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Roberta Metsola rieletta presidente del Parlamento Ue: “Non dobbiamo avere paura”

Riconfermata alla guida dell'assemblea di Strasburgo con 562 voti su 699. La presidente: "Voglio un'Europa che impari dal passato, per Falcone e Borsellino". Poi cita De Gasperi e Giulia Cecchettin

Roberta Metsola - Afp

Roberta Metsola è stata rieletta presidente del Parlamento Europeo con 562 voti su 699 voti espressi. Lo ha annunciato poco fa la vicepresidente Pina Picierno, del Pd, nella plenaria a Strasburgo. La sfidante Irene Montero, spagnola di Podemos, ha ottenuto 61 voti.

Su 699 voti effettuati, le schede bianche o nulle sono state 76; la maggioranza richiesta era di 312. La maggioranza ottenuta da Metsola non ha precedenti recenti. Nel gennaio 2022, la stessa Metsola era stata eletta presidente al primo turno, con 458 voti a favori su 690 voti (74 bianche o nulle, 616 voti validi, maggioranza 309). Nel luglio 2019 David Sassoli ottenne 345 voti, al secondo turno, su 704 votanti (maggioranza 334). Nel gennaio 2017 Antonio Tajani ottenne 351 voti al quarto turno, su 713 votanti (maggioranza 318). Nel luglio 2014 Martin Schulz (S&D) ottenne 409 voti al primo turno, su 723 votanti (maggioranza 307). Nel gennaio 2012 lo stesso Schulz aveva preso 387 voti, al primo turno, su 715 votanti (maggioranza 345).

"Non dobbiamo avere paura", come diceva "Karol Wojtyla. Non dobbiamo temere di fronteggiare gli autocrati", ha detto Metsola, appena rieletta a Strasburgo. "La politica della speranza - ha proseguito - è a portata di mano, ma per crearla dovremo trovare modi per rafforzare comunità e famiglie. Il tempo di cominciare è ora. L'Europa è speranza, l'Europa resta la risposta. Viva l'Europa", le parole di Metsola.

"La nostra deve essere un’Europa che ricorda. Che impara dalle lotte del passato e riconosce la lotta di tanti che hanno difeso gli ideali che a volte diamo per scontati", ha poi detto la presidente del Parlamento Europeo. "Per tutti coloro - ha aggiunto - che sono stati sfollati, che sono scomparsi, per coloro che si sono trovati di fronte ai carri armati e ai proiettili sulla via del totalitarismo che ha dominato gran parte dell’Europa per così tanto tempo. Per tutti coloro che hanno creduto nel meglio e hanno osato sognare. La nostra deve essere un’Europa di cui Konrad Adenauer, Francois Mitterand, Lech Wałęsa, Edward Fenech Adami (ex presidente di Malta, ndr), Vaclav Havel, Simone Veil, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino sarebbero tutti orgogliosi".

Nel suo primo discorso subito dopo la rielezione Metsola, che parla bene l'italiano come molti maltesi, ha fatto diverse citazioni relative al nostro Paese, spaziando da Alcide De Gasperi a Giulia Cecchettin, la studentessa 22enne uccisa dal suo ex fidanzato a Fossò, comune della città metropolitana di Venezia, nel novembre del 2023.

"Possiamo costruire - ha detto - l’Europa sognata da Simone Veil e Nicole Fontaine. L’Europa che Marie-Skłodowska-Curie non ha potuto sfruttare appieno. L'Europa che Giulia, Pelin, Ana Vanessa, Daphne e tante altre donne non potranno mai vedere. Lo faremo per loro, per tutti coloro che non possono parlare e per tutti coloro che verranno dopo".

"So che insieme - ha continuato - lasceremo l’Europa migliore di come l’abbiamo trovata. So che quando il mondo guarderà a questo Parlamento vedrà un Parlamento che difende i diritti, che protegge i giornalisti, che valorizza la libertà, che comprende il proprio ruolo nel mondo come faro della democrazia in tutto il mondo. 'La tendenza all’essere uniti è una delle costanti della storia', disse Alcide de Gasperi 70 anni fa. 'Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro; che l’Europa rimanga l’argomento del giorno'. Mi faccio eco delle sue parole che dobbiamo ricordare in questa legislatura", ha concluso parlando in italiano.

Le congratulazioni di Ecr

I copresidenti dei Conservatori e Riformisti Europei si sono congratulati per primi con Roberta Metsola per la sua rielezione. Il gruppo aveva già annunciato in anticipo che avrebbe sostenuto Metsola con un'ampia maggioranza. Il copresidente Nicola Procaccini è "ansioso di continuare la nostra eccellente collaborazione. Roberta è molto apprezzata nel nostro gruppo". Anche il copresidente Joachim Brudzinski non vede "l'ora di continuare a lavorare con lei. Come mediatrice tra i campi politici, è nel posto giusto come presidente del Parlamento".

Zelensky: "Apprezzo molto il suo lavoro"

"Congratulazioni a Roberta Metsola per la sua rielezione a presidente del Parlamento Europeo" arrivano via X anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Apprezzo molto il coinvolgimento personale di Metsola nel sostenere l'Ucraina così come il suo impegno costante nel proteggere le persone e per sostenere il nostro stile di vita europeo", aggiunge, con l'auspicio di "proseguire la nostra stretta cooperazione per ripristinare quanto prima una pace giusta".

E "congratulazioni sincere" arrivano a Roberta Metsola anche dal ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, "Apprezzo la continua leadership del presidente del Parlamento europeo nel raccogliere sostegno per l'Ucraina", scrive in un post su X con l'auspicio di "favorire la nostra cooperazione". "Il Parlamento Europeo è stato, e continua a essere, una forza trainante dietro alle decisioni coraggiose e di principio per un'Europa più forte e più unita - sottolinea - E' una causa comune a cui vogliamo lavorare insieme".

Tra i vicepresidenti anche la dem Picierno e Sberna di Fdi

Il Parlamento Europeo ha quindi eletto 11 vicepresidenti dell'Aula al primo turno, tra cui l'italiana Pina Picierno del Pd, con 405 voti, su una maggioranza di 333 voti. Il candidato dei Patrioti Fabrice Leggeri, ex direttore di Frontex oggi deputato del Rassemblement National, ha ottenuto 209 voti e non è stato eletto al primo turno.

Gli altri eletti sono la polacca Ewa Kopacz (Piattaforma Civica, Ppe), con 572 voti; lo spagnolo Esteban Gonzalez Pons (Pp, Ppe) con 478; la tedesca Katarina Barley (Spd, S&D) con 450; il rumeno Victor Negrescu (Psd, S&D) con 394 voti; lo slovacco Martin Hojsik (Ps, Renew) con 393; la danese Christel Schaldemose (Socialdemokratiet, S&D) con 378; lo spagnolo Javi Lopez (Psoe, S&D) con 377; il rumeno Nicolae Stefanuta (indipendente, Verdi/Ale) con 347.

Poi al secondo turno sono stati eletti i restanti tre vicepresidenti del Parlamento Europeo. Diventano vicepresidenti Roberts Zile, lettone dell'Ecr, con 490 voti; Antonella Sberna di Fratelli d'Italia, eletta con 314 voti; Younous Omarjee della France Insoumise (The Left) ne ottiene 311. Il candidato dei Patrioti Fabrice Leggeri, del Rassemblement National, già direttore di Frontex, è stato bloccato dal 'cordone sanitario' e totalizza 177 voti, sotto la maggioranza necessaria di 305. Non eletti neppure la ceca dei Patrioti Klara Dostalova (116) né Ewa Zajaczkowska-Hernik (Polonia), dell'Europa delle Nazioni Sovrane, il gruppo più a destra nel Parlamento, con 46 voti.

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Esteri

Ucraina, attacco-terremoto: distrutto arsenale Russia, cosa...

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Oltre 100 droni colpiscono un deposito di munizioni, armi e missili: colpo durissimo per Mosca

Le esplosioni in Russia

Un attacco paragonabile a un terremoto per cambiare la guerra. L'Ucraina sferra un colpo durissimo alla Russia, con un'offensiva che rischia di condizionare le strategie di Mosca nel conflitto. Un'ondata di oltre 100 droni lanciata da Kiev, supera il confine e arriva nell'area di Toropets, a quasi 500 km dalla capitale ucraina, e riduce in cenere uno dei principali depositi di munizioni e missili del ministero della Difesa russo.

Le esplosioni in serie producono un effetto tale da 'svegliare' i sismografi, che si attivano come se si fosse verificato un terremoto. Gli incendi si diffondono per un'area larga oltre 6 km nella regione di Tver, tra gli 11mila civili che vivono nell'area sono molti quelli chiamati ad abbandonare la propria abitazione.

Armi e missili in fumo

Andriy Kovalenko, a capo del centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev, delinea la portata dell'azione ucraina: nei depositi, capaci di contenere armi e munizioni per centinaia di tonnellate, si trovavano missili S-300, S-400, sistemi Grad, Iskander e i Kn24 nordcoreani. Probabilmente, nelle strutture erano stoccate anche 'bombe plananti', che negli ultimi mesi hanno colpito obiettivi militari e civili.

L'arsenale colpito è una delle due strutture presenti nell'area. L'altra, già nei mesi scorsi, era stata colpita dai droni di Kiev. Il deposito di missili e munizioni era stato costruito a Toropets nel 2018 ed era stato presentato come una struttura di massima sicurezza.

I media ucraini attribuiscono i meriti ai servizi di sicurezza di Kiev, all'intelligence della Difesa e alle Forze speciali. L'attacco viene ampiamente discusso nei canali Telegram dei cosiddetti mil-blogger russi, esperti che monitorano il conflitto e spesso forniscono informazioni che non vengono ufficialmente diffuse. Il danno subito dalle forze armate russe, scrive in particolare Anastasia Kashevarova, è notevole: "Dopo 3 anni di operazione speciale siamo ancora a questo livello di idiozia".

Kiev ha usato droni o missili?

Ci si interroga sui mezzi utilizzati da Kiev: possibile che i droni siano riusciti a infliggere danni di portata così pesante? I depositi sono stati colpiti da missili a lungo raggio? Le domande si inseriscono nel dibattito di queste ultime settimane, caratterizzate dal pressing di Kiev per ottenere l'autorizzazione ad utilizzare i missili a lungo raggio - gli Atacms americani e gli Storm Shadwo anglofrancesi - contro obiettivi militari russi: basi e, appunto, depositi di armi.

La Russia, in ogni caso, continua a disporre di una macchina bellica capace di produrre ogni mese 42-56 missili balistici, 90-115 missili a lungo raggio e 500 droni, secondo le stime diffuse da Forbes.

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Esteri

Libano, esplodono walkie talkie. Hezbollah promette...

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Nuovo attacco con 20 morti e centinaia di feriti

Attacco con walkie talkie esplosivi

Un nuovo attacco contro Hezbollah in Libano. Dopo i cercapersone esplosivi, ecco i walkie talkie e le radio: altro esplosivo nei dispositivi, altri 20 morti e circa 450 feriti. Come per l'offensiva hi-tech attuata con i pager, nessuna rivendicazione da parte di Israele: né conferme, né smentite. Hezbollah, così come Hamas e Iran, non ha dubbi sulle responsabilità.

Cosa è successo

Tra le ricostruzioni, spicca quella del canale saudita all news al-Sharq, che cita una fonte di alto profilo della sicurezza libanese: "Sono stati piazzati dal Mossad" gli esplosivi all'interno dei walkie talkie saltati in aria. Ci sarebbero state 15-20 esplosioni nei sobborghi meridionali di Beirut ed altre 15-20 esplosioni nel sud del Paese.

I walkie talkie sono nettamente meno diffusi tra i militanti di Hezbollah rispetto ai cercapersone esplosi in massa martedì. Vengono distribuiti, infatti, solo alle persone che organizzano eventi come funerali e marce. Nonostante ciò, il bilancio dell'attacco è considerevole e secondo fonti israeliane i numeri sarebbero superiori a quelli comunicati dalle autorità libanesi.

"Questi attacchi saranno certamente puniti, ci sarà una vendetta sanguinosa", dice Hashem Safieddine, capo del Consiglio esecutivo di Hezbollah, oltre che cugino del leader del gruppo, Hassan Nasrallah, che oggi dovrebbe tenere un discorso. "Condanniamo fermamente la rinnovata e continua aggressione sionista contro il fraterno popolo libanese", la posizione assunta da Hamas, con una nota nella quale si denuncia che le esplosioni degli ultimi due giorni "ora minacciano la sicurezza e la stabilità della regione".

Israele prepara la nuova fase della guerra

L'attenzione di Israele si sta spostando da Gaza verso il fronte settentrionale ed il confine con il Libano dal momento che sta iniziando una "nuova fase" della guerra, dice il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, rivolgendosi al personale dell'aeronautica militare israeliana presso la base aerea Ramat David, situata non lontano da Haifa.

"Il centro di gravità si sta spostando verso nord. Stiamo dirottando forze, risorse ed energie verso nord", dice il ministro, secondo quanto riferito dal suo ufficio. "Credo che siamo all'inizio di una nuova fase di questa guerra e dobbiamo adattarci", aggiunge Gallant, ribadendo che gli obiettivi di Israele nel nord sono "chiari e semplici: riportare gli abitanti nelle loro case in sicurezza".

I segnali vengono colti dal Libano, che si prepara a "possibili scenari" di guerra con Israele come dice il premier ad interim libanese, Najib Mikati, dopo una riunione della Commissione la gestione delle crisi e dei disastri.

A capo della Commissione, il ministro dell'Ambiente Nasser Yassin afferma che in vista di un attacco di Israele stanno approntando rifugi per la popolazione e che ci sono un centinaio di scuole a disposizione. Quanto alle scorte di cibo, secondo Yassin "sono sufficienti per oltre tre mesi e una nave con 40mila tonnellate di cereali e farina sta per arrivare in Libano".

Si muove l'Onu

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà venerdì per discutere dell'ondata di esplosioni. Lo ha indicato un portavoce della presidenza slovena del Consiglio. La riunione, richiesta dall'Algeria, è in programma alle 15 ora locale (le 9 in Italia). Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres chiede uno stop agli attacchi hi-tech. "Penso che sia molto importante che ci sia un controllo effettivo degli oggetti civili, che non vengano armati. Questa dovrebbe essere una regola che i governi di tutto il mondo dovrebbero essere in grado di attuare", dice durante una conferenza stampa a New York.

Secondo il segretario generale, "la logica di far esplodere tutti questi ordigni" sembra essere quella di "un attacco preventivo prima di una grande operazione militare”, motivo per cui questo incidente, attribuito a Israele, dimostra che esiste un "serio rischio" di escalation regionale.

Da Washington, infine, la Casa Bianca ribadisce l'estraneità degli Usa: "Non siamo stati coinvolti in alcun modo negli incidenti" in Libano, dice il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, in un briefing con i giornalisti, ribadendo: "Vogliamo che la guerra finisca, tutto quello che abbiamo fatto è destinato a impedire l'escalation del conflitto".

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Esteri

Elezioni Usa, lo spettro di un altro 6 gennaio in caso di...

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Forse meno violento di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Trump assaltarono il Congresso, ma con un impatto ancora più allarmante sulla tenuta istituzionale

Donald Trump e Kamala Harris - Afp

Kamala Harris continua a salire nei sondaggi, ma i democratici sono agitati dallo spettro di un altro 6 gennaio in caso di sua vittoria alle elezioni presidenziali di novembre. Forse meno violento e insurrezionale di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Donald Trump assaltarono il Congresso nel tentativo di impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden. Ma potrebbe avere un impatto ancora più allarmante e dilaniante sulla tenuta istituzionale e costituzionale degli Stati Uniti, fondata sul trasferimento pacifico dei poteri.

Lo scenario da incubo per i dem

Secondo Politico, lo scenario da incubo per i democratici prevede che nonostante la vittoria di Harris alla Casa Bianca, i repubblicani mantengono la maggioranza alla Camera, dando così allo Speaker Mike Johnson la possibilità di trovare i modi di ostacolare, se non bloccare del tutto la conta dei voti elettorali, cosa che farebbe ricadere sulla Camera l'ultima parola sull'elezione presidenziale, come previsto dal 12esimo emendamento della Costituzione.

Non bisogna dimenticare che l'allora poco conosciuto deputato della Louisiana nel 2020 guidò il ricorso dei repubblicani alla Corte Suprema in cui si chiedeva di rovesciare i risultati degli stati chiave, che sancivano la vittoria di Biden.

L'iniziativa fu benedetta personalmente da Trump, che anche in virtù di questo lo scorso ottobre ha dato il placet all'elezione di Johnson a Speaker. Ed ora a meno di due mesi dal voto, il leader repubblicano sta cercando di far passare una legge per impedire quelle che definisce la manovre dei dem per far votare in massa immigrati illegali. Accuse che fanno capire come la leadership del partito repubblicano, ormai largamente allineato su posizioni Maga, in caso di nuova sconfitta del tycoon, potrà appoggiare con forza le eventuali nuove denunce di brogli da parte di Trump.

Le conferme nei sondaggi

Una posizione diffusa anche tra la base elettorale, dal momento che un sondaggio di World Justice Project, rilanciato da The Hill, mostra che il 46% degli elettori repubblicani non è pronto ad accettare i risultati elettorali come legittimi in caso di vittoria dem. E il 14% di questi si dice pronto ad intraprendere azioni per rovesciare i risultati. Va comunque sottolineato che anche un 27% di elettori democratici si dice non disposto a riconoscere una vittoria repubblicana, con un 11% pronto a passare dalle parole ai fatti.

Interpellate da Politico, fonti dell'entourage dello Speaker liquidano i timori dei democratici come parte di una strategia tesa a raccogliere più fondi per la campagna per la riconquista della Camera. E di una "narrativa allarmista" riguardo ad una vittoria Gop che ha contribuito a portare ai due tentati assassinii di Trump. Un altro repubblicano vicino a Johnson poi afferma di dubitare che lo Speaker potrebbe cedere così facilmente ai desideri di Trump.

Non bisogna dimenticare poi che, in caso di vittoria dem alla Casa Bianca, Harris, che fino al 20 gennaio continuerà ad essere vice presidente, si troverà, in qualità di presidente del Senato, a presiedere la seduta per la certificazione di voti elettorali. Come il 6 gennaio 2021 fece, una volta sgombrato il Congresso dei rivoltosi, Mike Pence, reo agli occhi di Trump e dei suoi sostenitori di non aver accolto la richiesta del presidente uscente di bloccare la certificazione.

La nuova legge sulla conta dei voti, cosa può accadere

Inoltre, nel 2022 è stata passata una nuova legge che rende più difficile bloccare la conta dei voti elettorali: se prima bastava l'opposizione di un singolo membro per accogliere un'obiezione ora è richiesto il 20% di ciascuna delle due Camere. Ma tra i timori dei democratici c'e' anche quello che Johnson possa ottenere abbastanza repubblicani per bloccare alcuni voti elettorali cruciali, o cercare di riscrivere le regole che governano la sessione per la certificazione dei voti elettorali del 6 gennaio, con l'obiettivo di rendere più facili le contestazioni.

O addirittura cercare di ritardare la seduta che per legge deve essere convocata per il 6 gennaio. Il tutto avendo bene in testa che nessun candidato riceve almeno 270 voti elettorali certificati, la Costituzione prevede quella che viene chiamata la "contingent election", una sorta di elezione di emergenza, con la Camera che elegge il presidente e il Senato il vice presidente. Un procedimento che favorirebbe i repubblicani dal momento che ogni stato deve esprimere un solo voto - quindi anche i tanti piccoli stati a guida Gop avrebbero lo stesso peso di quelli più popolosi, come California e New York, di orientamento dem - e quindi è necessaria una maggioranza di almeno 26 stati.

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