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Mercati al test del voto Uk, con vittoria Labour no scossoni ma più Ipo

Secondo gli analisti reazione attenuata subito dopo le elezioni ma aumento imposta su plusvalenze e imposta successione 'probabili mosse fiscali'

Mercati al test del voto Uk, con vittoria Labour no scossoni ma più Ipo

I mercati si preparano al test delle elezioni generali del Regno Unito, chiamato a rinnovare la Camera dei comuni. Mentre i sondaggi prevedono una vittoria schiacciante dei laburisti, forse addirittura superiore a quella del 1997, in Borsa si profila uno scenario meno incerto rispetto alle recenti elezioni francesi: nessuno scossone all’orizzonte, secondo gli analisti, ma un possibile boom di attività di trading sul Ftse100 e probabilmente un miglioramento dell’attività di Ipo sono da mettere in conto. “Il Regno Unito è uno dei pochi Paesi dove ci sarà una leadership di sinistra in un mondo che si sposta gradualmente verso destra - dice all’AdnKronos Giorgio Vintani, analista e consulente finanziario indipendente -. Nel Paese c’è disaffezione nei confronti dei conservatori che dipende dalla mal riuscita della Brexit e dalle promesse non realizzate da parte dell’ex primo ministro, Boris Johnson”. Una eventuale vittoria dei laburisti viene quindi vista “come un elemento di stabilità e come un sollievo per essersi liberati della lotta continua, all’interno del partito conservatore, riguardo a temi come la migrazione”.

Sul mercato azionario il trionfo del Labour può avere un effetto positivo, “perché si profila con chiarezza chi avrà il comando delle operazioni per i prossimi 5 anni”. Anche dal punto di vista dei tassi di interesse, osserva Vintani, “la Bank of England è propensa a fare dei tagli” e se il progetto di spesa dei laburisti verrà rispettato “possiamo aspettarci dei tassi in discesa”. Dopo le elezioni, la narrazione tornerà rapidamente alla politica monetaria e all'inizio del ciclo di riduzione dei tassi secondo Henry Dixon, portfolio manager, azionario Regno Unito di Man Group: “Una maggioranza laburista potrebbe dare la spinta tanto attesa al mercato azionario del Regno Unito”. Ma una vittoria laburista andrebbe anche a vantaggio delle Ipo: “Altri mercati sono stati preferiti rispetto a quello del Regno Unito - evidenzia Vintani - Prima era il più grande d’Europa, poi non più, ed è stato tagliato fuori con la Brexit. Keir Starmer, il leader laburista, vuole ristabilire la situazione in Inghilterra e farla percepire come un posto in cui è facile fare business. Ciò riguarda anche la rivitalizzazione del processo di accesso alle Ipo”.

Lo scenario inglese è diverso da quello francese non solo perché l’attuale partito laburista “non è più quello di 5 anni fa”, ma perché è diventato meno estremista e si è trasformato in un vero partito di governo. “Starmer ha detto che cercherà di avere una relazione più costruttiva con l’Ue e questo viene visto come un cambiamento naturale” evidenzia Vintani. Tra i settori che beneficerebbero di una eventuale vittoria dei laburisti, c’è sicuramente quello delle energie rinnovabili: “Verrebbero penalizzate le energie tradizionali come le estrazioni di petrolio nel mare del Nord incoraggiata dai conservatori - spiega - a favore di energie più sostenibili per l'ambiente”. Da aspettarsi un impatto anche sulle infrastrutture e sull’edilizia, soprattutto quella popolare, visto che il manifesto del partito di Starmer individua nell’edilizia uno dei moltiplicatori economici più reali.

Una le ipotesi più accreditate è che una vittoria del Labour possa provocare un boom di attività di trading sul Ftse100 “anche se dopo il sollievo per aver chiuso con il governo conservatore molti staranno a vedere le politiche che il governo nuovo realizzerà nei prossimi mesi - fa notare Vintani -. Un boom sulle attività di trading potrebbe avvenire nella seconda metà dell’anno se Bank of England effettuerà i tagli dei tassi come previsto”. Quanto alla tenuta della sterlina, “il punto è se la Bank of England taglierà prima della Fed…io penso sia possibile. Nei confronti del dollaro mi aspetterei quindi un leggero indebolimento, mentre la Bce taglierà i tassi in maniera più significativa nei confronti della Bank of England e la sterlina credo si mantenga sostenuta nel rapporto contro l’euro”. Vede pochi rischi di mercato associati al post elezioni nel Regno Unito, Alex Batten, fixed income portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments : “Un cambio di governo verso una maggioranza laburista normalmente farebbe presupporre un cambiamento significativo nella spesa pubblica" spiega.

Tuttavia, "il governo entrante ha già sottoscritto le regole fiscali attualmente in vigore, il che gli impedirà di incrementare la spesa pubblica a meno di aumenti delle tasse, anche questi già esclusi". Di conseguenza, "il margine di manovra fiscale sarà estremamente limitato e il risultato più probabile è il mantenimento dello status quo. Non prevediamo impatti significativi sulle prospettive di crescita, sulla posizione della Bank of England o sulle emissioni”. La reazione dei mercati finanziari, dunque, dovrebbe essere "relativamente attenuata", osserva Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm ma andando oltre il risultato immediato, la prospettiva di una larga maggioranza per un governo 'centrista' potrebbe essere un sollievo visti i risultati elettorali in altri Paesi.

"Questo potrebbe aumentare l’appeal degli asset britannici, specialmente dopo un lungo periodo di incertezza sotto i precedenti primi ministri". Inoltre, non va dimenticato che il contesto è difficile: "La combinazione di un alto carico fiscale, servizi pubblici in deterioramento e una mancanza di investimenti in capitale è un mix difficile da gestire". Il governo entrante spera che una minore inflazione e tassi di interesse più bassi forniscano una spinta alla crescita. Ma molto probabilmente, osserva Flax, "Starmer e Reeves cercheranno di aumentare le tasse, anche se questo non sarà particolarmente ben accolto dagli investitori". Aumentare l'imposta sulle plusvalenze e l'imposta di successione sono "due delle probabili mosse fiscali" e un nuovo governo più energico con una maggioranza sufficiente potrebbe cercare di affrontare alcune delle sfide del Regno Unito. Allo stesso tempo, "c’è la prospettiva di una minore inflazione e tassi di interesse più bassi che potrebbero aiutare ad accelerare la stagnante economia britannica, almeno temporaneamente". Risolvere i problemi del Regno Unito "non sarà facile per chiunque vinca queste elezioni - ammette Flax - ma probabilmente è vero per la maggior parte del mondo sviluppato".

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Finanza

Piazza Affari si tinge di rosa: nei board delle società...

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Il report di Heidrick & Struggles. L'imprenditore di Montelupo Fiorentino che assunse la donna incinta: "Dato positivo ma il divario è ancora lontano da essere colmato, soprattutto nelle piccole e medie imprese"

(Fotogramma/Ipa)

Nei consigli di amministrazione delle aziende quotate a Piazza Affari c’è più diversità che altrove. Anche per effetto della Legge Golfo Mosca nel 2023 più di un seggio su due è stato affidato ad una donna, in percentuale più della media europea, il 51% contro una media del 47%. Sebbene molte di loro siano alla prima esperienza in un consiglio, e abbiano maturato esperienza in un settore diverso rispetto a quello in cui opera l’azienda per cui lavorano.

Si tratta di un elemento essenziale per navigare questi tempi d’incertezza, evidenziano gli esperti di Heidrick & Struggles - società di head hunting leader globale nella ricerca di executive - nella ricerca Board Monitor sulle tendenze emergenti nei consigli di amministrazione nei Paesi di tutto il mondo. Nel 2023 in Italia il 43% delle quotate ha inserito nuovi membri nei consigli di amministrazione, il 51% di loro è una donna con un’età media di 57 anni che - in generale - ha un'educazione superiore rispetto agli uomini nella stessa posizione: la maggior parte ha un dottorato rispetto alla controparte maschile, in molti casi semplicemente laureata. Inoltre, come detto sopra la maggior parte di loro ha esperienze cross settoriali: si prediligono figure con esperienza internazionale e nel campo della sostenibilità, meno invece in quello della cybersicurezza - nonostante le crescenti preoccupazioni legate alle nuove tecnologie. Inoltre, il 51% dei nuovi membri è alla prima esperienza.

Ciò indica che i consigli di amministrazione sono alla ricerca di un flusso costante di nuove prospettive. Come dimostrano bene i dati: tre quarti dei posti a livello mondiale sono andati a persone con esperienza in settori diversi da quello in cui opera la loro azienda. Questo dipende dal fatto che servono nuove prospettive ai consigli per gestire nuovi problemi, quello geopolitico in primis, ma non solo. Ci si aspetta di più dagli amministratori, devono avere competenze inedite ed essere in grado di comprendere e gestire anche rischi informatici, oltre alle crescenti preoccupazioni e normative ambientali e sociali. "Il ruolo del consiglio sta cambiando in modo significativo, molto più di quanto probabilmente ci rendiamo conto", ha dichiarato Niccolo Calabresi, Managing Partner Southern Europe Heidrick & Struggles. "Come evidenziano i dati: nuove competenze e nuovo peso del consiglio d’amministrazione all’interno delle aziende stanno ridisegnando non solo la gestione di crisi complesse ma la stessa organizzazione aziendale. Dopo il Covid gli amministratori stanno mettendo alla prova i confini tradizionali per rispondere alle richieste di un insieme di stakeholder sempre più ampio e influente".

L'imprenditore che assunse la donna incinta: "Dato positivo ma il divario è ancora lontano da essere colmato, soprattutto nelle piccole e medie imprese"

"Il dato è un segnale positivo per il mondo del lavoro ma il divario è ancora lontano da essere colmato, specialmente se facciamo riferimento alle micro e piccole-medie imprese (Pmi)". Così l'imprenditore Simone Terreni, a capo dell’azienda VoipVoice di Montelupo Fiorentino, balzato agli onori della cronaca per aver assunto una donna di 27 anni ‘nonostante’, durante il colloquio, lei avesse rivelato di essere incinta, commenta all'Adnkronos il report di Heidrick & Struggles.

"Il gender gap - continua l'imprenditore - rappresenta un danno per la nostra società e come tale dovrebbe essere trattato, sia da un punto di vista etico che di crescita economica. Se da un lato ci devono essere politiche a supporto delle famiglie, dall’altro il mio auspicio è che sempre più imprese applichino la parità di genere. Una parità che nel mondo del lavoro si delinea sotto vari elementi, inclusa non solo l’equa retribuzione degli stipendi tra uomini e donne, ma anche dalle uguali possibilità di carriera e di accesso alle posizioni manageriali", afferma.

"Sicuramente il dato di un board delle società quotate di Piazza Affari dove più di un membro su due è donna è un segnale positivo per il mondo del lavoro - dice - ma il divario è ancora lontano da essere colmato, specialmente se facciamo riferimento alle Micro e Pmi, la maggioranza imprenditoriale del nostro contesto economico italiano. Ciascuna azienda - conclude - dovrebbe favorire l’accessibilità, la remunerazione e l’occupazione di ruoli apicali a prescindere dal genere".

Le voci dall'Università

Maria Pia Abbracchio, vice-rettrice e pro-rettrice a Ricerca e Innovazione dell'Università statale di Milano si è detta molto felice: "L'economia - spiega all'Adnkronos - non è un ambito che in genere viene associato con la professionalità femminile: si tratta di un dato che rassicura sulla possibilità delle donne di dare un contributo a tutti i rami della società e a tutti i settori della conoscenza e del lavoro". La vice-rettrice è convinta che le donne possano esercitare il ruolo con modalità diverse dagli uomini: "Non è detto che le donne che raggiungono altri livelli di carriera debbano utilizzare modelli maschili nella gestione di questi ruoli, ma sono anche convinta che ciascuna di noi, se preparata, può farlo in una maniera molto buona e collaborando con i colleghi maschi".

Antonella Stirati, professoressa ordinaria di Economia politica all'Università Roma Tre, parla all'Adnkronos di "dato positivo: quando non ci sono discriminazioni e pregiudizi, i talenti naturalmente presenti nella società possono emergere al meglio", dice. "Si tratta di un segnale positivo - continua la professoressa - perché mostra come il percorso delle donne verso il riconoscimento delle proprie capacità in tutti gli ambiti sta andando avanti, anche nelle posizioni apicali. Questo naturalmente è un bene - sottolinea Stirati - però non credo che la presenza femminile nell'economia, nel management così come anche in politica sia di per sé portatrice di cambiamento dei contenuti, però togliendo una barriera alla discriminazione - conclude - si possono far valere meglio le competenze esistenti".

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Finanza

UniCredit sottoscrive strumento su azioni Commerzbank,...

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Presentata istanza regolamentare per l'acquisizione di una partecipazione superiore al 10% e fino al 29,9% in Commerzbank

Unicredit e Commerzbank (Fotogramma)

UniCredit ha presentato istanza regolamentare per l’acquisizione di una partecipazione superiore al 10% e fino al 29,9% in Commerzbank. Nel frattempo, UniCredit ha sottoscritto in data odierna strumenti finanziari aventi ad oggetto una partecipazione pari a circa l’11,5% del capitale sociale di Commerzbank. Lo annuncia lo stesso istituto in una nota.

''Il relativo regolamento in azioni (physical settlement) - si sottolinea in una nota - può avvenire solo subordinatamente all’ottenimento delle relative autorizzazioni. La posizione complessiva di UniCredit, unitamente alla partecipazione del 9% circa comunicata in precedenza, pertanto ha raggiunto circa il 21%. La maggior parte dell’esposizione economica di UniCredit è oggetto di copertura, al fine di assicurare piena flessibilità di rimanere a questo livello, cedere la partecipazione, con una copertura in caso di ribassi, o incrementarla ulteriormente, in funzione dell’esito delle interlocuzioni con Commerzbank, i suoi consigli di gestione e di sorveglianza e, più in generale, tutti i suoi stakeholder in Germania''.

UniCredit ritiene che ''ci sia un significativo potenziale di creazione di valore che possa essere estratto in Commerzbank, sia in uno scenario standalone che in UniCredit, a beneficio dell’intera Germania e di tutti i suoi stakeholders. Ciononostante, come avvenuto per UniCredit stessa, lo sviluppo di tale potenziale richiede l’adozione di azioni concrete. In linea con quanto evidenziato nel recente rapporto della Commissione Europea, UniCredit condivide la convinzione che una forte unione bancaria in Europa possa svolgere un ruolo cruciale per il successo economico dell’intero continente e, attraverso quest’ultimo, di ciascun paese''.

Inoltre, la crescita e la competitività del sistema bancario tedesco ''sono fondamentali sia per l’economia tedesca che per l’Europa nel suo complesso. In ciascuno dei 12 mercati in cui è presente in Europa, UniCredit ha dimostrato di essere un operatore di mercato responsabile, impegnato e serio. Con riferimento in particolare alla Germania, il Gruppo è presente nel paese da quasi 20 anni, fornendo supporto ai propri dipendenti e servendo i propri clienti con una gamma di prodotti completa e competitiva. Sebbene questa transazione e le sue possibili evoluzioni richiedano un'attenta valutazione, l'attenzione principale del management team di UniCredit rimane costantemente rivolta all’esecuzione di UniCredit Unlocked e agli obiettivi di una crescita sostenibile e redditizia e di distribuzioni agli azionisti. È da questo che UniCredit continua a credere di poter estrarre il massimo valore per tutti i suoi stakeholder''.

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Finanza

Unicredit: Messori, ‘con Commerzbank può nascere...

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Unicredit: Messori, 'con Commerzbank può nascere colosso bancario tra primi cinque Ue'

Unicredit tenta la scalata a Commerzbank, ma in Germania si alzano le barricate: i sindacati temono per i posti di lavoro, i politici difendono l’identità nazionale della banca, e i gruppi bancari tedeschi mostrano reticenze. Tra i piccoli e medi imprenditori emerge qualche segnale di apertura, con l’idea che una fusione possa agevolare l’economia reale. Sullo sfondo si profila Deutsche Bank, che potrebbe muoversi in ottica di strategia difensiva, pur essendo ancora gravata da problemi interni. A segnalare all’Adnkronos queste dinamiche è Marcello Messori, ex presidente delle Ferrovie dello Stato ed economista dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze: "Superare le barriere nazionali nel mercato bancario è essenziale per il progresso dell'Unione europea". Se l’operazione di Unicredit andasse a buon fine, nascerebbe un colosso bancario europeo "tra i primi cinque-sei del continente per dimensione dell'attivo - spiega il professore - in grado di oltrepassare definitivamente i vecchi confini nazionali. Sarebbe perfettamente in linea con la strada indicata anche da Draghi, e sebbene i timori sindacali per eventuali riduzioni di personale siano legittimi, opporsi alla fusione in nome della 'germanicità' di una banca è inaccettabile".

La strada è complessa ma l'operazione non è priva di sostegno: "Ci sono stati dei segnali da parte di istituzioni europee importanti - dice - la Banca Centrale europea e la stessa Banca Centrale tedesca si sono espresse favorevolmente: ovviamente non rispetto a quest'operazione nello specifico, ma rispetto ad aggregazioni transfrontaliere". Quali i prossimi passi di Unicredit? "L'amministratore delegato, Andrea Orcel, ha sottolineato in alcune occasioni che la prima mossa a questo punto non spetta a Unicredit, ma agli azionisti e, diciamo così, agli stakeholder di Commerzbank". Approccio amichevole nella scalata, ha ribadito Orcel: "Anche perché - spiega Messori - ci sono dei passaggi istituzionali comunque complicati: Unicredit attualmente ha raggiunto ufficialmente il 9% di quota proprietaria, per superare la barriera del 10% deve fare una comunicazione alla banca centrale europea e questo lo dovrà fare per i multipli del 10% fino a che poi, secondo la legge tedesca, superata la soglia del 30% dovrebbe lanciare un'offerta pubblica di acquisto. Prima di arrivare a questo punto - spiega ancora l'economista - è evidente che Unicredit voglia attendere le reazioni effettive da parte degli azionisti e degli stakeholder di Commerzbank".

I sindacati sono sul piede di guerra: "È comprensibile - continua l'economista - che vogliano vederci chiaro sull'operazione. Un'acquisizione di questa portata solleva questioni delicate. Unicredit ha già una presenza significativa sul mercato tedesco, e una fusione di tale entità comporterebbe inevitabilmente riorganizzazioni e possibili impatti occupazionali. Le preoccupazioni per i posti di lavoro sono, dunque, più che legittime". Gli imprenditori tedeschi, però, sembrano aprire: "C’è un forte interesse, da parte del settore economico reale tedesco, nel garantire che le proprie banche siano efficienti - dice Messori - non possiamo dimenticare che Commerzbank ha attraversato momenti estremamente difficili durante le crisi finanziarie, al punto che lo Stato tedesco è dovuto intervenire come azionista di maggioranza relativa. Da subito, però, il governo aveva chiarito che la sua partecipazione sarebbe stata temporanea, e infatti ha mantenuto l’impegno mettendo in vendita una quota significativa, circa un quarto, della sua partecipazione. Quota che è stata poi acquisita da Unicredit". Questo, continua, fa parte di un più ampio processo di rafforzamento e riorganizzazione di Commerzbank, che non può che portare benefici all’economia reale e al tessuto imprenditoriale tedesco. "Non sorprende quindi che molti imprenditori vedano di buon occhio l’operazione". Chi si oppone allora? "Un intreccio complesso - dice Messori - che vede, da un lato, politici che difendono l’identità nazionale delle banche, dall’altro gruppi bancari, preoccupati che l’operazione possa abbattere le storiche barriere del mercato. Il settore bancario tedesco, non dimentichiamolo, gode di protezioni molto forti rispetto alla concorrenza".

Ci si chiede se Deutsche Bank abbia le munizioni per opporsi a questa operazione: "Innanzitutto - dice l'economista - bisogna verificare che ci sia un effettivo interesse di Deutsche Bank. Qualora ci fosse - continua- mi sembra che la logica non sarebbe tanto di razionalizzazione del settore bancario tedesco, ma piuttosto una logica difensiva posta in essere per evitare l'apertura al mercato. Deutsche Bank, spiega il professore, è in una fase di riorganizzazione che dura da molti anni, ha compiuto passi avanti in termini di superamento delle inefficienze, però ha ancora vulnerabilità. "Quella banca - dice - ha avuto problemi molto gravi anche di capitalizzazione, quindi va verificato con attenzione se abbia le risorse compatibili con la sua riorganizzazione per un'operazione così impegnativa".

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