Dall’accesso al mare al cibo in spiaggia, l’ABC dei diritti dei bagnanti
A fare il punto l'Unione nazionale consumatori
Dall’accesso al mare, al cibo in spiaggia, senza dimenticare i giochi sulla battigia e gli amici a quattro zampe. Quali sono i diritti dei consumatori quando si va in spiaggia? A fare il punto l'Unione nazionale consumatori.
Accesso al mare
L’accesso al mare negli stabilimenti balneari: rientra tra i principali diritti dei consumatori in spiaggia in quanto dovrebbe essere libero e gratuito: gli stabilimenti balneari dovrebbero consentire l’accesso e transito gratuito per il raggiungimento della battigia, anche al fine della balneazione, ma alcuni gestori furbetti provano a far pagare l’accesso ai bagnanti che vogliono raggiungere la riva, o semplicemente transitare.
Si tratta di un vero e proprio abuso che non tiene conto del fatto che la spiaggia è un bene pubblico, appartiene al demanio anche se è data in concessione agli stabilimenti balneari. Impedirne l’accesso o chiedere un pagamento è quindi una violazione di legge. Se si usufruisce dei servizi messi a disposizioni del lido, come per esempio ombrellone, sdraio, docce e cabina, è normale e corretto che il gestore pretenda il pagamento. Ma chi vuole semplicemente raggiungere il mare per fare un bagno passando dallo stabilimento balneare non deve pagare alcun ticket d’ingresso.
Cosa dice la legge sull’accesso al mare? Oltre all’articolo 11 della legge n. 217 del 2011 che prevede "il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione", la legge n. 296 del 2006 stabilisce 'l’obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione'. Per battigia si intende la striscia di sabbia su cui l’onda va a infrangersi. Insomma l’accesso al mare è libero e per fare un bagno non si deve pagare nulla. Se, quindi, non vi fanno passare attraverso lo stabilimento balneare per raggiungere il mare e fare il bagno o tentano di farvi pagare, chiamate direttamente i vigili e chiedetegli di intervenire sul posto, così che possano redigere un verbale.
Ombrelloni o sdraio
Diverso è il discorso per ombrelloni o sdraio. La legge garantisce l’accesso ed il transito gratuito per il raggiungimento della battigia, ma è meno chiara su quello che accade se mi fermo sulla battigia o a pochi metri di distanza. Infatti, garantisce un generico diritto alla fruizione della battigia non solo ai fini della balneazione (si dice 'anche'), ma non chiarisce esattamente cosa si intenda per fruizione, se passeggiare, fermarsi o giocare a palla. Resta il fatto che anche il bagnante, come i titolari degli stabilimenti, devono fare in modo di non impedire agli altri bagnanti l’accesso al mare e il transito per il raggiungimento della battigia. Se, però, possiamo sicuramente affermare che un ombrellone o una sedia sdraio sono certamente ingombranti e ostacolano il transito, diventa più difficile comprendere perché lo sia anche un asciugamano, magari debitamente piegato o dei vestiti ammucchiati.
Tra i diritti in spiaggia, la materia dell’accesso alla battigia è regolata anche da Regioni e Comuni. La legge n. 296 del 27 dicembre 2006, all’art. 1 comma 254, prevede che siano le Regioni a dover 'individuare un corretto equilibrio tra le aree concesse a soggetti privati e gli arenili liberamente fruibili' e a 'individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al fine di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione'.
Poi, ci sono anche le ordinanze dei Comuni. Molte ordinanze prevedono il divieto di occupare con ombrelloni, sdraio o anche semplici teli mare la fascia di 5 metri dalla battigia ed il divieto di permanenza in tale spazio, poiché deve rimanere a disposizione per i mezzi di soccorso. In questo caso, comunque, il divieto vale per tutti, anche per i gestori dello stabilimento, e permane anche se si paga l’ingresso.
Spiaggia libera
Si può lasciare l’ombrellone sulla spiaggia libera? Lasciare l’ombrellone in spiaggia assicurandosi così il posto migliore il giorno successivo è una comodità a cui molti non vogliono rinunciare, tuttavia si tratta di un’occupazione illegale del demanio pubblico. Sulla spiaggia libera, infatti, non si possono lasciare oggetti come materassini, lettini o ombrelloni per un tempo prolungato. Pena il sequestro degli oggetti da parte delle forze di polizia.
Giocare a pallone
Giocare a pallone è consentito? E' sempre bene informarsi su eventuali divieti imposti in questo senso dalla Capitaneria di Porto o dal Comune. Non esiste infatti una normativa nazionale che regolamenti le partite in spiaggia con gli amici, ma a seconda della località in cui ci si trova potrebbe esserci un divieto specifico. Poste le normative locali sarebbe comunque sempre bene utilizzare il buon senso evitando di arrecare danno o disturbo agli altri bagnanti limitando quindi le gesta sportive a spiagge isolate e senza persone intorno.
Campi sportivi improvvisati: con lo stesso principio per cui è illegale lasciare l’ombrellone in spiaggia per tutta la notte non è neanche consentito tenere in piedi le installazioni di campi sportivi (da beach volley o da beach soccer ad esempio). Chiariamo che è consentito creare dei campi, ad esempio montando una rete da beach volley o creando delle porte da calcio, ma lo si può fare a patto che, una volta utilizzate, vengano smontate e il luogo venga riportato nelle condizioni iniziali. Lasciare queste installazioni per un tempo superiore rispetto a quello di gioco è anche in questo caso un’occupazione di suolo pubblico e quindi illegale. A questa regola si può derogare in caso di autorizzazione del Comune di competenza, autorizzazione che, ad esempio, hanno gli stabilimenti balneari che offrono questo genere di strutture ai loro ospiti.
Cane al mare
Cane al mare? Per quanto riguarda i nostri amici a quattro zampe non esiste una legge nazionale che regolamenta l’accesso degli animali alle spiagge libere e alle acque demaniali, pertanto, in assenza di espliciti divieti regionali, comunali o delle autorità marittime valgono le regole generali per i luoghi pubblici che prevedono che possano girare se sono tenuti al guinzaglio o se hanno la museruola. Il titolare della concessione su una spiaggia può vietare l’accesso agli animali nel proprio stabilimento balneare o, al contrario, può chiedere al Comune un’autorizzazione a consentirne la presenza. Sono sempre esclusi dalle limitazioni di accesso i cani di salvataggio e i cani guida per non vedenti.
Mangiare in spiaggia
Si può mangiare in spiaggia? Tra i diritti che si hanno in spiaggia, mangiare è un’attività assolutamente consentita purché si rispetti l’ambiente in cui ci si trova. Non è infatti in alcun modo vietato mangiare in spiaggia alcun genere di alimenti e, benché sia poco educato lasciare poi gli avanzi del cibo in spiaggia, tale pratica non nuoce di certo all’ecosistema essendo il cibo un materiale completamente biodegradabile. E' invece severamente vietato lasciare in spiaggia oggetti di plastica come piatti ecc. che possono inquinare l’ambiente marino. Discorso simile è quello che riguarda il portare cibo in uno stabilimento: il titolare dello stabilimento ha infatti una concessione che vale per lo spazio assegnatogli ma comunque non ha un monopolio sulla ristorazione. Quindi sia che voi vogliate consumare il cibo da clienti dello stabilimento sia che siate solo di passaggio per andare alla spiaggia libera, è piena facoltà del cittadino introdurre cibo e bevande nello stabilimento, nel rispetto del decoro della spiaggia. Insomma, non si può fare un pic-nic con tavola imbandita o un barbecue come se fossimo nel nostro giardino, ma certo non possono impedirci di portare un panino, una bibita o dei biscotti.
Fumare al mare
Si può fumare al mare? La legge vieta esplicitamente il fumo in luoghi al chiuso aperti al pubblico ma non esiste un divieto per il fumo all’aperto. Di conseguenza anche fumare al mare è consentito. Vi sono però numerose amministrazioni locali che stanno approvando delle leggi per vietare il fumo anche in spiaggia. Un’eventuale regola di questo tipo sarà comunque ben segnalata attraverso cartelli e indicazioni. È invece sempre vietato abbandonare mozziconi di sigaretta in spiaggia.
Economia
Capodanno: dalle lenticchie, al cotechino, allo champagne,...
Indagine di Altroconsumo in 12 catene di supermercati, ipermercati e discount tra Roma e Milano
Per il cenone di Capodanno, i protagonisti immancabili sono le lenticchie e il cotechino, il salmone affumicato e, naturalmente, il panettone o il pandoro, accompagnati da spumante o champagne per il brindisi di mezzanotte. Ma quanto costa realmente portare in tavola questi prodotti? Altroconsumo ha condotto un’analisi dei prezzi in 12 catene di supermercati, ipermercati e discount tra Roma e Milano, con l’obiettivo di aiutare i consumatori a fare scelte più consapevoli e risparmiare, senza rinunciare alla qualità.
L’analisi rivela un’ampia forbice di prezzo anche per prodotti molto comuni. Ad esempio, le lenticchie secche possono costare da 2,18 a 19,80 euro/kg, mentre quelle in barattolo oscillano tra 2,04 e 13,59 euro/kg. Il cotechino intero si attesta in media a 11,30 euro/kg, ma la versione affettata arriva a costare fino a 18,28 euro/kg, con un aumento del 50%. Anche per il salmone affumicato i prezzi variano notevolmente: il norvegese costa in media 53 euro/kg, mentre lo scozzese raggiunge i 57 euro/kg, ma in entrambi i casi si trovano prodotti di fascia alta che superano gli 80 euro/kg.
Sul fronte delle variazioni rispetto allo scorso anno, i prezzi delle principali categorie non mostrano incrementi significativi. Tuttavia, si registra un modesto aumento dei panettoni e pandori, con un rincaro medio di poco più di un euro al chilogrammo. Tra questi spicca il caso del panettone Motta, che ha rinnovato la propria immagine con la linea curata dallo chef Barbieri. Tra gli spumanti e gli champagne, si osservano rialzi significativi per i marchi più prestigiosi, come il Moët & Chandon, il cui prezzo è aumentato di circa 10 euro a bottiglia rispetto al 2023.
Molti supermercati propongono sconti allettanti, ma per fare un acquisto consapevole è utile controllare il prezzo al chilo o al litro dei prodotti. I marchi dei distributori offrono spesso un buon compromesso tra qualità e convenienza, con una gamma che spazia dai prodotti base a linee più ricercate e biologiche.
Inoltre, pianificare con cura il menu del cenone può aiutare a evitare sprechi: acquistare solo ciò che serve, considerando l’idea di congelare gli avanzi o riutilizzarli in ricette creative per i giorni successivi, valorizzando così ogni ingrediente e contribuendo a una cena più sostenibile ed economica. Dopotutto, organizzare un cenone di Capodanno ricco e gustoso non significa necessariamente spendere una fortuna: con un’attenta pianificazione, il confronto dei prezzi e scelte consapevoli, è possibile festeggiare con stile senza appesantire il portafoglio.
Lavoro
Cnel, valorizzare capitale umano per rispondere a squilibri...
Assemblea approva documento curato dal consigliere Rosina
L’assemblea del Cnel, nella seduta del 18 dicembre, ha approvato il documento 'Demografia e forza lavoro', curato dal consigliere Alessandro Rosina. “Per rispondere agli squilibri demografici in atto, continuando a garantire benessere e sviluppo - ha sottolineato il consigliere Rosina- non c’è altra strada che rafforzare attrattività e valorizzazione del capitale umano. La qualità della formazione e del lavoro, l’efficienza dei servizi di incontro tra domanda e offerta, oltre che la disponibilità e l’accessibilità degli strumenti per la conciliazione dei percorsi professionali con le scelte di vita, devono essere posti come punti chiave delle politiche di sviluppo. Si tratta dell’investimento migliore che l’Italia può fare per dare maggior solidità ad un futuro che oggi poggia su basi molto fragili".
"Agire in tale direzione - ha spiegato - ha infatti ricadute positive anche sulla natalità, perché mette giovani e donne nelle condizioni di poter scegliere, se lo desiderano, di avere un figlio senza continuo rinvio che porta poi spesso a rinuncia. Aiuta a ridurre i divari territoriali perché gli svantaggi di genere e generazionali sono maggiormente presenti nel Mezzogiorno. Migliora l’immigrazione da domanda perché i contesti più attrattivi e con migliori possibilità di integrazione sono quelli che mettono a fattore comune le differenze senza trasformale in diseguaglianze; offrendo in particolare adeguate opportunità a giovani e donne, indipendentemente dalla provenienza sociale e territoriale”.
Sono tre le principali evidenze. 1) Gli squilibri demografici che compromettono lo sviluppo del paese. L’Italia sta entrando in una nuova fase della sua storia che corrisponde a un inedito impoverimento del potenziale della forza lavoro. Questo indebolimento della componente più strategica dello sviluppo del paese si combina con l’aumento della popolazione anziana nelle età tradizionalmente inattive. Se questa trasformazione non viene gestita con approccio nuovo e strumenti efficaci, il rischio è quello di un avvitamento verso il basso delle possibilità di sviluppo, di competitività, di produzione di ricchezza, di sostenibilità del sistema sociale.
L’Italia ha un indice di dipendenza degli anziani (rapporto tra 65 e più su popolazione tra i 20 e i 64 anni) che ha superato il 40% e si trova di circa 14 punti percentuali sopra la media Ue-27. Secondo le previsioni Eurostat potrebbe continuare a salire fin oltre il 65%. L’indice di dipendenza economica (inattivi di 65 anni e oltre su occupati tra i 20 e i 64 anni) ha superato il 60%, anch’esso circa 14 punti percentuali sopra la media europea). Il problema non è l’aumento del numeratore, legato all’aumento della longevità (sfida comune a tutte le economie mature avanzate), quanto la maggior riduzione del denominatore.
In particolare, da dieci anni è entrata in fase di continua e sensibile riduzione la componente che tradizionalmente è stata al centro della crescita economica del paese. La popolazione maschile nella fascia 35-49 è, infatti, scesa da oltre 7 milioni nel 2014 a 5,7 milioni nel 2024 e continuerà inesorabilmente a ridursi nei prossimi decenni. Il tasso di occupazione degli uomini di tale età è attorno all’85%, valore molto vicino alla media europea.
Il ridimensionamento demografico della componente maschile al centro della vita adulta lavorativa può essere considerato il processo principalmente responsabile dell’indebolimento del potenziale della forza lavoro italiana. Si tratta di una riduzione di entità inedita rispetto al passato e maggiore rispetto al resto d’Europa. Rischia, pertanto, di esporre l’Italia ad uno svantaggio competitivo rispetto alle capacità di sviluppo dei paesi con cui ci confrontiamo. Va, inoltre, a mettere in crisi la sostenibilità della spesa pubblica (essendo tale fascia quella che maggiormente contribuisce non solo alla crescita del Pil ma anche, attraverso contributi e tasse, alla fiscalità generale).
2) La debole presenza di giovani e donne nel mercato del lavoro. Il numero complessivo di occupati nella fascia 35-49 è sceso da circa 10,5 milioni nel 2014 a meno di 8,8 milioni del 2024. Il margine per controbilanciare tale declino sta nella misura dell’aumento dell’occupazione femminile, il cui valore è attualmente attorno al 65% in tale fascia (il più basso tra i paesi Ue-27, circa 13 punti sotto la media). Ampio margine di miglioramento può arrivare anche dall’occupazione degli under 35, anch’essa tra le più basse in Europa. In particolare, i residenti in Italia nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni sono circa 6,2 milioni. Negli ultimi vent’anni sono diminuiti di circa 2,3 milioni (erano oltre 8,5 milioni nel 2004). Nello stesso periodo gli occupati in tale fascia d’età sono scesi da 6 milioni a circa 4,2 milioni (quelli nella classe più ampia 15-34 da oltre 7,5 milioni a meno di 5,5 milioni). La popolazione nella fase di entrata in età adulta non è mai stata così demograficamente debole nella storia del nostro paese.
Il tasso di occupazione nello stesso periodo è rimasto su livelli bassi, addirittura sceso nella fascia 15-24 (da circa il 27% del 2004 al 20% del 2023), mentre gli occupati sono poco più di 2 su 3 nella fascia 25-34 (erano il 70% nel 2004). Da segnalare però l’aumento in quest’ultima fascia dal 63% nell’anno precedente la pandemia di Covid-19 al 68% del 2023. Un segnale che la carenza di manodopera sta incentivando le aziende e le organizzazioni a cercare di essere più attrattive verso le nuove generazioni. Il divario rispetto alla media Eu-27 rimane però molto ampio: di quasi 15 punti percentuali per la fascia 15-24 e di oltre 10 punti percentuali per la fascia 25-34.
In termini relativi l’incidenza degli under 35 sul totale degli occupati è scesa negli ultimi vent’anni da valori superiori al 33% (quindi oltre 1 su 3) al 23% (meno di 1 su 4). Al contrario l’incidenza degli occupati di 50 anni e oltre è aumentata (sia per le dinamiche demografiche sia per l’aumento dei tassi di occupazione, favoriti anche dallo spostamento in avanti dell’età alla pensione) passando da poco più del 20% a oltre il 40%. La fascia centrale tra i 35 e i 49 anni, come abbiamo detto, è entrata in diminuzione più recentemente, scendendo dal 47% al 37%.
3) I margini per contrastare il declino e riequilibrare l’offerta di lavoro. In che misura è ancora possibile contenere la riduzione dell’offerta di lavoro nei prossimi decenni a fronte delle trasformazioni demografiche in atto?Nella prima parte del Rapporto, oltre alla descrizione delle dinamiche della popolazione attiva degli ultimi vent’anni in ottica comparativa europea, viene presentato un esercizio di simulazione allo scopo di valutare quali margini l’Italia ancora ha di controbilanciare la riduzione quantitativa della popolazione in età lavorativa e del numero degli occupati. Lo scenario 'target' è quello di un percorso del Paese che nei prossimi 15 anni si allinea alle ipotesi più favorevoli delle previsioni Istat sulle dinamiche della natalità e dei flussi migratori (con un numero medio di figli per donna che entro il 2040 converge ai valori medi europei, ovvero attorno a 1,5, e un saldo migratorio con l’estero che oscilla attorno a 240 mila). In coerenza con tali dinamiche demografiche si ipotizza inoltre una convergenza dei tassi di occupazione giovanile (under 35) e femminile adulta (35-54) all’attuale media europea (mentre l’occupazione maschile adulta e quella degli over 55 è già vicina alla media Ue-27).
Quello che si ottiene è un aumento di circa 1,3 milioni di occupati under 35 rispetto ai livelli attuali (che risulta tale da compensare la riduzione subita da tale componente negli ultimi 15 anni). E un numero di donne occupate in età 35-54 che anziché diminuire come effetto dell’azione demografica rimane di fatto costante (superiore ai 5 milioni, a tassi di occupazione fissi scenderebbe di circa 1 milione).
Questo significa, anche, che senza favorire nei prossimi anni una convergenza verso la media europea dei tassi di occupazione di tali due gruppi, andrebbe ulteriormente a indebolirsi il peso relativo dei giovani nella forza lavoro e il peso relativo e assoluto delle donne, con conseguente ulteriore e progressivo sbilanciamento verso le età più mature.
Come evidenziano i capitoli di approfondimento della Parte II del Rapporto, oltre a politiche pubbliche più incisive (sulla transizione scuola-lavoro, sulla conciliazione tra tempi di vita e lavoro, sull’integrazione) serve anche una maggiore capacità delle aziende e delle organizzazioni italiane di andar oltre l’idea di una forza lavoro tipica del XX secolo con al centro la figura del maschio adulto per valorizzare tutte le componenti della popolazione in età attiva, con attenzione alle loro specificità (nuove generazioni, donne, immigrati) e favorendo condizioni di una lunga vita attiva (attraverso le misure di Age management).
Paradossalmente, proprio per il fatto di aver sottoutilizzato tali componenti l’Italia ha attualmente maggior margine di spinta positiva su occupazione e crescita economica. Una migliore valorizzazione da combinare anche con le opportunità, non scontate, offerte dalle nuove tecnologie.
Esteri
Cecilia Sala arrestata in Iran, la giornalista italiana è...
E' stata fermata il 19 dicembre dalle autorità di polizia di Teheran
La giornalista italiana Cecilia Sala, in Iran per svolgere servizi giornalistici, è stata fermata il 19 dicembre scorso dalle autorità di polizia di Teheran. Lo rende noto la Farnesina, precisando che su disposizione del ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l'ambasciata e il consolato d'Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio. In coordinamento con la presidenza del Consiglio, la Farnesina ha lavorato con le autorità iraniane per chiarire la situazione legale di Cecilia Sala e per verificare le condizioni della sua detenzione.
Oggi l'ambasciatrice d'Italia in Iran, Paola Amadei, ha effettuato una visita consolare per verificare le condizioni e lo stato di detenzione di Cecilia Sala, la giornalista fermata il 19 dicembre scorso dalle autorità di polizia di Teheran. Lo rende noto la Farnesina, precisando che la famiglia è stata informata dai risultati della visita consolare. In precedenza Sala aveva avuto la possibilità di effettuare due telefonate con i parenti. In accordo con i genitori della giornalista, la Farnesina invita alla massima discrezione la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda.