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Economia

Settimana corta, la vogliono 8 italiani su 10: qual è il...

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Settimana corta, la vogliono 8 italiani su 10: qual è il motivo

Secondo l'indagine la vogliono per ottimizzare tempo personale. Più di 7 intervistati su 10 ritengono di avere tutti i dispositivi necessari per svolgere il proprio lavoro da casa

Smart working - (Fotogramma)

Il mondo del lavoro è in costante evoluzione, e la possibile introduzione della settimana corta dopo l’affermazione ormai consolidata dello smart working, possono essere strumenti di salvaguardia del benessere dei lavoratori così come dell’ambiente. Una nuova indagine realizzata per Pulsee luce & gas, brand digitale di Axpo Italia, dalla società NielsenIQ, ha portato in luce i punti di vista su questo importante aspetto di un campione rappresentativo della popolazione italiana.

Dal rapporto emerge che 1 intervistato su 3 lavora in modalità full remote o ibrida. Lo smart working è mediamente concesso per il 37% delle ore totali di lavoro (uno o due giorni, su cinque). Complessivamente, il 49% del campione preferisce il lavoro agile, mentre il 42% l’ufficio.

Tra i lati positivi del lavoro da casa figurano principalmente la riduzione dei tempi di spostamento per raggiungere il luogo di lavoro (77%), che in media ammonta a 41 minuti, e dei costi (72%), che ammonta a circa 124 euro al mese tra viaggi e pranzi di lavoro) insieme a una migliore gestione del work-life balance (64%). I maggiori rischi percepiti, invece, sono l’isolamento sociale (59%) (specie al Nord Ovest), la sedentarietà (58%) e la difficoltà a separare lavoro e vita privata (44%).

L’espansione dello smart working risulta particolarmente compatibile con professioni che non necessitano di troppi strumenti e materiali. Infatti, più di 7 intervistati su 10 ritengono di avere tutti i dispositivi necessari per svolgere il proprio lavoro da casa. Tuttavia, solo il 26% dichiara di avere una seduta ergonomica, il valore scende al 14% nel caso del piano di lavoro ad altezza regolabile e all’11% per i poggiapiedi.

Lavorare da remoto può voler dire ottimizzare il tempo per dedicarsi ad attività domestiche: l’89% del campione afferma infatti di approfittare delle pause per svolgere attività collaterali. Tra le più diffuse vi sono cucinare (66%), occuparsi delle faccende domestiche (45%), della lavatrice (44%) e guardare la televisione (29%).

La comodità di lavorare da casa ha anche un possibile risvolto della medaglia che riguarda proprio i consumi energetici: il 49% degli intervistati ritiene che con questa nuova modalità lavorativa i suoi consumi siano aumentati con conseguenze sulle bollette. Gli italiani si sono però subito attivati per porre rimedio a questo possibile costo maggiore e le principali contromisure dichiarate sono l’illuminazione, con l’utilizzo di lampadine a basso consumo (59%), il maggiore ricorso alla luce naturale (per il 58%), cui si uniscono alcune accortezze di risparmio energetico. Dallo spegnimento del pc con distacco dall’alimentatore quando non è impiegato (44%), all’ottimizzazione nell’uso di climatizzatori e di riscaldamento (42%).

L’indagine offre spunti di riflessione anche sull’impatto sociale della settimana corta (quattro giorni di lavoro a settimana) voluta dall’80% degli intervistati. Circa la metà del campione (48%) dichiara di avere figli. Nella maggior parte dei casi (66%) sono gestiti in autonomia o con l’aiuto dei nonni (24%), solo l’11% si affida a figure esterne come baby-sitter o altre figure professionali, con una spesa media mensile di 115€. Tre intervistati su quattro ritengono che la settimana corta possa generare benefici, dando la possibilità di gestire con maggiore autonomia i propri figli. Tra le iniziative di welfare aziendale evidenziate dai lavoratori, le più comuni sono benefit di tipo economico, come l’assegno familiare (40% del campione), o di tempo retribuito, sotto forma di giorni di paternità e di permessi (34%).

Per quanto riguarda invece la cura di familiari anziani o con disabilità, il 35% degli italiani afferma di occuparsene da solo, contro il 65% che ricorre a un aiuto esterno. In particolare, chi riceve supporto conta su altri familiari (42%), mentre il 34% si rivolge a badanti, case di riposo o altre forme di sostegno, con una spesa di circa 540 euro al mese. Per l’85% degli intervistati ‘caregiver’ la settimana corta offre l’opportunità di curare i propri familiari con maggiore autonomia. Il bonus più offerto dalle aziende in questo ambito è la flessibilità (37%), seguita da ore di permesso (22%) e supporto psicologico (14%).

Per la cura domestica, solo il 13% del campione afferma di doversi rivolgere a professionisti, spendendo, in media, 107 euro al mese. Anche in questo caso la settimana corta viene percepita come un valido supporto, come dichiara l’80% degli intervistati. Avere un giorno libero in più, inoltre, permetterebbe di dedicare maggiore tempo al benessere personale, soprattutto per svolgere l’attività fisica (62%), ma anche fare gite e viaggi (54%).

Il desiderio di adottare la settimana corta coinvolge 4 intervistati su 5, con il 50% che si definisce 'molto interessato'. Per ottenere questo beneficio, i compromessi che i lavoratori sono più propensi ad accettare sono una maggiore flessibilità sull’orario di lavoro durante la settimana lavorativa (52%), un aumento della produttività durante i giorni lavorativi (47%) e un minor numero di pause (45%). Soltanto il 10% sarebbe disposto ad una leggera riduzione dello stipendio.

La settimana corta viene vista positivamente come modalità per accrescere l’equilibrio tra lavoro e vita privata (72% del campione), la soddisfazione personale (63%) e il tempo di qualità da dedicare alla famiglia e agli amici. Tra gli aspetti critici sono invece elencati l’aumento del carico di attività durante i giorni lavorativi (51%), la maggior pressione e stress associato al raggiungimento degli obiettivi (37%) e i problemi di coordinamento (27%).

Smart working e settimana lavorativa corta sono percepiti quindi come strumenti utili per migliorare la qualità della vita dei lavoratori italiani, con benefici per la gestione della famiglia, la cura degli anziani e la salute.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Economia

Ita-Lufthansa al via nuovo decollo, da Alitalia a oggi una...

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Da compagnia di bandiera a metafora del Paese: tutte le tappe che hanno portato alla fusione con i tedeschi

Aereo Ita in volo - Fotogramma

Con il via libera dell'Antitrust Ue al progetto di acquisizione del 41% di Ita Airways da parte di Lufthansa si apre una nuova pagina nella storia lunga 77 anni dell'ex compagnia di bandiera italiana. Con il closing dell'operazione previsto nel quarto trimestre del 2024 Ita Airways diventerà la quinta compagnia aerea ad essere strettamente integrata con il gruppo aereo tedesco. L'Italia diventerà così il quinto "mercato domestico" del gruppo Lufthansa e il secondo in Europa dopo quello tedesco in termini di fatturato. Il gruppo tedesco e la compagnia aerea italiana stanno pianificando insieme una rapida integrazione, che dovrebbe essere in gran parte completata entro tre anni. Con questa operazione, ha commentato il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, si conclude con "un grande successo italiano, tedesco e europeo" una lunga trattativa.

Queste 'nozze' italo-tedesche arrivano quasi 4 anni dopo la fondazione della compagnia aerea italiana nel novembre del 2020. Nata dalle ceneri della vecchia Alitalia, Ita Airways ha iniziato le sue attività il 15 ottobre 2021 e attualmente conta circa 4.860 dipendenti. Con sede a Roma, la compagnia italiana ha trasportato quasi 15 milioni di passeggeri lo scorso anno e dispone di una moderna flotta di 96 aeromobili Airbus, di cui 23 a lungo raggio e 73 a corto raggio. Attualmente Ita Airways serve un totale di 69 destinazioni.

Prima della negoziazione con Lufthansa, c'era stata una trattativa in esclusiva con la cordata guidata da Certares. Ma lo scenario è cambiato con l'arrivo del governo Meloni. La trattativa con Certares si è risolta in un nulla di fatto e, a quel punto, è scesa in pista Lufthansa, entrata a metà novembre 2022 nella data room. Settimane di lavoro intenso con le expert session durate fino a Natale che hanno portato alla presentazione dell'offerta e alla conclusione dell'accordo del maggio 2023.

Ita e Alitalia metafora del Paese

Quella di Ita, e prima ancora Alitalia, è una storia che si intreccia, a doppio filo, con quella di un Paese, fino a diventarne, nel bene e nel male, anche un simbolo e paradigma. Insomma, una storia tutta italiana, che ha conosciuto anni d’oro e grandi fasti poi oscurati dall’ombra lunga degli ultimi 30 anni, segnati da un inesorabile declino, ascrivibile non solo a errori di strategie industriali e a congiunture avverse ma anche a responsabilità della politica che ha visto in Alitalia un terreno da lottizzare. Decenni segnati anche da vertenze endemiche e da conflitti sindacali, sfociati anche in clamorosi scioperi e proteste.

I diversi acronimi, da Lai a Ita, scrivono ognuno un capitolo di questa storia. Alitalia viene fondata a Roma il 16 settembre 1946 con il nome di Alitalia-Aerolinee Italiane Internazionali e opera il primo volo il 5 maggio 1947 sulla rotta Torino-Roma-Catania. Due mesi dopo decolla il primo volo internazionale, da Roma a Oslo. A marzo 1948 viene inaugurato il primo volo intercontinentale: un volo di una durata complessiva di 36 ore, che collegava Milano a Buenos Aires con scali intermedi a Roma, Dakar, Natal, Rio de Janeiro e San Paolo. A cavallo tra il 1949 e il 1950, cresce la flotta, entrano in servizio le prime assistenti di volo della compagnia e vengono introdotti i pasti caldi a bordo dei velivoli.

Le Olimpiadi del 1960, i boing e la 'A' tricolore

Ormai di proprietà dell'Iri e quindi già compagnia aerea di bandiera, nel 1957 viene fusa anche con l'altra compagnia aerea di bandiera italiana, Linee Aeree Italiane, anch'essa di proprietà Iri, dando vita ad Alitalia-Linee Aree Italiane. Nel 1960, Alitalia diventa sponsor ufficiale delle Olimpiadi di Roma. Nello stesso anno, vengono introdotti i primi aerei a reazione mentre l'anno successivo segna l'apertura dell'Aeroporto di Roma - Fiumicino, nel quale la compagnia posizionerà il suo hub principale. Dieci anni dopo la compagnia diventa la prima europea ad avere in flotta solo aerei a reazione e, con la consegna del primo Boeing 747-100 la compagnia adotta un nuovo logo, la classica 'A' tricolore che verrà riportata su tutte le code degli aerei in quanto parte della nuova livrea.

Gli anni '70 e le prime tensioni

Anche gli anni ‘70 e ‘80 sono anni di sviluppo con l’espansione della flotta e del network: arrivano Douglas DC-10, dei McDonnell Douglas MD-80 e degli Airbus A300 con l'apertura di rotte da Roma verso l'estremo oriente, come Tokyo. Eppure, già si annidano i primi problemi, nati dall’evoluzione dello scenario dove il regime di monopolio comincia a scricchiolare e dove cambiano profondamente anche le relazioni sindacali. La fine degli anni ‘70 è contrassegnata dagli scioperi di Aquila Selvaggia con i piloti che salgono sulle barricate contro la proposta di un nuovo contratto unico di tutti i lavoratori del trasporto aereo, voluto dal Cgil, Cisl e Uil, con il presidente Umberto Nordio.

Tensioni mai risolte negli anni successivi, segnati da pesanti conflitti, con la compagnia che non sembra più saper essere all’altezza delle sfide imposte dal mercato. Alla fine degli anni ‘80, nel giugno dell’88, si consuma la rottura tra Nordio e l’allora presidente dell’Iri, Romano Prodi. Un carteggio (‘caro Prodi, caro Nordio’) che mette, nero su bianco, le divergenze strategiche tra l’azionista e il top management. lo scontro vede l'uscita del vecchio boiardo di Stato, con l'arrivo dalla Svezia di Carlo Verri (Electrolux). È una ventata rivoluzionaria quella che porta il top manager, già sostenitore de “La Piramide Rovesciata” di Jan Carlzon, la nuova bibbia del manager nell'era dei servizi. Verri muore prematuramente in un incidente stradale e a guidare Alitalia l'Iri di Franco Nobili nomina Giovanni Bisignani e Michele Principe.

Gli anni del declino

A cavallo del decennio, tra anni ‘80 e anni ‘90, Alitalia perde sempre più quota e imbocca il tunnel dal quale non riesce più ad uscire. A testimoniarlo è l’allarme lanciato, nel 1994, dal nuovo amministratore delegato, Roberto Schisano, detto il texano dagli occhi di ghiaccio, che, senza mezzi termini, avverte che Alitalia ha 500 giorni di vita. Schisano ingaggia con i piloti un durissimo scontro, che diventa dirompente quando decide di prendere in wet leasing dall’australiana Ansett aerei Boeing 767 con relativi equipaggi. Si scatena la rivolta di Aquila Selvaggia con il presidente dell'Anpac Giovanni Erba e i piloti che occupano le piste (febbraio 1995) e (giugno 1995) cadono ‘improvvisamente ’malati. E la ‘guarigione’ arriva con un accordo segreto (considerato “scellerato” dall'Iri) che Schisano firma con i piloti e che, una volta uscito dalla cassaforte del notaio dove era stato depositato e reso pubblico, costerà la poltrona a Schisano insieme a quella del presidente Renato Riverso. Un’altra testa che cade in Alitalia. Già perché la storia di Alitalia è anche questo: una macchina che ‘tritura’ amministratori delegati e presidenti.

L'alleanza con Klm

Il timone viene affidato, nel marzo del ‘96, a Domenico Cempella, manager che comincia la sua carriera dal basso, dal front line dell’aeroporto di Fiumicino. Sta a lui tracciare la nuova rotta di Alitalia con un nuovo piano industriale, supportato da un aumento di capitale e dal positivo sentiment dei lavoratori che lo avevano conosciuto ed apprezzato negli anni della sua gavetta; Cempella ridisegna l’assetto societario della compagnia con nuove hcc, high competitive carrier, strutture più snelle e dai costi competitivi, e prevede l’azionariato dei dipendenti. Ma soprattutto Cempella esplora il terreno di nuove alleanze e trova in Klm il partner ideale. Le due compagnie danno vita a una fusione operativa con una joint venture integrale.

Una formula vincente che consente ad Alitalia di realizzare l’ultimo vero utile d’esercizio della sua storia con la distribuzione di un congruo dividendo. Ne registrerà un altro a inizio 2000 ma derivante da partite straordinarie dovute alla plusvalenza per la vendita di azioni di Klm. Gli olandesi volanti, infatti, il 28 aprile del 2000 annunciarono il divorzio da Alitalia e furono costretti a pagare una penale da 250 milioni di euro.

Il crollo dopo l'11 settembre 2001

Arriva l’11 settembre del 2001. L’attacco terroristico alle Twin Towers provoca uno tsunami sul trasporto aereo mondiale. Alitalia, già debole di suo, perde colpi e chiude importanti destinazioni intercontinentali. Una ciambella di salvataggio, la compagnia, l’aveva in serbo grazie all’ingresso a luglio 2001 nell’alleanza Skyteam, sottoscritta dall’ad Francesco Mengozzi, con presidente Fausto Cereti, con un incrocio azionario con Air France. Ma da quel colpo Alitalia non riesce a risollevarsi: dopo una breve parentesi con Giuseppe Bonomi presidente e ad Marco Zanichelli, arriva un altro cambio al vertice: nel maggio del 2004 approda Giancarlo Cimoli, con nuovi piani e nel 2007 si apre il fronte della privatizzazione.

La "cordata dei patrioti"

A inizio 2008 si stringe la trattativa con Air France ma a far saltare il banco sono le elezioni politiche e Alitalia si prende la scena della campagna elettorale. Silvio Berlusconi annuncia la cordata di patrioti italiani per bloccare l’avanzata francese. Il 2 aprile del 2008, Jean Cyril Spinetta, abbandona il tavolo negoziale al bunker della Magliana. "Per Alitalia ci vuole un esorcista", dirà in quella fredda sera di aprile il presidente della compagnia Maurizio Prato. Vinte le elezioni, parte l’operazione Fenice, che, sotto la regia di Intesa SanPaolo, mette insieme una cordata aggregando Air One e una ventina di imprenditori italiani, a cominciare da Roberto Colaninno. L’investimento in campo è di 1,1 miliardi.

Si chiude qui la storia di Lai, finita in amministrazione straordinaria, e comincia quella di Alitalia Cai, Compagnia aere italiana, senza debiti, che rimangono in capo alla vecchia Alitalia, e con un netto taglio ai dipendenti. Sarà una stagione molto breve quella di Cai. La neonata Alitalia, che vede anche l’ingresso di Air France nell’azionariato con il 25%, punta a consolidarsi sul mercato domestico ma è stretta tra la concorrenza sempre più agguerrita delle compagnie low cost e dall’arrivo dell’alta velocità ferroviaria, che chiude l’epoca d’oro della ricca tratta Roma-Milano. Cai procede a un rinnovo della flotta, con l’arrivo di aerei Airbus in “leasing onerosi” di una finanziaria irlandese in capo alla famiglia Toto di Air One. Ma i conti non decollano. L’obiettivo di turn around si allontana e i bilanci chiudono in perdita. Nel giro di cinque anni, la compagnia cambia tre amministratori delegati: Rocco Sabelli, Andrea Ragnetti e Gabriele Del Torchio.

Alitalia brucia cassa e si rende necessaria una nuova ricapitalizzazione alla quale non partecipa Air France, che diluisce così la sua quota. Intanto, sta per aprirsi un nuovo capitolo che sarà ancora più breve, quello di Alitalia Sai. Mentre affondano i conti di Cai, a fine 2013 si pone il problema di una nuova iniezione di capitale. Il dossier è sul tavolo del Governo Letta per poi arrivare su quello del Governo Renzi. Per questo nuovo salvataggio interviene anche Poste Italiane. Parte la ricerca di un nuovo partner e, questa volta, il cavaliere bianco sembra arrivare dalla Penisola Arabica e, per la precisione da Abu Dhabi. È qui che ha il suo hub Etihad, compagnia più piccola rispetto a Emirates e a Qatar Airways, che, però, negli ultimi anni ha fatto registrare una forte crescita con massicci investimenti in flotta. Comincia una serrata trattativa e, alla fine, nell’agosto del 2014 si firma l’accordo che sancisce l’ingresso degli arabi con la quota massima consentita a un vettore extra Ue, il 49%.

Alitalia, targata Etihad, diventa Sai, Società aerea italiana. Decolla il 1 primo gennaio del 2015. Parte con Luca Cordero di Montezemolo presidente e con Silvano Cassano amministratore delegato, co-designato da soci arabi e italiani e manager gradito a James Hogan, il numero uno di Etihad. La prima linea di manager parla molto inglese schierando molti dirigenti anglosassoni. La gestione Cassano dura solo pochi mesi, fino a settembre del 2015. Per i successivi sei mesi Montezemolo dirige la compagnia anche con i poteri da amministratore delegato, finché il 7 marzo 2016 arriva dall’India Cramer Ball, il manager australiano scelto da Hogan. Invece del pareggio operativo, Alitalia continua a registrare perdite: un buco nero nei conti, provocato da una emorragia da due milioni al giorno, che crea forti tensioni tra le banche azioniste ed Etihad. E non convince il nuovo piano industriale di Ball, considerato troppo ottimista sulla voce ricavi.

È il 2017 e arriva una nuova impasse. Si tenta il tutto per tutto con una nuova operazione di salvataggio, che prevede una ricapitalizzazione e un accordo con i sindacati. Accordo che viene clamorosamente bocciato da un referendum ad aprile. Il 2 maggio Alitalia Sai viene messa in amministrazione straordinaria. A guidarla arrivano tre commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari. Si parla di una fase transitoria di pochi mesi mentre si avvia la vendita della compagnia. Si affaccia Lufthansa ma fa paura il suo piano di tagli. Nel 2018 prende corpo un’operazione di sistema con la regia delle Fs, con la partecipazione di Atlantia e un partner internazionale, Delta, che però non intende andare oltre il 10%. Arriva anche un nuovo commissario Giuseppe Leogrande.

L’eterno dossier è sempre in stallo mentre la pandemia a partire dal marzo del 2020 mette a terra il trasporto aereo globale. Un altro colpo di grazia per la malandata Alitalia. Ma poi il governo giallorosso imprime una sterzata. Con il decreto Cura Italia, viene costituita una nuova compagnia sotto l’ala pubblica, Ita. A guidare la nuova squadra vengono chiamati Fabio Lazzerini ad e Francesco Caio presidente. Comincia una complessa fase di preparazione con la predisposizione del nuovo piano industriale in vista del decollo previsto per la primavera del 2021. Ma Per partire Ita deve avere disco verde da Bruxelles. E la Ue chiede discontinuità. Con queste premesse, il cammino del negoziato tra la Commissione europea e il governo italiano (nel frattempo a Palazzo Chigi è arrivato Mario Draghi) si presenta impervio.

Ad aprile la compagnia non parte, il decollo viene ancora rinviato. A giugno l’azionista Mef nomina presidente esecutivo Alfredo Altavilla al posto di Francesco Caio e a luglio arriva il via libera di Bruxelles. Il 14 ottobre 2021 l'ultimo volo Alitalia tra Cagliari e Roma con l'Az1586. Cala il sipario sulla vecchia Alitalia ma arriva il decollo del nuova compagnia Ita il cui decollo ufficiale arriva il 15 ottobre. Il 16 novembre 2022 Antonino Turicchi viene nominato presidente di Ita Airways e viene confermato Fabio Lazzerini amministratore delegato (lo era da giugno 2020). A luglio del 2023 lascia Fabio Maria Lazzerini e l'Assemblea degli azionisti di Ita nomina un nuovo Cda che si riduce da 5 a tre consiglieri con Antonio Turicchi presidente, Valeria Vaccaro e Francesco Spada consiglieri. Le deleghe operative di Lazzerini vengono affidate ad Andrea Benassi.

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Ita-Lufthansa, da nuovo Cda ad Ad designato dai tedeschi: i...

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Tutte le tappe di un'operazione da 829 milioni di euro

Giancarlo Giorgetti, il presidente di Ita Antonino Turicchi, il Ceo di Lufthansa Carsten Spohr e il personale di volo - Fotogramma

Dopo il via libera alle nozze tra Ita e Lufthansa con condizioni ci saranno diversi passaggi formali che porteranno al closing dell'operazione prevista per il quarto trimestre del 2024. Il closing dell’operazione sarà subordinato alla conclusione di accordi vincolanti con i remedy takers, accordi che dovranno essere previamente approvati dalla Dgcomp. Per implementare tali remedies e procedere quindi con il closing è stato fissato un termine massimo di 4 mesi a partire dalla data della decisione.

I primi passaggi

Dopo il closing sarà convocata un’assemblea straordinaria che procederà a deliberare l’aumento di capitale riservato da 325 milioni di euro da parte di Lufthansa e la nomina del CdA che sarà composto da cinque membri, tre nominati dal ministero dell’Economia e delle Finanze, tra i quali il presidente e due da Lufthansa, uno dei quali assumerà l’incarico di amministratore delegato. Nella prima fase della partnership la strategia di sviluppo di Ita Airways sarà condivisa tra i due azionisti, le deleghe operative saranno attribuite all’Amministratore Delegato.

La seconda fase

La seconda fase, che si aprirà nella finestra 2025-2027, impegnerà Lufthansa a rilevare un ulteriore 49% del capitale del vettore italiano con un investimento pari a ulteriori 325 milioni di euro, che saranno versati direttamente al Mef. A fine 2027, e subordinatamente al raggiungimento di alcuni parametri previsti dal piano industriale di Ita Airways in termini di Ebitda e Posizione Finanziaria Netta, Lufthansa verserà al Mef un earn out di 100 milioni di euro.

Con il perfezionamento dell’acquisizione da parte di Lufthansa di una quota pari al 90% del capitale, al Mef sarà riservata la nomina di un proprio rappresentante nel Consiglio di amministrazione della Compagnia italiana. Infine, nell’intervallo temporale 2028-2029, il partner tedesco rileverà il residuo 10% del capitale di Ita Airways al prezzo di 79 milioni di euro. Nel complesso, dunque, l’acquisizione di Ita Airways comporterà per Lufthansa un investimento complessivo di 829 milioni di euro.

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Ita-Lufthansa, a Linate 192 slot settimanali...

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Cambiamenti previsti per le tratte intraeuropee e internazionali

Un banco del check in

La Commissione Ue ha dato il via libera all'operazione Ita-Lufthansa sulla base degli impegni presentati dalle parti ed è subordinato al realizzarsi di alcune condizioni poste da Bruxelles rispetto agli impegni stessi. I remedies presentati dal ministero dell'Economia e Lufthansa a Bruxelles al fine di garantire la concorrenza nel settore del trasporto aereo prevedono all'aeroporto di Milano Linate il rilascio di 192 slot settimanali in Winter e 204 in Summer (pari a circa 15 coppie di slot giornaliere per complessivi 30 voli in partenza e in arrivo).

Le rotte europee

Per quanto riguarda le rotte intraeuropee su cui c’è overlap diretto, i 'remedies' prevedono di consentire l’ingresso di un vettore concorrente sulle seguenti rotte: tra Roma Fiumicino e Francoforte, Monaco di Baviera, Zurigo, Bruxelles e Amburgo o tra Milano Linate e Francoforte e tra Milano (Linate o Malpensa, in base alle preferenze del/i remedy taker) e Düsseldorf, Amburgo, Bruxelles e Vienna. Per quanto riguarda le rotte intraeuropee su cui c’è overlap indiretto i 'remedies' prevedono di consentire l’aumento della concorrenza anche attraverso accordi di collaborazione per un periodo di 5 anni con remedy taker sulle seguenti rotte: Bari-Monaco di Baviera, Napoli-Francoforte, Brindisi-Düsseldorf (in summer), Bari-Francoforte (in winter), Bari-Amburgo (in summer), Cagliari-Monaco di Baviera (in summer), Napoli-Düsseldorf (in winter), Napoli-Amburgo (in summer).

Le rotte a lungo raggio

Per quanto riguarda le rotte di lungo raggio tra Italia e Stati Uniti sulle rotte tra Roma Fiumicino e Washington, San Francisco e Toronto (quest’ultima solo in summer), i 'remedies' prevedono di consentire l’ingresso di un vettore concorrente con voli diretti o agevolare (attraverso accordi ad hoc o con voli di feederaggio di Ita Airways o Lufthansa) i collegamenti indiretti via altri hub europei (es. Parigi, Madrid, Amsterdam, Lisbona) che abbiano una durata complessiva non superiore a 3 ore rispetto al volo diretto operato da Ita Airways e tempi di connessione fino a 2 ore se la connessione è in Europa (o una durata complessiva non superiore a 4 ore e tempi di connessione non superiori a 3 ore se la connessione è in Nord America); qualora il vettore concorrente operi già sulle rotte indicate il collegamento si considererà migliorato se i tempi di connessione sono ridotti di almeno 60 minuti.

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