Riforme, opposizioni in piazza: “Uniti contro autonomia e premierato”
Schlein: "Li dobbiamo fermare, qui perché siamo tutti antifascisti". Conte: "Non saranno calci e pugni che ci fermeranno, non passeranno". Bonelli: "Primo passo per mandare Meloni all'opposizione". Abbracci e battute tra i leader nel retropalco
A piazza Santi Apostoli la manifestazione delle opposizioni contro autonomia e premierato. In piazza tante bandiere Tricolore e dei partiti promotori, Pd, M5S, Avs insieme a Più Europa. Tante anche le sigle che hanno aderito, da Cgil ad Anpi. “Unità, unità” è il coro scandito mentre sul palco si avvicendano i leader del centrosinistra.
"Oggi in Senato è passato il premierato, la sedicente patriota pur di portare avanti la sua riforma spacca l’Italia perché stanno forzando per portare avanti l’autonomia - dice Elly Schlein arrivando a Santi Apostoli - È importante essere, come forze di opposizione, realtà politiche, sociali e associative, tanti cittadini insieme per impedire di stravolgere la nostra Costituzione. Li fermeremo insieme, li dobbiamo fermare”.
Quella a Santi Apostoli "è una bellissima piazza - sottolinea la leader dem - tanta partecipazione, convocata in pochi giorni. La bellezza di vedere tante bandiere diverse tutte insieme unite per difendere la Costituzione e l'unità nazionale”. “Abbiamo invitato tutti - spiega - rispettiamo le scelte di ciascuno, io penso che sia stato importante dare questo segnale: per la prima volta abbiamo convocato insieme una manifestazione unitaria e c’è sempre tempo per allargare quando gli obiettivi sono comuni".
E ancora: "Una piazza meravigliosa, stupenda. Voglio dire grazie a tutte e tutti voi, ringraziare M5S, Avs, +Europa per aver sentito l'esigenza di una piazza unitaria. È l'unità che ci dà la forza di essere qui insieme: non permetteremo a questo destra di stravolgere la Costituzione". "Siamo qui tutti insieme - dice Schlein - perché siamo tutti anti fascisti".
"Abbiamo visto l’inchiesta di Fanpage sulla giovanile di Fdi: che aspetta Meloni a cacciarli? Quella immagini hanno fatto il giro del mondo", continua la dem, che promette: "La prossima volta una piazza più grande. Questa è la prima ma non sarà l’ultima. Basta divisioni. Teniamoci strette le nostre differenze che sono una ricchezza se messe a valore. Facciamoci trovare pronti, uniti e compatti".
“E’ bello - continua Schlein - vedere sventolare tutte le nostre bandiere insieme. Lo dobbiamo fare per dare agli italiani le risposte che meritano”.
Anche Giuseppe Conte, arrivando a Santi Apostoli a piedi con Leonardo Donno e tutto il gruppo M5S, scandisce: “Non saranno calci e pugni che ci fermeranno, contro l’autonomia che spacca l’Italia e il premierato la nostra risposta è forte e unitaria: non passeranno”. E ancora: "Sono rimasto sconcertato da un presidente del Consiglio che non ha fatto nessuna condanna dell’aggressione in aula e ha parlato invece di provocazione" mentre "questa piazza è la migliore risposta all’arroganza, alla prepotenza e alla violenza. Noi siamo la riposta. La settimana scorsa si è consumato uno spettacolo indegno di una democrazia. Quella non è stata una rissa ma un pestaggio di parlamentari di maggioranza contro il nostro Donno".
"Lo scopo di questa riforma è chiamare noi cittadini ogni cinque anni per votare un capo, con i parlamentari ridotti a maggiordomi, il presidente della Repubblica a passacarte. Non lo consentiremo. Le istituzioni non possono essere ridotti a ‘casa Meloni’ con cognato, amici e codazzo di yes man", le parole di Conte, che aggiunge: "Fratelli d’Italia svende l’unità d’Italia per la permanenza al governo a scapito della Repubblica”.
Conte chiama quindi Leonardo Donno sul palco, che sale sventolando il tricolore. “Non ci facciamo intimorire. Se sventolare il tricolore è una provocazione allora sventoliamo più forte questo tricolore. Se c’è un ministro che indietreggia davanti al tricolore, continuano a sventolarlo che a forza di indietreggiare li mandiamo a casa”, dice Donno.
"La piazza di oggi è un segnale al Paese, bisogna essere uniti - dice Angelo Bonelli - E’ un piccolo passo, ma significativo, per costruire l’unità delle opposizioni e mandare Meloni all’opposizione”.
"Da questa piazza si dovrà necessariamente passare quando metteremo in minoranza questo Governo”, ha poi detto il segretario nazionale del Partito Socialista Enzo Maraio intervenendo in piazza Santi Apostoli. “Dobbiamo recuperare anche chi è stato assente oggi”, commenta il segretario. “L’obiettivo è quello di sconfiggere questa destra dai tratti illiberali. Una destra che vuole stabilire chi comanda per cambiare come vuole l’Italia”. “Vogliono dividere l’Italia: lasciare indietro gli ultimi, i deboli, i poveri e le persone che sono in difficoltà. Questo significa che circa due milioni e mezzo di persone rinunceranno alle cure perché non possono ricorrere alla sanità privata. La sanità deve essere gratuita per tutti -ha ribadito Maraio- noi ci batteremo per questo”. Il segretario ha poi stigmatizzato la lite in Parlamento di qualche giorno fa, “ci ha reso ridicoli davanti al mondo” e ha condannato lo sfregio fatto al monumento di Matteotti a Riano: “Matteotti è stato il primo martire antifascista. Cara Giorgia, noi abbiamo la storia e un passato di conquiste e ne siamo orgogliosi. Voi avete un passato di cui dovete vergognarvi. Da questa piazza si deve accendere la speranza dell’Italia antifascista e democratica”.
Abbracci e battute tra leader nel retropalco di Santi Apostoli
Nel retropalco la calca è asfissiante. Parlamentari, staff, leader tutti insieme, accalcati a Santi Apostoli. Schlein arriva facendosi largo tra la folla in piazza, Conte dalla parte opposta con tutto il gruppo M5S. C’è Donno accanto al leader 5 Stelle, in braccio ha il figlioletto avvolto in un tricolore. Si incontrano con Schlein, abbracci a favore di telecamere e un lungo colloquio. Poi l’abbraccio di Conte con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Intanto dalla piazza si alza il coro “unità, unità”.
Politica
Follini: “Centro guardi oltre, se tramonta la colpa...
Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos
"Si ha quasi pudore a parlare un’altra volta del 'centro', delle sue virtù perdute, delle sue occasioni mancate, delle vane speranze di un suo ritorno in forze. L’argomento appare stantio e superato dagli eventi. E le cronache non proprio esaltanti delle vicissitudini del fu terzo polo sembrano suggellare una volta per tutte il definitivo tramonto di ogni illusione che sia stata coltivata da quelle parti o nelle sue vicinanze.
Del resto, è tutto il mondo che va così. Quasi ovunque la radicalizzazione degli estremi appare la nota dominante. Si pensi agli Stati Uniti, drammaticamente divisi in due e solcati dall’incomunicabilità tra Trump e Harris. O alla Francia dove Macron fa sempre più fatica a evitare che la sua successione finisca per giocarsi tra Le Pen e Melanchon, senza nulla in mezzo. O più in generale alla crescita in tutta Europa di suggestioni estremiste che rendono ancora più improbabile e quasi surreale ogni appello a quella che una volta si sarebbe detta la politica 'moderata'. In questo contesto cercare la via di mezzo appare come un sicuro vaticinio di disfatta. E infatti solo in pochi ormai si cimentano in questo esercizio decisamente fuori moda.
Anche per questo appare ingeneroso il continuo dar la croce addosso a Calenda e a Renzi. I quali, per l’amor del cielo, di errori ne fatti tanti, e anche gravi. A cominciare da quella loro reciproca, vistosa, esagerata insofferenza. Ma non è detto che condottieri più pazienti e misurati avrebbero prodotto risultati più brillanti. Almeno, non in questo contesto.
Le intemperanze caratteriali, infatti, sono quasi sempre la conseguenza e non la causa delle difficoltà politiche. E del resto, la buona qualità degli ultimi capi democristiani, oggi riconosciuta perfino dagli avversari storici più tenaci, non impedì all’epoca la dissoluzione di quel partito. A conferma del fatto che le curve della storia non sempre seguono pedissequamente la traiettoria dei personalissimi meriti e difetti di coloro che cercano di interpretarle.
Semmai si dovrebbe dedicare una maggiore attenzione proprio ai saliscendi della storia. Perché è lì che si annida il destino altrimenti imperscrutabile dei centristi di nuova generazione. E’ la storia, infatti, che racchiude il vero enigma di cui stiamo parlando. Non tanto la storia del domani, troppo esposta ai desideri di ciascuno di noi. Ma semmai la storia di ieri e dell’altro ieri, messa a disposizione in ugual misura dei tifosi del centrismo e dei suoi detrattori.
Quella storia ci ricorda che la politica italiana è sempre stata centrista e anti-centrista a fasi alterne. Essa segnala periodi nei quali il sistema è stato largamente baricentrico (Cavour, Giolitti, la Dc) e periodi nei quali invece è stato caratterizzato dal prevalere, volta a volta, di alternative ben più estreme. A voler dare un colore a tutte queste fasi si potrebbe evocare da una parte il grigio delle mediazioni e dall’altra il rosso-e-nero dei conflitti più accesi. Un’altalena che dura dai tempi dell’unità italiana, che ha attraversato il secolo delle ideologie e che in qualche modo continua a imperversare anche in tempi di populismo post-politico.
Questi colori infatti si alternano da decenni in modi apparentemente capricciosi, eppure tutt’altro che inspiegabili. Quando uno dei colori ammaina le sue bandiere, l’altro prende il sopravvento. Così, quando il rosso e il nero, ora combattendosi e ora alternandosi, sprigionano le loro esagerazioni, il grigio torna ad essere un conforto. E quando invece il grigio appare come un colore quasi spento, il rosso e il nero fanno balenare suggestioni (che poi quasi sempre si rivelano assai deludenti e qualche volta anche tragiche).
S’intende che questo andirivieni di colori è sempre stato assai più serio e più complicato di così. Ma qui si voleva solo dare l’idea. E cioè ricordare che il centro potrà tornare a macinare consenso solo se riuscirà a rimettersi su di una lunghezza d’onda più ampia del suo orticello. Tanto più che gli orti degli altri non sembrano poi troppo floridi neppure loro". (di Marco Follini)
Politica
Gasparri: “Musk, Zuckerberg e Amazon banditi fiscali,...
Il capogruppo di Forza Italia: "Sulle banche, ribadisco, si possono cercare tecnicalità fiscali a vantaggio del bilancio dello Stato ma senza introdurre nuove tasse"
"Siamo contrari a nuove tasse a carico di chi già le paga. Ricordo, pochi lo sanno, che le banche già pagano una tassa supplementare rispetto agli altri. Invece tutto ciò che emergerà da intese con il governo, senza introdurre nuove tasse, con il confronto e il dialogo con le parti lo valuteremo quando sarà il momento". Lo afferma ad Affaritaliani.it il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri parlando della prossima Legge di Bilancio per il 2025.
"Se vogliamo parlare di tasse - spiega ancora Gasparri - bisogna tassare i giganti della Rete che non pagano nulla, una vera vergogna. Sono banditi fiscali che tutto il mondo dovrebbe tassare e penso ad Amazon, Zuckerberg, Musk e tutti i giganti del web. Ci sono poi grandi gruppi, e non parlo delle banche, che grazie a una maggiore crescita economica aiutano anche lo Stato, perché più un'azienda fattura e più paga imposte. Sulle banche, ribadisco, si possono cercare tecnicalità fiscali a vantaggio del bilancio dello Stato ma senza introdurre nuove tasse", conclude il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama.
Politica
“Segre agente sionista”, a corteo pro Pal a...
Coro di solidarietà. La Russa: "Pericolose violenze verbali e diffamazioni che non possono essere accettate"
"Liliana Segre agente sionista". Al corteo pro Palestina di oggi a Milano spuntano cartelli con la foto della senatrice a vita indicata, insieme ad altri tra cui il ministro della Difesa Guido Crosetto, Riccardo Pacifici e John Elkan, come 'complice' di Israele. Un gesto stigmatizzato con forza dalla politica che ha espresso solidarietà bipartisan alla senatrice Segre.
"Condanna ferma e decisa per quanto accaduto al corteo pro Palestina di Milano, durante il quale sono stati esposti cartelli con nomi e cognomi di persone che vengono accusate di essere 'agenti sionisti', tra cui la senatrice a vita Liliana Segre, il ministro della Difesa Guido Crosetto e Riccardo Pacifici", scrive sui social il presidente del Senato, Ignazio La Russa. "Ci troviamo dinnanzi a pericolose violenze verbali e diffamazioni che non possono essere accettate. A Liliana Segre, Guido Crosetto e Riccardo Pacifici giunga la solidarietà mia personale e del Senato della Repubblica", conclude La Russa.
"Dopo la lista di proscrizione arrivano le foto in corteo - afferma su Facebook Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d'Italia e responsabile nazionale del partito -. Il prossimo passo quale sarà? Solidarietà alla comunità ebraica, a Liliana Segre, a Riccardo Pacifici e a tutti gli amici di Israele coinvolti in questa indecente minaccia. Quanto denunciato sui social da Giubilei, anche lui nel mirino degli antisemiti, non può e non deve rimanere in silenzio!", conclude
“Liliana Segre merita solo rispetto, per la sua storia, per il suo pensiero, per il suo impegno politico e culturale - dice il presidente di Noi Moderati, Maurizio Lupi - . Oggi anche, con il ministro Crosetto, la solidarietà delle politica, delle istituzioni e della società civile per quanto accaduto a Milano: un fatto indegno che insulta la città, che deve restare un esempio di apertura e pluralismo culturale", è il richiamo di Lupi.
Di "foga cieca e settaria" parla Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva stigmatizzando i manifestanti pro-Pal che "sono arrivati al punto di infangare la figura della senatrice a vita Liliana Segre, presentata in alcuni cartelli come 'agente sionista'. Nell’esprimere piena solidarietà alla senatrice Segre, che rappresenta un punto di riferimento indiscusso di garbo, stile e civiltà democratica, oltre che un simbolo della più profonda tragedia del Novecento come la Shoah, è bene che tutti stigmatizzino queste derive fanatiche, intolleranti e offensive che inquinano il dibattito pubblico e non fanno altro che alimentare tensioni oltre che a rendere anche un cattivo servizio alla causa che si pretende di sostenere".