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Carcere, altri due suicidi tra i detenuti: sono 42 dall’inizio dell’anno

Le vittime ad Ariano Irpino e a Biella sono state trovate impiccate in cella. I sindacati: "È un'emergenza"

Carcere - Fotogramma

Ancora due suicidi in carcere. Ieri sera intorno alle 20 un detenuto napoletano di 38 anni si è impiccato con i propri slip in una cella singola del carcere di Ariano Irpino e nella notte, poco dopo l’una, a Biella un altro detenuto 46enne di origine romena è stato trovato impiccato con una corda rudimentale legata alle inferriate della cella.

Due morti che fanno salire a 42 il tragico bilancio dei suicidi dietro le sbarre. Morti "in carcere, di carcere e per carcere", denuncia Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria che punta il dito contro il sovraffollamento. "Ormai è una strage senza sosta e se non ci sarà un’immediata inversione di tendenza - afferma il sindacalista - si sfonderà tragicamente ogni record nella conta dei suicidi".

"Nelle carceri si consuma una strage silenziosa. Un suicidio ogni tre giorni dall’inizio dell’anno - sottolinea il Garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Samuele Ciambriello -. I suicidi sono sia il prodotto della lontananza della politica e della società civile dal carcere, sia dalla mancanza di figure sociosanitarie e di ascolto. Negli Istituti penitenziari abbiamo bisogno di più stato sociale e meno stato sicuritario a tutela della dignità umana".

"C'è un’ amministrazione non in grado di affrontare i problemi che si verificano, sia a livello di personale sia di utenza - fa eco il segretario del sindacato Osapp, Leo Beneduci -. E' tempo che a capo della polizia penitenziaria ci sia chi è in grado di gestire una forza di polizia e organizzarla ma anche di potenziarne le risorse e le capacità. Da tempo - conclude Beneduci - l'Osapp ha di dichiarare lo stato di emergenza delle carceri italiane".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Trump in 7 giorni nomina falchi e fedelissimi, verso...

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Dossier cruciale sui migranti affidato a Homan e Miller. A Noem, la governatrice che sparò al suo cucciolo, la guida del Dipartimento di Sicurezza Interna. Marco Rubio probabile segretario di Stato

Donald Trump - (Afp)

Dimenticate il 2016, quando Donald Trump stesso fu colto di sorpresa, e senza alcuna squadra pronta, dalla vittoria elettorale. Ora, otto anni dopo e con un partito repubblicano completamente controllato da lui e orientato al Maga, il presidente in meno di sette giorni ha già nominato un nutrito gruppo di fedelissimi e falchi per mantenere le promesse fatte all'America che l'ha votato, di un governo con il pugno di ferro contro migranti, avversari e il 'deep state', cioè le migliaia di dipendenti federali considerati un ostacolo alla sua agenda politica.

Dossier migranti affidato a Homan e Miller

Primo dossier affrontato è stato quello dell'immigrazione, argomento principe della campagna elettorale tutta incentrata, anche con toni razzisti e xenofobi, alla promessa di iniziare dal primo giorno a deportare milioni di migranti senza documento. Dossier che è stato affidato a Tom Homan, capo dell'Ice nei primi anni della prima amministrazione Trump che divenne il volto delle sue misure più criticate, dal muslim ban ai bambini migranti separati dai genitori e chiusi nelle gabbie, in qualità di 'zar dei confini', e a Stephen Miller, che di quelle misure fu il discusso architetto.

Il 39enne ex speechwriter infatti sarà il vice capo dello staff, al fianco di Susie Wiles, la 'ice baby', la ragazza di ghiaccio, come l'ha chiamata Trump nel discorso della vittoria ringraziandola per aver guidato la sua campagna alla vittoria, e che ora sarà la prima donna capo dello staff, una sorta di primo ministro, alla Casa Bianca.

Entrambi coinvolti nella stesura del Project 2025, un programma di governo di estrema destra pubblicato dalla Heritage Foundation, Homan e Miller nei mesi scorsi hanno più volte preso posizioni per una politica di tolleranza zero verso i migranti. Intervistato dal Washington Post dopo la nomina, il 62enne, un ex poliziotto che poi ha fatto tutta la carriera all'interno dell'Ice, la temuta polizia anti-migranti, ha affermato che "non sto parlando di arrestare un milione di persone in una settimana, inizieremo dai peggiori", riferendosi all'idea di iniziare con la deportazione dei migranti con precedenti penali.

Ma poi ha ribadito che chiunque degli 11 milioni di migranti senza precedenti abbia un ordine di rimpatrio sarà deportato: "Se questi ordini non vengono applicati, allora noi che diavolo facciamo, la legge non prevede che si debba commettere un crimine per essere deportato". "America è per gli americani e solo per gli americani", è arrivato a dire intervenendo al controverso rally del Madison Square Garden Miller, che nel 2018 dovette fare i conti con le accuse pubbliche di ipocrisia che gli rivolsero i familiari, ricordando che suoi antenati all'inizio del secolo sfuggirono ai pogrom anti-ebrei in Bielorussia accolti dall'America come i rifugiati a cui lui ora chiudeva le porte.

Ora Miller torna alla Casa Bianca ancora più agguerrito, con l'idea di utilizzare aerei militari e truppe della Guardia Nazionale, anche inviando quelle degli stati repubblicani in stati democratici, per assistere l'Ice nell'immensa operazione di deportazione di milioni di migranti che potranno essere rinchiusi i quelli che non ha esitato a definire "campi" di detenzione.

Ecco Noem e Waltz

Accanto ai due falchi anti-immigrati, Trump ha nominato un'altra fedelissima alla guida del Dipartimento di Sicurezza Interna, da cui dipende anche la gestione del dossier immigrazione, Kristi Noem. La governatrice del South Dakota ama così tanto proiettare un'immagine da "dura" di se stessa che non ha esitato nella biografia a raccontare di aver ucciso il suo cucciolo perché era irrequieto, provocando un'ondata di critiche che le sarebbero costate la possibilità di diventare la vice di Trump. Ma non le ha fatto perdere la stima e la fiducia del tycoon che ora le affida il mega dipartimento, con un budget di 60 miliardi e centinaia di migliaia di dipendenti.

Mike Waltz sarà il prossimo consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha confermato Trump su Truth Social, dopo le indiscrezioni delle ultime ore. "Sono onorato di annunciare che il deputato Mike Waltz, repubblicano della Florida, è stato nominato come mio consigliere per la Sicurezza nazionale", scrive il presidente eletto in un post.

"Mike è il primo berretto verde ad essere stato eletto al Congresso e in precedenza ha prestato servizio alla Casa Bianca e al Pentagono - ha scritto Trump nel post su Truth - Mike ha prestato servizio nelle Forze speciali dell'esercito per 27 anni, dove è stato impiegato più volte in combattimenti per i quali è stato insignito di quattro Stelle di bronzo, di cui due al valore".

"Mike è andato in pensione come colonnello ed è un leader riconosciuto a livello nazionale nel campo della sicurezza nazionale, un autore di bestseller e un esperto delle minacce poste dalla Cina, dalla Russia, dall'Iran e dal terrorismo globale”, ha detto il tycoon.

Rubio segretario di Stato

Secondo i media americani, Trump avrebbe anche scelto il prossimo segretario di Stato, puntando Marco Rubio, una scelta che è un riconoscimento del ruolo svolto dal senatore della Florida per mobilitare il voto ispanico in favore del tycoon.

Il 53enne repubblicano, noto per le posizioni da falco contro la Cina e, ovviamente, Cuba da dove è scappata la sua famiglia, diventerebbe il primo capo della diplomazia Usa di origine ispanica. Nei giorni scorsi si è scritto che Trump era orientato più verso Ric Grenell, un suo fedelissimo che era stato suo ambasciatore in Germania e poi direttore del National Intelligence, ma poi ieri si sarebbe orientato per Rubio, dopo una serie di contatti con alleati del senatore. Completa la squadra di politica estera, Elise Stefanik, 40enne deputata di New York che in pochi anni, da fedelissima del tycoon, ha fatto una rapida ascesa nel partito diventando numero 3 al Congresso, e ora ambasciatrice alle Nazioni Unite.

Ex deputato Zeldin all'agenzia per Ambiente

Per l'Epa, l'agenzia che svolge di fatto il ruolo di ministero dell'Ambiente, ha scelto l'ex deputato repubblicano Lee Zeldin, un avvocato che non ha esperienza in materia ambientale che ha già annunciato che la sua linea sarà la "deregulation", intesa a smantellare le misure e i regolamenti per la difesa dell'ambienta adottati dall'amministrazione Biden.

"Le industrie vogliono crescere, espandersi ed avere l'abilità di esportare quello che producono, invece di esportare posti di lavoro - ha detto intervistato ieri da Fox - ci sono regolamenti che la sinistra ha adottato che finiscono per spingere il business nella direzione sbagliata". L'indirizzo del suo lavoro sarà dato da Trump stesso che nei giorni scorsi ha confermato che nel primo giorno di mandato farà uscire gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima, come già fece nel 2017.

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Esteri

Ucraina, Putin ha fretta: Russia prepara attacco a...

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L'avvento di Trump alla Casa Bianca e la prospettiva dell'avvio di un dialogo spinge Mosca ad accelerare per consolidare le posizioni

Vladimir Putin

La Russia prepara una nuova spallata in Ucraina nella guerra in corso da quasi 1000 giorni. Mentre si prepara ad attaccare con l'aiuto dei soldati nordcoreani per restituire a Vladimir Putin la regione di Kursk invasa dalle forze di Kiev, l'esercito di Mosca continua a spingere nel Donetsk, al momento l'area più calda del fronte. La Russia, però, si appresta a lanciare un'offensiva e punta a sfondare nella regione di Zaporizhzhia.

Le operazioni sono già iniziate, secondo le informazioni che l'Economist ha ottenuto dall'intelligence ucraina. "Le azioni militari sono già iniziate nella regione", scrive il giornale. L'imminente arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca sembra aver avuto un effetto sulle strategie dei due paesi.

Trump detta i tempi

La prospettiva dell'inizio di un dialogo, sotto la spinta del nuovo presidente degli Stati Uniti, impone ai due paesi uno sforzo immediato per consolidare o migliorare le proprie posizioni. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky riferisce che le brigate ucraine resistono a Kursk, per conservare un jolly da spendere al tavolo delle trattative. Putin, scrive l'Economist, "mantiene l'iniziativa e appare improbabile che voglia proporre un cessate il fuoco prima che i combattimenti" a Zaporizhzhia "siano terminati".

Nell'oblast, l'esercito russo sta schierando gruppi d'assalto addestrati nelle posizioni di prima linea, come riferisce Vladyslav Voloshyn, portavoce del Comando meridionale dell'esercito ucraino, confermando la possibilità di un nuovo assalto russo nella regione "da un giorno all'altro".

All'inizio di ottobre, le truppe russe hanno ripreso gli attacchi nel settore di Zaporizhzhia. Kiev ha avvertito di una potenziale spinta russa nella regione meridionale, proprio mentre le truppe di Mosca continuano ad avanzare nell'est dell'Ucraina. Secondo Voloshyn, la Russia si sta preparando a intensificare la sua offensiva verso la città di Orikhiv, nella provincia di Zaporizhzhia. Questa decisione, secondo il portavoce, consentirà all'esercito russo di assumere il controllo delle rotte logistiche verso Ucraina orientale.

Riflettori sull'Europa

In una fase cruciale della guerra, aumenta la pressione sui partner occidentali dell'Ucraina. La prospettiva di un disimpegno americano sposta inevitabilmente il baricentro sull'Europa. Un invito a "fare di più che permettere solamente all'Ucraina di combattere" è rivolto all'Occidente dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, in una conferenza stampa al termine di un incontro a Parigi con il presidente francese, Emmanuel Macron.

"Dobbiamo mantenere la forza della nostra alleanza transatlantica. La sfida immediata che dobbiamo affrontare è sostenere l'Ucraina", che si sta "preparando per l'inverno più duro" dall'inizio dell'invasione, aggiunge Rutte.

Più diretta la premier estone Kaja Kallas, candidata come Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione europea. I Paesi dell'Unione europea devono "investire più nella difesa" e "farsi carico delle proprie responsabilità", dice durante l'audizione di conferma al Parlamento europeo. Non si può accettare che Russia, Corea del Nord e Iran producano più equipaggiamenti e munizioni dell’area euroatlantica, evidenzia Kallas, sottolineando che l'Ue ha le risorse per colmare il divario e promettendo di lavorare in tal senso con il prossimo commissario Ue alla difesa se confermata.

L'ex premier estone si dice anche felice del progresso di una sua iniziativa, la produzione di un milione di munizioni per l'Ucraina in Ue, e promette di spingere ogni Paese a dedicare lo 0.25% del proprio Pil per poter superare la Russia in termini di risorse - misura proposta dall'Estonia che definisce "fondamentale per la sicurezza del nostro continente".

Parlando della guerra in corso, Kallas esorta gli europei a "trasformare la paura in azione" e sottolinea che la preparazione per affrontare le nuove sfide richiederà un "cambio radicale della nostra mentalità in tutti i campi della società". La relazione transatlantica rimane il "partenariato economico e di sicurezza più grande al mondo" e questo non cambierà, contina, perché Ue e Usa sono "più forti e sicuri se collaborano". Questo nel contesto della rielezione di Donald Trump, che ha minacciato un allontanamento di Washington dalla Nato.

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Migranti, Musk soffia sul fuoco: “Via i...

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Salvini plaude e Lupi frena, tace Palazzo Chigi e anche in Cdm silenzio sulla decisione del Tribunale di Roma

Elon Musk (Fotogramma/Ipa)

"These judges need to go". Non la tocca piano, d'altronde non sarebbe nel suo stile, e con un tweet al vetriolo Elon Musk entra a gamba tesa nel braccio di ferro tra il governo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i tribunali italiani sul trattenimento dei migranti nei Cpr in Albania: "Questi giudici se ne devono andare", l'affondo.

Il patron di Tesla, SpaceX e Starlink oltre che di X, pedina fondamentale nella campagna elettorale di Donald Trump, commenta la notizia postata da una star emergente di X, Mario Nawfal, sulla decisione di sospendere la convalida dei trattenimenti a Gjader di 7 migranti provenienti dall'Egitto e dal Bangladesh. "Musk ha ragione", commenta lesto Matteo Salvini, in passato difeso dal numero 1 di Tesla per la vicenda Open Arms: quello del Tribunale di Roma "non è uno schiaffo al governo - sentenzia il leader della Lega - bensì una scelta che mette in pericolo la sicurezza e il portafogli degli italiani".

Cosa succede nella maggioranza

In maggioranza però non tutti sembrano pensarla come lui. A marcare le distanze ci pensa Maurizio Lupi, indicato dal presidente del Senato Ignazio La Russa come possibile candidato del centrodestra a sindaco di Milano. "Le parole di Elon Musk sono inopportune - dice senza giri di parole il leader di Noi Moderati - perché, addirittura dall'estero, alimentano uno scontro con la magistratura che il centrodestra non vuole". In Consiglio dei ministri sul dossier Albania non si sarebbe proferito parola, nonostante il nuovo stop dei giudici. Perché, viene spiegato, "non c'è nulla di nuovo sotto il sole, nessun cambio di linea: sul Memorandum Roma-Tirana non si torna indietro", riferiscono diversi ministri presenti alla riunione.

Ma al netto del 'low profile' tenuto in Cdm e delle parole di Lupi -"non c'è un conflitto tra poteri dello Stato, tra governo e magistratura nel suo insieme", rassicura il leader di Nm - Musk con il suo tweet, oltre a innescare la reazione sdegnata dell'opposizione, soffia sul fuoco di uno scontro vivo tra governo e magistratura. Il tycoon ''si è preso gioco della sovranità dello Stato - tuona infatti il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia -. Ci sono confini ideali che valgono almeno quanto, se non più, dei confini territoriali. Io mi aspetto da chi ha a cuore la difesa dei confini che intervenga: perché Musk non è un privato cittadino ma un protagonista assoluto della vita globale''. A Santalucia, nemmeno a dirlo, risponde per le rime la Lega, invitando l'Anm "a dedicarsi meno a Elon Musk e più al lavoro", con buona pace di Lupi e dei 'pompieri' in campo per domare l'incendio.

Per Ernesto Carbone, membro laico del Consiglio Superiore di Magistratura, le parole di Musk sono "pericolose". "Questi nuovi oligarchi che sfruttano mondi nuovi (come lo spazio, l'etere, i social e le nuove tecnologie) per controllare la politica mondiale sono un pericolo per la democrazia. Dopo un'incursione nella politica tedesca", rimarca Carbone richiamando senza citarlo lo 'stupido' con cui il patron di Tesla ha apostrofato nei giorni scorsi il Cancelliere Olaf Scholz, "oggi il giurista Elon Musk entra in modo violento criticando un potere dello Stato. Tutto questo è inaccettabile ma soprattutto pericoloso".

E mentre Salvini cavalca e Lupi frena, nel partito della premier, Fdi, si registrano frequenze differenti. Da un lato il capogruppo alla Camera Tommaso Foti rimarca che Musk è intervenuto "né più né meno come molti dei nostri intervengono negli affari americani" e, "piaccia o non piaccia, Musk è un cittadino illustre, famoso, ricco. Ma ad oggi è un cittadino"; dall'altro il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli ringrazia il tycoon ma rimarca: "Siamo attrezzati per difenderci da soli".

Tace invece Palazzo Chigi sulle parole del numero 1 di Tesla, fedelissimo di Trump e potenziale protagonista della nuova amministrazione statunitense che si insedierà a gennaio. Tra lui e la premier italiana rapporti eccellenti, come prova la chiamata tra i due arrivata all'indomani del super Tuesday. I contatti sulla rotta Boca Chica-Roma, viene inoltre riferito da alcuni beninformati, sarebbero frequenti.

Del resto solo a settembre scorso era stata Meloni a volere che fosse l'uomo più ricco del mondo a consegnarle a New York il prestigioso 'Global Citizen Award' dell’Atlantic Council, una scelta che in molti, a torto o ragione, avevano inquadrato in una strategia di avvicinamento della presidente del Consiglio al fronte repubblicano.

Entrambi abituati a remare controcorrente, un passato comune da 'underdog' in grado di rovesciare i pronostici, tra i due si trattava in realtà del terzo incontro, dopo il primo a Palazzo Chigi e quello, altrettanto 'chiacchierato', sul palco di Atreju.

Oggi in molti vedono nell'imprenditore sudafricano, naturalizzato statunitense, il 'ponte' tra Roma e Washington, l'uomo chiave per gettare le basi di un rapporto privilegiato che potrebbe fare di Meloni l'interlocutore di riferimento di Trump in Europa, accanto a quel Viktor Orbàn da sempre schierato dalla parte di 'The Donald'. Con buona pace di chi oggi punta il dito contro la presa di posizione di Musk contro i giudici italiani.

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