Arrestato Marcello Colafigli, boss della Banda della Magliana
Maxi blitz per droga, misure cautelari nei confronti di 28 persone
Arrestato Marcello Colafigli, uno dei capi storici della Banda della Magliana. E' finito in manette nell'ambito di un'operazione antidroga della Direzione distrettuale antimafia nelle province di Roma, Napoli, Foggia e Viterbo. Misure cautelari nei confronti di 28 persone indagate, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, di tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale.
Le indagini, avviate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e dirette dalla DDA di Roma nel giugno 2020, hanno permesso di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di un sodalizio criminale, con base logistica nella Capitale e operativo nell’area della Magliana e sul litorale laziale, capeggiato da Marcello Colafigli che, nonostante in regime di semilibertà, era riuscito a pianificare cessioni ed acquisti di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti dall’estero (Spagna e Colombia), mantenendo rapporti con esponenti della 'ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana e con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano.
Marcello Colafigli, è stato riconosciuto unitamente a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis, come uno dei soci fondatori del gruppo criminale noto con il nome Banda della Magliana”. Gravato da più ergastoli, è stato condannato, tra l'altro, per il sequestro e l'omicidio del Duca Massimo Grazioli Lante della Rovere (considerata l'azione con cui la Banda ha iniziato la propria attività criminale) e l'omicidio, come mandante, di Enrico De Pedis.
L'ordinanza
"L'eccezionalità dell'attitudine delinquenziale di Marcello Colafigli, elemento storico della Banda della Magliana, è resa evidente non solo dalla sua disinvoltura nell'intrattenere legami con figure criminali di primo piano o dalla facilità nel compimento di reati di varia natura ma, ancor più, dall'impermeabilità al trentennale periodo di carcerazione non essendo mutate né l'indole né la conoscenza delle dinamiche criminali nel territorio romano e nazionale" si legge nell'ordinanza del gip di Roma Livio Sabatini. Colafigli "non appena è stato ammesso allo svolgimento del lavoro esterno al carcere, sfruttando la copertura offertagli dalla responsabile della cooperativa, ha organizzato, in breve tempo, un rilevante numero di importazioni di cocaina e hashish, di ingente quantità e con abilissime modalità sia nell'escogitare il trasferimento del denaro ai fornitori colombiani sia nel trasporto del narcotico, sfruttando canali italiani ed esteri e programmando, infine, di fuggire all'estero con i proventi delittuosi, in un prossimo futuro mediante l'utilizzo di documenti falsi", si legge nell’ordinanza che ha disposto il carcere per l’ex Banda della Magliana . Inoltre “ha agevolmente costituito, diretto e coordinato la compagine criminale, composta da soggetti del tutto affidabili e non improvvisati, con una stabile base logistica, disponendo di sicuri canali di importazione (colombiani, spagnoli, albanesi, italiani) e su una vasta platea di soggetti (taluni di comprovata e palese capacità delinquenziale) estremamente fedeli al Colafigli, riconosciuto come un criminale autorevolissimo”, si spiega nell’ordinanza.
“Il ruolo apicale e strategico di Marcello Colafigli nell'ambito del sodalizio criminale è desunto in modo lineare dall'esame delle intercettazioni rivelatrici della sua funzione sovraordinata e dall'autorità criminale esercitata nei confronti dei sodali”, scrive il gip . “Il suo ruolo di capo deputato a risolvere i diversi problemi insorti nella gestione del traffico degli stupefacenti o nel reperire le risorse economiche necessarie è emerso in molteplici occasioni. Si deve infine sottolineare la facilità di Colafigli di intrattenere in prima persona i contatti diretti con associazioni criminali di diversa provenienza e con figure delinquenziali senz'altro non trascurabili per reperire sostanze stupefacenti in ingente quantità o per realizzare le finalità illecite, capacità sintomatica dell'eccezionale attitudine criminale dell'indagato e della sua familiarità con logiche delinquenziali” conclude il gip.
In regime di semilibertà, Marcello Colafigli sarebbe riuscito a coordinare una attività di traffico di stupefacenti grazie anche alla compiacenza della responsabile di una Cooperativa Agricola, si legge nell’ordinanza di oggi, dove avrebbe dovuto svolgere l’attività lavorativa, ottenendo la possibilità di allontanarsi a suo piacimento e di incontrare all’interno della cooperativa stessa i propri sodali, che lo avrebbero aiutato a eludere le investigazioni.
Non solo. Avvalendosi anche del proprio prestigio criminale, il 'Bufalo' Colafigli è indiziato di aver guadagnato la fiducia di un gruppo di albanesi inseriti in un importante cartello colombiano operativo nella città di Turbo (Colombia). Il referente sud americano, originario di Medellin, è anche lui destinatario della misura cautelare in carcere ma risulta irreperibile. L’uomo al vertice del gruppo 'degli albanesi', punto di contatto con il cartello colombiano, si è prestato per andare di persona a trattare con i fornitori sudamericani ed è suggestivo il passaggio delle intercettazioni in cui descrive le difficoltà da affrontare per entrare illegalmente in Colombia e le cautele utilizzate dai trafficanti locali per eludere le attività d’indagine come l’utilizzo di apparecchi satellitari e il ricorso spregiudicato alle armi da fuoco. Nel corso delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno raccolto gravi elementi in relazione alla collaborazione finanziaria tra il sodalizio di Colafigli ed esponenti della criminalità organizzata della provincia di Foggia i quali avevano finanziato l’importazione dalla Colombia di 30 kg di cocaina a 200.000 euro. Trattativa che però non è poi andata a buon fine, poiché a uno dei sodali, incaricato di effettuare il pagamento con money transfer verso la Colombia, sono stati sottratti da un parente, suo complice, i soldi accreditati su un conto dedicato.
Ne sarebbero nati dissidi, non degenerati in azioni violente solo grazie all’intermediazione di Colafigli. Ma per rientrare del debito maturato con la malavita foggiana, Colafigli avrebbe organizzato una rapina ai danni di un soggetto noto nell’ambiente come 'riciclatore'. I Carabinieri sono però intervenuti, evitando il compimento del delitto fermando le persone che avrebbero dovuto mettere a segno la rapina, recuperando in quella occasione uno storditore elettrico, uniformi, palette e pettorine con l’emblema della Guardia di Finanza nonché una pistola Beretta.
Tra le persone del sodalizio deputate allo spaccio di droga vi è anche un uomo, ferito da colpi d’arma da fuoco il 25 marzo scorso in via Pian Due Torri alla Magliana, anch’egli destinatario dell’ordinanza di oggi. Nel corso delle fasi esecutive dell’operazione, questa mattina a Roma, i Carabinieri hanno trovato e sequestrato circa 400.000 euro, durante una perquisizione a casa di uno degli indagati.
Esteri
Il corpo di Sinwar trasferito in una località segreta in...
Economia
Digitalizzazione PA, Limone: “Operiamo con modelli...
“Non abbiamo applicato le norme in materia di semplificazione, non formiamo dipendenti e dirigenza sui processi innovativi e pertanto paghiamo un contesto critico in fatto di digitalizzazione. Il governo deve intervenire per supportare questo cambiamento”, ha dichiarato Donato Limone, Professore di Informatica Giuridica intervenuto a Cernobbio nel corso di ComoLake
Sport
Inchiesta ultrà, Anghinelli: “Non ho mai guadagnato...
Il tifoso milanista ha parlato anche di Andrea Beretta e dell'omicidio di Vittorio Boiocchi
"Andrea Beretta faceva il parcheggiatore di macchine quando aveva 20 anni, poi si è ritrovato a fare il capo della curva. È fuori di testa. Secondo me si pentirà". Lo ha detto Enzo Anghinelli, ultrà milanista, in passato coinvolto in fatti di droga, nel corso di un colloquio con Klaus Davi che lo aveva già incontrato nel marzo 2020.
"Per me gli conviene pentirsi", dice Anghinelli, "secondo me gli conviene dire tutto quello che sa, anche se sa qualcosa di Vittorio Boiocchi, quello che hanno ucciso". E alla domanda se sia stato proprio Beretta a uccidere Boiocchi, Anghinelli risponde: "Io non lo posso sapere, ma secondo me lui lo dirà, dirà tutta la verità secondo me. Perché andare in galera a 50 anni, lui che la galera non se l'è mai fatta, non è bello. Dovrebbe farlo per suo figlio, per sua moglie. Poi secondo me non si uccide un essere umano, è un atto indegno".
Quanto a lui, riflette, "io non ho mai guadagnato un euro con le curve, altrimenti non andavo a vendere i pacchi in giro per Milano". Oltretutto, "è da un po' che ho chiuso con la malavita e anche con la droga". E "non è che ero un capo, io avevo un gruppo, noi ci facevamo i cavoli nostri, non ho mai fatto un reato allo stadio. Io e i miei compagni ne abbiamo combinate tante fuori dallo stadio e le ho pagate tutte giustamente, perché la droga rovina i ragazzi".