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Gaza, media: nuovi raid Israele sulla Striscia, uccisi almeno 17 civili

Tensioni Stato ebraico-Hezbollah, il punto. Netanyahu: "Inconcepibile stop Usa ad armi". Migliaia in protesta contro il governo Media: nuovi raid sulla Striscia, uccisi almeno 17 civili in campo profughi di Nuseirat e quello di Bureij

Fiamme dopo i bombardamenti israeliani al confine meridionale del Libano - Afp

Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno ''approvato i piani operativi per un'offensiva in Libano''. Lo hanno dichiarato i militari israeliani in una nota, precisando che il piano è stato approvato dal capo del Comando Nord delle Idf, il maggiore generale Ori Gordin, e dal capo della Direzione delle Operazioni, il maggiore generale Oded Basiuk. Gli alti comandanti hanno anche preso decisioni riguardanti ''l’accelerazione della prontezza delle forze sul terreno'', aggiungono i militari.

Nuovi raid Idf su Sud Libano

Le forze israeliane (Idf) confermano intanto una serie di raid sul sud del Libano contro elementi di Hezbollah accusati di essere coinvolti nel lancio di droni, riferisce il Times of Israel, aggiungendo che nelle ultime ore più volte sono scattate le sirene dell'allarme nelle comunità nel nord di Israele per segnalare il lancio di razzi e droni.

La guerra totale

Nel caso in cui ci fosse una ''guerra totale'' che coinvolga anche il Libano, il movimento sciita di ''Hezbollah verrà distrutto'',ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz. ''Siamo molto vicini al momento in cui decideremo di cambiare le regole del gioco contro Hezbollah e il Libano. In una guerra totale, Hezbollah sarà distrutto e il Libano sarà colpito duramente'', ha detto Katz secondo una nota diffusa dal suo ufficio.

Pentagono: "Nessuno vuole guerra più ampia"

''Non entrerò in ipotesi e congetture su cosa potrebbe accadere, se non per dire che nessuno vuole vedere una guerra regionale più ampia''. Così il portavoce del Pentagono, il maggiore generale Patrick Ryder, ha commentato in una conferenza stampa la decisione delle Forze di difesa israeliane (Idf) di approvare i piani operativi per una offensiva il Libano.

Israele-Hezbollah, cosa succede

"Il Libano non vuole l'escalation". Così il premier libanese Najib Miqati che nella sua residenza di Beirut ha ricevuto l'inviato Usa Amos Hochstein, in visita per cercare di allentare le tensioni tra Israele e Hezbollah. "Quello che è necessario è fermare l'aggressione israeliana in corso contro il Libano e tornare alla calma e alla stabilità lungo il confine meridionale" del Paese dei Cedri, ha detto il primo ministro secondo le dichiarazioni rilanciate dall'agenzia libanese Nna.

"Continuiamo a cercare di fermare l'escalation, ripristinare la sicurezza e la stabilità e continuiamo a cercare di porre fine alle violazioni della sovranità libanese e agli atti sistematici di uccisione e distruzione commessi da Israele", ha aggiunto Miqati, che ha denunciato le "continue minacce israeliane al Libano".

Il conflitto lungo la Linea Blu tra Israele e Hezbollah è andato avanti abbastanza a lungo. Persone innocenti stanno morendo, le proprietà sono danneggiate, le famiglie sono distrutte e l’economia libanese continua a declinare", ha detto intanto Hochstein parlando con i giornalisti a Beirut. "Il Paese sta soffrendo senza una buona ragione. È nell’interesse di tutti risolvere il conflitto rapidamente e diplomaticamente", ha aggiunto al termine degli incontri con i funzionari libanesi. "L’obiettivo del presidente americano Joe Biden è evitare un’ulteriore escalation verso una guerra più grande".

"Sta per scadere il tempo" per un accordo "mediato a livello internazionale sul confine settentrionale" che ponga fine ai combattimenti con Hezbollah. A lanciare l'avvertimento è stato intanto Benny Gantz, esponente di spicco dell'opposizione israeliana, che ha da poco lasciato il gabinetto di guerra creato in Israele dopo gli attacchi del 7 ottobre. Gantz, che ieri ha incontrato l'inviato speciale degli Stati Uniti Amos Hochstein, ha riferito di aver mandato proprio questo messaggio al suo interlocutore, al quale peraltro - ha scritto su X - "ho espresso il mio apprezzamento per il suo ruolo personale nel cercare di favorire la stabilità regionale", ha aggiunto. "Ho sottolineato il mio impegno a eliminare la minaccia che Hezbollah rappresenta per i cittadini del nord di Israele, a prescindere dagli sviluppi della guerra a Gaza, e sosterrò qualsiasi decisione politica o militare responsabile ed efficace in merito dall'esterno del governo", ha aggiunto.

L'ex ministro della Difesa ha annunciato la scorsa settimana la sua uscita dal gabinetto di guerra - il cui scioglimento è stato formalizzato ieri dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu - a causa dei suoi disaccordi con il capo del governo sull'offensiva scatenata contro la Striscia in seguito agli attacchi di Hamas e di altre fazioni palestinesi.

Netanyahu: "Inconcepibile stop Usa ad armi"

Intanto Netanyahu in un video in lingua inglese diffuso su X sferza gli Usa. "E' inconcepibile che negli ultimi mesi l'Amministrazione" Usa "abbia bloccato armi e munizioni per Israele", afferma. Quando il segretario di Stato Usa Antony "Blinken è stato di recente qui in Israele - esordisce Netanyahu - abbiamo avuto un colloquio schietto" e "ho detto di aver apprezzato molto il sostegno degli Stati Uniti a Israele sin dall'inizio della guerra".

E aggiunge: "Ma ho detto anche altro, ho detto che è inconcepibile che negli ultimi mesi l'Amministrazione abbia bloccato armi e munizioni per Israele". Blinken, prosegue il premier israeliano, "mi ha assicurato che l'Amministrazione è al lavoro giorno e notte per rimuovere questi ostacoli" e "spero davvero sia così". "Dovrebbe essere così", incalza nella dichiarazione in cui sottolinea l'alleanza con gli Usa.

"Israele, il più stretto alleato dell'America, sta combattendo per la sua esistenza, contro l'Iran e gli altri nostri nemici comuni", afferma Netanyahu, che evoca la Seconda Guerra Mondiale e Churchill: "Dateci gli strumenti e finiremo il lavoro molto più rapidamente", conclude il premier israeliano.

"Abbiamo l'impegno di fare in modo che Israele abbia ciò di cui ha bisogno per difendersi da tutta una serie di minacce, e Gaza fa parte" di queste minacce, è stata la la risposta del segretario di Stato americano Antony Blinken a una richiesta di commento sulle parole pronunciate dal premier israeliano.

Migliaia davanti alla Knesset per chiedere nuove elezioni

Sono intanto migliaia le persone radunate per la manifestazione annunciata davanti alla Knesset per chiedere nuove elezioni in Israele. Lo riferisce il sito israeliano di notizie Ynet. I manifestanti sono armati di bandiere israeliane e intonano slogan contro il governo di Benjamin Netanyahu. E' atteso un intervento dell'ex ministro della Difesa, Moshe Ya'alon.

I manifestanti, riferiscono i media israeliani, chiedono anche la liberazione degli ostaggi tenuti prigionieri nella Striscia di Gaza dall'attacco del 7 ottobre in Israele. La manifestazione si tiene nel terzo giorno consecutivo di proteste nel contesto dell'annunciata settimana di mobilitazione contro il governo.

Media: nuovi raid su Gaza, uccisi almeno 17 civili

Almeno 17 civili sono stati uccisi, altri sono rimasti feriti oggi negli attacchi aerei israeliani che hanno colpito diverse aree della Striscia di Gaza. Fonti locali citate dall'agenzia di stampa Wafa hanno riferito che i corpi di otto persone sono stati recuperati dopo un bombardamento che ha colpito un'abitazione. Le ambulanze e le squadre civili hanno recuperato anche i corpi di altre cinque persone a seguito di un attacco aereo israeliano contro negozi nel campo profughi di Nuseirat, nella parte centrale della Striscia. I caccia israeliani hanno preso di mira una casa nel campo di Bureij, provocando l'uccisione di diversi civili e causando diverse vittime, mentre hanno portato avanti le loro incursioni in diverse aree della città meridionale di Rafah.

Supererebbe i 37.370 morti il bilancio dei morti nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre dello scorso anno. L'ultimo bollettino diffuso dal ministero della Salute di Gaza, che nel 2007 finì sotto il controllo di Hamas, parla di 37.372 morti e 85.452 feriti. Lo riferisce la tv satellitare al-Jazeera.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Ucraina, armi nucleari per battere Russia? Zelensky:...

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Kiev smentisce le affermazioni di un'anonima fonte citata dalla stampa tedesca

Volodymyr Zelensky

L'Ucraina, in guerra con la Russia da quasi 1000 giorni, pensa di tornare alle armi nucleari? Ad accendere i riflettori sul tema è un articolo della Bild, che riporta le parole di un'anonima fonte di alto livello di Kiev. Se le forze armate agli ordini di Vladimir Putin dovessero puntare nuovamente verso la capitale, l'Ucraina potrebbe riattivare il proprio arsenale nucleare abbandonato negli anni '90.

"Abbiamo i materiali, abbiamo le conoscenze. Se arrivasse un ordine, avremmo bisogno di poche settimane per ottenere la prima bomba. L'Occidente dovrebbe pensare meno alle linee rosse della Russia e più alle nostre linee rosse", il messaggio.

La Russia, periodicamente, minaccia l'uso di armi nucleari in un conflitto in corso da oltre 2 anni e mezzo. Mosca ha recentemente prospettato anche la modifica della propria dottrina, aprendo all'ipotesi di una risposta con armi atomiche ad attacchi portati da paesi sostenuti da potenze nucleari. In altre parole, se l'Ucraina colpisse obiettivi militari in territorio russo, la risposta potrebbe essere estrema.

Le parole di Zelensky a Trump

Nelle stesse ore, rimbalzano le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che torna sul tema delle armi nucleari ripensando ad un colloquio con Donald Trump. Il leader di Kiev ha spiegato che l'Ucraina vuole entrare nella Nato, perché la considera l'unica garanzia di sicurezza credibile, fatto salvo il ritorno alla bomba atomica cui rinunciò con l'indipendenza su pressione dell'Occidente in cambio di garanzie di sicurezza che si sono rivelate inconsistenti davanti all'attacco sferrato dalla Russia.

Nel 1991, ha ricordato Zelensky, l'Ucraina negoziò con una serie di Paesi garanzie di sicurezza in cambio della rinuncia all'arsenale nucleare ex Urss presente sul suo territorio, ma la Russia, che era uno dei "garanti", ha "violato" il Memorandum di Budapest.

Il fatto è che con Mosca questi accordi "non funzionano", ha aggiunto. Tra tutti gli Stati che disponevano dell'atomica, ha detto ancora Zelensky, "quale Paese ha sacrificato le armi nucleari? Solo l'Ucraina. E chi sta combattendo oggi? Solo l'Ucraina. Nella mia conversazione con Donald Trump ho detto che questi sono i fatti. E qual è la via d'uscita? O riprendiamo ad avere armi nucleari, e sarebbero una certa protezione per noi, oppure dovremmo avere una certa alleanza. Oltre alla Nato non conosciamo alleanze più efficienti. I Paesi della Nato non sono impegnati in nessuna guerra. Le persone dei Paesi della Nato sono tutte vive, grazie a Dio. E' per questo che scegliamo la Nato. Non scegliamo le armi nucleari, scegliamo la Nato e penso che Donald Trump mi abbia ascoltato. Mi ha detto che ho dei buoni argomenti", ha concluso.

Il caso è innescato, serve la smentita

Sì alla Nato, quindi, no alle armi nucleari. Le parole di Zelensky nel dialogo con Trump appaiono chiare ma evidentemente non bastano per disinnescare il caso. Deve intervenire formalmente l'ufficio del presidente ucraino per bollare come "sciocchezze" le parole contenute nell'articolo della Bild. In serata, deve tornare a esprimersi ancora Zelensky, dopo il meeting con Mark Rutte, segretario generale della Nato: "Non abbiamo mai detto che abbiamo in programma di produrre armi nucleari".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Esteri

Da Sinwar allo sceicco Yassin, tutti i leader di Hamas...

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Ecco la lunga lista

Yahya Sinwar - (Fotogramma)

Dallo sceicco Yassin a Yahya Sinwar. E' lunga la lista dei leader di Hamas uccisi da Israele nella guerra contro il movimento di resistenza islamico negli ultimi 20 anni. Sinwar, nominato capo dell'ufficio politico di Hamas il 6 agosto scorso, ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre, è stato ucciso in un'operazione di routine dei militari israeliani a Rafah, dopo una caccia all'uomo durata mesi, nei quali è stato dato più volte per morto.

 Sinwar aveva perso il posto di Ismail Haniyeh, ucciso il 31 luglio scorso in un attentato a Teheran, dove si trovava per partecipare all'insediamento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Haniyeh era il capo del Politburo di Hamas, che guidava da Doha, mentre colui che è diventato il suo successore era il leader di Hamas nella Striscia di Gaza.

Prima di lui, il 13 luglio, Mohammed Deif, capo militare di Hamas a Gaza dal 2002, sarebbe rimasto ucciso in un raid aereo a Mawasi nel sud della Striscia. Hamas non ha mai confermato, ma da allora non sono state fornite da parte palestinese prove sull'esistenza in vita di colui che veniva chiamato 'il fantasma'. Secondo i sauditi sarebbe rimasto gravemente ferito.

Insieme a Deif, nello stesso raid mirato, è stato invece ucciso il comandante del Battaglione Khan Yunis di Hamas, Rafa'a Salameh, suo stretto collaboratore. Si ritiene che i due fossero infatti nello stesso edificio colpito dai caccia israeliani.

L'8 marzo, un duro colpo a Hamas era stato inferto con l'uccisione di Marwan Issa, considerato il numero tre del gruppo e il terzo più ricercato dai militari israeliani. Vice comandante dell'ala militare di Hamas a Gaza e braccio destro di Deif, Issa era ritenuto una delle menti del massacro del 7 ottobre.

All'inizio dell'anno, il 2 gennaio, il primo leader di alto rango di Hamas ucciso da Israele era stato Saleh al-Arouri, numero due dell'ufficio politico di Hamas dal 2017, tra i fondatori delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato del gruppo, e membro del politburo dell'organizzazione palestinese dal 2010. al-Arouri era morto in un raid israeliano alla periferia sud di Beirut.

Tornando indietro di 20 anni, al marzo del 2004, in un raid mirato con missili sparati da un elicottero israeliano a Gaza era stato ucciso uno dei fondatori nonché capo spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, quasi cieco, tetraplegico e costretto su una sedia a rotelle da quando era un ragazzo.

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Esteri

Migranti, Unione europea vira a destra: l’Aja li vuole...

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E' l’effetto dell’avanzamento elettorale delle destre nazionaliste e della conseguente volontà del Ppe di non lasciare loro il monopolio di queste tematiche

Migranti - (Afp)

Il Consiglio europeo di ottobre, un summit “di transizione” con la Commissione von der Leyen bis non ancora in carica e le elezioni presidenziali Usa alle porte, sancisce lo spostamento a destra del ‘consensus’ Ue in materia di migrazioni. Il vertice, depennato l’Eurosummit, è stato concentrato in una sola giornata e si è chiuso con l’adozione delle conclusioni su almeno due dei temi che più hanno impegnato i leader (guerra in Ucraina e migrazioni), mentre quelle sul Medio Oriente sono al momento ancora in lavorazione. Il via libera alle conclusioni sulle migrazioni era in forse, per via delle divisioni che esistono tra i 27 su una materia che sin dalla crisi del 2015 è diventata politicamente esplosiva.

La ricerca di “soluzioni innovative” sui rimpatri di coloro che non hanno diritto di restare sul suolo Ue, che l’Olanda, un Paese fondatore, sta pensando di deportare in Uganda, conferma che il pendolo è andato decisamente a destra, su una materia che non molti anni fa veniva regolarmente evitata nei Consigli europei perché considerata troppo divisiva. Oggi le divisioni restano, ma il ‘consensus’ tra i leader è slittato a destra e difficilmente tornerà indietro, sicuramente non a breve: è l’effetto dell’avanzamento elettorale delle destre nazionaliste e della conseguente volontà del Ppe di non lasciare loro il monopolio di queste tematiche.

Come ha spiegato la presidente del Parlamento Roberta Metsola, “senza una politica di rimpatri non ci può essere una politica migratoria coerente. E allora le forze estremiste diranno che non abbiamo fatto nulla, per avanzare ancora a livello elettorale. Per me, che sono di centro, è essenziale avere tutti i pilastri” della politica migratoria.

Le soluzioni 'innovative'

Proprio sulle migrazioni si è svolta, prima del vertice, una riunione di 11 Paesi membri, organizzata da Italia, Danimarca e Olanda, cui ha partecipato anche la presidente Ursula von der Leyen. Nell’incontro, con un gruppo di Paesi ampio (la formula verrà ripetuta nel Consiglio di dicembre), si è parlato del bisogno di trovare “soluzioni innovative”, in particolare per quanto riguarda i rimpatri, da tempo tallone d’Achille delle politiche migratorie europee. Tra le soluzioni “innovative” c’è l’idea cui sta seriamente lavorando l’Olanda, quella di allestire in Uganda degli ‘hub’ per i richiedenti asilo, provenienti dalla regione, la cui domanda sia stata già respinta nell’Ue, in attesa di poterli rimpatriare. Il premier olandese Dick Schoof ha definito l’idea “seria”; Kampala non avrebbe chiuso la porta, secondo fonti diplomatiche europee.

All’Aja il Pvv di Geert Wilders, dei Patrioti, è in maggioranza, ma in materia di migrazioni lo slittamento a destra in Europa è bipartisan. La prima ministra danese, Mette Frederiksen, che è socialdemocratica ma sulle migrazioni tiene non da oggi una linea assai dura e guarda al Kosovo come destinazione per i suoi detenuti di nazionalità straniera, si è rallegrata del fatto che “finalmente” i Paesi Ue discutono seriamente di cambiare la politica di asilo. Dal punto di vista danese, ha osservato, è uno sviluppo “molto positivo”. Anche se “nessuno pensa che le persone scappino per diletto” dai propri Paesi di origine, “non possiamo continuare ad accogliere così tante persone” in Europa, ha detto.

L'accordo tra Italia e Albania

Nell’incontro che ha preceduto il Consiglio si è parlato anche dell’accordo tra Italia e Albania sulle migrazioni, che stamani ha ricevuto l’appoggio del Ppe, come ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Se il premier portoghese Luis Montenegro, del Ppe, riconosce che occorre “disincentivare” chi migra in modo illegale, il collega belga Alexander De Croo è scettico: la storia insegna che queste soluzioni, ha detto, sono “costose” e difficilmente raggiungono numeri significativi. Quello che “funziona”, per De Croo, sono gli accordi con i Paesi terzi, come quelli siglati con Egitto, Mauritania e Tunisia. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha escluso che gli hub esterni per i rimpatri possano essere una soluzione praticabile per un Paese grande come la Germania. Nella sala dei leader c’era “ampio sostegno” per le conclusioni su migration, ha spiegato una fonte Ue, ma il premier polacco Donald Tusk ha puntato i piedi, per inserire una frase che riconoscesse la situazione particolare in cui si trova la Polonia, che ha sospeso la concessione del diritto d’asilo per via degli arrivi dalla Bielorussia. L'ha ottenuta: nel testo si esprime "solidarietà alla Polonia e agli Stati membri" che devono affrontare queste sfide e si riconosce che "situazioni eccezionali" richiedono "misure appropriate". Alcuni Stati spingevano per anticipare l'attuazione di talune parti del patto Ue sulle migrazioni e l'asilo, ma "i Paesi che hanno votato contro" quel patto, come ad esempio l'Ungheria, "difficilmente" sarebbero a favore di anticiparne parzialmente l'attuazione.

La richiesta sui 'Dublinanti'

Resta inoltre molto “controversa” la richiesta dei Paesi nordici a Italia e Grecia di riprendersi i cosiddetti ‘Dublinanti’, i richiedenti asilo che si sono spostati verso nord, tema che non a caso “non è mai entrato” nelle conclusioni del Consiglio Europeo. Sulle migrazioni c’è stata una discussione “lunga e approfondita” tra i leader, che “raccomandano una “cooperazione maggiore” con i Paesi di origine e di transito, attraverso “partnership mutualmente benefiche”. Nelle conclusioni si esorta ad agire in modo “determinato” a “tutti i livelli” per “aumentare e velocizzare i rimpatri”, materia alla quale serve un “nuovo approccio”. Il Consiglio europeo, nelle conclusioni, ribadisce anche l’impegno ad “assicurare il controllo efficace dei confini esterni dell’Ue con tutti i mezzi disponibili” e suggerisce di “valutare nuovi modi per contrastare l’immigrazione irregolare, in linea con il diritto internazionale”.

Il presidente lituano Gitanas Nauseda ha spiegato che il suo Paese vive una situazione particolare, dato che dalla Bielorussia arrivano migranti spediti appositamente da Minsk. Vilnius ha chiesto alla Commissione di adeguare il quadro giuridico, per avere gli strumenti per contrastare queste aggressioni ‘ibride’. In ogni caso, ha riconosciuto Nauseda, “ci vorrà tempo” per avere nuove soluzioni.

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