Conti pubblici, il paradosso della procedura che conviene all’Italia: parla Cottarelli
I Paesi che devono fare aggiustamenti sul deficit non devono ridurre il debito, nei prossimi due anni potrà salire
C'è un effetto paradossale nelle procedura di infrazione per deficit eccessivo che sarà aperta da Bruxellles contro l'Italia. Lo evidenzia parlando con l'Adnkronos Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici italiani della Cattolica. La premessa è che si tratta di un provvedimento atteso. "L'unica incertezza riguardava la possibilità che la Ue decidesse di attendere le elezioni in Francia, per evitare che della procedura si potesse fare un uso politico. Ma così non è stato", riscontra l'economista.
Ma perché, tutto sommato, la notizia dell'avvio della procedura diventa una buona notizia per i conti pubblici italiani? "Non incide sull'andamento dei mercati e anche in termini di aggiustamento per il prossimo anno, paradossalmente, produce un effetto positivo. Sarà nell'ordine di mezzo punto percentuale ma non ci sarà con la procedura in corso l'obbligo di ridurre il rapporto debito/pil. Cosa che non saremmo riusciti comunque a fare per l'effetto di cassa dei bonus edilizi. Il debito nei prossimi due anni salirà, ma sarà consentito per i Paesi che hanno una procedura di infrazione per deficit eccessivo in atto".
Piuttosto, c'è un altro elemento che può portare effetti negativi per l'Italia. "Più vincono le forze nazionaliste in Paesi che non vedono la solidarietà come un concetto rilevante e più vanno in difficoltà i Paesi come l'Italia che possono avere bisogno di solidarietà", ragiona Cottarelli, arrivando alla conclusione che "la vittoria della destra nazionalista in Francia, che va d'accordo con le altre forze di destra nazionalista di altri Paesi ma non quando si deve parlare di solidarietà, è un altro passo verso l'Europa delle nazioni che indebolisce le Istituzioni europee e produce instabilità sui mercati finanziari".
Cottarelli è invece piuttosto critico nella sua analisi sia verso il premierato sia verso l'autonomia differenziata. Per motivi diversi. "Il premierato per il troppo potere nelle mani di una sola persona, che è un male anche per il funzionamento dell'economia. L'autonomia invece è talmente confusa, possiamo definirla un pasticciaccio brutto, che è difficile anche quantificare le effettive conseguenze negative per i conti pubblici", mette agli atti l'economista. (Di Fabio Insenga)
Spettacolo
Claudia Pandolfi è la mamma di Andrea Spezzacatena al...
Il giovane si tolse la vita dopo aver subito atti di bullismo: il film 'Il ragazzo dai pantaloni rosa' presentato alla Festa del cinema di Roma racconta la sua storia
"Come dice Teresa Manes, è stato il silenzio ad uccidere Andrea. Serve educazione alla fragilità". Così all’Adnkronos Claudia Pandolfi che torna al cinema nei panni di Teresa, la mamma di Andrea Spezzacatena, che nel 2012 si è tolto la vita dopo aver subito atti di bullismo e cyberbullismo. La sua storia prende vita sul grande schermo ne ‘Il ragazzo dai pantaloni rosa’ - come il nome della pagina Facebook attraverso cui i bulli scrivevano insulti omofobi e minacce contro Andrea - presentato oggi ad Alice nella Città (sezione autonoma e parallela alla Festa del Cinema) e dal 7 novembre nelle sale con Eagle Pictures.
"Da donna, da mamma e da essere umano mettermi nei panni di Teresa Manes è stato impossibile dal punto di vista emotivo", racconta Pandolfi, che quando ha "incontrato Teresa pensavo di trovarmi davanti una donna in crisi. E invece no. È diventata una specie di monolite con un'elaborazione profondissima del suo dolore e dei suoi sensi di colpa. Si è chiesta mille volte 'cosa non ho colto?'. Ma io - prosegue - la capisco perché aveva deciso di rispettare la privacy di un adolescente che torna in casa e non ha voglia di raccontarti la giornata. Ci sta". Andrea, dal canto suo, "ha pensato di poter gestire quel suo disagio". La vita dei ragazzi di oggi, secondo l'attrice, "è performante. Sui social vieni costantemente giudicato da una massa difficile da contenere".
In passato, lontano dai social media, "ci voleva coraggio ad andare a picchiare qualcuno. Oggi non ci vuole coraggio a insultare qualcuno dietro una tastiera. Ma quel commento fa più male di un cazzotto in faccia perché aderiscono molte persone". Serve "educazione digitale ma anche emotiva. La situazione - dice Pandolfi - è sfuggita di mano" e "gli adulti sono distratti da loro stessi. Con i social hanno dato alla vanità una priorità importante nella vita". Da mamma "ho una certa attenzione nei confronti dei miei figli, cerco di non farli aderire al male", conclude. (di Lucrezia Leombruni)
Spettacolo
L’uomo dietro il campione. Sinner si racconta in...
Un bilancio sulla stagione in chiusura, per mettere a fuoco gli obiettivi futuri tra racconti di sport e di vita, alla scoperta dell’uomo oltre che del tennista, anche da un’inconsueta prospettiva vista da uno Jannik fuori dal campo. Arriva il 25 ottobre il nuovo episodio della serie di interviste al numero uno del ranking mondiale Atp, Jannik Sinner, realizzate da Sky Sport. Sinner si racconta a 360°: i suoi sogni, i traguardi da raggiungere e le difficoltà che ha dovuto affrontare in questa stagione, a partire dal caso Clostebol.
“Jannik – Oltre il tennis” si pone l’obiettivo di raccontare un ragazzo attraverso un tempo che nelle interviste classiche non c’è. “È lenta, riflessiva e si apprezza Jannik perché ha tanto da dire” dice all’Adnkronos Federico Ferri, direttore di Sky Sport. Spesso si è raccontato Sinner come un campione di poche parole o che parla male, mentre “parla il giusto e parla benissimo” e, soprattutto, “sa leggersi dentro”. Un tratto che accomuna i grandi campioni di questa generazione che secondo Ferri “hanno una grande capacità di analizzarsi e parlare di sé in terza persona quasi come se riuscissero a vedersi dentro e trovassero un senso di responsabilità nei confronti degli altri nel condividere”.
Il campione muta negli anni, da essere 11° nel ranking Atp a diventare il numero uno assoluto a soli 23 anni, ma dal punto di vista umano è sempre lo stesso, “non ha cambiato il suo atteggiamento nei confronti del tennis”. Dove è cambiato, secondo Ferri, “è nella crescita continua che dimostra”, a maggior ragione in una stagione dove ha dovuto affrontare grandi difficoltà, come l’accusa di doping da Clostebol per la quale è stato poi scagionato da un'indagine indipendente dell'Itia - l'International Tennis Integrity Agency – che parlava di “assunzione inconsapevole”. Secondo il direttore di Sky Sport “è come se lo Jannik Sinner di quest’anno fosse più consapevole. Un tratto ricorrente è ‘quest’anno ho imparato che’, ‘quest’anno ho capito tante cose’. Lo dice spesso e in questa intervista ha condiviso tanto”.
Per Sinner questo “è un modo per restituire” aggiunge Ferri. Restituire a tutti i fan e tifosi qualcosa, un’emozione, un piccolo stralcio sulla sua quotidianità, mostrare che non è solo un campione, ma anche un essere umano. Un atteggiamento rispettoso del proprio sport, della persona e di chi ti segue.
Spettacolo
Il ragazzo dai pantaloni rosa, la mamma contro il bullismo:...
Il figlio di Teresa Manes, Andrea Spezzacatena, si è tolto la vita nel 2012: ora la sua storia è un film presentato alla Festa del cinema di Roma per sensibilizzare i giovani
"Mi fa inca**are quando mi dicono ‘poverina’. Ed è qui che c’è il fallimento del ruolo educativo. Io dico che il dolore può educare, mi accorgo che la mia resilienza è di ispirazione per i ragazzi delle scuole che incontro, pensano ‘se ce l’ha fatta lei a superare un momento difficile, posso farcela anche io'". A dirlo all’Adnkronos è Teresa Manes, la mamma di Andrea Spezzacatena, che nel 2012 si è tolto la vita dopo aver subito atti di bullismo e cyberbullismo. La sua storia prende vita sul grande schermo ne ‘Il ragazzo dai pantaloni rosa’ - come il nome della pagina Facebook attraverso cui i bulli scrivevano insulti omofobi e minacce contro Andrea - presentato oggi ad Alice nella Città (sezione autonoma e parallela alla Festa del Cinema) e dal 7 novembre nelle sale con Eagle Pictures.
"Sono contenta di questo film, spero che possa arrivare a più persone possibili, le scuole stanno manifestando il loro interesse. Mi auguro che la visione non sia fine a se stessa e che si prosegua con un lavoro fatto sui ragazzi con l’educazione alle emozioni", sottolinea la Manes, che nel film è interpretata da Claudia Pandolfi. "Ho capito subito che fosse l'attrice giusta per interpretarmi", dice la mamma. A interpretare il figlio, invece, è Samuele Carrini: "Mi ha ricordato Andrea nei gesti, nell’affettività che dimostra e nella sensibilità". Ma anche il silenzio. "Per me è stato uno schiaffo, uno di quelli che ti fa fare 3 o 4 giri su te stessa perché c’è stato il grido inascoltato di mio figlio. Ma anche da parte degli amici e dei compagni di scuola che non si rendevano conto". Così il silenzio "si trasforma in indifferenza".
A dodici anni dalla morte di Andrea "resta questa battaglia di civiltà, non ho rabbia. Forse l’ho avuta all’inizio. Ora la mia battaglia - dice mamma Teresa - è abbattere il muro del silenzio e dell’indifferenza, ma soprattutto tirare la giacca all’adulto e chiamarlo alle sue responsabilità perché in molte famiglie i figli vengono lasciati soli”. Anni fa “non c’era la consapevolezza che c’è oggi, quando Andrea si è suicidato non si parlava di bullismo", fa notare Teresa, che con il figlio ha avuto un rapporto di complicità. "Era sempre sorridente, - ricorda - voleva andare a scuola e stare con gli altri. Ho confuso dei segnali, come il mangiarsi le unghie o l’alopecia, pensando a un rifiuto di una ragazzina". Andrea "si è trasformato in vittima senza neanche accorgersene. Per questo è importante rompere il silenzio perché da soli è difficile uscire da simili situazioni".
Rosa era il colore dei suoi jeans, risultato di un lavaggio sbagliato, che Andrea aveva indossato per andare scuola. "Non so che fine abbiano fatto. Ho avuto bisogno di difendermi dal dolore", ammette Teresa. "A casa ci sono dei sacchi e un armadio pieno di cose di Andrea che non apro mai. Lui era uno che conservava tutto, dal biglietto dell’autobus al fiore secco fino alle pietre perché per lui erano ricordi. Ogni tanto quando mi capita tra le mani un sasso penso ‘chissà cosa stava pensando quel giorno in cui l’ha trovato’". Manes, nel corso degli anni, ha fatto una scelta: "Essere parte sociale attiva. Ho deciso di trasformare il mio dolore, l’ho progettualizzato, in qualcosa che potesse essere utile a tanti altri ragazzi perché il dolore può educare". Ai ragazzi "dico di non minimizzare questi episodi di violenza e di non riderci su. Abbiate coraggio di denunciare". (di Lucrezia Leombruni)