Minori: 84% adolescenti si fida dei medici, crolla la fiducia in altre figure
Camici bianchi in cima alla classifica delle figure di riferimento per gli adolescenti. Se rispetto al 2014 crolla la fiducia nei principali interlocutori della società, la percentuale di teenager che si fida dei medici è passata dal 59% (dato rilevato nel 2014) all'84% di oggi. Resta ancora di poco sopra il 50% la fiducia nelle forze dell'ordine, ma si abbassa di oltre 10 punti dal 2014 (53% contro 64%), mentre sono in controtendenza i magistrati nei quali la fiducia, rispetto al 2014, è salita in modo significativo (50,6%, contro il 28,4% di 10 anni fa). Lo indica l'indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, edizione 2024, realizzata annualmente da 'Laboratorio adolescenza' e Istituto di ricerca Iard con il supporto operativo di Mediatyche Srl, su un campione nazionale rappresentativo di 3.427 studenti tra i 13 e i 19 anni.
Nella parte bassa del 'tabellone', dove prevale la sfiducia, troviamo gli insegnanti (crollati, in 10 anni, dal 70% al 48%) e i sacerdoti (scesi anche loro dal 52% al 29%). Con un tasso di fiducia ancora più basso troviamo i giornalisti (25%), che però risultano in crescita rispetto al 2014 quando a fidarsi di loro era appena il 10%. Mentre oggi al 10% ci sono gli influencer (non erano presenti nella rilevazione del 2014). Velo pietoso sulla fiducia riposta nella classe politica: era al 3,3% nel 2014 ed è riuscita a scendere ulteriormente al 2,9%. Unici 'soggetti' di cui gli adolescenti si fidano in pieno sono i genitori (si fida di loro il 90%) e gli amici (86%). E sono proprio gli amici - confrontando le risposte alla stessa domanda posta 10 anni fa - a guadagnare fiducia (87% contro 63%), mentre i genitori, seppur di poco, sono in calo (90% contro 93%).
"Fidarsi, e quindi sentirsi al sicuro solo nel mondo circoscritto a familiari e amici - afferma Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio adolescenza – è inequivocabilmente un segno di disagio ad affrontare il mondo esterno. Ma ritirarsi nel guscio come le tartarughe quando hanno paura o, per dirla con un termine che oggi va di moda, chiudersi nella propria 'comfort zone' a 16 anni, quando il desiderio dovrebbe essere quello di esplorare, e possibilmente conquistare il mondo, è una sorta di preoccupante contraddizione in termini sulla quale dovremmo riflettere. Anche perché, oltre determinate soglie, la famiglia rischia di diventare familismo e l'amicizia 'clan', se non addirittura 'gang'".
Salute e Benessere
Medici famiglia: “richieste vaccino antinfluenzale...
In Lombardia oltre 1,3 mln vaccinati (+126mila rispetto allo scorso anno), nel Lazio 713mila contro quasi 624mila
Sono in crescita le richieste di vaccinazione antinfluenzale, un aumento "che, almeno per la parte che riguarda i medici di famiglia, stimiamo anche del 25% in alcune aree e in alcune fasce d'età", spiega all'Adnkronos Salute Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), sottolineando però il rischio di una distribuzione non sempre "in linea con le capacità di somministrazione dei medici di famiglia, che sono più elevate rispetto alle dosi distribuite. E c'è anche il problema di una programmazione delle consegne, legata alle gare su base regionale, che potrebbero creare qualche problema di approvvigionamento temporaneo, come già accaduto in alcune aree".
I dati di due grandi Regioni confermano adesioni in aumento. I cittadini vaccinati - dai loro medici di famigla, dai pediatri, dai servizi aziendali e farmacie - sono stati, ad oggi, 1.328.108 in Lombardia, cioè +126.645 rispetto allo scorso anno, e 713.049 nel Lazio contro le 623.960 dello scorso anno (+89.089). "E' indubbio - continua Scotti - che la richiesta di vaccinazione da parte dei pazienti sia aumentata per l'antinfluenzale mentre c'è più resistenza a vaccinarsi contro il Covid". Per esempio, contro Sars-Cov-2 in Lombardia sono stati appena 191.866 (ad oggi) i vaccinati nei diversi punti di riferimento vaccinali, e nel Lazio appena 28.535.
I problemi di carenza per l'antinfluenzale di cui si è parlato per alcune regioni, spiega Scotti, "sono legate al tipo di gare e di consegne pattuite. In generale le Regioni hanno strutturato piattaforme in cui oggi sono registrati i dati, lotto per lotto, dei vaccini. C'è più sicurezza e controllo amministrativo e ci sono Regioni che potrebbero aver fatto degli accordi di gara con consegne frazionate. Ma se aumentano le richieste dei cittadini, magari sulla spinta delle informazioni su un virus stagionale più aggressivo, il rischio è che il frazionamento delle consegne lasci dei buchi temporali", spiega Scotti che sottolinea anche la necessità di un maggior coordinamento tra i soggetti vaccinatori. "Se un mio paziente si vaccina in farmacia, per esempio, avere informazioni per tempo è importante. Non è raro che si tratti di pazienti che devono sottoporsi anche ad altre vaccinazioni, ma è un'informazione che la farmacia non ha".
L'appello dei medici di famiglia, dunque, è a un maggiore coordinamento 'digitale' anche a livello periferico dei diversi punti di vaccinazione "per ottimizzare le energie". Ma per Scotti "la medicina generale, sul fronte della vaccinazione, dovrebbe essere utilizzata meglio. Oggi subisce un contingentamento dei vaccini che non ne sfrutta le potenzialità. Ci sono Regioni che distribuiscono le dosi più ai farmacisti che ai medici e colleghi che fanno fatica ad avere dosi in più per i propri assistiti".
In ogni caso Scotti invita a vaccinarsi o, comunque a prenotare il vaccino in modo da essere immunizzati nelle fasi più intense della stagione dell'influenza. Oggi "a chiedere di essere vaccinati sono "soprattutto pazienti con più di 65 anni, con patologie croniche" ma, anche se in misura assai minore, "registriamo una crescita anche nelle richieste dei più giovani che temono di essere bloccati dell'influenza".
Salute e Benessere
Ricerca, come Ia e medicina precisione trasformano la...
Esperti riuniti a Palazzo Rospigliosi su focus promosso da Sanofi su innovazione, programmazione e sostenibilità della salute
La rapida evoluzione delle tecnologie digitali e della medicina di precisione, amplificata dall'uso dell'intelligenza artificiale (Ia), sta aprendo nuovi orizzonti per il settore sanitario. Questi avanzamenti promettono di elaborare strategie di stratificazione dei pazienti, identificare bersagli terapeutici specifici e descrivere le malattie a livello molecolare, riducendo radicalmente il tempo di sviluppo dei trattamenti e migliorando la sicurezza e l'efficacia delle terapie, così da elevare la qualità e le aspettative di vita di milioni di persone. In un contesto in cui l’Italia punta a rafforzare il proprio ruolo come leader nella sanità, diventa cruciale coniugare innovazione, programmazione e governance. Questa sinergia potrà facilitare l’accesso alle nuove tecnologie e alle terapie più avanzate, rendendo il Ssn capace di affrontare e vincere le sfide sanitarie di oggi e di domani.
Da questo obiettivo nasce il confronto proposto da Sanofi in occasione dell’Health Innovation Show organizzato promosso da Mesit – Fondazione Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica, a Roma presso il Centro congressi di Palazzo Rospigliosi – ieri e oggi - dal titolo “Innovazione, IA e prevenzione. Immunoscience, l’ambizione di Sanofi” che ha visto la partecipazione di membri di Sanofi insieme a diversi rappresentanti della comunità scientifica e istituzionale per parlare di come fare sistema con tutti gli attori chiave e focalizzarsi su strategie collaborative, dove innovazione e sostenibilità camminino insieme, garantendo una sanità moderna, accessibile e orientata al futuro.
Attraverso l’incontro e due tavole rotonde dedicate, Sanofi – riporta una nota - ha ribadito il suo impegno nel trasformare il panorama della salute globale, attraversando un momento straordinario nella sua storia di innovazione. Grazie a un flusso scientifico senza precedenti e a una pipeline di ricerca e sviluppo che negli ultimi anni ha quadruplicato il suo valore, Sanofi oggi si posiziona come leader nella medicina di precisione. La pipeline di R&S include 78 progetti in fase clinica, con 32 terapie trasformative in fase avanzata o in attesa di approvazione da parte delle autorità regolatorie. Questo sforzo è diretto a combattere malattie debilitanti come l’Rsv, la Bpco e la sclerosi multipla, puntando soprattutto sull’immunoscience, che rappresenta il pilastro della visione di Sanofi verso l’eccellenza nell’immunologia.
Hanno partecipato all’evento, Mariangela Amoroso, Country Medical Lead & Medical Head Specialty Care, Sanofi, Emanuele de Rinaldis, Vice President, Global Head of Precision Medicine & Computational Biology, Sanofi. Alla tavola rotonda “Fare Sistema: il contributo dell'Ia nella ricerca per affrontare le sfide future della salute” presenti Eugenio Di Brino, Altems, Diana Ferro, Direttivo Siiam, Francesco Dotta, Università Siena, Antonio Maria Tambato, Direzione Innovazione e transizione digitale di Agid (Agenzia per l’Italia Digitale, PCdM), Walter Ricciardi, Mission Board for Cancer, Commissione Europea, Alice Borghini, Agenas e Stefano da Empoli, I-Com.
Per Ricciardi la "sanità italiana", e in generale la "sanità europea" sull’Ia sono in "grandissimo ritardo – spiega - perché di fatto l'intelligenza artificiale si basa su dati e in Italia e in Europa sui dati c’è una protezione estrema che in altri Paesi non c'è, ed è per questo che stanno andando a velocità elevatissima. Il rischio che corriamo, e che abbiamo già visto con Google, Facebook, Microsoft e Apple, è quello di creare grandi colossi extraeuropei che gestiranno l'Ia in sanità. Sta già succedendo e noi ci dovremmo dare una svegliata".
"Per il benessere dell'umanità bisogna fare rete tra ospedale, azienda, sociale e privato - sottolinea Ferro -. L’Ia non arriva a letto del paziente se ci mettiamo troppo tempo a formalizzare i processi. Il comitato etico impiega in media un anno e mezzo per approvare il protocollo clinico, nel frattempo quella tecnologia sarà già vecchia. Quindi se io posso usare l’Ia per portare a letto del paziente una terapia che mi migliora la condizione domani, non devo aspettare 20 anni".
Nella Tavola rotonda "Coniugare Innovazione, prevenzione e programmazione per favorire l’accesso delle nuove tecnologie e terapie" hanno partecipato Francesca Lecci, Università Bocconi, Raffaella Buzzetti, Università Sapienza Roma, Walter Canonica, Università Humanitas, Alessandro Crevani, GM General Medicine, Sanofi Italia, Mario Merlo, GM Vaccini, Sanofi Italia, Salvatore Iasevoli, Delegato Presidenza Fimp, Michele Tonon, coordinamento Tavolo prevenzione Conferenza delle Regioni, Francesco Saverio Mennini, Direttore Dipartimento Programmazione Ministero Salute e Fulvia Filippini, Public Affairs Country Head, Sanofi.
"La prevenzione è per definizione programmabile – sottolinea Lecci - se diventa urgente è perché non l'abbiamo programmata. Quindi poter avere a disposizione delle informazioni, dei dati ci aiuta a spostare la prevenzione dal concetto di urgenza - come gestita in questo momento - al concetto di rilevanza".
"Come società scientifiche tutti i giorni lavoriamo per prevenire le complicanze del diabete, utilizzando farmaci innovativi che danno una protezione cardiorenale – sostiene Raffaella Buzzetti neo-presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) - Obiettivo primario è prevenire la malattia altrimenti destinata ad aumentare in maniera esponenziale, si stima che entro il 2030 possa interessare 100 milioni in più rispetto agli attuali 540 milioni nel mondo. Per questo è necessario fare sistema con la sanità pubblica e le Istituzioni”. Per quanto riguarda la prevenzione del diabete "siamo molto avanti tanto che nel settembre 2023 L’Italia – primo Paese al mondo – ha approvato la legge 130 che introduce lo screening per individuare il rischio di diabete 1 in età pediatrica, nella fascia 1-17 anni. Obiettivo principale è la prevenzione della chetoacidosi nei bambini e speriamo che anche in Italia presto possano essere utilizzati farmaci in grado di posticipare l’insorgenza della malattia" conclude.
Salute e Benessere
Sanità, Zega (Fnopi): “Se involviamo non...
‘Decidere se pensare al Ssn come spesa o come investimento’
Si tratta di capire se “vogliamo continuare a vedere il sistema sanitario come una spesa o decidiamo di vederla come un investimento, perché la prospettiva cambia notevolmente. Il sistema sanitario pubblico nasce in paesi liberali per la ricerca di salute pubblica sociale necessario alla produzione. Se involviamo dal punto di vista sanitario, non raggiungeremo la produzione”. Lo ha detto Maurizio Zega, Consigliere Fnopi, Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche, partecipando oggi, alla Camera, al convegno ‘Il valore sociale del pubblico impiego nel Ssn’, organizzato da Aaroi-Emac, il sindacato dei Medici anestesisti rianimatori e dell’emergenza-urgenza.
“Ci sono circa 380mila gli infermieri tra pubblico e privato e circa 40-45 mila nel settore libero professionale e il resto sono pensionati - illustra Zega - La sostenibilità del sistema sanitario, e di un sistema pubblico, passa anche per la professione infermieristica, soprattutto per la professione infermieristica, tenuto conto di quello che è successo pochi anni fa con il Covid dove è stato inequivocabile il ruolo svolto dagli infermieri non soltanto nelle strutture ospedaliere, ma soprattutto nel territorio. La Ragioneria Generale dello Stato ha dichiarato al 31dicembre 2023 che il numero di infermieri mancanti erano 65 mila e l'Inps ci ha informato che entro il 2033, quindi poco più di 9 anni, andranno in pensione 100 mila infermieri. La situazione tra ingressi ed uscite è a un delta negativo e ogni anno si aggira intorno ai 2-3 mila soggetti all'anno. Non riusciremo mai a coprire il gap”. Per questo è fondamentale non involvere.