Autonomia, alla Camera botte e sedie che volano: rissa e Montecitorio diventa ring
Dalla 'X' del deputato della Lega Furgiuele al 'presente' del collega di Fratelli d'Italia Padovani, passando per una maxi rissa in Aula di cui si parlerà ancora a lungo
Dalla 'X' del deputato della Lega Furgiuele al 'presente' del collega di Fratelli d'Italia Padovani, passando per una maxi rissa in Aula di cui si parlerà ancora a lungo. A Montecitorio succede di tutto, in quella che può senza dubbio essere considerata la giornata più tesa da quando è iniziata la legislatura. Alla Camera si discute il disegno di legge sull'autonomia, fortemente voluto dalla Lega e dal suo ministro Roberto Calderoli (presente in Aula durante i lavori) e avversato con la medesima intensità dalle opposizioni. Le avvisaglie sul fatto che non sarebbe stata una seduta come le altre si erano avute nel pomeriggio durante la commemorazione di Silvio Berlusconi a un anno dalla scomparsa, con Forza Italia adirata per il duro discorso di Riccardo Ricciardi (M5S) al punto da abbandonare l'Aula. Ma è durante il dibattito sull ddl Calderoli che si scatena la bagarre.
Opposizioni sventolano tricolore e cantano Inno Mameli e Bella ciao
I deputati dell'opposizione, da Pd a M5S e Avs, si alzano dai banchi e iniziano a sventolare bandiere tricolore, intonando l'Inno di Mameli come atto di protesta contro l'autonomia differenziata: "Difendiamo l'unità del nostro Paese". "Un bel momento di patriottismo, grazie", commenta ironicamente il presidente leghista della Camera, Lorenzo Fontana. Ma oltre all'inno italiano, dagli scranni del Pd parte un altro coro: è 'Bella ciao', la canzone dei partigiani (VIDEO). Il deputato della Lega Domenico Furgiuele non ci sta e con le braccia disegna una 'X' imitando il generale Vannacci nello spot per le europee ormai divenuto celebre. In Aula scoppia il parapiglia. "Ha fatto il simbolo della X Mas!", la denuncia che arriva dal Pd. Furgiuele viene espulso dall'Aula e Fontana annuncia un'istruttoria con i questori per fare luce sul caso. "Ma quale X Mas, il mio era solo un 'no' a Bella ciao... Come a X Factor", si giustifica Furgiuele parlando con i cronisti in Transatlantico.
Donno (M5S) finisce in infermeria
L'esponente calabrese del Carroccio non fa nemmeno in tempo a finire di parlare che dall'emiciclo giungono nuove urla. "Che succede?", "Hanno espulso Donno dei 5 Stelle", le voci che si rincorrono nel corridoio dei passi perduti. Medici e operatori sanitari fanno il loro ingresso in Aula: si vede anche una barella e una carrozzina, sulla quale uscirà, dopo pochi minuti, Leonardo Donno con la faccia stravolta, condotto in infermeria dai camici bianchi. Il deputato di Avs Marco Grimaldi si avvicina ai giornalisti e racconta la sua versione dei fatti: "Un deputato della Lega gli ha dato due pugni in testa". Le primissime indiscrezioni parlano di un coinvolgimento nella rissa del deputato della Lega Igori Iezzi; viene fatto anche il nome dell'esponente di Fratelli d'Italia Federico Mollicone. "E' squadrismo", attaccano all'unisono Pd, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra.
Intanto iniziano a circolare nelle chat dei parlamentari i primi video della rissa. Nelle immagini si vede Donno avvicinarsi a Calderoli con il tricolore: il ministro non gradisce l'omaggio e prima che il deputato M5S possa portare a termine la 'consegna' intervengono i commessi, pronti a braccare Donno. Scoppia la bagarre, attorno a Donno si crea la ressa nella quale spuntano, tra gli altri, Federico Mollicone e Gimmi Cangiano di Fratelli d'Italia, ma anche Stefano Candiani e Igor Iezzi della Lega (quest'ultimo proverà a colpire Donno più volte, come si vede nitidamente dai video). A un certo punto Donno cade per terra "come corpo morto cade", direbbe il Poeta.
Più tardi il parlamentare grillino denuncia di aver ricevuto "un pugno fortissimo allo sterno" così forte da perdere il respiro. Dopo "7-8 elettrocardiogrammi" e un antidolorifico, Donno ritorna in Transatlantico e fa i nomi dei quattro parlamentari che lo avrebbero picchiato: Iezzi e Candiani della Lega, Cangiano e Amich di Fratelli d'Italia. "Ho il referto, denuncerò chi mi ha aggredito. Questi squadristi non devono entrare più in Parlamento", giura il pentastellato, che incassa la solidarietà del leader Giuseppe Conte ("non passeranno"), mentre la segretaria del Pd Elly Schlein parla di "fatti gravissimi" ed evoca nientemeno che il delitto Matteotti, di cui ricorre il centenario. Nella rissa - dove solo volate parolacce, spintoni e cazzotti - a farne le spese è anche un assistente parlamentare, colpito al volto e portato a braccio in infermeria.
Nel frattempo il Transatlantico della Camera si trasforma in una enorme sala 'var': i deputati in capannello visionano le immagini della rissa sui loro cellulari, commentando a mezza bocca quanto accaduto. Il responso della 'moviola' per i parlamentari del centrodestra è chiaro: simulazione grillina. "Donno si è buttato a terra e ha fatto una sceneggiata", accusa Mollicone di Fdi, puntando il dito contro il "gesto irrispettoso e oltraggioso di Donno" nei confronti di Calderoli. Il capogruppo della Lega Riccardo Molinari derubrica tutto a "dinamiche parlamentari".
Poco dopo, in una nota, il partito di Matteo Salvini prova a fare chiarezza: "E' il deputato Donno del M5S ad aver aggredito il ministro Calderoli. Il parapiglia generatosi è la conseguenza del comportamento fortemente provocatorio del deputato Donno. Il video dimostra come si sono svolti realmente i fatti". Tutte le persone chiamate in causa da Donno respingono con forza le accuse: "Una sceneggiata, non l'ho colpito" (Iezzi), "Mi sono avvicinato solo per riprendere la bandiera, ero lontano da Donno" (Cangiano), "Sono intervenuto nel parapiglia per sedare" (Amich), "Donno fa la vittima quando invece è l'istigatore, vergogna" (Candiani).
Volano sedie e stampelle
Per qualche minuto torna la quiete alla Camera e i lavori riprendono. Ma l'illusione di assistere a un dibattito normale dura poco. "Stefano Bertacco, presente...", dice al termine del suo intervento il deputato di Fratelli d'Italia Marco Padovani rendendo omaggio all'ex senatore di Fdi Stefano Bertacco scomparso nel 2020. "Il richiamo al 'presente'? Ma come si fa...", gridano increduli quelli del Pd. Ed è subito bagarre, ancora una volta. Il dem Nico Stumpo viene espulso dal presidente di turno, Sergio Costa, per aver lanciato una sedia. Fabio Petrella di Fdi denuncia di aver ricevuto due "stampellate" sul petto da Toni Ricciardi (Pd).
La seduta è tolta, non ci sono più le condizioni per proseguire: i lavori riprenderanno oggi alle 9.30. Dalla Presidenza della Camera vengono acquisiti i filmati della rissa "per accertare nella loro interezza i fatti e adottare ulteriori provvedimenti". All'uscita dall'emiciclo Tommaso Foti, capogruppo di Fdi, accusa apertamente Pd e M5S di voler rovinare il G7 di Meloni e guardando Schlein - seduta su uno dei divanetti in Transatlantico - fa un gesto eloquente con la mano: così non si fa. Cala il sipario sul fight club Montecitorio. Ma c'è chi giura che è solo il primo round.
(di Antonio Atte)
Politica
Elezioni Regionali, Follini: “Veri vincitori sono i...
Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos
"I partiti a più alta densità di populismo sono usciti piuttosto malconci dalla prova elettorale di domenica scorsa. La Lega di Salvini ha perso la gran parte dei suoi voti e ha dovuto ammaiare la bandiera della presidenza della regione umbra. I Cinque stelle di Giuseppe Conte a loro volta hanno continuato quella loro discesa agli inferi, quantomeno numerici, che ha attraversato i loro più recenti percorsi elettorali.
Si dirà che i numeri di questa tornata, per quanto così poco fruttuosi, non bastano per annunciare un declino definitivo. Si aggiunga pure che né Salvini né Conte sono i soli depositari delle fortune del populismo -che s’è almeno in parte insinuato anche tra quelle forze che pure se ne proclamano agli antipodi. Resta il fatto che quell’onda di piena che sembrava destinata a travolgere irrimediabilmente ogni brandello dell’ufficialità politica di più lungo corso oggi sembra almeno in parte rifluire. Riconsegnando molte chiavi della disputa ai professionisti della materia. Con quale esito, si vedrà più avanti.
Inoltre i veri vincitori di questa ultima contesa dell’anno sono -non per caso- due sindaci (tre con quello di Genova). Come a richiamare in servizio quel nobile apprendistato politico che si nutre di conoscenza del territorio, di accudimento dell’elettorato, di cura la più concreta e operativa della propria comunità. Tutti segni del fatto che forse sta pian piano tornando d’attualità una politica che non si abbandona troppo a certe fumisterie demagogiche ma reclama semmai una presenza dentro le fibre più minute degli ambiti in cui si esprime un mestiere antico e nobile -ancorché non più così di moda.
Insomma c’è più di qualche indizio a favore di un ritorno in campo della politica. Anche se poi la marea montante dell’astensionismo, che ogni volta fa balzi da gigante verso proporzioni sempre più angosciose, lascia intendere che la partita è ancora apertissima a tutti gli esiti e che il sentimento di protesta e di disaffezione antipolitico è tutt’altro che archiviato.
Resta il fatto che quel malessere oggi non si incanala più così facilmente verso le formazioni che si illudevano di beneficiarne in nome della loro (supposta) purezza. Circostanza che a sua volta pone problemi inediti e non facilissimi anche ai loro stessi alleati. Infatti Salvini e Conte continuano ad essere considerati decisivi per le fortune delle coalizioni. Laddove cresce l’insofferenza nei loro riguardi e la consapevolezza della loro china discendente. Ma non fino al punto di espungerli dai due campi. Meloni infatti si trova tuttora a governare con Salvini e senza i suoi voti non può disporre né di una maggioranza parlamentare né, forse, di una maggioranza elettorale. E il Pd di Schlein a sua volta insiste a confidare anche nei voti del M5S per allestire una coalizione numericamente competitiva. Così, i due populisti, già autori del primo governo gialloverde nella scorsa legislatura, continuano a disporre di buone carte malgrado i numeri stentati di queste ultime tornate.
Si dirà che il populismo non è solo quello di Salvini e di Conte. E che alcune delle sue parole d’ordine sono penetrate anche ben dentro le mura di quei partiti che non vogliono dirsi populisti. Circostanza che rende ancora più complessa la questione e più ardua la previsione. Ma che per l’appunto dovrebbe indurre i players politici più collaudati a cercare finalmente di attraversare il bivio che li ha paralizzati fin qui. Perché con i populisti le mezze misure non funzionano. O si chiede loro di restare a bordo, e allora bisognerà accettare almeno in parte il loro modo di vedere le cose. Oppure si decide di lasciarli a terra, e a quel punto
Si vedrà se il loro è un incendio che ancora divampa oppure è diventato ormai un fuoco di paglia. La notizia è che forse, a questo punto, lasciarli a terra non è più così proibitivo come appena qualche mese fa". (di Marco Follini)
Politica
Mandato d’arresto Netanyahu, Tajani: “Salvini...
Il ministro degli Esteri: "Non credo che la decisione favorisca la pace ma la sentenza va rispettata"
Sul mandato d'arresto spiccato dalla Corte penale internazionale sul premier israeliano Benjamin Netanyahu "le opinioni di Salvini sono legittime ma parla in quanto capo di partito. La posizione dell'Italia e del governo è la posizione del presidente del Consiglio, che il ministro degli Esteri ha il dovere di attuare anche perché poi il ministro degli Esteri condivide la posizione del presidente del Consiglio". Così il vicepremier, Antonio Tajani, ospite di '4 di sera Weekend' su Retequattro commentando le affermazioni del leader della Lega secondo cui se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto.
"La posizione del governo - ribadisce Tajani- è quella del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri".
"Ora prudenza e capire il motivo della decisione"
"Bisogna vedere le carte, cioè cercare di capire per quale motivo si è arrivati a questa decisione da parte della Corte. Noi la rispettiamo, però dobbiamo tener conto che la Corte deve svolgere soltanto un ruolo giuridico, non un ruolo politico", chiarisce Tajani. "In questo momento -aggiunge - serve grande prudenza perché non credo che il mandato di arresto per Netanyahu e per l'ex ministro della difesa sia un passaggio utile che favorisca la pace e il cessate il fuoco".
La decisione della Cpi "semmai fa indispettire Israele - spiega il ministro - Netanyahu non verrà mai arrestato perché non andrà in nessun Paese in questo momento, essendoci la guerra in corso in Israele, ma rimarrà in Israele. Se va negli Stati Uniti, gli Usa non riconoscono la Corte, quindi non c'è alcun pericolo sostanziale per lui. È una scelta politica, ripeto, noi decideremo insieme ai nostri alleati il da farsi, tant'è che lunedì e martedì si svolgerà il G7 esteri a Fiuggi. Ne parleremo con i nostri alleati, porremo il problema, vedremo se si potrà arrivare ad una posizione comune e, come Occidente, decidere il da farsi".
"L'unica cosa che noi politicamente dobbiamo dire - sottolinea Tajani - è che non si può assimilare Netanyahu, che è il presidente del Consiglio di un Paese democratico dove ha vinto le elezioni ed è stato eletto dal popolo israeliano, al capo di una organizzazione terroristica. Cioè all'uomo che ha pensato e organizzato la strage degli israeliani il 7 ottobre dell'anno scorso. Questo è per noi un aspetto politicamente di grande rilievo".
"Auspico cessate il fuoco in Libano e a Gaza"
"Mi auguro che si possa arrivare ad un cessate il fuoco che chiuda questa stagione di guerra, almeno in Libano. Le trattative sono in corso, non so se l'Iran effettivamente vuole raggiungere il cessate il fuoco, ma bisogna fare di tutto perché si raggiunga questo obiettivo", afferma il vice presidente del Consiglio aggiungendo che "questo naturalmente metterebbe in maggior sicurezza i nostri militari che si muovono sotto le bandiere dell'Unifil, cioè delle Nazioni Unite. Hanno dei bunker dove potersi proteggere e fortunatamente i quattro militari sono stati feriti leggermente".
"Lunedì incontrerò il ministro degli esteri del Libano - prosegue Tajani -che sarà qui a Roma e gli ribadirò che i militari italiani non si toccano. Le truppe Hezbollah non sono l'esercito regolare libanese, sono truppe che di fatto rispondono più all'Iran che al Libano. Sono le truppe armate del Partito di Dio, sono un'organizzazione praticamente semiterroristica che ha attaccato fino ad oggi lo Stato di Israele. L'Unifil stava in mezzo tra israeliani e Hezbollah proprio per impedire che ci fosse il peggioramento della situazione che invece c'è stato. E' chiaro che stando in mezzo rischiano di essere colpiti da una parte e dall'altra".
"Noi siamo stati espliciti con il governo israeliano che ci ha garantito il massimo impegno - dichiara il ministro - perché i nostri militari non vengano colpiti da parte israeliana. Con Hezbollah è impossibile parlare perché non è un'organizzazione statale, è un'organizzazione di fatto terroristica. Non so se hanno voluto intimidire i nostri militari oppure se non sono capaci di utilizzare le armi che hanno, che sono armi fornite dall'Iran. Certamente la situazione è quella che è, bisogna lavorare assolutamente per il cessate il fuoco. Noi sosteniamo la posizione americana che punta veramente a trovare un accordo. Poi si lavorerà per trovare un cessate il fuoco a Gaza perché la situazione è veramente preoccupante in tutta l'area".
Politica
Vannacci lancia il suo movimento ‘Il mondo al...
Il generale presenta anche un calendario: c'è la vignetta su Paola Egonu
Roberto Vannacci lancia il suo movimento politico 'Il mondo al contrario' ma, assicura, "non è un partito" e "non intende lanciare un'opa sulla Lega". Con Matteo Salvini "nessuna spaccatura".
''Questa è la seconda Assemblea del 'Mondo a contrario' che segna il passaggio da movimento culturale a politico - spiega Vannacci - . Vogliamo radunare tutti coloro che si riconoscono nella casa che segue il sottoscritto. Non è un partito, state tranquilli. Chi continua a pensare e dire che faccio un partito per fare un'opa sulla Lega dice balle, non è così...''.
"Con Salvini siamo in sincronia"
''Che io spacchi il centrodestra e la Lega ormai è un ritornello che si ripete da mesi. E che viene ripetuto da certa stampa. Non c'è alcuna spaccatura con Salvini che ho sentito ieri e abbiamo avuto una bellissima conversazione amichevole. Siamo entrambi convinti che nel futuro della Lega ci siamo tutti e due e - ha assicurato l'europarlamentare - portiamo avanti questa splendida avventura. Come si è visto a Pontida. Tra di noi non ci sono problemi di competizione e neanche problemi di fraintendimenti. Siamo in sincronia senza bisogno di discuterne prima. Sono un valore aggiunto per la Lega. Si è detto che Vannacci usa la Lega come un taxi, ma io non ho bisogno di taxi e non mi sono mai scostato dalla vita della Lega stessa''.
Il calendario e la vignetta su Egonu
L'iniziativa è l'occasione per promuovere anche un calendario ('Un anno con Vannacci' la scritta in copertina) dove il generale viene raffigurato in divisa da parà. Dentro c'è una seria di vignette, una per ogni mese. Per aprile la protagonista del fumetto è una ragazza simile all'olimpionica azzurra della pallavolo Paola Egonu, nata da genitori nigeriani, che esclama: 'Ho i tratti somatici italiani!'. Accanto, girato di spalle, c'è Vannacci che replica: 'Certo, come io ho quelli nigeriani'.
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