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Cronaca

Blitz antimafia ad Aprilia, 25 arresti: in manette anche il...

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Blitz antimafia ad Aprilia, 25 arresti: in manette anche il sindaco

Ai domiciliari Lanfranco Principi: è indagato per elezioni 2018. Tra i reati contestati agli indagati quello di estorsione, usura e traffico di droga

Blitz antimafia ad Aprilia, 25 arresti: in manette anche il sindaco

C'è anche il sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, tra gli arrestati nel corso dell'operazione della Dia e del comando provinciale dei Carabinieri di Latina. Principi, che è ai domiciliari, era stato eletto sindaco, un anno fa, nel maggio del 2023 sostenuto da una coalizione di centrodestra e liste civiche. Indagati anche a quanto si apprende l’ex sindaco di Aprilia e un ex assessore ai lavori pubblici della città.

In totale sono state eseguite 25 misure cautelari. Alcuni degli indagati sono accusati di far parte di un’associazione mafiosa radicata nella città pontina finalizzata alla consumazione di estorsioni, usura, reati contro la pubblica amministrazione e traffico di sostanze stupefacenti. Nell’inchiesta si ipotizzano anche i reati di scambio elettorale politico-mafioso e concorso esterno in associazione camorristica.

Sindaco indagato per elezioni 2018

Principi è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso e turbativa. Nel corso della conferenza stampa, con il procuratore Francesco Lo Voi e il procuratore aggiunto Ilaria Calò, è emerso che le accuse contestate a Principi riguardano non le elezioni amministrative del maggio del 2023 quando è stato eletto sindaco ma quelle precedenti del 2018 quando è diventato vicesindaco.

Citando l’ordinanza cautelare gli inquirenti hanno sottolineato che Principi da candidato al consiglio comunale accettò la promessa di due imprenditori legati al clan di procurare voti in cambio di utilità: almeno 200 voti sui 453 ottenuti da Principi in quella tornata elettorale sarebbero arrivati grazie a questo sistema in cambio di lavori a ditte riconducibili all'organizzazione e posti di lavoro.

"L'associazione mafiosa controllava completamente il Comune di Aprilia dal punto di vista economico-imprenditoriale e dal punto di vista amministrativo", ha detto il procuratore aggiunto della Dda Ilaria Calò. "Nelle indagini sono emersi rapporti con il clan dei Casalesi e con quello dei Polverino. Inoltre sono emersi legami con la pubblica amministrazione", ha aggiunto.

L'indagine

Le misure sono state emesse dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della locale Dda. Più in particolare, nel corso delle indagini, avviate a marzo del 2018 dalla Dia-Centro Operativo di Roma con il supporto, dall’ottobre dello stesso anno, del Reparto Territoriale Carabinieri di Aprilia, sotto il coordinamento della Dda romana, è emersa l'esistenza di un'organizzazione criminale di natura mafiosa, attiva ad Aprilia e nei comuni vicini.

L'organizzaizone, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, aveva come finalità quella di commettere più delitti. Tra questi il traffico di droga, l'estorsione aggravata, rapina, lesioni e minaccia utili a imporsi sul territorio ed ottenere il sostentamento di affiliati detenuti. E' stata inoltre riscontrata l'attività di usura e di esercizio abusivo dell’attività finanziaria nei confronti di commercianti e imprenditori della cittadina di Aprilia per somme di denaro cospicue e con l’imposizione di tassi usurari.

Tra le accuse anche la detenzione e il porto di armi utili alla consumazione dei reati fine e al mantenimento del controllo del territorio e ribadire la superiorità del sodalizio. Inoltre l'organizzazione si proponeva di acquisire in modo diretto e indiretto la gestione e comunque il controllo di attività economiche, di appalti e servizi pubblici, di ostacolare il libero esercizio del voto. Oltre alle misure cautelari personali, eseguite nei confronti degli indagati, sono state disposte dal Gip misure cautelari reali e sono in corso anche numerose perquisizioni. I dettagli del blitz saranno resi noti alle 12.30 nel corso di una conferenza stampa in procura.

Le intercettazioni: "Faremo un Comune nel Comune"

"Faremo il comune nel comune". E' quanto affermava, in una intercettazione agli atti, uno degli indagati nell’inchiesta della Dda di Roma che ha portato a 25 misure ad Aprilia. Frase di un imprenditore, pronunciata in vista della stesura del “patto” per le elezioni comunali del 2018, che è stata citata nel corso della conferenza stampa a piazzale Clodio con il procuratore capo Francesco Lo Voi e il procuratore aggiunto Ilaria Calò. “Un problema di un apriliano diventerà quello di tutti gli apriliani”, dicevano in un’altra intercettazione.

Plauso Colosimo

“L’operazione che ha portato al fermo di 25 persone ad Aprilia dimostra quanto sia pervasivo, pericoloso e diffuso il fenomeno mafioso all’interno della cosa pubblica. Un plauso alla Dda di Roma, alla Dia e all’Arma dei Carabinieri per il lavoro svolto che ci offre uno spaccato criminale preoccupante del territorio alle porte di Roma e in quello Pontino", afferma la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Chiara Colosimo. "La Commissione antimafia, come sempre, sta procedendo alla richiesta formale per l’acquisizione degli atti dell’inchiesta”, conclude.

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Strage Bologna, confermato in appello ergastolo a Bellini

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Il difensore: "La città ha trovato la sentenza a misura, noi ricorreremo in Cassazione"

Paolo Bellini - (Fotogramma)

Confermata in appello la condanna all'ergastolo per Paolo Bellini, l'ex di Avanguardia Nazionale, imputato per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna. Ribadita dalla Corte di Assise di Appello di Bologna la colpevolezza anche degli altri due imputati, l'ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, accusato di depistaggio e condannato a sei anni di reclusione e Domenico Catracchia, ex amministratore di condominio in via Gradoli, a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini, condannato a quattro anni.

"Bologna è felice, ha trovato la sentenza a misura. Che altro posso dire? Non mi so spiegare le motivazioni di una pronuncia che arriva dopo sei ore di camera di consiglio ma certo ricorreremo in Cassazione. Bellini alla pronuncia era già via, ancora non lo abbiamo sentito", ha commentato all'Adnkronos il difensore di Bellini, l'avvocato Antonio Capitella.

In una nota, il sindaco di Bologna Matteo Lepore parla di "una sentenza importantissima che ci avvicina ancora di più alla verità di quello che è realmente accaduto il 2 agosto 1980. Una strage che aspetta dopo quarantaquattro anni giustizia. Condividiamo con i familiari delle vittime e con tutta la città di Bologna la soddisfazione di questa conferma in appello. Un grazie a chi ha con tenacia cercato e perseguito questo esito, dai familiari delle vittime, alla procura, agli avvocati di parte civile, che hanno lavorato in questi anni per offrire un quadro probatorio solido, che oggi trova un pieno riconoscimento dalla Corte d’Appello di Bologna".

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Quarta ondata di caldo africano sull’Italia, le...

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L'apice tra giovedì e sabato con picchi tra 41-42°

Quarta ondata di caldo dell'estate sul Sud e sulle isole, ma le temperature saliranno questa settimana in tutta Italia. L'apice tra giovedì e sabato con picchi tra 41-42° nelle aree interni peninsulari e sulle isole.

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Alex Marangon, gli investigatori ora cercano i due...

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Gli officianti del rito sciamanico potrebbero essere testimoni chiave della notte del delitto: "Alex si è allontanato con loro"

Alex Marangon

Mentre la famiglia ora chiede “silenzio”, gli investigatori sono sulle tracce dei due ‘curanderos’ che la settimana scorsa conducevano il rito sciamanico all’abbazia di Vidor (Treviso) dove il 25enne Alex Marangon, a quanto emerso dall'autopsia, sarebbe stato aggredito con bastoni e pietre per poi finire, probabilmente già in fin di vita, nel Piave, dov’è stato ritrovato due giorni dopo.

I due potrebbero essere testimoni chiave in grado di rivelare cosa è successo quella notte, ma al momento non sono stati rintracciati. Uno è il colombiano Johnni Benavides, mentre dell’altro non si conoscono le generalità: proprio loro due hanno seguito Alex, che si era alzato per uscire all’esterno, tornando indietro dopo dieci minuti dicendo che il ragazzo era improvvisamente scappato e di averne perso le tracce. Sarebbero stati anche tra i primi, con una buona parte dei venti partecipanti, ad abbandonare Vidor ancor prima che alle sei arrivassero i carabinieri.

A raccontare il dettaglio è uno degli organizzatori del rito, già stato sentito dagli investigatori con altri cinque partecipanti, che avrebbe assicurato che i due “non sono scappati”. Il testimone, con un’altra decina di partecipanti - “quelli che erano svegli” –, ha partecipato quella notte alla ricerca di Alex: “Era un mio amico, lo conoscevo, io stavo suonando, l’ho visto che si allontanava e che i due ‘curanderos’, che sono preparati per questo, lo stavano accompagnando. Quando sono ritornati dicendo che era scappato e non lo trovavano più, tutti quanti ci siamo messi a cercarlo, dappertutto, fino a quando non abbiamo chiamato i soccorsi”.

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