Nato, Rutte sarà il prossimo segretario generale: le 5 sfide che lo attendono
Jens Stoltenberg lascerà il suo incarico il primo ottobre prossimo
Con il ritiro ufficiale del suo unico avversario, il presidente rumeno Klaus Iohannis, Mark Rutte ha ormai la strada spianata, e il sostegno di tutti i 32 Paesi della Nato, per diventare il prossimo segretario generale dell'Alleanza Atlantica. Viene così risolta prima del 75esimo vertice della Nato, che si aprirà il 9 luglio a Washington la questione del successore di Jens Stoltenberg, che lascerà il suo incarico il primo ottobre prossimo. Il premier uscente olandese si troverà quindi a guidare la Nato in un momento cruciale dall'Alleanza, con la guerra in Ucraina ormai in corso da oltre due anni e mezzo e saranno in particolare cinque - sottolinea Politico - le sfide che si troverà ad affrontare.
Il possibile ritorno di Donald Trump
Quattro settimane dopo che Rutte avrà assunto il suo nuovo incarico, l'America andrà al voto e potrà rieleggere alla Casa Bianca Donald Trump, che nei suoi primi quattro anni ha avuto un atteggiamento di aperto scetticismo nei confronti dell'Alleanza. Un atteggiamento maggiormente rafforzato ora che la Nato è impegnata nell'oneroso sostegno bellico all'Ucraina: nella campagna elettorale, Trump ha minacciato di tagliare gli aiuti Usa all'Ucraina, se tornerà alla Casa Bianca. Se confermata, la cosa sarebbe un durissimo colpo alla credibilità dell'impegno Nato a sostegno di Kiev, dal momento che Washington è il principale sostenitore militare ed economico.
Non solo. Il ritorno di Trump potrebbe far deragliare anche il piano della Nato di preparare l'Ucraina alla futura adesione all'Alleanza, ristrutturando e riformando il suo esercito, condizione necessaria per poter rivolgere l'invito all'adesione. Alla luce dei recenti attacchi di Trump a Volodymyr Zelensky, che l'ex presidente ha descritto come "il più grande venditore mai esistito" che torna dai vertici internazionali sempre con promesse di nuovi fondi", appare remota la possibilità che una nuova amministrazione Trump confermi l'accordo di sicurezza firmato da Biden con il presidente ucraino.
Nuova offensiva di Putin in Ucraina il prossimo inverno
Subito dopo l'insediamento di Rutte, l'Ucraina con ogni probabilità di rivolgerà a lui per chiedere aiuti con l'avvicinarsi dell'inverno, quando - si prevede - la Russia continuerà la strategia già adottata di attacchi alle centrali elettriche e dighe, già usata durante il primo inverno di guerra.
Secondo il segretario generale uscente Stoltenberg, è cruciale mobilitare più difese aeree in favore di Kiev per proteggere la rete energetica e i suoi dipendenti. Gli alleati stanno discutendo di questo invio, ma gli europei non hanno molti sistemi da inviare e l'amministrazione Biden deve fare i conti con i ritardi del Congresso. Senza contare che i Paesi europei più vicini alla Russia sono riluttanti a cedere i propri sistemi di difesa temendo il prospettarsi di possibili minacce per loro.
Convincere gli alleati a versare i contributi
La Nato questa settimana ha raggiunto un numero record di alleati che hanno centrato l'obiettivo del 2% del Pil destinato alle spese militari, in tutto 23. Ma rimane ancora un terzo degli alleati, compresa l'Italia, che nel 2024 ancora non rispetta l'impegno assunto 10 anni fa. "Il record negativo dei nostri amici mediterranei è l'arma perfetta per Trump" ha detto recentemente un diplomatico baltico parlando dei Paesi del Sud dell'Europa che non hanno centrato l'obiettivo.
Le lamentele del 'fianco Est'
I Paesi confinanti con la Russia non sono stati in questi mesi dei grandi fan di Rutte, ricordando la bassa spesa militare dell'Olanda e lamentandosi del fatto che l'incarico top della Nato va sempre ad un leader dell'Europa occidentale o settentrionale, anche se ormai paesi del fianco est sono nell'Alleanza da un quarto di secolo.
La premier estone, Kaja Kallas, per esempio ha deciso di non entrare nella corsa per diventare la prima donna alla guida dell'Alleanza, quando le è stato detto che non avrebbe ottenuto il sostegno di Usa, Francia e Germania, che temevano che la sua nomina potesse essere vista da Mosca come un segno di escalation delle ostilità. E' invece sceso in campo Iohannis, ottenendo solo il sostegno, per breve tempo e per ragioni tattiche, dell'Ungheria.
I Paesi dell'Europa orientale ora chiederanno con ogni probabilità maggiore rappresentazione negli incarichi di secondo livello, a cominciare da quello di vice segretario generale e quelli di assistenti segretario generale. Considerato che il primo compito di Rutte sarà quello di nominare un suo vice, vi saranno quindi pressioni affinché scelga qualcuno del 'fianco est'.
I leader europei che amano Putin
Rutte si troverà a non dover convincere solo Trump, in caso di suo ritorno alla Casa Bianca, della necessità di mantenere la Nato viva, attiva ed impegnata a difendere Kiev. In Europa, sono in crescita partiti, in maggioranza di estrema destra, che sono su posizioni filorusse e scettiche neli confronti dell'Alleanza. E alle prossime elezioni legislative in Francia potrebbe vincere l'estrema destra di Rn di Marine Le Pen.
Una situazione che Rutte conosce bene e in prima persona, dal momento che ha iniziato a considerare l'incarico alla Nato quando è apparso evidente che il suo partito di centro destra, Vvd, avrebbe perso alle elezioni che infatti sono state vinte dal Partito della Libertà, formazione di estrema destra di Geert Wilders.
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Mentre Hezbollah riferisce di scontri con le truppe israeliane al confine con il Libano ("I soldati del nemico israeliano hanno tentato di nuovo di avanzare verso la periferia del villaggio di Odaisseh (Adaysseh)" e 'gli scontri continuano'), Donald Trump afferma che Israele dovrebbe colpire i siti nucleari dell'Iran. "La risposta doveva essere: colpite il nucleare prima e preoccupatevi poi", ha detto il tycoon a chi gli chiedeva cosa pensasse della risposta data dal presidente Usa sulla possibilità che lo Stato ebraico colpisca gli impianti atomici di Teheran.
Joe Biden si è detto contrario e nelle ultime ore ha esortato il governo israeliano guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu a cercare anche "altre alternative" agli attacchi alle installazioni petrolifere iraniane.
Hamas: "Comandante brigate al-Qassam ucciso in raid in Libano"
Intanto Hamas conferma l'uccisione in Libano di Saeed Atallah Ali, un comandante del braccio armato del gruppo, le Brigate al-Qassam. E' stato ucciso, secondo quanto confermato da Hamas e riportato dalla tv satellitare al-Jazeera, in un raid di un drone israeliano che ha colpito il campo profughi palestinesi di Beddawi, nella zona di Tripoli, nel nord del Paese dei Cedri. Nell'operazione, stando a Hamas, sono rimasti uccisi anche la moglie e due figlie di Atallah Ali. "Promettiamo al nostro popolo di vendicare il sangue puro versato e di confermare che la nostra prossima serie di risposte sarà nei fatti prima che nelle parole", afferma Hamas.
Forze israeliane: "Raid contro Hezbollah in una moschea nel sud"
I militari israeliani confermano raid effettuati nella notte contro "elementi dell'organizzazione terroristica di Hezbollah che operavano in un centro di comando all'interno di una moschea adiacente al Martyr Salah Ghandour Hospital, nel sud del Libano". L'operazione è avvenuta a Bint Jbeil.
Idf a sfollati libanesi: "Non tornate a casa, ci saranno altri raid"
Le Forze di difesa israeliane esortano gli sfollati libanesi in fuga dalle operazioni militari a non tornare nelle loro case, perché i raid contro il sud del Libano continuano. Lo ha scritto su X un portavoce delle Idf, senza specificare quali sono i villaggi che sono nel mirino.
Unifil: "Restiamo in tutte le nostre posizioni"
Unifil, la forza delle Nazioni Unite in Libano, non lascerà le sue posizioni nel sud del Libano nonostante quella che è stata definita una richiesta di "riposizionamento" da parte di Israele. "Il 30 settembre le Idf hanno notificato a Unifil la loro intenzione di avviare incursioni di terra limitate in Libano - afferma la Missione secondo quanto si legge sul Guardian - Hanno anche chiesto il trasferimento di alcune nostre posizioni". I caschi blu, assicurano, "restano in tutte le posizioni e continua a sventolare la bandiera delle Nazioni Unite".
Allerta Fbi per 7 ottobre
Allerta Fbi e Dipartimento per la sicurezza interna per possibili minacce alla sicurezza o violenze in vista del 7 ottobre, quando sarà passato un anno dall'attacco di Hamas in Israele. L'anniversario, è la valutazione nel contesto del conflitto in corso, potrebbe essere "un fattore motivante per estremisti violenti o autori di crimini d'odio a commettere atti di violenza o minacciare la sicurezza pubblica".
Fonti Usa a Cnn: "Attacchi a siti nucleari iraniani? Da Israele nessuna garanzia"
Esclusi attacchi a impianti nucleari iraniani dopo l'attacco missilistico iraniano contro Israele? Nessuna garanzia da Israele all'Amministrazione Biden. Lo ha confermato alla Cnn un funzionario di alto livello del Dipartimento di Stato Usa, spiegando che è "davvero difficile" dire se Israele sfrutterà l'anniversario degli attacchi di Hamas del 7 ottobre per rispondere.
"Speriamo e ci aspettiamo un po' di saggezza come forza, ma come sapete, nessuna garanzia", ha affermato. E sulla data del 7 ottobre ha detto di "pensare in un certo senso che vogliamo evitare il 7" e quindi secondo la sua valutazione "se ci sarà qualcosa sarà probabilmente prima o dopo".
Nyt: "Per funzionari Usa Sinwar è vivo e vuole guerra regionale"
Yahya Sinwar sarebbe vivo, starebbe ancora prendendo decisioni cruciali per Hamas, avrebbe indurito le sue posizioni, sarebbe diventato fatalista dopo quasi un anno di guerra a Gaza, non avrebbe alcuna intenzione di raggiungere un accordo con Israele e anzi sarebbe determinato a vederlo coinvolto in un conflitto più ampio in Medio Oriente. E' quanto emerge dal New York Times che cita funzionari statunitensi. Anche se, riconoscono, non esiste una prova certa della sua esistenza in vita.
Secondo il giornale, i negoziatori americani credono che Hamas non abbia alcuna intenzione di raggiungere un accordo con Israele per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza dall'attacco del 7 ottobre di un anno fa in Israele che ha portato all'avvio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nell'enclave palestinese. E, scrive ancora il Nyt, i funzionari Usa ritengono anche che il premier israeliano Benjamin Netanyahu sia preoccupato soprattutto della sua sopravvivenza politica e potrebbe non ritenere che un cessate il fuoco a Gaza sia nel suo interesse.
Stando ai funzionari americani, nelle ultime settimane - si legge - Hamas non ha mostrato alcun desiderio di impegnarsi in colloqui. E le fonti sospettano sia più rassegnato di fronte al proseguimento delle operazioni militari israeliane. La convinzione di Sinwar sarebbe, secondo i funzionari, che una guerra più ampia con maggiori pressioni per Israele e i suoi soldati potrebbe portare i militari a ridurre le operazioni a Gaza. E, osserva il Nyt, la guerra nella regione si è allargata, ma non in modo tale da avvantaggiare significativamente Hamas, "almeno non ancora".