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G7, dal rosa cipria di Meloni al ‘verde...
G7, dal rosa cipria di Meloni al ‘verde militare’ di Zelensky: i look e i colori dei leader del mondo – Foto
Giacca e pantaloni 'palazzo' per la premier in una tonalità rassicurante e mai eccessiva, mentre il presidente ucraino ormai dallo scoppio della guerra appare sempre con la sua divisa d'ordinanza
Abiti formali e eleganza compassata. Tutto è secondo misura al G7 tra i capi di Stato ospiti di Borgo Egnazia. Le due signore, il premier Giorgia Meloni e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, confermano con i loro tailleur di essere fedeli a uno stile che ormai è diventata per loro quasi un'icona di abbigliamento. Giacche corte in vita e pantaloni. 'Palazzo' e più elegante per Meloni, a tubo, più casual, per von der Leyen con scarpe decolletè, dal profumo retrò. Stesso colore, quel rosa cipria, tinta rassicurante e mai eccessiva, che ben si confà al colore dei capelli, biondo per entrambe.
"Un summit istituzionale - dichiara all'Adnkronos lo stilista Guillermo Mariotto - seppur in un luogo che non ha nulla di istituzionale, come Borgo Egnazia, vuole un dress code da rispettare e nessuno dei presenti ha tradito le aspettative. Promuoverei a pieni voti Justin Trudeau, primo ministro del Canada. E' l'unico che ha osato con il suo azzurro foncé, e le calze bicolore, diversamente dagli altri capi di Stato in rigoroso blue notte o noir".
Le cravatte, il copricapo dell'indiano Ajay Banga e il 'militare' Zelensky
Unico accenno ad una sorta di voluta e ricercata diversità il colore della cravatta. Azzurra per il presidente americano Joe Biden, rossa per il primo ministro del Regno Unito Rishi Sunak e il primo ministro del Giappone Fumio Kishida, nera per Jean Michel e il presidente francese Macron, segno distintivo per il presidente della Banca Mondiale l'indiano Ajay Banga un elegante copricapo, come del resto quello indossato anche da Mohammed bin Zayed, presidente degli Emirati Arabi Uniti.
Unico tocco di originalità e forse di anticonformismo rispetto alla platea degli illustri capi di Stato. Sicuramente di appartenenza alle loro tradizioni. E non tradisce l'abito nemmeno a Borgo Egnazia Volodymyr Zelensky che dallo scoppio della guerra appare ormai con la sua divisa d'ordinanza, quel verde 'militare' che presto forse sarà immortalato come il verde Zelensky.
Gli abiti lunghi della cena di gala
Per la cena di gala, cambiano le tonalità e gli abiti delle signore, lunghi, a tre quarti, pizzi, trasparenze, 'rete' e ricami floreali per il premier Meloni e il presidente von der Leyen, sicuramente più femminili. "Quasi inappuntabili - spiega ancora lo stilista Mariotto - pur nell'eccezionalità e nella formalità istituzionale dell'evento. Look molto simili. In fondo anche il corpo parla e si confronta attraverso il linguaggio dell'abito".
A Borgo Egnazia tutti, dunque, perfettamente all'unisono come la spilla simbolo del G7 italiano. Un ulivo, omaggio alla Puglia e al Mediterraneo. Indossata dal premier Meloni, ma anche da Ursula von der Leyen e Justin Trudeau.
Esteri
Guerra Ucraina-Russia e Nato, il piano di Trump
Politico accende i riflettori sull'agenda dell'ex presidente: con lui alla Casa Bianca, Nato 'a due velocità'
La Nato non si espande a Est, lasciando fuori Ucraina e Georgia, e tratta con Vladimir Putin per porre fine alla guerra con la cessione di territori ucraini alla Russia. Nell'agenda di Donald Trump è questo il piano per porre fine al conflitto in corso da oltre 2 anni. L'ex presidente degli Stati Uniti punta a tornare alla Casa Bianca nelle elezioni di novembre 2024 e il flop di Joe Biden nel recente dibattito televisivo ha fatto alzare le quotazioni del tycoon.
Il secondo mandato di Trump avrebbe ripercussioni notevoli sulla politica estera degli Usa e in particolare sul ruolo di Washington nella Nato, come evidenzia Politico. L'ex presidente negli ultimi mesi ha detto e ripetuto che la guerra, con lui alla Casa Bianca, non sarebbe mai iniziata. La sua mediazione, ha ribadito, consentirebbe di porre fine alle ostilità nell'arco di 24 ore: parole accolte con scetticismo in particolare dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Trump e la pace con Putin
Ad aprile, il Washington Post ha scritto che Trump sarebbe favorevole alla cessione di Crimea e Donbass alla Russia. Un'anonima fonte vicina all'ex presidente, però, fa notare che Trump "sarebbe aperto" ad una soluzione "che precludesse l'espansione della Nato e evitasse il ritorno ai confini del 1991 per l'Ucraina".
Queste ipotesi "sarebbero sul tavolo. Ma ciò non significa rinunciare a qualsiasi altra possibilità, inclusa la fornitura di grandi quantità di armi all'Ucraina". Gli Usa, d'altra parte, sono da oltre 2 anni i principali sostenitori di Kiev: a maggio, il Congresso ha detto sì ad un maxi pacchetto di armi e aiuti da 61 miliardi di dollari. Il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, ha appena annunciato una nuova fornitura da oltre 2,3 miliardi di dollari che comprende anche ulteriori intercettori per la diesa aerea.
La linea in relazione alla guerra tra Ucraina e Russia è un tassello della posizione complessiva che Trump, in caso di elezione, adotterebbe nei confronti della Nato e dei partner europei.
Trump alla Casa Bianca, come cambia la Nato?
Se in passato il presidente degli Stati Uniti ha flirtato con l'ipotesi di uscita dall'Alleanza, ora la prospettiva non viene presa in considerazione. Verrebbe però perseguito un "radicale riorientamento", per usare le parole che filtrano dai consiglieri di Trump in materia di sicurezza nazionale.
Gli Stati Uniti continuerebbero a garantire un ombrello nucleare sull'Europa, mantenendo basi in Germania, Inghilterra e Turchia, con cospicuo spiegamento di forze aeree e navali. Toccherebbe però ai paesi europei occuparsi direttamente di fanteria, mezzi corazzati, artiglieria: in questi ambiti, gli Usa si accomoderebbero sul 'sedile posteriore' e il loro contributo nel Vecchio Continente diventerebbe realmente rilevante solo in caso di crisi.
Trump, come è noto, ha criticato aspramente i paesi che non hanno contribuito in maniera sufficiente alla difesa comune e ha giudicato eccessivo il carico sulle spalle americane. Nel piano del candidato si profila una Nato a due velocità: chi arriva a investire il 2% del Pil continuerebbe a godere del sostegno e della protezione americana. Secondo i consiglieri di Trump, evidenzia Politico, questo approccio non viola l'articolo 5 del Patto Atlantico, che impegna tutta l'Alleanza a difendere ogni membro attaccato. La Nato ha recentemente diffuso le cifre aggiornate: attualmente, 23 paesi su 31 raggiungono la fatidica soglia del 2%. Tra le nazioni al di sotto dell'asticella c'è anche l'Italia.
Gli Stati Uniti, secondo dati aggiornati al 2023, spendono 860 miliardi per la difesa e pesano per il 68% delle spese effettuate dai paesi Nato. Secondo Jeremy Shapiro, direttore delle ricerche dell'European Council on Foreign Relations, il 3,5% del Pil americano è destinato alla difesa dell'Europa. Washington spende per la Nato una cifra che è dieci volte quella sostenuta da Berlino. L'eventuale ridimensionamento dell'impegno americano richiederebbe un passo avanti deciso da parte dell'Europa che, osservano gli analisti interpellati da Politico, non sarebbe in grado di colmare il gap in tempi brevi.
Esteri
“Biden deve ritirarsi”, cresce il pressing sul...
Arriva il messaggio di Doggett, primo deputato a esporsi pubblicamente
"Il presidente Biden dovrebbe ritirarsi". L'argine è saltato: dal partito democratico, arriva il primo esplicito e diretto messaggio a Joe Biden. Lo invia il deputato Lloyd Doggett, del Texas, che esce allo scoperto e chiede formalmente il passo indietro. Il presidente, protagonista di un clamoroso flop nel dibattito televisivo contro Donald Trump, deve ritirare la propria candidatura alle elezioni 2024.
"Rappresento il cuore di un distretto congressuale un tempo rappresentato da Lyndon Johnson. In circostanze molto diverse, Johnson ha preso la dolorosa decisione di ritirarsi. Il presidente Biden dovrebbe fare lo stesso", ha affermato Doggett in una dichiarazione che squarcia il velo di dichiarazioni anonime e rumors.
La nota di Doggett può far detonare un quadro che la Cnn descrive in fibrillazione. "C'è un gruppo sempre più ampio, tra i democratici alla Camera, preoccupati per la candidatura del presidente", le parole di un altro deputato, stavolta anonimo. "Siamo preoccupati profondamente per la sua parabola e per la sua capacità di vincere. Vogliamo lasciargli lo spazio per decidere ma ci faremo sentire in maniera più evidente se non deciderà" di farsi da parte.
La Casa Bianca, che attraverso le parole di una portavoce ha derubricato il flop ad una "brutta serata", starebbe lavorando ad un vertice tra il presidente e i governatori democratici, che intendono manifestare direttamente le proprie perplessità.
La Cnn ha avuto contatti con decine di funzionari e esponenti dem, oltre che con finanziatori e storici sostentori di Biden. Secondo molti di loro, Biden dovrebbe uscire di scena e dovrebbe annunciare il passo indietro questa settimana. Il pressing finora è stato congelato, nell'attesa di una decisione autonoma del presidente.
Biden, però, non è intenzionato a gettare la spugna: il presidente, che può contare sul sostegno incondizionato della famiglia, nel weekend sarà in alcuni stati chiave in vista delle elezioni. Nella giornata di venerdì, inoltre, dovrebbe andare in onda l'intervista con George Stephanopoulos, anchorman della Abc.
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Biden e il flop tv, Casa Bianca: “Una brutta serata,...
La portavoce Karine Jean-Pierre esclude la necessità di nuovi test medici
Joe Biden non è malato. Nel dibattito tv con Donald Trump "non ha avuto una grande serata" e "aveva il raffreddore". La portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha risposto alle domande della stampa dopo il flop televisivo del presidente nel confronto con il suo rivale. Biden non soffre di Alzheimer o demenza senile o di una malattia degenerativa. "No", ha risposto la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, alla domanda posta dopo il duello tv con Donald Trump.
Biden "sa come fare il lavoro", ha detto. "E' stata una brutta serata", ha poi ripetuto più volte la portavoce, incalzata dai giornalisti. "Non è insolito per un presidente in carica avere una brutta serata al primo dibattito", ha aggiunto.
Biden in ogni caso è in grado di "riprendersi" dopo la performance al dibattito "Sa come riprendersi", ha detto la portavoce, ai giornalisti, aggiungendo che lo staff medico aveva già affermato che un esame cognitivo "non è necessario" per l'81enne presidente americano. "Siamo stati trasparenti e abbiamo diffuso i rapporti del team medico ogni anno da quando è in carica", ha aggiunto.
Per la Casa Bianca, quelle sulla salute di Biden sono "domande giuste" da porre a un presidente che ammette "non sono giovane" e "non dibatto come prima". "Crediamo in questo caso sia stata una brutta serata", ha ripetuto ancora, assicurando che il presidente non aveva preso farmaci per il "raffreddore" e insistendo sulla "trasparenza" nella comunicazione.
Il 'caso Biden non è chiuso, invece, per Nancy Pelosi, punto di riferimento del panorama dem. "Credo che sia legittimo chiedersi 'è stato un episodio o siamo di fronte ad una condizione?", ha detto l'ex Speaker della Camera democratica rispondendo ad una domanda di Msnbc riguardo al fatto che il presidente durante il dibattito si sia confuso con le parole e ha perso il filo del discorso.
La 84enne ex Speaker democratica, che continua ancora ad avere una grande influenza all'interno del partito, ha precisato che la domanda riguardo alla capacità "è completamente legittima, rispetto ad entrambi i candidati", sottolineando che bisogna interrogarsi anche riguardo a rump.
Pelosi poi ha detto di non aver parlato con Biden dopo il dibattito ma di essere stata in contatto con le persone a lui vicine, "quindi non si tratta di non avere l'opportunità di rendere note le nostre preoccupazioni o ricevere alcune risposte". La democratica ha poi ammesso che in questi giorni ha ascoltato opinioni "diverse" riguardo alla capacità di Biden di affrontare la difficile campagna che ha di fronte, con alcuni che ribadiscono che "Joe è il nostro candidato, lo amiamo, ci fidiamo di lui, della sua visione, capacità, giudizio, integrità".
"Io mi fido del suo giudizio", ha concluso Pelosi che ritiene comunque "essenziale" che il presidente faccia "non una, forse due" interviste con giornalisti per dimostrare la sua capacità senza un discorso scritto. Al dibattito, i candidati non hanno potuto portare sul podio nessun discorso preparato o foglio con appunti.