova del coinvolgimento americano nel conflitto. Scomposto, come sempre più spesso accade, è stato il commento dell'ex vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Medvedev, secondo cui "la minaccia nucleare russa nei confronti dell'Ucraina non è un bluff o un'intimidazione".
L'agenda internazionale di giugno
Da Praga lo sguardo della comunità internazionale è già rivolto ai prossimi impegni che vedranno inevitabilmente tra i temi centrali ancora l'Ucraina. Dalla riunione del 10 giugno a Berlino sulla ricostruzione del Paese al G7 in Puglia fino alla riunione in Svizzera del 15 e 16 giugno, Kiev si aspetta segnali concreti dall'Occidente, soprattutto ora che le armi al fronte scarseggiano. Ma il summit per la Pace, voluto fortemente da Zelensky, ha perso subito uno dei suoi protagonisti più attesi.
La Cina, infatti, non ci sarà come ha confermato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, secondo cui non sono state accolte le richieste di Pechino. "La Cina ha sempre insistito sul fatto che una conferenza di pace internazionale dovrebbe essere approvata sia dalla Russia che dall'Ucraina, con la partecipazione paritaria di tutte le parti, e che tutte le proposte di pace dovrebbero essere discusse in modo equo e paritario. Altrimenti sarà difficile per la Cina svolgere un ruolo sostanziale nel ripristino della pace", ha dichiarato la portavoce.
"Tutti dovrebbero partecipare a una conferenza di pace, la pace è un bene prezioso che va al di là degli schieramenti Occidente-Oriente e che dobbiamo difendere. Se la Cina non partecipa secondo me commette un errore", ha commentato Tajani, auspicando un'azione di Pechino per convincere la Federazione Russa a sedersi al tavolo della pace. Mosca, ha avvertito, non si deve illudere su una divisione dell'Occidente. "Possono stare tranquilli, non ci sono divisioni all'interno della Nato. Non abbiano speranze che non esistono e sono totalmente infondate - ha chiosato il titolare della Farnesina - La Nato è unita, i Paesi della Nato sono uniti e da Washington partirà un altro messaggio di grande unità".
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Annunziata si è astenuta per errore sul paragrafo 8: l'eurodeputata lo ha segnalato, verrà registrato voto contrario
Gli eurodeputati italiani del gruppo S&D non hanno votato compatti sulla risoluzione sul sostegno all'Ucraina, che contiene un paragrafo, il numero 8, che ribadisce la richiesta di rimuovere le restrizioni all'uso delle armi inviate dall'Ue, affinché possano essere utilizzate anche per colpire obiettivi militari legittimi in territorio russo. Molti eurodeputati hanno votato a favore della risoluzione nel suo insieme, inclusi il capodelegazione Nicola Zingaretti, Lucia Annunziata e Sandro Ruotolo, oltre a Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento, Irene Tinagli, Camilla Laureti, tra gli altri. Gli indipendenti Marco Tarquinio e Cecilia Strada si sono astenuti.
Nel voto separato per confermare il paragrafo 8, quello più controverso, Picierno si è espressa a favore, come ha annunciato pubblicamente prima del voto. Hanno votato contro gli eurodeputati Brando Benifei, Annalisa Corrado, Nicola Zingaretti, Camilla Laureti, Antonio Decaro, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada e Alessandro Zan. Si è astenuta Annunziata.
Dalla delegazione italiana del gruppo S&D precisano che Annunziata si è astenuta per errore sul paragrafo 8 della risoluzione, quello che riguarda la rimozione delle restrizioni all'uso delle armi. L'eurodeputata ha segnalato l'errore e verrà registrato voto contrario, come la maggior parte della delegazione. Anche sul testo della risoluzione sul Venezuela, dove Annunziata dal roll call risultava essersi astenuta, si tratta di un errore: il suo voto è contrario, come quello degli altri eurodeputati Pd.