Italia Longeva, aumenta assistenza a domicilio ma servono più cure sul territorio
Report agli Stati generali della Long term care, 'quasi 6 mln di over 65 a rischio isolamento nei prossimi 20 anni'
Cresce, anche se poco, l'assistenza domiciliare (Adi) degli anziani fragili, ma è fondamentale potenziare le cure sul territorio per non subire la pressione demografica. Nei prossimi 20 anni, si stima, saranno all'incirca 6 milioni gli over 65 soli e a rischio di isolamento. Oggi il 64% delle persone con demenza, tra le prime cause di perdita di autonomia negli anziani, non viene preso in carico in una struttura sociosanitaria, con un onere fortissimo per milioni di famiglie. Va poi considerato che, laddove c'è meno assistenza domiciliare, aumentano gli accessi al pronto soccorso e i ricoveri inappropriati e, dunque, la spesa a carico del servizio sanitario. E' quanto emerge dall'Indagine 2024 di Italia Longeva che, a partire dai dati del Sistema informativo del ministero della Salute, fotografa l'andamento della Long-term care nel nostro Paese, cioè dell'assistenza territoriale offerta ai cittadini fragili in risposta ai diversi livelli di intensità dei loro bisogni.
Il report è stato presentato oggi al ministero della Salute nel corso della nona edizione degli 'Stati generali dell'assistenza a lungo termine - Long-Term Care Nine', l'appuntamento annuale di Italia Longeva che riunisce gli attori che, ai vari livelli, si occupano di programmare e gestire l'assistenza agli anziani. L'indagine mostra che il bisogno di assistenza domiciliare agli anziani è enorme - riporta una nota - nonostante il trend di crescita degli over 65 che beneficiano di cure a casa, passati dai 252mila (1,95% del totale) del 2014 ai quasi 550mila (3,89%) del 2023. Secondo i dati forniti dalle Regioni al ministero della Salute, sarebbero oltre 80mila in più gli anziani che nell'ultimo anno sono stati assistiti al domicilio rispetto al 2022, dato positivo, ma che sembra non trovare riscontro nel 'mondo reale'. C'è poi un altro 2,88% di ultra 65enni (404.235 persone) che ha ricevuto cure residenziali (Rsa) nell'ultimo anno. Un'accelerazione dell'offerta dei servizi di Adi e Rsa è quanto mai prioritaria per evitare che la mancata gestione dell'invecchiamento diventi la vera malattia del Paese, sempre più chiamato a fare i conti con le conseguenze della pressione demografica: aumento del carico di cronicità, disabilità e non autosufficienza che amplificano i bisogni di salute, oltretutto in un contesto di assottigliamento delle reti familiari.
"Leggiamo con cauto ottimismo i numeri sull'Adi forniti dalle Regioni - commenta Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva - L'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle malattie ad esso correlate (diabete, patologie cardiovascolari, demenze) ci impongono di premere l'acceleratore per potenziare e rendere più omogenea l'assistenza sul territorio. Continuiamo a concentrarci sull'Adi perché siamo convinti che sia l'unica risposta possibile di un servizio sanitario in grado di affrontare e non di subire l'assistenza agli anziani. Pensiamo agli accessi in pronto soccorso e ai ricoveri inappropriati, ma anche alla necessità di garantire la messa in sicurezza dei pazienti fragili che vengono dimessi dall'ospedale, soprattutto di coloro che sono privi di un supporto familiare".
A tal proposito - prosegue la nota - sono state calcolate 600mila giornate di degenza inappropriate all'anno per gli over 70 (fonte Agenas su dati Sdo 2019), solo per la gestione di cronicità come diabete e ipertensione, che contribuiscono al sovraffollamento degli ospedali e all'aumento delle liste d'attesa, nonché al fenomeno delle dimissioni tardive per mancata disponibilità di presa in carico sul territorio. "Potenziare i servizi di Long-term care, in particolare le cure domiciliari - aggiunge Bernabei - significa costruire un ponte tra ospedale e casa, e dare finalmente un'assistenza congrua ai nostri anziani".
L'urgenza di rafforzare l'offerta di Long-term care - per Italia Longeva - va letta anche alla luce del peso crescente delle malattie neurodegenerative in un Paese con 14,3 milioni di anziani, di cui oltre 4,5 milioni di 80enni, e previsioni che stimano una quota del 34% di over 65 nei prossimi 20 anni, con gli over 80 che supereranno i 6 milioni. L'Indagine 2024 ha aperto una finestra sulla demenza, condizione che in Italia interessa 1,5 milioni di persone, di cui oltre 600mila sono affette da malattia di Alzheimer, cui si aggiungono altri 900mila italiani con diagnosi di pre-demenza. Questi numeri, uniti all'impatto economico della gestione e del trattamento dei pazienti con demenza - 23,6 miliardi di euro, di cui oltre il 60% a totale carico delle famiglie - danno la misura dell'imponente domanda di cure e supporto specifici che si rendono necessari e sempre di più lo saranno nel prossimo futuro.
"Anche quest'anno Italia Longeva ha offerto una fotografia sullo stato dell'arte della Long-term care lungo lo Stivale, aggiungendo un focus specifico sulle malattie neurodegenerative che accompagnano l’invecchiamento della popolazione - afferma Davide Vetrano, geriatra ed epidemiologo, consulente scientifico di Italia Longeva - L'Italia sta facendo dei passi in avanti nell'organizzazione e nell’offerta dei servizi di Adi e Rsa, che rappresentano le due componenti cruciali di una risposta sanitaria coerente alle esigenze degli anziani più fragili. Il panorama geografico delle cure domiciliari resta estremamente variegato: Molise, Abruzzo, Basilicata, Toscana e Umbria sono quelle che fanno meglio, con tassi di copertura di Adi superiori al 4,5%. Per quanto riguarda le cure residenziali, sono poco più di 400mila gli over 65 che ne hanno beneficiato nell'ultimo anno, ancora una volta con una distribuzione a macchia di leopardo: tassi di residenzialità più elevati si registrano nelle regioni del Nord - provincia autonoma di Trento (9,9%), Veneto (5,9%), Piemonte (5,4%), Lombardia (4,6%) e pa di Bolzano (4,3%) - e sono per lo più correlati alle peculiari caratteristiche del tessuto sociale".
Per affrontare efficacemente la fragilità degli anziani, "sono necessari - elenca Bernabei - setting assistenziali, conoscenze e competenze specifiche, e la capacità del sistema di assicurare la continuità della presa in carico tra i diversi livelli e luoghi di cura. Innanzitutto prendendo in carico gli anziani nel proprio ambiente domestico il più a lungo possibile, fornendo cure mediche, infermieristiche e riabilitative e supporto adeguati per mantenere una buona qualità della vita".
"Ma il principio guida di questa rete di assistenza - conclude il presidente di Italia Longeva - è quello di trovare la migliore soluzione assistenziale per il paziente sul territorio, a seconda della complessità dei suoi bisogni: servizi di Adi, accesso in Rsa, strutture di lungodegenza o hospice, in cui ciascun attore, professionista, caregiver, gioca la sua parte per dare risposte coerenti alle esigenze degli anziani".
Salute e Benessere
La proposta del pediatra: “Fare a scuola lo screening...
Farnetani: "Per garantire una piena applicazione, il programma diagnostico introdotto per legge dovrebbe approdare nelle aule"
"La diagnosi precoce è una grande risorsa della medicina e lo sarà ancora di più con l'estensione che potrà avere con l'intelligenza artificiale. Pensiamo al valore che può avere per il diabete, ad esempio. La recente legge 130/2023 dispone l'avvio di un programma diagnostico su base nazionale nella popolazione pediatrica per l'individuazione del diabete di tipo 1 e della celiachia. Come far sì che questo programma abbia una piena applicazione? Per avere la certezza di poter fare uno screening efficace che valuti la totalità delle persone da esaminare per l'infanzia e l'adolescenza è necessario effettuare questi esami a scuola". E' la proposta lanciata dal pediatra Italo Farnetani, da sempre convinto del 'potere dei banchi' nel campo della prevenzione, a pochi giorni dalla Giornata mondiale del diabete che si celebra giovedì 14 novembre.
Per l'esperto, in attesa che l'Ai esprima tutto il suo potenziale su questo fronte, proporre iniziative di salute attraverso le scuole è una chiave di successo per arrivare a raggiungere il maggior numero possibile di famiglie. Tanto che il camice bianco aveva lanciato un appello in questo senso anche per la vaccinazione anti-Covid ai tempi della pandemia, ricordando alcuni esempi precedenti: su tutti la vaccinazione anti-rosolia, che fino alla metà degli anni Ottanta si faceva a scuola e "si arrivava così a una risposta superiore al 90%". Mentre quando i genitori devono attivarsi, prenotare, spostarsi "non si arriva al 40%". Lo stesso effetto 'boost' si potrebbe avere sullo screening per il diabete facendolo approdare nelle scuole, assicura all'Adnkronos Salute.
Farnetani affronterà il tema della diagnosi precoce del diabete mellito di tipo 1 nell'ambito di un convegno organizzato in Sicilia dal Rotary Club di Mazara del Vallo, dall'azienda sanitaria provinciale di Trapani e dall'Associazione volontari ospedalieri di Mazara del Vallo, in occasione della Giornata del diabete. "Se mi fosse chiesto di fare il gioco della torre, la diagnosi precoce sarebbe l'ultimo elemento che butterei - ribadisce l'esperto - E' fondamentale. Però per rendere efficace il riconoscimento tempestivo del diabete di tipo 1 è necessaria l'alleanza fra minore, genitori, insegnanti, pediatra, diabetologo", elenca.
"Rispetto alla possibilità di effettuare lo screening dal pediatra o dal medico di famiglia, va ricordato che in certe aree geografiche si raggiunge anche una quota del 10% della popolazione pediatrica che il pediatra non lo vede mai. Potrebbero quindi rimanere delle lacune nel bacino di pazienti da sottoporre allo screening", riflette Farnetani, che è professore ordinario di pediatria dell'università Ludes-United Campus of Malta.
Un appello l'esperto lo lancia anche ai genitori e agli adulti che vivono intorno a bambini e adolescenti: "Cercate di individuare eventuali 'spie' - suggerisce - sintomi che possono far pensare al diabete di tipo 1, segni premonitori. Per esempio se un bambino o un adolescente in poco tempo inizia a mangiare molto più del solito e a perdere peso, o a fare più spesso la pipì e a ricominciare a bagnare il letto di notte, se inizia a essere svogliato, stanco, ad avere sonnolenza durante il giorno. In presenza di questi sintomi è opportuno che i genitori consultino in modo tempestivo il pediatra, il medico curante. Dopo questa visita potrebbe essere necessario consultare un diabetologo". Allo stesso modo è importante per Farnetani "il ruolo della scuola e la collaborazione con gli insegnanti: anche loro possono notare comportamenti diversi rispetto ai mesi precedenti - se lo studente è stanco o chiede spesso di andare in bagno, beve spesso durante le lezioni oppure al momento dello spuntino di metà mattinata mangia con voracità. Segnali che vanno riferiti ai genitori".
"La ricerca della presenza degli anticorpi del diabete di tipo 1 nel sangue come screening di massa è davvero strategica. Prima si fa la diagnosi prima si può dare l'insulina garantendo all'organismo un apporto sempre sufficiente. E' importante e opportuno fare una diagnosi precoce" per questa malattia "anche perché in una quota fino al 40% dei casi si scopre che il bambino o l'adolescente, ma in alcuni casi anche l'adulto, presenta il diabete mellito di tipo 1 quando viene una crisi di chetoacidosi diabetica che richiede un ricovero urgente in ospedale e che mette in pericolo la vita".
Salute e Benessere
Ricerca, Centro nazionale Rna e gene therapy a Shanghai per...
Il presidente Rizzuto, 'grande vivacità su sperimentazione di nuovi farmaci'
Una delegazione del Centro nazionale Rna e terapia genica guidata dal presidente, Rosario Rizzuto, è stata impegnata per 4 giorni a Shanghai in un fitto programma di incontri di alto livello scientifico. Un'occasione preziosa per conoscere da vicino alcune delle realtà più dinamiche della ricerca medica mondiale e per consolidare un canale di comunicazione tra le strutture di ricerca italiane e cinesi.
"La sperimentazione cinese sul fronte dei nuovi farmaci basati sull'Rna e sulla terapia genica dimostra una grande vivacità - afferma Rizzuto - Se da una parte l'accademia ha un forte presidio in tutte le avanguardie più promettenti della ricerca, anche l'iniziativa imprenditoriale gioca un ruolo di primo piano, grazie al fiorire di start-up che sviluppano know-how specifico, fondamentale per affiancare le strutture mediche del futuro, attivando, ad esempio, protocolli di sequenziamento tempestivi che permetteranno di proporre terapie personalizzate ai pazienti, grazie anche alla creazione di centri di diagnosi e trattamento specifici per le varie tipologie di malattie. Lo scambio con i colleghi cinesi - aggiunge - ci consegna nuove prospettive utili per il nostro lavoro e ci permette di trarre ispirazione da un sistema accademico e di ricerca diverso dal nostro, ma fortemente concentrato sulle opportunità offerte dalla medicina del futuro".
La delegazione - si legge in una nota - ha potuto visitare lo Shanghai Institute for Advanced Immunochemical Studies (Siais), che opera in vari ambiti di ricerca quali immunochimica, biologia cellulare, biologia computazionale e intelligenza artificiale e biochimica strutturale. Di grande interesse anche gli incontri presso la ShanghaiTech University School of Biomedical Engineering (Bme) e la Shanghai Clinical Research and Trial Center (Scrtc), dove si formano le nuove leve della bioingegneria che affiancheranno il personale medico negli ospedali cinesi. Tra le start-up incontrate: InnoStellar Biotherapeutics, che ha recentemente avviato con successo studi clinici per il trattamento della distrofia retinica ereditaria; CorrectSequence Therapeutics, azienda biotecnologica che lavora su cinque sistemi di base editing, e la RongCan Biotech, che opera nel campo del sequenziamento dell'mRna, dei sistemi di rilascio basati su Lnp, fino ai prodotti farmaceutici finali a base di mRna.
Il Centro nazionale di ricerca 'Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia Rna', finanziato con oltre 320 milioni di euro dal programma NextGeneration Eu, in base a un progetto dell'Università di Padova, coinvolge a livello nazionale oltre mille scienziati e 500 ricercatori e dottorandi di 32 atenei e istituti di ricerca e 14 aziende private.
La struttura è finalizzata a rendere disponibili al più presto cure innovative, di precisione e sostenibili per un'ampia gamma di patologie, spesso incurabili. Il lavoro di ricerca e sperimentazione è guidato dall'omonima Fondazione che svolge il ruolo di Hub e coordina 10 Spoke: 5 verticali dedicati alla ricerca e 5 orizzontali che si occupano dello sviluppo tecnologico.
Salute e Benessere
Sanità, Ciocchetti: “Nei prossimi 3 anni circa 12 mld...
"Stiamo mettendo più risorse per specializzazioni meno attrattive"
“Stiamo cercando di mettere più risorse. Il ministro Schillaci ha posto proprio come priorità il problema di rendere più attrattivo il Servizio sanitario nazionale per gli operatori sanitari. Nei prossimi 3 anni la legge di bilancio prevede circa 12 miliardi di euro di stanziamento in più sul Servizio sanitario nazionale e si stanno rinnovando i contratti degli operatori del servizio pubblico del Ssn Stiamo cercando di recuperare il gap che abbiamo avuto di medici che” erano “pochi prima del Covid.” Dopo la pandemia “sono finalmente aumentate sia la possibilità di iscrizione a medicina ma anche il numero delle borse di studio per la specializzazione. Nella legge di bilancio finanziamo un'integrazione alle borse di studio per le specializzazioni che sono meno attrattive, che negli ultimi anni hanno avuto poche iscrizioni e che però sono assolutamente fondamentali per il Servizio sanitario nazionale e per la cura di molte patologie”. Lo ha detto Luciano Ciocchetti, vicepresidente Commissione Affari sociali alla Camera, oggi a Roma, in occasione del convegno sul valore sociale del pubblico impiego nel Ssn, organizzato da Aaroi-Emac, il sindacato dei Medici anestesisti rianimatori e dell’emergenza-urgenza.
“Sappiamo bene - continua - che bisogna fare di più: riorganizzare”, mettere a terra “davvero i finanziamenti del Pnrr con la creazione, finalmente, delle strutture della sanità territoriale, con le case di comunità e con tutto quello che potrà essere alternativo all'ospedale e al pronto soccorso”, per portare le cure “vicino a casa, potenziando dell'assistenza domiciliare. Serve una riorganizzazione che” non può prescindere dalla “ricerca di nuovi finanziamenti e di nuove risorse - conclude - che possono essere messe sul Servizio sanitario nazionale”.