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Morte Singh, lo sdegno del vescovo mons. Crociata: “Totale assenza di umanità, lavoratori stranieri trattati come oggetti”

"Disprezzo della vita umana. Serve più sicurezza sul lavoro, si rifletta e si cambi"

(Fotogramma)

Roma, 21 giu. (Adnkronos) - “Sono sconfortato dall’assenza totale di umanità”. Il vescovo di Latina, mons. Mariano Crociata, con l’Adnkronos dà voce a tutta la sua amarezza dopo il decesso di Satnam Singh, il bracciante agricolo indiano di 31 anni, morto in seguito un incidente sul lavoro avvenuto a Borgo Santa Maria, abbandonato sulla soglia di casa dopo il grave ferimento subito durante il lavoro. Sempre più spesso, denuncia, i lavoratori stranieri “sono trattati come oggetti. È l’ennesimo fatto doloroso di morte sul lavoro che ci colpisce, non meno delle altre volte, anzi ancora di più, proprio perché è l’ennesimo episodio a ripetersi, nonostante tutte le deplorazioni, le dichiarazioni che ad ogni ricorrenza di fatti del genere vengono fatte”, osserva il presule.

“La giustizia - dice - si sta occupando di quel che è accaduto e farà il suo corso, però l’occasione e’ opportuna per notare una cosa: nel generale disprezzo della vita umana, ci riempiamo la bocca, giustamente, di discorsi sulla dignità, ma la vicenda fa notare che l’immigrato, chi è straniero, non viene considerato come tutti gli altri . Giusto condannare un comportamento preciso ma troppo spesso gli immigrati vengono trattati da oggetti”.

Il vescovo di Latina - alla luce dei tanti, troppi incidenti sul lavoro - coglie l’occasione per rinnovare l’appello alle istituzioni sulla sicurezza sul lavoro: “E’ necessario approntare meglio di come, per la verità, già non si sia fatto i necessari strumenti sia di tipo legislativo sia di tipo ispettivo e di controllo che prevengano il più possibile e coinvolgano tutti i livelli di autorità e di competenza degli organi preposti alla difesa e alla tutela del lavoro e dei lavoratori”. Quindi il monito alla società civile: “Nessuno può sentirsi esonerato dall’appello che giunge alla coscienza direttamente da questo fatto tragico, che impone un ripensamento serio da parte di tutti. Si rifletta e si cambi”.

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Cronaca

Dengue, perché tanti casi proprio nelle Marche? Cosa dice...

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Clementi: "Primo imputato resta il vettore zanzara tigre, indispensabili disinfestazioni che vanno fatte con rigore superando ogni reticenza"

Una zanzara tigre - (Afp)

Perché quest'anno le Marche sono state così colpite dalla Dengue? C'è un motivo per cui i focolai autoctoni dell'infezione si sono concentrati principalmente nell'area del Centro-Nord Italia (considerando anche i focolai più contenuti di Emilia-Romagna e a seguire Lombardia)? Sulla carta "non c'è un motivo in particolare", analizza il virologo Massimo Clementi.

Mentre l'ultimo bollettino certifica un settembre con punte record di casi e aggiorna a quota 124 le infezioni autoctone nelle Marche (di cui 121 a Fano), la premessa, evidenzia l'esperto all'Adnkronos Salute, è che "a favorire la diffusione della Dengue è la presenza, da almeno 30 anni, della zanzara tigre, che è il vettore della Dengue. E se è presente la zanzara tigre vuol dire che ci sono le condizioni per cui nel momento in cui si verifica la presenza di uno o più soggetti infettati, questi possano essere punti e consentire all'insetto di veicolare il virus e trasmetterlo ad altri".

Cosa è successo a Fano

Primo imputato resta dunque sempre lei: la zanzara tigre. "Quello che è successo a Fano, però - precisa Clementi, che per anni ha diretto il Laboratorio di microbiologia e virologia dell'ospedale San Raffaele di Milano - non lo sa nessuno. Lo presumiamo. Probabilmente è arrivato un soggetto infettato dall'estero, da uno dei Paesi in cui la Dengue è presente, e poi in virtù del fatto che lì ci sono le condizioni", cioè è presente il vettore, "si è acceso il focolaio. Ma può succedere lì come da un'altra parte" in Italia. "C'è anche da dire che la Dengue alla prima infezione in genere non è grave. E' molto fastidiosa, c'è un malessere generale, febbre alta e dolori muscolari e articolari. Diventa più pericolosa nella seconda infezione, quando una persona che è già stata contagiata viene reinfettata da un virus simile, ma non identico a quello della prima volta".

"La vera novità di quest'anno - continua l'esperto - dal punto di vista della diffusione del virus in Europa è che noi avevamo visto soltanto casi di importazione", salvo eccezioni. "Da un punto di vista della diffusione, questa è legata soprattutto al fatto che in una certa area esista il vettore". Clementi osserva un ultimo aspetto: premesso che la disinfestazione, in presenza di casi, viene fatta secondo i protocolli, in generale "c'è una certa reticenza, emersa in questi ultimi tempi, a eseguire operazioni di disinfestazione" di routine, "per vari motivi. E senza interventi adeguati la zanzara rimane, e rimangono le larve. Timori di questo tipo sono stati espressi per esempio da persone attive in associazioni di animalisti che temono che animali da compagnia - cani, gatti - possano in qualche modo essere contaminati dalla presenza di disinfettanti o da chi teme che ci possa essere anche una contaminazione di frutta, verdura, ortaggi".

"Penso che questa reticenza vada superata - prosegue Clementi - perché se non si fanno queste operazioni" per arginare il vettore della Dengue "diventa un problema. Basterebbe agire preventivamente, informando le persone in maniera più efficace possibile, rassicurandole e invitandole a proteggere gli orti o a tenere in casa i propri animali domestici per un paio di giorni. Ma va compreso che le disinfestazioni sono indispensabili se vogliamo in qualche modo controllare queste infezioni. E poi ci sono i monitoraggi epidemiologici, quelli sempre presenti, che vengono fatti dai laboratori specializzati e dall'Istituto superiore di sanità, che in qualche modo aiutano a controllare la presenza del virus nelle zanzare, il numero di casi nelle varie zone d'Italia".

Anche il clima non basta da solo a spiegare perché i casi si concentrino in una particolare area, conclude Clementi. "Non credo incida più di tanto. Anzi, forse altre zone sarebbero a livello ideale più esposte" di quelle colpite quest'anno, "zone dove ci sono per esempio risaie - ipotizza - Ci può essere" un fattore predisponente alla "importazione" del virus "da parte di persone che arrivano dall'estero". Dietro un focolaio, "quel che è certo è che c'è stato l'innesco giusto".

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Cronaca

Giornata della vista, Nucci (Tor Vergata): “Glaucoma...

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"Globalmente colpisce più di 68 milioni di persone circa 4 milioni hanno gravi minorazioni visive"

Giornata della vista, Nucci (Tor Vergata):

“Il glaucoma è una delle principali cause di cecità e ipovisione. Stime recenti indicano come, globalmente, vi siano più di 68 milioni di pazienti affetti, di cui 3.61 milioni ciechi e 4.14 milioni con gravi minorazioni visive dovute alla patologia”. Lo ha detto Carlo Nucci, ordinario di Malattie dell’apparato visivo e prorettore vicario dell’università di Roma Tor Vergata, intervenendo nell’ambito del convegno per la Giornata mondiale della vista, a cura di Iapb Italia Ets in collaborazione con l'Unione italiana ciechi e ipovedenti, che si è tenuto oggi al ministero della Salute. Il convegno - si legge in una nota - è stato un momento importante perché esperti, in presenza delle istituzioni, si sono affrontati temi ormai imprescindibili per l’oculistica quali l’uso e i benefici delle tecnologie avanzate, applicazioni cliniche di teleoftalmologia, teleriabilitazione visiva, ruolo dell'intelligenza artificiale nella ricerca clinica oftalmologica e nuove tecnologie nel glaucoma.

Malattia subdola, perché spesso silente finché non è troppo tardi e per cui è fondamentale l’azione di prevenzione e diagnosi precoce, “il glaucoma - spiega Nucci - è una neuropatia ottica progressiva in cui la pressione intraoculare elevata è il principale fattore di rischio e che determina una progressiva morte delle cellule della retina e delle fibre assonali che costituiscono il nervo ottico” potendo arrivare a interessare anche le aree centrali del sistema nervoso centrale. “La malattia ha un forte impatto sulla qualità della vita del paziente - sottolinea il professore - perché riduce progressivamente il campo visivo e limita le attività quotidiane, ma ha anche un forte impatto economico sul Servizio sanitario nazionale. In Italia l’incidenza dello 0,3% della malattia è in linea con il resto del mondo, ma il dato più significativo è che nel 2020 si stima ancora che i soggetti ciechi, per questa patologia, superino i 3,5 milioni e gli ipovedenti superino i 4 milioni. Negli ultimi anni c’è stata una diminuzione dei pazienti ciechi per glaucoma, ma un drastico aumento dei pazienti con grave ipovisione”.

Nel suo intervento Nucci ha illustrato anche le più recenti innovazioni tecnologiche nell’abito della diagnosi e del trattamento della malattia. In particolare ha presentato evidenze cliniche a supporto dell’utilizzo di Oct, tomografia ottica computerizzata, di ultima generazione per la diagnosi precoce delle alterazioni morfologiche indotte dalla malattia, sottolineando le prospettive che tali studi aprono per l’applicazione dell’intelligenza artificiale nella diagnosi del glaucoma.

In Italia oltre 3 milioni di persone soffrono o sono a rischio di malattie che possono portare a ipovisione e cecità come glaucoma, retinopatia diabetica e degenerazione maculare legata all’età. “Nell’arco di dieci anni – sottolinea Mario Barbuto, presidente Iapb Italia Ets – gli utenti del sito iapb.it sono cresciuti di 3 volte: da 600mila a 2,1 milioni. Questo è sì segno di un’aumentata consapevolezza, ma anche il sintomo che le domande di salute visiva non trovano risposta nella Sanità pubblica e che le persone sono spinte a cercare da sole e altrove le risposte”.

Nella Giornata mondiale della vista, grazie a Iapb Italia Ets e all’Unione italiana ciechi e ipovedenti, sono previsti eventi in oltre 100 città, in 102 su 107 provincie italiane, con distribuzione di materiale informativo e controlli oculistici gratuiti. Informazioni su giornatamondialedellavista.it

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Cronaca

Piacenza, investita da autobus all’uscita da scuola:...

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Ancora sconosciuta la dinamica precisa del drammatico incidente

Ambulanza e auto dei carabinieri - (Fotogramma)

Tragedia oggi a Piacenza, dove una ragazzina di 14 anni è morta schiacciata da un autobus all’uscita da scuola. L’adolescente - che frequentava il primo anno della scuola alberghiera presso il campus Ranieri Marcora di Piacenza - è deceduta sul colpo. Ancora sconosciuta la dinamica precisa di quanto accaduto.

Stando alle prime informazioni disponibili, la ragazzina era appena uscita dall’istituto al termine delle lezioni e si stava recando presso il piazzale antistante l’edificio scolastico. Nel tentativo di inseguire l’autobus su cui doveva salire, sarebbe rimasta schiacciata dal mezzo che, nel frattempo, aveva caricato altri passeggeri e stava ripartendo. Accortosi dell’episodio, l’autista avrebbe subito fermato l’autobus, chiamando i soccorsi.

La prima a intervenire è stata un'infermiera dell'ospedale di Piacenza che stava aspettando il proprio figlio e che ha capito immediatamente la gravità della situazione. Sul posto si sono precipitati i sanitari con l’auto medica del 118, un’ambulanza della Croce Rossa di Piacenza e l’elisoccorso decollato da Brescia. Purtroppo però non c'era più nulla da fare.

“Ci stringiamo vicino ai genitori e - più che essere a loro vicino e porgere le nostre condoglianze - veramente altro non possiamo fare. Non andiamo via finché la ragazza è qui perché non la vogliamo lasciare da sola. Questa è una tragedia che colpisce al cuore il sottoscritto e tutto il nostro istituto”, queste le parole a caldo del dirigente scolastico Alberto Mariani.

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