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Salute e Benessere

Allarme cardiologi: “Cocaina aumenta fino al 23%...

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Allarme cardiologi: “Cocaina aumenta fino al 23% rischio infarto, Fentanyl spaventa”

Fondazione per il tuo cuore in prima linea per la prevenzione delle problematiche cardiovascolari da sostanze psicoattive. "La scarsa informazione e soprattutto la disinformazione, legata ai canali da cui vengono attinte le informazioni, determinano - avvertono i cardiologi - false convinzioni come ad esempio quella di ritenere la cannabis innocua in quanto 'terapeutica' e favoriscono dunque la bassa percezione del pericolo 'sostanze', alcool compreso , per il cuore e per la salute umana in particolare tra i giovani"

Allarme cardiologi:

Le droghe, anche quelle considerate 'leggere', fanno male al cuore. "Ma soprattutto scatenano le malattie cardiache da sostanze stupefacenti che possono manifestarsi in maniera acuta - generalmente temporalmente associata e proporzionale all’ultima dose assunta - o svilupparsi lentamente nel tempo. Quindi anche chi la prova una volta o lo fa saltuariamente e non ha alcuna sintomatologia acuta dopo l’assunzione, se però continua può sviluppare nel tempo un danno cardiaco". Da qui l'allarme dei cardiologi della Fondazione per il Tuo cuore dell'Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri) nel sottolineare come sia necessario "smettere di assumere sostanze prima che il danno si manifesti o diventi irreversibile" e dell'importanza di sottoporsi a visite di controllo.

“La cocaina - spiega Domenico Gabrielli, presidente Fondazione per il tuo cuore e direttore Cardiologia dell’ospedale San Camillo di Roma - può favorire l’insorgenza di ogni tipo di patologia cardiaca e aumenta fino al 23% il rischio di infarto miocardico nelle prime ore dopo l’assunzione. L’uso non medico della cannabis, è stato associato ad un aumentato rischio di patologie cardio e cerebrovascolari. Il fatto che esista una cannabis utilizzata per scopi medici non significa che fumare marijuana non faccia male al cuore e alla salute. Anche il Fentanyl è un farmaco molto utilizzato in medicina, eppure negli Usa l’uso non medico di oppioidi sintetici con effetti antidolorifici come il Fentanyl e derivati è un vero e proprio problema di salute sociale . Tali sostanze, magari acquistate anche per via illegale, hanno infatti aumentato la mortalità per arresto cardiorespiratorio (sono stati stimati circa 75.000 decessi da oppiodi sintetici nel 2022 negli Stati Uniti) e costituiscono ora negli Usa una tra le principali cause di morte nei soggetti giovani–adulti.”

“Obiettivo della Fondazione per il Tuo cuore e dei cardiologi Anmco – ricorda Gabrielli - è quello di svolgere una prevenzione al passo con i tempi in considerazione del sempre più frequente uso e abuso di sostanze psicoattive, poiché sono cambiate non solo le sostanze assunte ma anche il profilo di chi le assume. La prevenzione delle problematiche cardiovascolari da sostanze psicoattive merita tutta la nostra attenzione e giustifica ogni sforzo in quanto tali malattie non sono affatto rare, dati evidenziano che fino a un quarto degli infarti nei soggetti giovani sia legato all’uso di droghe. E in generale il danno cardiaco da droghe è decisamente più frequente di quello che riusciamo a dimostrare".

Secondo i cardiologi, "le sostanze stupefacenti sono al centro di varie problematiche della società civile: un concetto noto ma vi è ancora poca conoscenza, sia in ambito sanitario che sociale, sulla capacità che queste sostanze hanno di determinare problemi cardiovascolari e in generale un danno biologico con gravi ripercussioni sulla salute di chi le assume e importanti ricadute sulla spesa sanitaria. La scarsa informazione e soprattutto la disinformazione, legata ai canali da cui vengono attinte le informazioni, determinano - avvertono i cardiologi - false convinzioni come ad esempio quella di ritenere la cannabis innocua in quanto 'terapeutica' e favoriscono dunque la bassa percezione del pericolo 'sostanze', alcool compreso, per il cuore e per la salute umana in particolare tra i giovani".

"Un danno d’organo cardiaco che può rimanere a lungo asintomatico, dando la falsa impressione di essere sani, il fatto che il più delle volte il danno d’organo si sviluppa lentamente nel tempo senza dare particolari sintomi durante le assunzioni, la sottostima delle diagnosi di cardiopatie determinate o favorite dall’uso di sostanze psicoattive e il fatto che ci sia poca sensibilità, e molta reticenza a parlare, cosi come si dovrebbe, di queste tematiche contribuiscono alla erronea convinzione che le sostanze stupefacenti non facciano poi cosi tanto male al cuore e al nostro organismo - rimarca Gabrielli - Tutte le principali droghe conosciute, cannabis compresa, hanno un effetto cardiotossico e possono determinare o favorire l’insorgenza vari tipi di patologie cardiovascolari, anche gravi o mortali. Le sostanze stupefacenti infatti danneggiano le coronarie determinando ischemia cardiaca acuta o cronica e danneggiano direttamente il muscolo cardiaco provocando infiammazione (miocardite), dilatazione (cardiomiopatia dilatativa) o ispessimento (ipertrofia) del cuore. Condizioni queste, che se non diagnosticate e curate tempestivamente, possono portare a scompenso cardiaco. Favoriscono inoltre l’insorgenza di vari tipi di aritmie, a volte letali e alterazioni della pressione arteriosa, della coagulazione e delle valvole cardiache".

Secondo Francesco Ciccirillo, cardiologo e responsabile Ambulatorio Dahd ( Drug Abuse Heart Diseases) Uoc Cardiologia-presidio ospedaliero Vito Fazzi-Asl di Lecce, "dovrebbe portarci a considerare le sostanze psicoattive come un fattore di rischio cardiovascolare indipendente e aggiuntivo e a considerare il loro ruolo favorente sui sintomi e sulle malattie cardiovascolari riscontrate nella pratica clinica oltre che a portare avanti dei programmi di prevenzione adeguati volti a scongiurare la prima assunzione e l’uso anche ricreazionale di sostanze psicoattive. Infatti - precisa Ciccirillo - il danno cardiovascolare si può instaurare non solo nel consumatore abituale (che rimane comunque a rischio più alto) ma anche in quello occasionale, a volte indipendentemente dalla quantità di sostanza assunta soprattutto se presente una particolare predisposizione genetica (non sempre nota) o altri fattori contingenti".

“E’ difficile quantificare e prevedere il rischio di un danno cardiaco da droghe nel singolo individuo - continua Ciccirillo - in quanto l’effetto delle sostanze può variare da soggetto a soggetto e perfino nello stesso soggetto, in base a dose, modalità, tempistica, durata di assunzione, tipo, purezza, quantità della sostanza e presenza o meno di altri fattori predisponenti".

Per una adeguata prevenzione delle malattie cardiache da sostanze psicoattive, "è importante anche conoscere e imparare a non sottovalutare i sintomi associati all’uso di sostanze per chiedere pronto aiuto medico. È fondamentale per esempio non trascurare il sintomo del dolore al petto in quanto può essere espressione di gravi patologie cardiorespiratorie acute. Dallo 0,7% fino al 6% di soggetti che arrivano in pronto soccorso per dolore toracico dopo uso di cocaina ha un infarto cardiaco secondario a tale sostanza. Ugualmente è fondamentale riferire al medico se sono state assunte 'sostanze' per evitare pericolose interazioni farmacologiche", conclude Ciccirillo.

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Tumori: colon retto, proteina operaia bersaglio contro...

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Una proteina 'operaia' che si chiama Smyd3, complice del cancro perché fiancheggia le cellule malate aggiustandone il genoma, è un bersaglio da colpire per combattere la resistenza del tumore al colon retto alla chemioterapia. Inibendola, è possibile aumentare l'efficacia delle cure. E' la via indicata da un progetto di ricerca condotto all'Irccs 'Saverio de Bellis' di Castellana Grotte (Bari), specializzato in gastroenterologia. Lo studio, durato 5 anni e guidato dal genetista dell'università di Bari Cristiano Simone, è stato finanziato dalla Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. I risultati sono stati pubblicati sul 'Journal of Experimental & Clinical Cancer Research'.

E' noto che la chemioterapia, ancora oggi uno dei trattamenti più efficaci per la cura dei pazienti oncologici - ricordano dall'istituto pugliese - agisce danneggiando il Dna sia delle cellule tumorali che di quelle sane, causandone la morte. Il tumore, però, può sviluppare una resistenza ai chemioterapici, proprio come avviene per i batteri verso gli antibiotici, e questo causa la maggior parte delle recidive. Accade perché le nostre cellule possiedono un sistema di riparazione del Dna che consente loro di rimanere in salute, ma che purtroppo viene sfruttato anche dalle cellule tumorali per difendersi dall'azione della chemioterapia. Di questo sistema fa parte la proteina Smyd3.

"Smyd3 è una proteina operaia coinvolta proprio nella riparazione del Dna nelle cellule cancerose - spiega Simone - Recentemente abbiamo dimostrato che l'impiego di un nuovo inibitore di Smyd3 aumenta l'efficacia dei chemioterapici, e che nei tessuti di pazienti con neoplasie gastrointestinali Smyd3 è fortemente espressa. Il nostro studio identifica Smyd3 come bersaglio terapeutico nei tumori in cui è espressa in eccesso, permettendo di eliminare in maniera mirata le cellule cancerose e risparmiando quelle sane. Questo approccio terapeutico rappresenterebbe un'arma vincente non solo per evitare la resistenza ai chemioterapici, ma anche per ridurne le dosi, limitando sia gli effetti collaterali sia i costi".

"Questo è il risultato vincente di uno studio multidisciplinare", dichiara il direttore scientifico dell'Irccs de Bellis, Gianluigi Giannelli, che evidenzia come "ricercatori, chirurghi, oncologi, anatomopatologi abbiano lavorato in squadra proprio come avviene in tutti i grandi centri di ricerca internazionali".

C'è di più: "L'inibitore di Smyd3 - riporta una nota - è già stato validato scientificamente presso l'Irccs de Bellis e brevettato in Italia ed in fase di approvazione a livello internazionale. Il trasferimento tecnologico, fortemente perseguito dalla direzione scientifica, rappresenta un punto di forza della ricerca dell'istituto pugliese, offrendo anche opportunità allo sviluppo dell'imprenditorialità territoriale".

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Estate: creme solari pericolose? I medici anti-fake news...

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Estate: creme solari pericolose? I medici anti-fake news bocciano i 'no-cream'

"Dottore, è vero che tutte le creme solari sono pericolose?", ma "è importante proteggersi dal sole?". Da settimane oncologi e dermatologi raccomandano di non esporre la pelle al sole senza averla protetta con una adeguata quantità di crema (o formulazioni analoghe). Tuttavia, c'è chi pensa che questi prodotti sarebbero da evitare perché priverebbero l'organismo dei benefici del sole o sarebbero addirittura pericolosi, in particolare cancerogeni. Non solo. Mentre gli esperti ricordano che i raggi ultravioletti sono la prima causa di invecchiamento della pelle, qualcuno sostiene che siano proprio i filtri solari a danneggiarla e a rovinarla dal punto di vista estetico. Ecco perché gli esperti di 'Dottore, ma è vero che...?', il sito anti-bufale della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), hanno deciso di fare chiarezza bocciando il movimento 'no-cream'.

Per questi influencer 'anti-crema' che spopolano sui social media, va benissimo esporsi al sole anche senza protezione, perché i benefici sul sistema immunitario derivati dalla maggior produzione di vitamina D sarebbero in grado di neutralizzare qualunque eventuale rischio. A questa tesi, però, i medici di Fnomceo replicano così: "E' vero che il contenuto della vitamina D nell'alimentazione può essere insufficiente, ma per beneficiare di quella prodotta dalla nostra pelle basta la minima esposizione al sole che si ha nella vita quotidiana, semplicemente recandosi ogni giorno a scuola o al lavoro. Non esiste invece alcuna prova che l'uso dei filtri solari riduca i livelli di vitamina D nel sangue".

Alcuni non diffidano dei solari in toto, ma raccomandano di privilegiare quelli con 'filtri fisici', anche detti 'minerali', rispetto a quelli con 'filtri chimici': i primi, a base di sostanze altrettanto chimiche, come l'ossido di zinco, costituiscono una barriera al passaggio dei raggi Uva e Uvb, mentre quelli definiti filtri chimici si basano su sostanze che li assorbono, soprattutto avobenzone, ossibenzone e octinossato.

Con uno studio del marzo 2020, condotto dalla Food and Drug Administration statunitense su diversi prodotti in varie formulazioni (latte, spray, crema ecc.) sulla pelle di una cinquantina di volontari - spiegano i medici anti- fake news - gli autori hanno dimostrato che "le 6 sostanze chimiche testate sono assorbite nel circolo sanguigno e in 3 settimane di applicazione possono superare i livelli di concentrazione dimostrati come sicuri dall'agenzia. Attenzione, però. Oltre questa soglia non abbiamo prove di tossicità, ma solo la necessità di ulteriori sperimentazioni". Questa conclusione, come precisano gli stessi scienziati, "non significa che le persone dovrebbero smettere di usare i filtri solari: negli Stati Uniti si diagnosticano ogni anno circa 5 milioni di tumori maligni della pelle, tra melanoma e altri tipi di malattia, il 90% dei quali è da ricondurre all'esposizione al sole. L'abbronzatura selvaggia rappresenta quindi un rischio certo, mentre i possibili effetti negativi delle creme sarebbero tutti da verificare".

Proprio l'aumento nel numero dei casi di tumori della pelle ha spinto i medici a insistere maggiormente sull'utilizzo di protezioni solari, sottolineano gli esperti Fnomceo. Mentre un tempo si consigliava la crema solo durante le vacanze al mare o in montagna, oggi i medici suggeriscono di applicare possibilmente una protezione tutto l'anno e ripetere l'applicazione durante il giorno. In teoria ciò potrebbe cambiare il profilo di sicurezza di un prodotto: sicuro per un uso occasionale, meno se usato in grandi quantità tutti i giorni per anni. Anche per questo la Fda ha chiesto ulteriori accertamenti alle aziende, senza però smettere di raccomandare l'uso dei filtri ai cittadini.

Sulla necessità di proteggersi dai raggi ultravioletti, puntualizzano i dottori anti-bufale, "a livello scientifico c'è pieno consenso. I filtri solari servono a ridurre il danno dell'esposizione diretta al sole. Per maggiore prudenza nei confronti degli organismi in crescita, l'American Academy of Pediatrics mette per esempio in guardia dall'utilizzo dell'ossibenzone nei prodotti per i bambini, opta per i filtri fisici e soprattutto per l'uso di indumenti protettivi. Fino a 6 mesi di età, poi, tutti sconsigliano di esporre i bambini direttamente al sole: solo se non c'è modo di proteggerli è meglio applicare la crema sulle parti scoperte". Per gli adulti, invece, "oltre all'ombra e a indumenti protettivi (cappello e occhiali da sole compresi), l'American Academy of Dermatology raccomanda sempre l'uso dei filtri solari nelle parti esposte, non solo al mare o in montagna, ma anche nel corso di altre attività all'aperto".

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Alimenti: Symbola-Coldiretti, 93% prodotti Dop e Igp nasce...

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Alimenti: Symbola-Coldiretti, 93% prodotti Dop e Igp nasce in piccoli Comuni

Il 93% delle produzioni tipiche nazionali che si consumano nasce nei 5.538 comuni italiani con meno di cinquemila abitanti, un patrimonio di gusto e biodiversità che fa da traino anche al turismo, con 2 italiani su 3 (65%) tra coloro che andranno in vacanza che visiteranno un borgo nell’estate 2024, secondo Ixe’. È quanto emerge dallo studio Coldiretti/Symbola su “Piccoli comuni e tipicità” che vuole raccontare un patrimonio enogastronomico del Paese custodito fuori dai tradizionali circuiti turistici, valorizzato e promosso grazie alla legge n.158/17, a prima firma Realacci, con misure per la valorizzazione dei Piccoli Comuni.

Quindi ben 297 dei 321 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) italiani riconosciuti dall’Unione Europea hanno a che fare con i Piccoli Comuni che, nel dettaglio, garantiscono la produzione di tutti i 54 formaggi a denominazione, del 98% dei 46 olii extravergini di oliva, del 90% dei 41 salumi e dei prodotti a base di carne, dell’89% dei 111 ortofrutticoli e cereali e dell’85% dei 13 prodotti della panetteria e della pasticceria. Ma grazie ai piccoli centri è garantito anche il 79% dei vini più pregiati che rappresentano il Made in Italy nel mondo. Un patrimonio conservato nel tempo dalle 279 mila imprese agricole presenti in quei territori con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture agricole storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari.

"Le ferie estive sono anche un’occasione per riscoprire i nostri prodotti tipici legati ai territori e ai piccoli comuni. I piccoli Comuni – dichiara Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola – sono una straordinaria opportunità per l’Italia: un’economia più a misura d’uomo che punta su comunità e territori, sull’intreccio fra tradizione e innovazione". "Per salvaguardare questa ricchezza nazionale, è necessario creare le condizioni affinché la popolazione residente e le attività economiche possano rimanere. - dichiara Ettore Prandini, presidente Coldiretti - È quindi fondamentale contrastare lo spopolamento, che aggrava anche la situazione di isolamento delle aziende agricole e aumenta la tendenza allo smantellamento dei servizi, dei presidi e delle forze di sicurezza presenti sul territorio".

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