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Ilaria Salis: “Occupare case non è da furbetti, ma è...

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Ilaria Salis: “Occupare case non è da furbetti, ma è logorante”

Sui social il lungo post della neo europarlamentare: "Essere occupante è uno stigma sociale, vuol dire essere trattati come criminali per aver cercato di vivere in modo dignitoso"

Ilaria Salis - Fotogramma

"Vivere in una casa occupata non è una svolta, non è qualcosa da 'furbetti'. E' logorante". Così Ilaria Salis in lungo post sui social per parlare di case popolari, occupazioni e questione abitativa. Dopo le polemiche, la neo europarlamentare scrive - "come promesso" - sulla questione occupazione a Milano.

"Davvero è tutta colpa degli occupanti?", chiede Salis nel post dopo aver snocciolato una serie di dati sulla città e le assegnazioni mancate degli alloggi. "Innanzitutto - si risponde -, si sappia che le case occupate – circa tremila (dati Confedilizia, sett. 2023) – rappresentano solo una piccola parte delle case sfitte, un numero di gran lunga inferiore a quello di abitazioni lasciate vuote. L'abbandono è letteralmente ovunque. Tutti abbiamo gli occhi per vedere, ma non tutti hanno l’onestà intellettuale di ammettere questa verità, triste e scomoda per chi è incaricato di gestire l'edilizia pubblica".

"Quando viene occupata una casa non assegnata, che generalmente si trova in condizioni fatiscenti ed è abbandonata da anni - scrive ancora -, l’accusa di sottrarre il posto ad una persona in lista d’attesa semplicemente non regge. Chi entra in una casa disabitata prende senza togliere a nessuno, se non al degrado, al racket o ai palazzinari. Affermare il contrario, è bassa retorica politica volta a mettere gli uni contro gli altri, affinché nulla cambi".

Perché "qualsiasi abitante di un quartiere popolare di Milano sa benissimo che a seguito di uno sgombero non avviene mai una riassegnazione. Le case vengono chiuse, murate e lamierate, alle volte sono anche distrutte dagli addetti agli sgomberi. Di regola, fanno il deserto e lo chiamano legalità", continua Salis.

Dunque, spiega, "incolpare gli occupanti per il dissesto dell'edilizia popolare pubblica sottolinea o la malafede di chi ben conosce il vuoto pneumatico delle politiche sull'abitare, l’incompetenza degli enti gestori e la speculazione sul mattone, o l'ignoranza abissale di chi non ha mai messo i piedi fuori dalla circonvallazione. Delle due, francamente non so quale sia peggio. Vivere in una casa occupata non è una svolta, non è qualcosa da "furbetti". E' logorante".

Il motivo? "Ti fa vivere quotidianamente nella paura che ti vengano a svegliare e ti buttino fuori di casa, o di ritrovare tutte le tue cose sul marciapiede al ritorno dal lavoro, sempre che le ritrovi. Occupare vuol dire entrare in una casa abbandonata, murata, coi sanitari rotti e i buchi nelle pareti, lasciata al degrado anziché essere assegnata. Essere occupante vuol dire abitare questo spazio precario e faticosamente trasformarlo in un luogo che si possa chiamare casa, cercando di sistemarlo coi pochi mezzi a disposizione che si hanno".

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Essere occupante, continua più avanti l'europarlamentare, "è uno stigma sociale, vuol dire essere trattati come criminali per aver cercato di vivere in modo dignitoso. Mettetevelo in testa, nessun occupante vuole essere occupante. In questo contesto di strutturale emergenza abitativa, i movimenti di lotta per la casa agiscono per aiutare il prossimo, con costanza e dedizione, senza scopo di lucro, perché il valore che li anima e guida è la solidarietà. Aiutano individui e famiglie in stato di forte bisogno e recuperano luoghi abbandonati da anni, ristrutturandoli e rivalorizzandoli. Promuovono la diffusione di una cultura della partecipazione, del rispetto e del mutuo aiuto".

"Sono in prima linea a scontrarsi con il racket che specula sulla povertà, così come a prendersi le denunce quando si tratta di difendersi dalla violenza degli sgomberi. Non mi stancherò mai di dirlo: tali movimenti rappresentano un baluardo di resistenza contro la barbarie della nostra società, ed è da qui che dobbiamo ripartire", spiega ancora.

E a chi dice che occupare è illegale, Salis ribatte: "Il concetto di legalità, nella sua versione più rozza e strumentale, diventa spesso il buco nero dove collassano i discorsi pubblici sulle grandi questioni sociali che riguardano le classi popolari e i giovani, come l’emergenza casa. D’altro canto, si sente parlare molto poco di legittimità. La legittimità riguarda la giustificazione etica, morale e politica dell'azione. Come ci insegna la Storia, non sempre le azioni legittime sono necessariamente anche legali in quel dato momento – ma in una società sana possono diventarlo successivamente. Spesso, infatti, sono proprio azioni oltre la Legge a spingere la Legge stessa a mutare, a modificarsi in meglio, prendendo in considerazione le istanze di bisogno e desiderio che vengono poste dai gruppi subalterni".

"Il movimento di lotta per la casa ha sempre agito con la forza della legittimità data dal semplice principio che tutte e tutti dobbiamo avere un tetto sulla testa. Questo è il nocciolo della questione, l'argomento su cui tutti siamo chiamati ad esprimerci e a decidere cosa vogliamo collettivamente. Vi piaccia o meno, c’è chi continuerà a lottare in nome di tale principio, richiamandosi alle lotte del passato ed entrando in contatto con quelle del futuro", conclude.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

Vaccini, Borghi: “Mia proposta non è no vax, obbligo...

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Il senatore della Lega: "La mia proposta non è una 'follia antiscientifica' o un 'ritorno al medioevo'"

Claudio Borghi

"La mia proposta non è no vax. L'obbligo porta al rifiuto". Claudio Borghi, senatore della Lega, si esprime così sull'emendamento in tema di vaccini presentato in relazione al Ddl liste d'attesa. L'emendamento punta alla revisione della Legge Lorenzin, che prevede l'obbligo di alcuni vaccini per l'ammissione all’asilo nido e alle scuole dell’infanzia. La proposta di Borghi è di passare ad una raccomandazione togliendo l'obbligo.

"Due parole per spiegare meglio la mia proposta di abolizione della legge Lorenzin perché i giornali come al solito scrivono sciocchezze. Non è una proposta no vax e non è 'follia antiscientifica' o 'ritorno al medioevo', anzi, è adeguarsi alle migliori pratiche internazionali", scrive su X il senatore pubblicando un video sulla sua proposta sui vaccini. "C'è una ampia letteratura scientifica che dice che l'obbigo porta al rifiuto, l'effetto opposto di una ampia copertura vaccinale", spiega Borghi nel video.

L'esponente della Lega, sempre dai social, replica poi a Maurizio Lupi. Il presidente di Noi Moderati afferma che "lo stop all'obbligo vaccinale per i bambini è una sciocchezza scientifica. Ed è da irresponsabili da un punto di vista politico. La salute dei bambini non può essere messa in discussione per un pugno di voti o per rincorrere i No vax".

"Caro Maurizio, secondo te tutti i paesi europei in cui l'obbligo non c'è (la stragrande maggioranza, dalla Germania alla Spagna) vivono nella "sciocchezza antiscientifica" e sono irresponsabili? Mi sai indicare se la UE consiglia l'obbligo vaccinale o la corretta informazione?", risponde Borghi.

"È dall'anno scorso che dico che avrei presentato l'emendamento per cancellare la Lorenzin. Non ho nessun bisogno poi di essere in "compagnia". Ognuno si assume le proprie responsabilità. Se c'è una maggioranza pro obblighi basta saperlo", aggiunge Borghi.

Sul tema interviene anche Carlo Calenda. "E' semplicemente una follia che nell'anno di grazia 2024 la Lega si metta a discutere dell'obbligo vaccinale. Fate qualcosa per la sanità invece di continuare a parlare di stupidaggini", dice il leader di Azione al Tg1.

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Politica, Follini: “E’ la stagione delle donne...

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Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos

Politica, Follini:

"E’ la stagione delle donne, e non sarà una stagione effimera. Governano paesi e partiti, dettano l’agenda, fanno opinione, mietono consensi, vincono premi. In Francia Marine Le Pen progetta un altro assalto all’Eliseo, dia qui a tre anni. E intanto guida il suo Bardella verso una -incerta, incertissima- campagna elettorale. Negli Usa la vice Kamala Harris sembra l’alternativa più plausibile all’ormai troppo venerando Biden. In Gran Bretagna tre ladies occupano i ruoli chiave nel nuovo gabinetto di Starmer. In Italia infine Giorgia Meloni riprende i suoi due vice seduti lì accanto invitandoli ad alzarsi in piedi come fossero due scolaretti non troppo disciplinati. Mentre nel Pd Elly Schlein tira dritto per la sua strada, incurante delle correnti e dei suoi capi e capetti. Intanto con una sola intervista Marina Berlusconi sembra scombussolare l’agenda di maggioranza almeno in tema di diritti civili.

Che le donne siano destinate a contare sempre di più è una profezia, e soprattutto una virtù, che sta nei numeri della demografia ma soprattutto nella fantasia delle persone. La politica al maschile infatti ha seminato troppe delusioni perché non prevalga la tentazione di cercare altrove. E il nostro altrove globale è appunto il secondo sesso, per dirla con Simone de Beauvoir. Tutto questo è ovvio, ed è giusto. Ma se si sta davvero per aprire una nuova stagione negli equilibri politici globali, e se questa stagione matura sotto il segno delle donne, occorre anche cominciare a chiedersi quali ne saranno i caratteri e quali le conseguenze.

La mia personalissima convinzione è che una volta che la politica sia destinata a passare di mano, rivolgendosi soprattutto verso il mondo femminile, potrà forse venire frenata quella deriva verso populismo e sovranismo che l’ha fatta da padrona in questi ultimi anni. Non perché non ci siano figure politiche femminili che occhieggiano da quella parte (ne abbiamo appena citato un paio di illustri esempi). Ma perché quella attitudine alla semplificazione (e a un certo rodomontismo) che caratterizza la stagione che stiamo attraversando sembra attagliarsi di più a quella insofferenza tutta maschile che pretende ogni volta di tagliare i nodi della complessità con l’accetta della sua eccessiva sbrigatività.

Si prenda il caso di Trump o quello dell’argentino Milei. Risulta assai difficile immaginare una donna al loro posto, che parli con quel linguaggio così crudo o addirittura agiti una motosega nell’aria. In questi due casi il porsi così sopra le righe appare come un vezzo tipicamente maschile, a cui assai difficilmente una figura femminile potrebbe piegarsi. La stessa Evita Peron, in anni assai lontani, coniugava il suo indubitabile populismo con una propensione all’accudimento che ne rendeva un po’ meno spigolosa la figura pubblica.

Quello che sto cercando di dire è che alcuni caratteri del populismo e del sovranismo sembrano quasi sempre aver bisogno di una elaborazione, e tanto più di una recitazione, tipicamente maschile e maschilista. Quella del primo Grillo, per intenderci. E dei molti, troppi imitatori che gli hanno fatto seguito in giro per il mondo. Per trovare infine per l’appunto in Donald Trump e nelle sue vicissitudini anche processuali l’esempio più clamoroso -e anche, purtroppo, più coerente.

Ora, se la sfida delle donne al vecchio potere maschile ha un significato e un valore dovrà essere quello di cominciare a rovesciare una certa idea della politica. Uscendo dalla logica della virilità, della prova di forza, del bullismo. E coltivando piuttosto certi aspetti più gentili e più costruttivi che sembrano adattarsi meglio alle loro personalità.

Naturalmente, occorre sempre andarci piano con certe generalizzazioni. E infatti, mano a mano che le barriere sessuali vengono attraversate, è evidente che alcuni caratteri e molti stereotipi andranno rivisti. E’ fin troppo banale ripetere che ci sono donne e donne, e uomini e uomini. Figure assai diverse e personalissime tra le quali possono albergare le più ampie varietà di comportamenti e sensibilità. Eppure, se ha un senso questo passaggio di testimone, esso consiste almeno nel farci sperare in un futuro politico meno ferino (e meno feroce) di come troppi uomini lo hanno interpretato fin qui". (di Marco Follini)

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Politica

Papa: “Nel mondo democrazia non gode di buona salute,...

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Lo ha denunciato il Pontefice nel suo intervento a Trieste davanti ai congressisti al termine della Settimana sociale dei cattolici

Papa Francesco - (Afp)

"E’ evidente che nel mondo di oggi la democrazia, diciamo la verità, non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo”. Lo ha denunciato il Papa nel suo intervento a Trieste davanti ai congressisti al termine della Settimana sociale dei cattolici. “La fraternità fa fiorire i rapporti sociali; e d’altra parte il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo. Ci vuole coraggio. Purtroppo questa categoria – “popolo” – spesso è male interpretata e, potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (“governo del popolo”)”, ha messo in guardia il Papa. “Ciò nonostante, per affermare che la società è più della mera somma degli individui, è necessario il termine “popolo”». Che non è populismo”, ha osservato.

“Una democrazia dal cuore risanato - ha avvertito - continua a coltivare sogni per il futuro, mette in gioco, chiama al coinvolgimento personale e comunitario. Non lasciamoci ingannare dalle soluzioni facili. Appassioniamoci invece al bene comune. Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e dell’ecologia integrale”. Un passaggio molto applaudito dai congressisti.

Bergoglio da’ voce alla sua preoccupazione per la disaffezione alle urne: “Mi preoccupa il numero ridotto di gente andata a votare. La parola stessa “democrazia” non coincide semplicemente con il voto del popolo, nel frattempo - dice a braccio - mi preoccupa il numero ridotto della gente andata a votare ma esige che si creino le condizioni perché tutti si possano esprimere e possano partecipare. E la partecipazione non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va “allenata”, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche”.

“In questa prospettiva - osserva - , come ho avuto modo di ricordare anni fa visitando il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa, è importante far emergere ‘l’apporto che il cristianesimo può fornire oggi allo sviluppo culturale e sociale europeo nell’ambito di una corretta relazione fra religione e società’ , promuovendo un dialogo fecondo con la comunità civile e con le istituzioni politiche perché, illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie dell’ideologia, possiamo avviare una riflessione comune in special modo sui temi legati alla vita umana e alla dignità della persona”.

Secondo Bergoglio "ciò che limita la partecipazione è sotto i nostri occhi. Se la corruzione e l’illegalità mostrano un cuore 'infartuato', devono preoccupare anche le diverse forme di esclusione sociale”. “Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto - ha scandito - disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani. Il potere diventa autoreferenziale, incapace di ascolto e di servizio alle persone. Aldo Moro ricordava che ‘uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità”.

Tutti devono sentirsi parte di un progetto di comunità; nessuno deve sentirsi inutile. Certe forme di assistenzialismo -l’ assistenzialismo da solo e’ nemico della democrazia e dell’ amore al prossimo - che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. E l’indifferenza è un cancro della democrazia”. ”Ogni persona - dice - ha un valore. La democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal “fare il tifo” al dialogare. ‘Finché il nostro sistema economico-sociale produrrà ancora una vittima e ci sarà una sola persona scartata, non ci potrà essere la festa della fraternità universale. Una società umana e fraterna è in grado di adoperarsi per assicurare in modo efficiente e stabile che tutti siano accompagnati nel percorso della loro vita, non solo per provvedere ai bisogni primari, ma perché possano dare il meglio di sé, anche se il loro rendimento non sarà il migliore, anche se andranno lentamente, anche se la loro efficienza sarà poco rilevante”.

La seconda riflessione portata avanti dal Papa è un “incoraggiamento a partecipare, affinché la democrazia assomigli a un cuore risanato. E per questo occorre esercitare la creatività. Se ci guardiamo attorno, vediamo tanti segni dell’azione dello Spirito Santo nella vita delle famiglie e delle comunità. Persino nei campi dell’economia, della tecnologia, della politica, della società. Pensiamo a chi ha fatto spazio all’interno di un’attività economica a persone con disabilità; ai lavoratori che hanno rinunciato a un loro diritto per impedire il licenziamento di altri; alle comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale, facendosi carico anche delle famiglie in povertà energetica; agli amministratori che favoriscono la natalità, il lavoro, la scuola, i servizi educativi, le case accessibili, la mobilità per tutti, l’integrazione dei migranti. Tutte queste cose non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è prendersi cura del tutto”.

Francesco è arrivato alle 7,54 al Centro Congressi di Trieste, dove lo attendevano circa 1.200 partecipanti. Dopo l’atterraggio al Centro Congressi “Generali Convention Center”, il Papa è stato accolto dal card.Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo Metropolita di Bologna, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, da mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania, Presidente del Comitato Organizzatore delle Settimane Sociali, da mons. Enrico Trevisi, Vescovo di Trieste, da Massimiliano Fedriga, Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, da Pietro Signoriello, Prefetto di Trieste, da Roberto Dipiazza, Sindaco di Trieste, e da Philippe Donnet, Amministratore Delegato di “Generali”.

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