Il bikini compie 78 anni, storia e origini di un’icona – Foto
Ecco come è evoluto e come si è trasformato questo capo di abbigliamento
Il bikini compie 78 anni. L’iconico costume da bagno, oggi tra i più indossati al mondo, ha una storia e origini lontane e nel corso degli anni ha assunto significati via via sempre diversi. Dalla voglia di emancipazione delle donne, sempre “costrette” a coprirsi per il buon costume, fino alla denominazione che richiama un ordigno esploso sulle isole Marshall durante la Seconda guerra mondiale: ecco come è evoluto e come si è trasformato questo capo di abbigliamento.
Buon compleanno bikini, 78 anni del costume icona amato dalle vip (Fotogallery)
Louis Reard e Jacob Heim sono i due stilisti francesi ai quali si attribuisce la paternità del bikini. Decisero di chiamare questo capo di abbigliamento che gettarono in passerella, come gli ordigni nucleari che fecero esplodere l’atollo ‘Bikini’ nel Pacifico. Un corpo seminudo, rispetto agli standard precedenti, creò non poco scalpore e a indossarlo fu una spogliarellista del Casinò di Parigi, perché nessuna modella volle assecondare la follia degli stilisti.
Da quel momento in poi, però, le donne non l’hanno voluto più togliere e, tra sfilate di moda e attrici al cinema, questo indumento è diventato una vera e propria icona di stile al mare.
Il bikini, però, non nasce negli anni Quaranta, ma ha origini ben più antiche. Già presente nei mosaici del III secolo dopo Cristo, l’usanza di indossare un “due pezzi” serviva alle atlete per coprire le zone intime durante le competizioni agonistiche. Prima di vederlo sulle spiagge mondiali sono trascorsi secoli e sono stati abbattuti divieti e pregiudizi. Prima fu proibito in Spagna, Portogallo e in Italia. Poi il Vaticano lo descrisse come un indumento “peccaminoso” e solo quando le dive degli anni Cinquanta lo indossarono nelle pellicole cinematografiche, fu “liberalizzato”.
Giornata mondiale del bikini. "Zero tabù per chi ha subito un intervento al seno"
Lucia Bosè, nel 1947, lo indossò durante Miss Italia al posto del costume intero, facendolo divenire l’indumento prediletto dal concorso di bellezza. Così come, Brigitte Bardot, in “E Dio creò la donna” (1957) lo indossò con nonchalance. E poi Ursula Andress, uscì dall’acqua in bikini in “Agente 007. Licenza di uccidere” consacrandolo come l’indumento da spiaggia perfetto. Nel corso degli anni, però, dopo questa prima emancipazione femminile, il bikini è diventata l’ossessione delle donne alle porte dell’estate e della prova costume, tanto da ribattezzare quest’ansia “Bikini blues”.
Dimagrire per entrare nel bikini, senza pancia o cellulite, ha preso il posto della forza e del potere seduttivo che questo capo di abbigliamento ha rappresentato per oltre un secolo. Bikini blues è il termine coniato per indicare proprio la paura di non essere pronti alla prova costume e dover rimandare all’estate successiva l’indossare l’indumento, prediligendo costumi interi o stoffe coprenti.
Secondo uno studio di MioDottore, il Bikini Blues colpisce il 45% degli italiani, di cui il 60% interessa le persone di sesso femminile, sottoposte maggiormente a giudizio per canoni estetici che non sempre rispecchiano il rapporto tra estetica e salute. Percentuali che non stupiscono se si considera che per l’89% degli italiani l’aspetto esteriore rappresenta un aspetto importante e che meno della metà apprezza i suoi connotati fisici.
La piattaforma di psicologi e psicoterapeuti online, invece, ha sottolineato che negli anni si è andata creando una “Sindrome da Bikini”. Quest’ultima riflette una “condizione psicologica diffusa caratterizzata da una forte ansia per l’apparenza fisica, specialmente in contesti in cui il corpo è esposto, come in spiaggia o in piscina. Gli effetti psicologici possono essere significativi: aumentano l’insicurezza e l’autocritica, alimentando un ciclo di stress e insoddisfazione legata al proprio corpo. Questo può manifestarsi in diversi problemi di salute mentale, tra cui disturbi alimentari, depressione, ansia sociale”.
Il consiglio? Ignorare le critiche, accettare i propri difetti estetici in quanto peculiari e personali e non cedere alla retorica del “se vuoi dimagrire basta volerlo sul serio”. Ogni corpo riflette spesso lo stato della propria mente ed è sufficiente prendersi cura di entrambi attraverso una corretta alimentazione, sport e ricercare ciò che vada meglio per il proprio benessere mentale. In caso di difficoltà, rivolgersi a esperti nei vari settori è la cosa più utile.
Cronaca
7 ottobre, l’iniziativa: orsi di peluche per chiedere...
Post Content
Cronaca
Orsi di peluche per il rilascio degli ostaggi rapiti da...
Posizionati in punti chiave della Capitale, gli orsi indossano una maglietta con nome e foto di un ostaggio rapito il 7 ottobre 2023 per invitare i passanti a una riflessione. L'appello dei giovani organizzatori
Orsi di peluche in zone chiave di Roma per chiedere ancora una volta il rilascio degli ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023. A distanza di un anno dal massacro e alla vigilia del tragico anniversario, la Rete degli Studenti Ebrei Romani ha organizzato stamane l'iniziativa simbolica per ricordare i 251 rapiti, metà dei quali ancora prigionieri a Gaza.
"Noi, un gruppo di studenti ebrei di Roma, abbiamo dato voce a chi non ce l’ha, con un’iniziativa simbolica. Il 6 ottobre - recita il comunicato -, abbiamo posizionato giganteschi orsi di peluche sulle panchine in punti chiave di Roma: Piazza del Popolo, il Pincio, il Colosseo, l’Arco di Tito e altre aree simboliche della città (FOTOGALLERY). Ciascuno aveva indosso una maglietta con la foto e il nome di un ostaggio, per invitare i passanti ad un’amara riflessione. Gli orsi di peluche rappresentano l’umanità e la fragilità di coloro che attendono ancora di essere liberati e rendere chiaro che l’anniversario del 7 ottobre non debba essere solo una data, ma un richiamo collettivo all'azione".
"Non dobbiamo permettere che gli ostaggi siano dimenticati - continuano gli studenti - mentre l’attesa del ritorno si fa sempre più dolorosa ogni giorno che passa, soprattutto per la sorte degli ostaggi più piccoli, come i fratelli Ariel di 4 anni e Kfir di 7 mesi, che ha vissuto più tempo in mano ai terroristi che a casa propria. Non è solo un gesto commemorativo, ma un atto di protesta pacifica, in totale contrapposizione con le proteste violente anti occidentali di questi giorni, che rivelano il volto di chi sostiene il cessate il fuoco senza condanne al pogrom del 7 ottobre e una parola per la liberazione degli ostaggi. Il rapimento di un numero così grande di cittadini inermi - si legge ancora - è un inedito nella storia e una tragedia umana passata inspiegabilmente in secondo piano, ma che continua a pesare sulle famiglie e sulla comunità internazionale. Il dovere di ricordare non è solo una prerogativa dei parenti delle vittime o degli ebrei, ma dovrebbe essere un dovere morale per ogni cittadino libero che respinge la barbarie e il fondamentalismo religioso e fanatico ma soprattutto il silenzio che è calato intorno alle piccole vittime scientificamente selezionate dai terroristi di Hamas per tenere in ostaggio non solo loro, ma l’intero mondo civile".
Quindi l'appello: "Noi giovani studenti organizzatori di questa iniziativa invitiamo a riflettere e a unirsi - affinché nessuno sia dimenticato - e a sollevarsi contro la strumentalizzazione dei luoghi di istruzione per fini politici, assumendosi le proprie responsabilità di fronte al silenzio sulle vittime e i rapiti, respingendo ogni forma di attivismo violento nelle scuole e la connivenza intellettuale di certi 'cattivi maestri'. Più in generale, chiediamo un sollevamento contro le proteste violente, l’oscurantismo, la difesa di regimi illiberali che ledono i diritti e la dignità umana, il fondamentalismo religioso e le infiltrazioni di matrice terroristica. Il mondo ci guarda, e le famiglie degli ostaggi, per le quali ogni giorno è una battaglia contro il tempo e l'indifferenza, meritano il nostro sostegno e la nostra attenzione", le parole nell'appello degli studenti ebrei di Roma.
Cronaca
Sammy Basso, il ricordo di Jovanotti: “Humour...
"Davvero difficile incontrare qualcuno di più vivo di lui quando era in giro. Quando veniva ai miei concerti era una festa", afferma in un post su Facebook il cantante
"Ho appena saputo che é morto Sammy Basso. Che immenso dispiacere. La notizia che Sammy se n’é andato, nonostante la sua malattia fosse una minaccia costante, riesce ad essere sorprendente per chi lo conosceva, perché era davvero difficile incontrare qualcuno di più vivo di lui quando era in giro. Quando veniva ai miei concerti era una festa. La sua intelligenza, la sua passione, la cultura e la capacità di armonizzare conoscenza scientifiche ad una fede incrollabile, il suo humor formidabile e la sua mente colorata, mi vengono in mente adesso". Lo afferma in un post su Fb Lorenzo Jovanotti, ricordando il 28enne affetto dalla progeria scomparso ieri, e postando una loro foto, abbracciati di spalle, a un suo concerto.
"Con lui e con il suo amico di una vita Fontana ci eravamo sentiti giorni fa per darci un appuntamento quando sarei passato dal nord-est e stamattina immagino Sammy che dice 'sarà per un’altra volta ragazzi…' - continua Jovanotti - Ciao piccolo grande Sammy, mi ricordo quando ti presi in braccio di fronte alla spiaggia piena di tutta quella gente e fu come se sul palco con me fosse apparso Elvis Presley, tutti quei sorrisi oggi ti accompagnano. Un abbraccio ai suoi familiari e ai suoi amici che in questi anni sono stati la sua forza e lui la loro".