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Farmaceutica, innovazione e collaborazioni strategiche: la ricetta di J&J per la medicina del futuro

Entro il 2030 il portfolio dell'azienda multinazionale si arricchirà di oltre 20 nuove terapie e 50 indicazioni terapeutiche per quelle già disponibili

Farmaceutica, innovazione e collaborazioni strategiche: la ricetta di J&J per la medicina del futuro

Oltre 20 nuove terapie e 50 indicazioni terapeutiche per i farmaci già approvati: questo il futuro di Johnson & Johnson da qui al 2030. "Da 138 anni, la missione di Johnson & Johnson è quella di trasformare la vita di milioni di persone, aprendo la strada alla medicina del futuro, attraverso la ricerca e lo sviluppo di terapie innovative che possano rispondere concretamente ad alcune delle malattie più devastanti al mondo", afferma Alessandra Baldini, direttrice medica Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia. La forte vocazione dell'azienda per l'innovazione è dimostrata anche dalle 6 nuove designazioni Fast track e di Breakthrough Therapy ricevute dal 2021 a oggi - riporta una nota - e dall'oltre 60% di programmi di sviluppo dedicati a farmaci primi della loro classe per meccanismo d'azione o via di somministrazione.

"L'innovazione non è solo nelle terapie che noi di Johnson & Johnson sviluppiamo e mettiamo a disposizione di clinici e pazienti - sottolinea Baldini - ma anche nel nostro approccio che consiste nell'affiancare alla ricerca interna acquisizioni e collaborazioni strategiche in aree terapeutiche di nostro interesse. Ad oggi, con un ruolo sempre più importante della medicina di precisione, quale strumento per rispondere al meglio ai bisogni di cura dei pazienti, stiamo cambiando il paradigma dello sviluppo delle soluzioni terapeutiche, passando da un focus sulla malattia a quello su un determinato meccanismo d'azione in tutti gli ambiti clinici in cui risulta rilevante".

L'impegno di Johnson & Johnson nella ricerca clinica è stato al centro della terza giornata della Johnson & Johnson Week 'Insieme verso la medicina del futuro', la settimana di eventi e incontri con clinici, associazioni pazienti, istituzioni, università e centri di ricerca pensata per immaginare le prossime evoluzioni della sanità italiana.

Nel 2023 - si legge nella nota - Johnson & Johnson ha investito solo in Italia oltre 25 milioni di euro, di cui oltre il 40% (circa 10 milioni) nell'area della ricerca e sviluppo. Nello stesso anno l'azienda ha avuto all'attivo 114 studi clinici, di cui il 70% in fase 3 e 4, coinvolgendo quasi 1.000 centri in 19 regioni italiane e oltre 5mila pazienti con malattie che rientrano nelle aree terapeutiche dell'oncologia, immunologia, neuroscienze e altri ambiti quali malattie cardiovascolari e infettive. "Investire e promuovere la ricerca clinica - evidenzia Baldini - significa dare concretamente ai pazienti la possibilità di avere accesso a terapie innovative spesso con anni di anticipo rispetto alla loro effettiva disponibilità sul mercato, con un possibile un miglioramento precoce della loro condizione clinica e della qualità di vita, non solo loro, ma anche delle loro famiglie. Per noi di Johnson & Johnson è fondamentale la qualità di vita dei pazienti, al punto da aver incluso questo parametro all'interno dei questionari di tutti i nostri studi clinici".

Tenere in considerazione le necessità dei pazienti è ritenuto sempre più la chiave per sviluppare e rendere disponibili terapie appropriate e adattate alle loro esigenze di cura. "Il coinvolgimento dei pazienti in tutte le fasi di sviluppo dei farmaci è una risorsa fondamentale per la ricerca clinica - sostiene Paola Kruger, Accademia del paziente esperto Eupati- Solo chi vive con una certa malattia può sapere cosa significhi affrontare la quotidianità con determinati sintomi e assumendo le terapie. Ascoltare la loro esperienza e i loro bisogni contribuisce alla scoperta, allo sviluppo e alla valutazione di nuovi farmaci davvero efficaci, perché permette alla comunità scientifica di conoscere i loro bisogni e le loro priorità. Nessuno meglio del paziente può riferire quale sia il peso di una terapia e il suo impatto in termini di qualità di vita, andando al di là di ciò che i ricercatori possono rilevare sull’efficacia del farmaco".

Rendere centrale il ruolo del paziente all'interno di uno studio clinico è uno strumento anche per favorirne la loro partecipazione. "Grazie alla trasformazione digitale nella ricerca clinica, è possibile venir incontro e favorire i pazienti nelle sperimentazioni - rimarca Lorenzo Cottini, consigliere e coordinatore gruppo di lavoro ricerche cliniche Afi - Associazione farmaceutici industria e Country Director Evidenze - Ad esempio, ci sono gli studi clinici decentralizzati che permettono di spostare le attività della ricerca verso il domicilio del paziente o in strutture più prossime, con una conseguente riduzione di tempi e costi, oltre che un miglioramento della qualità di vita e dell’esperienza del paziente".

"Ad oggi - aggiunge Cottini - ancora molto può essere fatto per una loro completa implementazione. Esistono limiti legati soprattutto alla necessità di aggiornare e modernizzare i quadri normativi, che non riguardano in realtà solo l’ambito dei trial clinici decentralizzati, ma in generale la ricerca clinica italiana. Seppur abbiamo assistito sicuramente a un miglioramento rispetto al passato, in Italia ci sono ancora ostacoli da abbattere. Per questo, potremmo prendere esempio da Paesi come la Spagna che hanno puntato molto sulla ricerca, intervenendo sia da un punto di vista di semplificazione normativa, sia a livello culturale".

In ambito oncologico, "la ricerca italiana è in una situazione discreta all'interno del panorama europeo per quanto riguarda la disponibilità di studi clinici in oncologia - osserva Silvia Novello, professore ordinario di oncologia medica presso il Dipartimento di Oncologia dell'Università di Torino, responsabile Divisione Oncologia medica all'Aou San Luigi Gonzaga di Orbassano e presidente di Walce - Women Against Lung Cancer in Europe - Il report di Luce del 2018 indicava infatti l'Italia fra i Paesi europei con il maggior numero di trial attivi per le targeted therapies, così come per l'immunoterapia, insieme a Francia, Regno Unito, Spagna e Germania. Ci sono sicuramente alcune barriere, tra cui pochi fondi, a cui spesso si può accedere con procedure complesse e timeline non ottimali; percorsi formativi articolati e non competitivi rispetto ad offerte lavorative alternative; normative non facilitanti".

"Proprio in questo contesto - aggiunge - si colloca la collaborazione fra centri di ricerca ed imprese che può rappresentare uno strumento per un miglioramento dello scenario della ricerca in Italia, ad esempio, grazie al supporto economico, alla condivisione di professionisti e di competenze, a disegni di progettualità comuni che impediscano ridondanze tra gli studi e ottimizzino tempi e risorse".

Sempre con l'obiettivo di promuovere l'innovazione, Johnson & Johnson affianca alla ricerca interna acquisizioni e collaborazioni strategiche con centri di ricerca e aziende impegnate in aree terapeutiche di interesse. Dal 2021 - ricorda la nota - l'azienda ha attivato oltre 80 partnership. Tra queste spicca quella con Humanitas del 2023, che porterà a realizzare diversi progetti, tra i quali l'impiego di occhi artificiali ottenuti con stampa in 3D da parte di Humanitas University, che potranno essere usati per scopi formativi dai medici per l'utilizzo di terapie geniche per trattare alcune malattie ereditarie alla retina.

"Con molto piacere abbiamo annunciato oggi il protocollo d'intesa tra Humanitas e Johnson & Johnson. Questa collaborazione permetterà di implementare e integrare le nostre competenze, rendendo possibile una velocizzazione dell’innovazione con ricadute importanti sulla didattica e sulla ricerca, che sono i pilastri dell'ospedale e dell'università Humanitas", conclude Maurizio Cecconi, direttore Scuola di specializzazione Anestesia, vicepresidente Medtec School, Humanitas University, vice direttore scientifico per la Ricerca clinica, capo del Dipartimento di Anestesia e Terapia intensiva, Irccs Istituto clinico Humanitas.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

Sla, esperti a Pollenzo esplorano sinergie tra scienza e...

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Università del gusto e Slow Food con Centri Nemo Aisla e SLAfood per nuova presa incarico nutrizionale

Sla, esperti a Pollenzo esplorano sinergie tra scienza e arte culinaria

Ha l'obiettivo di ridefinire il ruolo fondamentale di un intervento nutrizionale mirato nella presa in carico delle persone con sclerosi laterale amiotrofica (Sla), per agire concretamente sul decorso di malattia e migliorare la qualità di vita, la prima edizione del convegno 'Sla: metabolismo e nutrizione. Nuove frontiere nella presa in carico'. L'evento, in corso fino a domani all'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), è promosso dall'alleanza tra Centri clinici Nemo, Aisla - Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica e SLAfood, sotto l'egida di Slow Food.

In questi 2 giorni di formazione immersiva per operatori, studenti e caregiver - spiega una nota - i Centri clinici Nemo si confermano come punto di riferimento nella presa in carico della persona con Sla e nella conoscenza scientifica sulla patologia, grazie a una visione lungimirante e al modello di cura multidisciplinare. Approccio che viene messo a fattor comune per continuare a rispondere sempre di più e meglio ai bisogni complessi della malattia. Oltre 20 esperti, tra clinici, ricercatori, terapisti e psicologi, si confrontano sull'importanza della nutrizione nel percorso di malattia. "I nuovi obiettivi scientifici si rivolgono sempre più all'interazione tra metabolismo e nutrizione, sia per approfondire le cause della malattia, che per migliorare la pratica clinica - afferma Federica Cerri, neurologa, referente Area Sla del Centro Nemo di Milano e coordinatore scientifico del convegno - L'attenzione è verso gli standard di cura per la gestione della disfagia, i metodi di valutazione e di predizione dello stato nutrizionale, al fine di consentire lo sviluppo di piani nutrizionali 'cuciti' sulla storia di malattia di ogni persona".

Tema centrale del convegno, che rappresenta una delle sfide più importanti da affrontare nella presa in carico, è la disfagia, "un ostacolo molto importante per la nutrizione, ma anche per l'idratazione - illustra Giorgio Calabrese, noto nutrizionista ed esperto della Commissione medico-scientifica di Aisla - Per questo il lavoro multidisciplinare deve produrre ricette a consistenze modificate bilanciando tutti i nutrienti necessari al fabbisogno richiesto dalla malattia, senza però dimenticare l'importante funzione sociale e di appagamento emotivo e psicologico del cibo".

L'evento si colloca a poche settimane dalla ventesima edizione di 'Terra Madre, Salone del Gusto 2024', che ha visto il Piemonte fulcro dell'incontro tra eccellenze e culture del gusto. Sul territorio piemontese si stima che siano circa 450 le persone affette da Sla con problemi di disfagia. Diventano 65mila tenendo conto di altre patologie come Alzheimer, demenza, stroke, Parkinson e sclerosi multipla. Come osserva l'assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Federico Riboldi, "quando parliamo di nutrizione clinica per patologie invalidanti come la Sla, dobbiamo imparare a cambiare il paradigma, facendo riferimento ad un sistema di continuità assistenziale in cui condivisione, dialogo, multiprofessionalità e responsabilità diventino le parole chiave per l'ampliamento dell'accesso ai servizi al maggior numero di persone, ma al tempo stesso siano calibrati sul singolo soggetto. Lo spirito di queste giornate di Pollenzo e degli enti promotori recepisce in pieno questi valori".

Al centro dell'evento è quindi la persona con Sla e il suo desiderio di vivere appieno la vita. "La cucina è un atto di amore - dice lo chef Roberto Carcangiu, presidente di Apci chef, l'Associazione professionali dei cuochi italiani e presidente SLAfood - Quando la ricerca e il talento in cucina sono al servizio dell'altro, si esprime al meglio la nostra professionalità e la nostra passione. In questo percorso anche la ristorazione collettiva può e deve fare molto". Con lui sono presenti gli chef Cristian Benvenuto, Elio Sironi, Roberto Valbuzzi e Fabio Zanetello, chiamati da Rafanelli, presidente di SLAfood e consigliere nazionale Aisla.

Piemontese d'origine e brianzolo d'adozione, dopo la diagnosi di Sla, da paziente del Nemo di Milano, Rafanelli sceglie di mettere al servizio della comunità Sla le sue competenze nel mondo del food per sostenere i progetti di presa in carico nutrizionale. E' sua l'intuizione della realizzazione delle giornate di Pollenzo. "Provo sulla mia pelle cosa significa essere costretti a rinunciare ad un buon pasto mangiato insieme ai propri cari - racconta il presidente di SLAfood - per questo è fondamentale che si faccia gioco di squadra per preservare il desiderio di ciascuno di godere delle gioie quotidiane della vita. E' vero, la Sla è una 'ladra del gusto', ma non può privarci della bellezza e dell'emozione di vivere il presente. Insieme possiamo iniziare un nuovo racconto della malattia e queste giornate a Pollenzo ne sono un esempio concreto".

Il convegno è l'occasione per formare anche i futuri professionisti delle scienze gastronomiche a comprendere i bisogni della persona con Sla e della sua famiglia. "L'ateneo pollentino, nella sua visione olistica dello studio del cibo - dichiara Maria Giovanna Onorati, delegata del rettore e responsabile delle Politiche di antidiscriminazione, disabilità e inclusione sociale dell'ateneo - dedica grande attenzione alla relazione tra alimentazione e salute, sia nelle attività di ricerca nazionali e internazionali, che in quelle didattiche. A Pollenzo il cibo è studiato come motore di integrazione culturale e sociale, e viene concepito come fattore importante di inclusione anche in ordine a bisogni nutrizionali diversi delle persone. E' per noi importante, perciò, prendere parte ad una due giorni come questa, dove si mette in evidenza il diritto ad un cibo che dia gioia e piacere a tutti anche attraverso nuove pratiche di trasformazione degli alimenti e delle materie prime".

Mettere a fattore comune le reciproche esperienze e competenze è il messaggio potente che emerge dalle giornate di Pollenzo, con l'obiettivo di cambiare paradigmi culturali, di cura e assistenza. "L'evento di oggi ci dimostra come sia possibile tracciare nuove strade lavorando insieme. Pensiero, innovazione, scienza e formazione, infatti, sono strumenti fondamentali per affrontare la Sla - conclude Fulvia Massimelli, presidente nazionale Aisla - Questa è la forza che unisce Aisla e i Centri Nemo, nati dalla volontà di chi vive ogni giorno la malattia e che oggi rappresentano un modello concreto replicabile sui territori italiani". Il convegno è patrocinato da Simef, Fnomceo, Coop e Fno TsrmePstr, e gode del contributo non condizionante di Zambon e Nutrisens.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Salute e Benessere

Ricerca, Schifone (Fdi): “Avvicinare giovani a Stem,...

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Al 2° Forum Incyte sulla ricerca a Roma: "Con Settimana nazionale Stem accontiamo bellezza della scienza, c'è chi pensa che materie scientifiche siano appannaggio dei soli uomini"

Ricerca, Schifone (Fdi):

"Siamo di fronte ad una doppia transizione, digitale ed ecologica, e l'unico strumento che abbiamo per provare a gestire questo processo è puntare sulle competenze, molto richieste dal mercato, ma che troppo spesso non si incrociano per il 'mismatch', condizione di disequilibrio tra domanda e offerta. Molto incide nel mondo dell'implementazione di questi settori innovativi. E quindi parliamo di Stem proprio per questo. Materie tecnico-scientifiche che hanno sì una grandissima chance dal punto di vista occupazionale (e del reddito), ma sono poco note tra i giovani forse anche per un gap mediatico, un deficit comunicativo. Purtroppo, non viene raccontata la grande potenzialità che hanno queste materie anche, e soprattutto, in ambito lavorativo". Lo ha detto all'Adnkronos Salute Marta Schifone (Fdi), membro XII Commissione Affari sociali e capogruppo in Commissione Lavoro della Camera, promotrice della prima legge nazionale istitutiva della Settimana Stem, intervenuta alla seconda edizione del Forum Incyte sulla ricerca a Roma.

Per Schifone c'è poi "un tema nel tema", ovvero il 'gender gap'. "Le ragazze scelgono meno le materie scientifiche - spiega - per una questione di pregiudizio. Secondo uno stereotipo le Stem sono appannaggio del genere maschile piuttosto che di quello femminile. Tuttavia, riscontriamo che le donne, una volta scelte queste materie, riescono e arrivano anche a livelli apicali. Ci sono moltissime donne che hanno segnato la storia della scienza e queste devono essere un modello per le ragazze. Dobbiamo dire alle giovani donne che devono e possono scegliere le materie tecnico-scientifiche per fare carriera. Per questo motivo, ci siamo domandati che cosa potesse fare il decisore, il legislatore rispetto a questo tema". Il risultato è stato l'aver istituito per legge la 'Settimana nazionale delle materie Stem', la cui seconda edizione si terrà dal 4 all'11 febbraio prossimo.

"Siamo certi che otterrà un grande successo dal punto di vista della sensibilizzazione e della comunicazione, come riscontrato il primo anno. Con questa iniziativa, infatti, abbiamo intercettato trasversalmente tutti gli anelli della filiera: scuola, università, docenti, start-up, aziende fino ai luoghi di cultura, per permettere a quelli che noi chiamiamo gli agenti del cambiamento di andare a incidere, raccontare la bellezza e le potenzialità che ha la scienza", conclude Schifone.

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Salute e Benessere

Ricerca, Mastandrea (Incyte Italia): “Attrarre...

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Al 2° Forum Incyte sulla ricerca a Roma, 'per evitare la fuga dei giovani all'estero occorre dare loro prospettive di crescita'

Ricerca, Mastandrea (Incyte Italia):

"Oggi siamo qui al secondo Forum Incyte sulla ricerca per declinare il valore della ricerca in due direttrici: capacità di attrarre investimenti e capitali esteri in Italia per generare valore economico e dare un'opportunità ai pazienti che hanno bisogno di nuove soluzioni terapeutiche per aree nelle quali permangono bisogni insoddisfatti; formare, far crescere e mantenere in Italia il talento, la futura classe di scienziati, e quindi capire quale ruolo vuole giocare l'Italia per scongiurare fughe di giovani cervelli all'estero". Lo ha detto all'Adnkronos Salute Onofrio Mastandrea, Regional Vice President e General Manager Incyte Italia, in occasione della seconda edizione del Forum Incyte sulla ricerca a Roma.

"Il ruolo della ricerca come asset strategico è fondamentale per l'Italia, ma anche per l'Europa, così come il capitale umano", sottolinea Mastandrea. Tuttavia, occorre evitare che i giovani ricercatori lascino l'Italia per lavorare all'estero. "Come? Servono sicuramente i fondi, ma non solo - precisa Mastandrea - Possiamo riuscire a mantenere talenti solo se creiamo un ecosistema attrattivo per l'innovazione. Quindi è necessario creare un ambiente più accogliente e premiante per l'innovazione e che valorizzi anche il talento. Pertanto, non è solo una questione economica. Bisogna dare delle prospettive di crescita per i giovani che vadano nella direzione di premiare l'innovazione e il talento", conclude.

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