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Dai calcoli renali alla scarsa sicurezza, ecco le fake sull’acqua del rubinetto

Sette false credenze da sfatare su un prodotto promosso a pieni voti dall'Iss

Acqua del rubinetto - Fotogramma

Fa venire i calcoli, è poco sicura, deve essere purificata prima di berla. Sono tanti i pregiudizi e le fake news che 'pesano' sull'acqua del rubinetto. Un 'prodotto' che, invece, viene promosso a pieni voti dal primo rapporto elaborato dal Centro nazionale per la sicurezza delle acque (Censia) dell'Istituto superiore di sanità, presentato oggi, che ha esaminato i risultati di oltre 2,5 milioni di analisi chimiche, chimico-fisiche e microbiologiche condotte in 18 regioni e province autonome, corrispondenti a oltre il 70% della popolazione italiana, tra il 2020 e il 2022.

Acqua del rubinetto, ecco le 7 false credenze più diffuse

1) "L'acqua potabile per essere 'buona' deve essere priva di ogni sostanza chimica". Falso. E' vero il contrario, anzi: l'acqua contiene molte sostanze chimiche vantaggiose per la salute ed eliminarle non rappresenta un beneficio, ma un potenziale 'danno'. Rimuovere tutte le sostanze naturalmente presenti nell'acqua - per esempio il boro, il selenio, il fluoro, il cromo, il rame o il calcio, il magnesio, lo iodio, il potassio - provocherebbe infatti la riduzione di apporto di elementi essenziali per la salute degli esseri umani, modificazioni del gusto e danni alle reti idriche. La normativa garantisce comunque che le sostanze chimiche potenzialmente dannose non superino i livelli che potrebbero comportare un rischio. Utilizzare l'acqua del rubinetto è conveniente per le nostre tasche e una abitudine sostenibile, perché permette di ridurre l'uso di enormi quantità di plastica e di limitare l'inquinamento dovuto a trasporto, distribuzione e smaltimento delle bottiglie.

2) "L'acqua del rubinetto fa venire i calcoli". E' una convinzione diffusa, ma falsa. E questo vale anche per le acque ricche di sali di calcio e magnesio. Il consiglio di utilizzare acque leggere o oligominerali al posto dell'acqua del rubinetto per evitare la calcolosi renale non è giustificato da evidenze scientifiche. La formazione dei calcoli dipende in molti casi da una predisposizione individuale oppure familiare. Il calcio è essenziale per la nostra salute e ne va ridotta l'assunzione se è un medico a prescriverlo.

3) "L'acqua del rubinetto non è sicura". Bere acqua del rubinetto (di casa o dei chioschi o punti di distribuzione) è sicuro per la salute come lo è bere acqua minerale naturale, perché in tutti casi l'assenza di rischi per i consumatori è garantita dai controlli previsti dalla normativa. La differenza tra acque potabili e minerali naturali sta nel fatto che l'acqua potabile è un diritto universale degli esseri umani e le sue caratteristiche chimiche (durezza, pH, presenza di sali minerali) e organolettiche (odore e sapore) possono anche cambiare nel tempo in funzione delle fonti di prelievo e dei possibili trattamenti, ferma restando la garanzia degli standard di sicurezza. Le acque minerali naturali sono invece beni di consumo liberamente immessi sul mercato e scelti dal consumatore, e rispondono a standard qualitativi che, oltre a garantirne la sicurezza in termini di salute, assicurano che la qualità e le caratteristiche delle acque imbottigliate siano le stesse delle acque all'origine, prelevate da fonti sotterranee riconosciute.

4) "Non possiamo sapere davvero quali sono le caratteristiche dell'acqua di casa". Possiamo, invece: è bene sapere che sul sito del proprio gestore idro-potabile sono già forniti i dati sulle caratteristiche delle acque e i risultati dei controlli. Sulla base delle nuove normative emanate dal ministero della Salute, i cittadini entro 2 anni potranno reperire molte altre informazioni sulle caratteristiche chimico-fisiche delle acque distribuite nelle aree di loro interesse, piani di sicurezza dell'acqua, controlli da parte dei gestori idro-potabili e delle Asl, in una piattaforma nazionale denominata Anagrafe territoriale dinamica delle acque potabili (Antea), in corso di costruzione.

5) "Per rendere sicura l'acqua del rubinetto va installato in casa un apparecchio di trattamento". Falso. Le acque distribuite in Italia sono di qualità̀ adeguata al nostro consumo e non necessitano di altri trattamenti per renderle potabili o per evitare rischi per la salute. L'unico scopo degli apparecchi di trattamento dell'acqua in commercio, conformi alle specifiche normative, è modificare le caratteristiche organolettiche delle acque, cioè rendere più gradevole il sapore e l'odore dell'acqua del rubinetto, o frizzante. In caso, per specifiche circostanze, si verificasse un evento per cui fossero necessarie restrizioni d'uso delle acque, la legislazione prevede che i cittadini ne vengano tempestivamente informati. Inoltre, il gestore e le autorità̀ sono tenuti a ripristinare prontamente la qualità̀ delle acque e nel frattempo a fornire ai consumatori interessati quantità̀ adeguate di acque idonee al consumo umano con approvvigionamenti alternativi (per esempio autobotti).

6) "Al ristorante può essere servita acqua minerale naturale in caraffa". Falso. Negli esercizi pubblici l'acqua minerale naturale, liscia o gassata, va servita nella sua bottiglia chiusa e con la sua etichetta secondo la specifica normativa. Nel caso invece venisse fornita acqua potabile in caraffa sottoposta a trattamenti, va riportata chiaramente sul contenitore la dicitura "acqua potabile trattata o acqua potabile trattata e gassata" se addizionata di anidride carbonica.

7) "Al ristorante è meglio evitare di chiedere acqua del rubinetto". Falso. Non c'è ragione per non farlo, se non quella di una scelta personale. Anzi. Il decreto legislativo n. 18 del 23 febbraio 2023 chiede alle Regioni e alle Province di promuovere l'uso dell'acqua di rubinetto, anche "incoraggiando o incentivando la messa a disposizione di acqua potabile a titolo gratuito ai clienti di ristoranti, mense e servizi di ristorazione".

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Salute e Benessere

Nuovo presidente Cda Fondazione Gemelli, prende quota...

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L'ex ministro dell'Economia del governo Draghi sembrerebbe il profilo giusto

Daniele Franco

Prende quota il nome dell'ex ministro Daniele Franco come prossimo presidente della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. Entro la fine del mese dovrebbe essere nominato tutto il nuovo Consiglio d'amministrazione della Fondazione Policlinico che si è insediato a metà ottobre 2020. Nulla trapela dal Gemelli ma il nome di Franco - secondo quanto apprende l'Adnkronos Salute - sembrerebbe essere il profilo giusto. Franco è un economista, tra gennaio 2020 e febbraio 2021 ha ricoperto il ruolo di ministro dell'Economia e delle Finanze del Governo Draghi, ma è stato in precedenza Ragioniere generale dello Stato e direttore generale della Banca d'Italia.

Il Cda della Fondazione privata no-profit è nominato dagli enti fondatori del Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore e l'Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ed è costituto da 11 componenti. Oggi ne fanno parte: Carlo Fratta Pasini (presidente); Sergio Alfieri; Alessandro Azzi; Renato Balduzzi; Antonio Gasbarrini; monsignor Claudio Giuliodori; Giuseppe Guerrera; Cesare Mirabelli; Alfredo Pontecorvi; Mario Taccolini. Nel Cda c'era anche il rettore dell'Università Cattolica, Franco Anelli, prematuramente scomparso il 23 maggio scorso.

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Salute e Benessere

Giovagnoni (Sirm): “Su teleradiologia una normativa...

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Al convegno Fism, 'tavolo aperto con Agenas e società scientifiche europee per trovare una soluzione'

Giovagnoni (Sirm):

"La teleradiologia sta al centro di numerosi dibattiti. Abbiamo aperto diversi tavoli di discussione, uno con Agenas, proprio per cercare di trovare una soluzione ai problemi di vecchia normativa che ci sta un pochino inchiodando e limitando quello che è stato, parallelamente, l'avanzamento tecnologico in questi anni". Lo ha detto Andrea Giovagnoni, presidente Sirm, Società italiana radiologia medica, partecipando al convegno organizzato dalla Federazione delle Società medico-scientifiche italiane (Fism) sul tema della trasformazione digitale e dell'intelligenza artificiale, oggi al ministero della Salute.

"Le norme - spiega Giovagnoni - sono di 10 anni fa. Le cose adesso sono cambiate, le norme non lo sono, ma bisogna non fare il passo più lungo dalla gamba. E' una delle materie di cui discuteremo negli Stati generali a novembre, quando riuniremo i 12.500 radiologi iscritti alla società scientifica, e che raccolgono diverse anime all'interno della professione per trovare una quadra, soprattutto per un tema così importante". A tale proposito, "da qualche anno abbiamo aperto un tavolo di confronto con altre due società scientifiche internazionali, francesi e spagnole, proprio perché abbiamo problemi simili e forse, proprio con la contaminazione di esperienze diverse europee, potremmo trovare sicuramente un inquadramento per quella che - conclude - è la via giusta per prendere".

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Salute e Benessere

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza...

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All'Esmo 2024 presentato studio promosso e realizzato dall'ospedale Niguarda di Milano

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza chirurgia

Un paziente su 4 con carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato guarisce completamente anche senza la chirurgia. Ne sono convinti gli autori dello studio No-Cut, i cui risultati sono stati presentati al Congresso Esmo 2024 in corso a Barcellona. I ricercatori dello studio - promosso e realizzato dall'Ospedale Niguarda di Milano - hanno dimostrato che preservare l'integrità del retto, garantendo gli stessi livelli di sicurezza e guarigione dati dall'approccio chirurgico tradizionale, è possibile.

Allo studio, condotto dal 2018 al 2024, hanno partecipato con radioterapisti, oncologi medici, chirurghi, radiologi, endoscopisti, patologi, biologi, farmacisti, coordinatori di studio, amministrativi e ricercatori in 4 istituzioni in Italia: l'Ospedale Niguarda di Milano (ente promotore), l'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, l'Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova e l'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. A illustrare i dati nel simposio presidenziale 'Eyes to The Future' l'oncologo Alessio Amatu di Niguarda: "Gli obiettivi traslazionali di genomica e trascrittomica, presentati per la prima volta al congresso Esmo, riguardano il valore predittivo del Dna tumorale circolante (ctDna, liquid biopsy) e dell'Rna tumorale e sono anch'essi significativi e indicativi perché in grado di predire la risposta clinica".

Nei tumori del retto localmente avanzato, una delle strategie di cura attualmente più utilizzate prevede la rimozione chirurgica della malattia. In particolare, i casi di carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato fino al 2017 venivano sempre curati in tutti i casi con chemio-radioterapia e chirurgia del retto, e a seguire chemioterapia precauzionale (adiuvante) post-chirurgica per diminuire il rischio di recidiva. Con lo studio No-Cut i ricercatori hanno voluto invece indagare l'efficacia di un percorso di cura che potesse preservare l'integrità del retto garantendo gli stessi livelli di guarigione e sicurezza dati dalla chirurgia. Il protocollo ha previsto la somministrazione preventiva di una terapia più intensa, composta da una prima fase di chemioterapia seguita da una seconda potenziata con radioterapia. Successivamente, se alla rivalutazione clinica strumentale (con esame rettale, risonanza magnetica nucleare, ecoendoscopia rettale e biopsia) veniva evidenziata una remissione clinica completa della malattia, il paziente poteva evitare la chirurgia rettale venendo invece sottoposto a sorveglianza attiva con stretti controlli nel tempo.

Nello studio in questi anni sono state curate e studiate 180 persone e il risultato clinico è stato che una persona su 4 ha raggiunto la remissione clinica completa che si è mantenuta nel tempo. Una caratteristica che ha consentito loro di evitare la chirurgia del retto e la colostomia, migliorando sensibilmente la qualità di vita. All'interno dello studio No-Cut, inoltre, sono stati studiati alcuni biomarcatori multiomici (caratteristiche radiologiche e patologiche, 'radiopatomica'; Dna del tumore e circolante nel sangue, 'genomica e biopsia liquida'; Rna del tumore, 'trascrittomica'), con lo scopo di identificare a priori in quali casi fosse possibile evitare la chirurgia del retto o coloro che, non raggiungendo una remissione clinica completa, avrebbero potuto beneficiare in futuro di nuove terapie.

"L'obiettivo principale dello studio - commenta Salvatore Siena, direttore Oncologia dell'Ospedale Niguarda di Milano e principal investigator di No-Cut - è molto innovativo e rilevante per lo sviluppo della terapia senza chirurgia del carcinoma del retto localmente avanzato: si tratta di verificare se evitare la chirurgia (il Non-Operative Management, Nom) condizioni il tasso di metastasi del tumore. L'obiettivo principale è stato raggiunto ed è positivo, perché seguendo la Nom la sopravvivenza dei pazienti a distanza di 30 mesi era del 97%, e libera da metastasi. Un risultato ampiamente più favorevole di quanto atteso".

Lo studio No-Cut è finanziato dal grant IG-20685 di Fondazione Airc Ets, da Fondazione Oncologia Niguarda Ets e dal Fondo Divisionale della Struttura complessa Oncologia Falck di Niguarda.

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