Elezioni Usa 2024, sondaggi: Biden e Trump pari ma 67% vuole ritiro presidente
Lo indica un sondaggio Abc News/Washington Post/Ipsos
Joe Biden e Donald Trump sono in parità nonostante il dibattito disastroso per il democratico, ma il 67% chiede che il presidente si ritiri dalla corsa alla Casa Bianca. Lo indica un sondaggio Abc News/Washington Post/Ipsos sulle elezioni Usa 2024 condotto online tra il 5 e il 9 luglio su un campione di 2.431 intervistati e con un margine di errore del 2%.
Cosa emerge dal sondaggio
Secondo la ricerca, due terzi degli americani - inclusa la maggioranza dei sostenitori di Joe Biden - sostengono che il presidente dovrebbe farsi da parte dopo la sua performance nel dibattito di due settimane fa. Questo nonostante Biden continui ad essere sostanzialmente alla pari con Trump, segnale che apparentemente non c'è stato alcun cambiamento significativo nelle intenzioni di voto post-dibattito.
Se le elezioni si svolgessero oggi, gli americani si dividono 46% a 47% tra Biden e Trump, un risultato quasi identico al 44% a 46% del sondaggio Abc/Ipsos di aprile. Tra gli elettori registrati c'è un pareggio assoluto, 46%-46%, mentre se la vice presidente, Kamala Harris, dovesse sostituire Biden come candidato democratico, supererebbe Trump di tre punti percentuali, 49% a 46%.
Ciò non significa che Biden non abbia subito danni dal dibattito. Il 67% in totale sostiene appunto che dovrebbe ritirarsi dalla corsa. Inoltre, l'85% ritiene che sia troppo anziano per un secondo mandato, un nuovo massimo, in aumento rispetto all'81% di aprile e al 68% di poco più di un anno fa.
Inoltre, il sondaggio indica Trump davanti a Biden di 30 punti percentuali, 44%-14% in quanto considerato maggiormente dotato delle capacità mentali necessarie per servire efficacemente come presidente. Il vantaggio di Trump è altrettanto ampio per quanto riguarda la salute fisica.
L'indice di approvazione del lavoro di Biden è stabile, anche se a un debole 36%. Sebbene nessuno dei due sia popolare, Biden continua ad avere un indice di favore personale migliore rispetto a Trump. E precede il tycoon di 17 punti, 39%-22%, nell'essere considerato più onesto e affidabile.
Esteri
Turchia, raid contro il Pkk in Iraq e Siria dopo...
Due assalitori sono stati identificati, secondo il ministero degli Interni, come membri del Partito dei lavoratori del Kurdistan
Raid aerei nel nord dell'Iraq e in Siria. Il Pkk nel mirino della Turchia. Non c'è ancora una rivendicazione, ma subito dopo l'attacco armato contro la sede delle Turkish Aerospace Industries, alle porte di Ankara, Ankara ha parlato di "terrorismo". Due assalitori sono stati identificati, secondo il ministero degli Interni, come membri del Pkk. "Infliggiamo la punizione necessaria agli ignobili del Pkk", ha ben presto assicurato il ministro della Difesa, Yasar Guler. E poco dopo sono scattati raid aerei contro obiettivi del Pkk, considerato organizzazione terroristica dal governo di Ankara, nel nord dell'Iraq e in Siria. "Quarantasette obiettivi terroristici distrutti", hanno detto dal ministero della Difesa di Ankara. E "59 terroristi neutralizzati", compresi due "leader".
Tra le vittime anche 12 civili tra cui due minori
Le Forze democratiche siriane (le Fds) parlano dell'uccisione di 12 civili, compresi due minori, e del ferimento di 25 persone in raid nel nord e nell'est della Siria. A guida curda, con una componente araba e sostenute dagli Usa) le Fds sono state cruciali nella lotta all'Isis. Ma per la Turchia, alleata Nato, le Ypg che ne fanno parte sono organizzazione terroristica al pari del Pkk.
La Turchia effettua regolarmente raid aerei contro il Pkk in Iraq e Siria. Operazioni contro cui in passato hanno protestato puntualmente le autorità del Kurdistan iracheno e di Baghdad.
L'attentato ad Ankara
Il leader turco Recep Tayyip Erdogan, da Kazan (in Russia) per il summit dei Brics, ha parlato di un "attacco efferato" che ha "rafforzato la determinazione della Turchia", che vuole "eliminare il terrorismo". E' lo stesso leader turco che ad aprile è sbarcato a Baghdad per la prima visita nel Paese negli ultimi 13 anni. La tabella di marcia per la dichiarata volontà di cooperazione tra Baghdad e Ankara - dopo anni di controversie - si chiama 'Development Road', un 'ponte' tra infrastrutture e politica.
L'attacco armato alle porte di Ankara è arrivato all'indomani delle dichiarazioni di Devlet Bahceli, leader del partito del movimento nazionalista (Mhp, alleato di Erdogan), che ha invitato Abdullah Ocalan, in carcere dal 1999, a parlare in Parlamento per annunciare le fine del "terrorismo" e del Pkk. E pochi giorni dopo le elezioni legislative di domenica scorsa nel Kurdistan iracheno, celebrate con due anni di ritardo rispetto alla data prevista. I risultati non ancora definitivi assegnano la vittoria al Partito democratico del Kurdistan (Pdk), la forza politica dei Barzani, già al potere nella regione.
Esteri
Francia, la proposta: “5 euro per visita Notre Dame,...
L'idea, lanciata in una intervista a Le Figaro e che riguarda anche i musei, arriva dalla ministra della Cultura del governo di Parigi Rachida Dati
D'ora in poi chi vorrà visitare Notre-Dame a Parigi dovrà probabilmente pagare un biglietto di ingresso del costo di 5 euro e per entrare in alcuni tra i più celebri monumenti o musei potrebbero esserci tariffe diverse per i turisti provenienti da paesi extra-Ue. L'idea arriva dalla ministra della Cultura del governo di Parigi, Rachida Dati, che in un'intervista a 'Le Figaro' sottolinea come "ovunque in Europa l'accesso agli edifici religiosi più importanti sia a pagamento". Di qui la proposta su Notre-Dame fatta all'arcivescovo di Parigi: applicare una "tariffa simbolica per tutte le visite turistiche nella cattedrale" - forse già dopo la riapertura del monumento prevista per il 7 dicembre, a conclusione dei 5 anni di ricostruzione dopo l'incendio del 2019 - e "dedicare in toto il denaro ad un grande piano di salvaguardia del patrimonio religioso".
"Con appena 5 euro a visita, si raccoglierebbero 75 milioni di euro l'anno. Così Notre-Dame salverebbe tutte le chiese di Parigi e della Francia. Sarebbe un magnifico simbolo", ha aggiunto, sottolineando che "Notre-Dame ha risvegliato la nostra attenzione sul patrimonio religioso, che appartiene a tutti i francesi, quale che sia la loro confessione".
Nell'intervista a 'Le Figaro', la ministra si è anche espressa a favore della modulazione dei prezzi di celebri monumenti e musei nazionali a partire dal primo gennaio 2026: "È normale, ad esempio, che un visitatore francese paghi lo stesso biglietto d'ingresso al Louvre di un visitatore brasiliano o cinese?". Dati vorrebbe che i visitatori provenienti da paesi esterni all'Ue pagassero di più per il biglietto d'ingresso e che questo denaro extra fosse destinato al restauro del patrimonio nazionale. "I francesi non sono fatti per pagare tutto da soli" e questa sarebbe "una vera svolta nella politica dei prezzi dei nostri istituti culturali", sottolinea, precisando che si tratta al momento di un'idea, oggetto di riflessione.
Nel 2023, ricorda 'Le Monde', il Musée du Louvre ha accolto un totale di 8,9 milioni di visitatori (+14% rispetto al 2022). Circa il 68% erano turisti stranieri e il 32% francesi. All'inizio del 2024, l'ingresso al museo è stato portato a 22 euro, dopo essere rimasto a 17 euro per diversi anni.
L'idea su Notre-Dame lanciata dalla ministra Dati sta facendo discutere in Francia: tra le prime reazioni, quella del collega titolare dell'Interno, Bruno Retailleau: "E' una proposta che sostengo", ha affermato intervenendo su 'France Inter' e ricordando di aver visitato la 'Sagrada Familia' a Barcellona, "dove si paga". Il ministro dice di considerare la misura utile "per salvare - con 5 euro - un patrimonio religioso al quale si può essere attaccati, che si creda, o meno, al cielo", perché "semplicemente, è il paesaggio francese".
La reazione di Valérie Pécresse, presidente della regione Ile-de-France, favorevole alla proposta di Dati ma non a fare pagare "i fedeli", è stata l'occasione per una precisazione della ministra: "Messe, funzioni devono naturalmente restare ad accesso libero e gratuite ma ogni visitatore culturale dovrebbe contribuire a preservare il nostro patrimonio, si tratta di venire in aiuto, in particolare, di tutti i nostri campanili ai quali siamo profondamente legati".
Esteri
Ucraina, Putin: “Illusorio pensare a una sconfitta...
La Duma ratifica il trattato militare con Pyongyang: "Assistenza reciproca se aggrediti"
E' "illusorio" immaginarsi una sconfitta della Russia in Ucraina. Lo ha affermato Vladimir Putin, prima di incontrare il Segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, questa sera a Kazan, dopo la chiusura del vertice Brics +. Gli Occidentali "non nascondono il loro obiettivo di infliggere una sconfitta strategica al nostro Paese". Si tratta di "calcoli illusori che possono fare solo coloro che non conoscono la storia della Russia e non tengono conto della sua unità forgiata nei secoli", ha spiegato. "L'intero Medio Oriente - di cui Putin parlerà con Guterres insieme all'Ucraina, ndr - è al confine di una guerra totale", ha inoltre denunciato.
L'incontro sarà il primo in Russia da quello dell'aprile 2022 dopo l'inizio dell'offensiva in Ucraina.
Duma ratifica il trattato militare con Pyongyang
I deputati della Duma russa hanno intanto approvato all'unanimità oggi il 'trattato sul partenariato strategico globale' con la Corea del Nord che prevede "assistenza reciproca" nel caso dell'aggressione a una delle due parti. Il trattato era stato firmato il 19 giugno nel corso della visita del presidente russo Vladimir Putin a Pyongyang.
La Corea del Sud torna intanto a parlare delle truppe nordcoreane dispiegate in Russia, sottolineando che Seul non intende "rimanere a guardare passivamente" il Nord inviare militari sul fronte ucraino, al fianco delle forze russe. "Alla fine diventerà una minaccia alla nostra sicurezza", ha affermato in una audizione in Parlamento il ministro degli Esteri Cho Tae Yul, scrive l'agenzia Yonhap.
"Consideriamo tutte le opzioni", ha aggiunto, rispondendo alla domanda di un deputato che aveva chiesto se il governo considerava l'invio di armi all'Ucraina, dopo la conferma, da parte dell'intelligence sudcoreana, dell'invio di 3mila soldati nordcoreani in Russia per ricevere addestramento in vista del dispiegamento al fronte ucraino. L'invio di militari nordcoreani in Ucraina "non ci sarebbe stato se Mosca non avesse promesso qualcosa in cambio", ha denunciato il ministro.
Il dispiegamento è stato definito "una provocazione che minaccia la sicurezza globale", dal presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol. "Condanniamo - ha detto Yoon come riporta l'agenzia sudcoreana Yonhap - le provocazioni da parte della Corea del Nord e la cooperazione militare illegale con la Russia",