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Con il tirocinio non si accede alle agevolazioni fiscali per gli impatriati

Con il tirocinio non si accede alle agevolazioni fiscali per gli impatriati

Con il tirocinio non si accede alle agevolazioni fiscali per gli impatriati

Il tirocinio formativo retribuito non apre le porte del regime impatriati, nonostante i redditi percepiti siano assimilabili a quelli di lavoro dipendente.

Manca il requisito fondamentale dello svolgimento dell’attività lavorativa: lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 152 del 2024, fornita in seguito alle richieste di chiarimenti arrivate da un contribuente.

Anche con il tirocinio si può ottenere lo sconto sulle imposte previsto dal regime impatriati?

Sotto la lente di ingrandimento dell’Amministrazione finanziaria ci sono le regole di accesso al vecchio regime impatriati, che è stato sostituito dal 1° gennaio dal nuovo impianto di agevolazioni fiscali previsto per chi rientra in Italia dopo un periodo all’estero ma che resta applicabile a coloro che hanno trasferito la residenza fino al 31 dicembre 2023.

Non è possibile procedere con la riduzione della base imponibile, pari al 70 per cento in base a quanto stabiliva il decreto legislativo numero 147 del 2015, quando si svolge un tirocinio che, seppur retribuito, rientra in un percorso formativo.

Nel vecchio impianto di agevolazioni fiscali previste per chi sceglie di tornare in Italia, così come nel nuovo, uno dei requisiti fondamentali per poter ottenere lo sconto sulle imposte da versare è lo svolgimento dell’attività lavorativa sul nostro territorio.

Accesso vietato al regime impatriati per coloro che svolgono un tirocinio in Italia

I benefici non si possono applicare, ad esempio, alle somme percepite per fini di studio o di addestramento professionale: è il caso delle borse di studio, ma anche degli importi erogati per tirocini o stage.

La motivazione? Questo tipo di entrate non derivano da un rapporto di lavoro dipendente che vede coinvolto il cittadino o la cittadine che riporta la residenza in Italia, nonostante rientrino tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

“Agevolare i redditi derivanti dallo svolgimento di un’attività lavorativa in Italia da parte di soggetti che vi trasferiscono la residenza fiscale” d’altronde è l’obiettivo del regime impatriati, sottolinea l’Agenzia delle Entrate.

E il tirocinio per l’Amministrazione finanziaria non basta: la base imponibile su cui calcolare le imposte dovute non si riduce per chi è impegnato in un percorso formativo dopo aver svolto un periodo di lavoro all’estero e aver scelto di tornare nel nostro Paese.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Economia

Bonus ristrutturazioni 2025: Ecco come cambia e perché è...

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Allora, diciamolo chiaramente: se stai pensando di ristrutturare casa, il 2025 potrebbe essere il momento giusto. Non è una di quelle decisioni che prendi su due piedi – lo capiamo benissimo. Perché parliamo di bonus, scadenze, regole che cambiano ogni anno. Una vera giungla, insomma. Quest’anno, la Legge di Bilancio ha cambiato un po’ le carte in tavola sul Bonus Ristrutturazioni, e ci sono delle cose importanti da sapere. Perché? Perché tutto cambia e anche in fretta. Quindi fai un bel respiro, rilassati e vediamo insieme cosa c’è di nuovo e come fare per sfruttarlo al meglio. Non è solo questione di numeri: è capire come fare la mossa giusta al momento giusto.

Prime case: quali sono le novità?

Se hai una prima casa e stai pensando di ristrutturarla, c’è una bella notizia per te. Fino alla fine del 2025 puoi ottenere una detrazione del 50% su quello che spendi, fino a un massimo di 96.000 euro per ogni unità immobiliare. Non è per niente male, no? Ma attento: dal 2026 la detrazione scenderà al 36%, sempre con lo stesso limite di spesa. Quindi, tradotto in parole semplici, hai poco più di un anno per goderti questo vantaggio al massimo. E se hai in mente di fare qualche lavoretto, di cambiare qualcosa, il momento giusto è proprio adesso. Non aspettare, perché ogni mese che passa potrebbe significare meno risparmi in futuro.

Ma cosa significa questo in pratica? Che il 2025 è l’ultimo anno per ottenere il massimo dai lavori sulla tua casa principale. Se hai già in mente di rifare il bagno, cambiare gli infissi o migliorare l’efficienza energetica della tua abitazione, questo è il momento di fare sul serio.

E per le seconde case?

Le cose sono leggermente diverse se parliamo di seconde case. La detrazione applicabile nel 2025 è del 36%, sempre con il tetto dei 96.000 euro. Ma anche qui, c’è una sorpresa: dal 2026, l’aliquota scenderà ulteriormente al 30%. Non c’è molto tempo per prendere decisioni, quindi è meglio valutare bene se è il caso di intervenire subito.

Certo, è evidente che il Governo abbia voluto incentivare maggiormente gli interventi sulle abitazioni principali, penalizzando un po’ chi possiede una seconda casa. Ma questa è la linea intrapresa da chi sta a capo: premiare chi investe nella propria abitazione principale e spinge verso un miglioramento strutturale del proprio bene.

Che tipi di lavori sono inclusi?

La lista degli interventi coperti dal Bonus Ristrutturazioni è piuttosto ampia. Si va dai lavori di manutenzione straordinaria, come il rifacimento degli impianti elettrico e idraulico, alla sostituzione di infissi e serramenti, fino a interventi più complessi di isolamento termico e efficientamento energetico. Se, invece, hai problemi di accessibilità, sono inclusi anche interventi come l’installazione di ascensori o montascale.

Per quanto riguarda i condomini, il bonus si applica anche alla manutenzione ordinaria su parti comuni come facciate, scale e androni. E non dimentichiamoci della bonifica dell’amianto e dell’installazione di sistemi di sicurezza come allarmi e telecamere. Insomma, c’è parecchio da fare e ci sono tante possibilità di miglioramento.

Addio sessione del credito: la grande novità del 2025

Una delle modifiche più significative è l’eliminazione della cessione del credito e dello sconto in fattura. Sì, avete letto bene: non si potrà più cedere il credito a terzi o ottenere uno sconto diretto sul conto del fornitore. Il bonus sarà utilizzabile solo sotto forma di detrazione Irpef, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo. Questo cambia un po’ le carte in tavola, perché chi aveva bisogno di liquidità immediata potrebbe trovarsi in difficoltà.

È una scelta che non ha messo d’accordo tutti, anzi, in molti la vedono come un passo indietro. La cessione del credito era una soluzione che permetteva a tante persone di poter fare lavori senza dover anticipare l’intero costo. Ma ora, bisognerà tornare a fare i conti con il proprio budget e organizzarsi di conseguenza.

Bonus mobili: ancora qualcosa per arredare

Diciamocelo, quando ristrutturi casa, chi riesce a resistere alla tentazione di rifare anche gli interni? E qui il Bonus Mobili ti viene in aiuto. Anche per il 2025, puoi contare su una detrazione del 50% per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, purché di classe energetica A+ o superiore. C’è un limite di 5.000 euro, ma è comunque una bella mano, soprattutto se vuoi dare un nuovo look a tutto. Che dire? Se hai sempre sognato di rinnovare ogni angolo della tua casa, questo potrebbe essere il momento giusto. Può essere visto come un vero e proprio “rinnovo completo” che ti permette di respirare aria nuova.

Occhio all’aggiornamento catastale

Un aspetto spesso trascurato – ma non meno importante – riguarda l’aggiornamento catastale. Se si vogliono fare lavori che comportano modifiche strutturali significative, bisognerà aggiornare le planimetrie. Questo passaggio è fondamentale per garantire la trasparenza e la correttezza delle operazioni eseguite. Se l’immobile ha già usufruito del Superbonus, poi, è necessario verificare che tutte le modifiche siano state correttamente dichiarate.

La documentazione: cosa serve per ottenere il bonus?

Burocrazia, burocrazia, burocrazia. Sì, perché per accedere al Bonus Ristrutturazioni è indispensabile presentare una serie di documenti: permessi edilizi (come Scia, Cil o Cila), fatture e ricevute di pagamento (da effettuare rigorosamente tramite bonifico “parlante”) e per chi abita in condominio, la dichiarazione dell’amministratore che attesti le spese sostenute. Per gli interventi di efficientamento energetico, potrebbe essere richiesta anche una certificazione energetica.

Insomma, serve un po’ di pazienza, ma è tutto a portata di mano se ci si organizza per tempo.

Il nostro consiglio? Non aspettare

Con tutte queste novità, il messaggio è chiaro: se hai in programma dei lavori di ristrutturazione, muoviti ora. Non aspettare che le aliquote scendano o che le condizioni cambino ulteriormente. Pianifica tutto nei minimi dettagli, verifica la conformità del tuo immobile e preparati a conservare accuratamente ogni singola ricevuta.

Le modifiche introdotte nel 2025 sono un invito a investire nella propria abitazione principale, migliorandone l’efficienza e la sicurezza. E forse, proprio in questo, possiamo leggere il vero spirito del Bonus Ristrutturazioni: migliorare la qualità della nostra vita, una ristrutturazione alla volta.

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Economia

Pil e disuguaglianze, come stanno veramente gli italiani?

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Un'analisi dei dati Istat che tiene conto delle differenze territoriali, di genere e di istruzione

Istat

Ogni volta che si discutono i dati economici - Pil, Occupazione e Inflazione sono i principali - ci si chiede quanto siano in grado di rappresentare le reali condizioni di vita degli italiani. C'è una distanza tra i dati e la realtà e c'è anche una diversa velocità tra le rilevazioni periodiche, che inevitabilmente scontano un ritardo di raccolta ed elaborazione, e le effettive condizioni di chi deve fare i conti con il costo della propria vita. Può aiutare a fare un po' di chiarezza un'analisi che mette insieme i principali indicatori Istat e la pubblicazione 'Benessere e disuguaglianze in Italia', sempre Istat, del 4 novembre scorso.

Aprendo il sito dell'Istat sono in evidenza tre grafici significativi. Quello del Pil fa segnare nel terzo trimestre 2024 il dato più alto in valore assoluto dal 1996, 481.587 milioni di euro; gli occupati a settembre 2024 sono 23.983.000, sui massimi dal 2004, l'inflazione a ottobre 2024 è allo 0,9%, su valori non lontano dal minimo di gennaio 2015, 0,6%. Quindi, l'economia italiana è in piena salute e le condizioni economiche degli italiani lo sono altrettanto?

E' utile, a questo punto, andare a sfogliare la pubblicazione 'Benessere e diseguaglianze in Italia'. Il primo fattore che va considerato è che a livello territoriale persistono forti disuguaglianze. Le regioni del Nord emergono con valori di benessere superiori alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei quando si parla di lavoro e conciliazione dei tempi di vita e relazioni sociali. La maggior parte degli indicatori mostrano, inoltre, uno svantaggio femminile. Le donne restano fortemente penalizzate nel mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi che su quelli qualitativi. Il tasso di occupazione è marcatamente più basso, mentre sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro, sia l’incidenza del part-time involontario.

Considerare gli indicatori per titolo di studio è fondamentale alla luce del legame profondo tra istruzione e qualità della vita. Avere un alto livello di istruzione significa godere di più elevati livelli di benessere e di una maggiore protezione dalle vulnerabilità date dalla combinazione di più fattori discriminanti. L’investimento in capitale umano è uno dei principali fattori di protezione dalle difficoltà economiche. Il rischio di povertà dei laureati è più che dimezzato rispetto al totale della popolazione. Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché il rischio di povertà è minimo tra i laureati residenti al Nord e massimo tra i residenti al Mezzogiorno con bassa istruzione.

Questa analisi dell'Istat aiuta a capire perché c'è una distanza considerevole tra quello che dicono i macro dati e le condizioni reali di vita degli italiani.

Entrando nello specifico del disagio economico si riesce ad andare oltre. "Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché al Nord il rischio è inferiore al 10% (3,6% se laureati) e al Mezzogiorno sale al 30,8% (40,7% se con bassa istruzione)". Se si considerano anche le differenze di genere si vede come "il gruppo più svantaggiato è costituito dalle donne con bassa istruzione residenti al Mezzogiorno, tra le quali il rischio di povertà raggiunge il 42,7%". Inoltre, le differenze territoriali si aggiungono a quelle per istruzione, anche considerando le fasce di età, con "un rischio di povertà che nel Mezzogiorno è più elevato e tra i giovani adulti con basso titolo di studio sale al 56,7%". All’interno del mercato del lavoro il capitale umano ha un ruolo estremamente positivo. Il tasso di occupazione dei laureati (84,3%) e diplomati (73,4%) è ben al di sopra del valore medio per l’Italia (69,1%) mentre per chi ha un basso titolo di studio scende al 54,2%. Inoltre, anche nel Mezzogiorno essere laureati (82,5% contro 59% degli uomini con bassa istruzione) ed in particolare laureate (71,8% contro appena il 21,8% delle meno istruite) pone in condizioni di vantaggio rispetto agli esiti occupazionali e riduce la distanza con gli occupati di pari istruzione nelle altre zone del Paese.

La conclusione a cui si arriva è che dentro i macro dati c'è una realtà che cambia molto rispetto alla collocazione geografica, al genere e al livello di istruzione. Come dire, lo stesso dato del Pil si porta dietro una realtà frammentata e piena di disuguaglianze. (Di Fabio Insenga)

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Economia

Agroalimentare, Centinaio (Lega): “L’Italia è...

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 Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

Gian Marco Centinaio

“L’agroalimentare è uno dei settori più importanti del nostro Paese. Oggi trattiamo quelle che sono le potenzialità del nostro Paese. Quindi, il fatto che l'Italia sia il paese della biodiversità e dell'agroalimentare, ma anche il fatto che l'agricoltura sta attraversando un momento di crisi dovuto anche al cambiamento climatico e alla crisi economica. Vogliamo capire quelli che sono i modi per affrontare questo momento di crisi e quindi pensiamo alle nuove tecnologie, alla ricerca scientifica al fatto che attraverso i fondi che vengono dati alle nuove generazioni si riesce a pensare a un futuro per l'agricoltura italiana”. Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

“È necessario ragionare a livello europeo perché il maggior finanziamento dell'agricoltura viene dall’Europa - prosegue Centinaio - Va revisionata questa politica agricola comunitaria che non deve semplicemente dare soldi agli agricoltori, ma deve aiutarli attraverso delle politiche, pensiamo alla reciprocità con i Paesi terzi che importano in Europa. Poi è necessario anche un piano strategico a livello nazionale perché perché altri Stati l'hanno fatto, penso soprattutto alla Spagna, e l'Italia non può venire meno a questo impegno”.

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