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Da Will Smith a Ed Sheeran, parata di star per la festa di Andrea Bocelli

Alla celebrazione dei 30 anni di carriera, al Teatro del Silenzio di Lajatico, sono arrivati da Hollywood anche Russell Crowe e Johnny Deep, e le popstar Zucchero, Eros Ramazzotti, Elisa, Tiziano Ferro e Laura Pausini

Andrea Bocelli e Ed Sheeran

Will Smith che recita una canzone, Russell Crowe che canta, Johnny Deep che suona la chitarra: sono le sorprese che le tre star di Hollywood hanno regalato a Andrea Bocelli che ha festeggiato i trent'anni di carriera nel suo Teatro del Silenzio, allestito, come ogni estate, a pochi giorni dalla fine della mietitura del grano, tra le balze delle colline pisane, vicino a Lajatico, borgo natale del tenore pop.

Per il mega evento "Andrea Bocelli 30: The Celebration", destinato a diventare un film per le sale cinematografiche e uno speciale per la tv su Canale 5, il cantante toscano ha fatto le cose in grande, radunando un cast stellare: tra gli altri la popstar Ed Sheeran, il chitarrista dei Queen Brian May, i tenori Placido Domingo e José Carreras, il pianista Lang Lang, le super star della canzone italiana nel mondo Zucchero, Eros Ramazzotti, Elisa, Tiziano Ferro e Laura Pausini; tutti accompagnati sul palcoscenico a forma di astronave dall'Orchestra Filarmonica Italiana e dal Nuovo Coro Lirico Romano, con la direzione del maestro Steven Mercurio.

Tra gli spettatori dei tre concerti live (15, 17 e 19 luglio), tutti sold out, tante celebrità: John Elkann con la famiglia, le sorelle Kim e Khloe Kardashian, il cantante Tony Renis amatissimo negli Usa per la sua evergreen "Quando quando quando", l'ex calciatore dell'Inter Julio Ricardo Cruz, la stilista Eva Cavalli, l'attrice statunitense Katherine Kelly Lang, che ha raggiunto la fama internazionale interpretando il ruolo di Brooke Logan, protagonista femminile nella soap opera "Beautiful", Jordan Scott, figlia del regista Ridley Scott, il pasticcere Igino Massari, Nicoletta Mantovani, vedova di Luciano Pavarotti.

Tra i momenti più toccanti del concerto-kolossal di mercoledì 17 luglio l'esibizione dell'attore statunitense Will Smith, Premio Oscar e vincitore di 4 Grammy Award, che ha emozionato i diecimila spettatori (una platea internazionale composta per la maggior parte da cittadini di lingua inglese) recitando in forma di poesia "You'll Never Walk Alone", canzone del musical "Carousel" del compositore Richard Rodgers, interpretata con l'accompagnamento al pianoforte dello stesso Bocelli, che ha definito l'amico "la leggenda", in ricordo del suo film "Io sono leggenda" (2007). Ad ascoltare Will Smith in platea anche il figlio Jaden, 26enne attore, rapper, ballerino, modello e stilista.

Un emozionatissimo Ed Sheeran si è unito a Bocelli per un'esecuzione acustica di "Perfect Symphony", che è anche presente nel prossimo album "Duets" del tenore. "Grande Andrea, ti voglio bene", ha detto il cantautore britannico abbracciandolo. Subito dopo "il pirata dei Caraibi" Johnny Depp ha accompagnato Bocelli suonando la chitarra nella canzone "En Aranjuez con tu amor" come tributo al compianto Jeff Beck. "Mille grazie Andrea", si è lasciato andare l'attore statunitense in italiano, per poi proseguire in inglese: "Mi hai reso felice invitandomi a questa notte magica, a questa notte speciale. Che Dio ti benedica Andrea!" "Il gladiatore" Russell Crowe è salito sul palco per un'interpretazione di "Take This Waltz" di Leonard Cohen, con Bocelli al pianoforte, che ha incantato e sorpreso il pubblico.

Sorprendente anche l'interpretazione di "You Raise Me Up" da parte della figlia più piccola di Bocelli, Virginia, 12 anni. "È la nostra principessa, è un sole che illumina l'intera famiglia", ha detto il papà di lei, che è riuscita conquistare il pubblico d Lajatico con l'intensità della sua voce al pari delle superstar. L'altro figlio Matteo, avviato a una luminosa carriera internazionale, ha cantato "Honesty" con al pianoforte il fratello Amos. E il babbo Andrea ha commentato sorridendo a un certo punto della serata: "Voglio ringraziare i miei figli Matteo, Amos e Virginia per essere stati presenti alla mia festa. Chissà se un giorno mi denunceranno per sfruttamento minorile..."

I tenori Placido Domingo e Jose Carreras, il pianista Lang Lang, il soprano Nadine Sierra e il baritono Franco Vassallo sono stati tra le altre superstar della musica classica che si sono esibite con Bocelli. Per l'occasione Domingo si è cimentato anche nelle vesti di direttore d'orchestra e la sua esibizione nell'aria "Nemico della patria" da "Andrea Chenier" di Umberto Giordano è stato un trionfo per l'83enne artista spagnolo.

"Questi sono concerti speciali in un luogo speciale per me, qui ci sono i ricordi più belli della mia infanzia, qui ho cominciato ad ascoltare i cantanti che mi hanno ispirato fin da bambino", ha detto Andrea Bocelli aprendo il secondo dei due concerti del Teatro del Silenzio. "E' quasi un miracolo aver radunato qui tanti amici artisti, li ringrazio per aver accettato il mio invito", ha aggiunto subito dopo aver cantato "O sole mio" mentre scendeva la scalinata spaziale al centro del palcoscenico.

Grandi emozioni con Zucchero che ha duettato con Bocelli in "Miserere" mentre scorrevano le immagini di Luciano Pavarotti. Zucchero Fornaciari incise il brano insieme al grande tenore scomparso ed incluso nell'omonimo album del 1992, mentre nei provini iniziali la parte tenorile era stata incisa da Bocelli, allora non ancora conosciuto al grande pubblico e che la eseguirà nei concerti de "L'Urlo Tour Europa Italia". Il cantautore emiliano ha poi fatto ballare gli spettatori del Teatro del Silenzio al ritmo di "Così celeste". Energia pura anche con Laura Pausini e Tiziano Ferro in coppia con "Invece no". In precedenza Bocelli aveva accompagnato Pausini al pianoforte per la canzone "Lei"; all'inizio il tenore aveva esitato, commosso, per poi dedicare il brano alla moglie Veronica Berti. Una standing ovation ha salutato Andrea Bocelli al termine del concerto, dopo aver trionfato per dieci minuti tra gli applausi che gli ha regalato il pubblico dopo il suo cavallo di battaglia: l'aria "Nessun dorma" dalla pucciniana "Turandot".

La serata di mercoledì 17 luglio rimarrà una celebrazione di musica, ricordi e momenti epici in attesa dell'ultimo spettacolo di venerdì 19 luglio. L'evento celebrativi ha preso il via lunedì scorso con le esibizioni di Jon Batiste, Sofia Carson, Matteo Bocelli, Virginia Bocelli, Christian Nodal ed Elisa. Lo spettacolo di venerdì vedrà le esibizioni di Shania Twain, David Foster, Brian May e molti altri.

"Andrea Bocelli 30: The Celebration" viene girato e prodotto da Mercury Studios, Maverick, Almud, Impact Productions e CitySound & Events. Il film sarà diretto da Sam Wrench, vincitore di un Grammy e di un Emmy Award, che ha recentemente diretto "Taylor Swift - The Eras Tour", il film sul concerto che ha incassato di più in assoluto, e sarà distribuito a livello mondiale nelle sale cinematografiche da Fathom in autunno.

La celebrazione del 30° anniversario di Bocelli continuerà con l'uscita del suo nuovo album, "Duets", il 25 ottobre via Decca Records / Sugar Music. La raccolta di 32 brani include molte delle collaborazioni più amate di Bocelli con Ed Sheeran, Céline Dion, Dua Lipa, Jennifer Lopez, Luciano Pavarotti e altri, oltre a nuovi duetti di superstar registrati appositamente per l'album con Shania Twain, Chris Stapleton, Gwen Stefani, Marc Anthony, Karol G, Matteo Bocelli, Hans Zimmer e altri.

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Spettacolo

Domenica In, oggi torna Mara Venier. Dal gioco a premi...

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Ospiti della prima puntata Renzo Arbore, Riccardo Cocciante, Teo Mammucari e Sal Da Vinci

Mara Venier - (Fotogramma)

Prende il via oggi, 15 settembre alle 14 su Rai1, in diretta dagli ‘Studi Rai Fabrizio Frizzi’, la nuova edizione 2024/25 di 'Domenica In', condotta anche quest’anno (per l'ultima volta) da Mara Venier. Per la popolare e amatissima conduttrice sarà la 16ma volta alla conduzione della trasmissione (la sua prima edizione è stata quella del 1993/94) e la settima consecutiva.

Novità nuova edizione

La formula di 'Domenica In' 2024/25 si presenta con tante novità, a partire dallo studio che avrà una scenografia completamente rinnovata, in grado di valorizzare al meglio i diversi momenti di spettacolo e di intrattenimento di uno dei programmi più popolari e longevi della Rai. Non mancheranno le celebri e richiestissime interviste ‘One-to-One’ di Mara Venier, ormai un elemento centrale e imprescindibile per il successo del programma.

Un ampio salotto con vista sui tetti di Roma ospiterà lo spazio dedicato all’approfondimento del tema della settimana, fatti di cronaca, eventi di particolare interesse e importanza sociale o anche argomenti più leggeri di costume e di spettacolo. Non mancheranno ospiti prestigiosi del mondo della musica e dello spettacolo, che potranno esibirsi in una nuova zona dello studio dedicata appositamente alle performance musicali. Altra novità, un gioco telefonico denominato ‘Mara 500+’, che coinvolgerà il pubblico da casa in un nuovo quiz a premi basato su filmati e momenti di repertorio che rievocheranno le oltre 500 puntate di 'Domenica In' condotte da Mara, ma anche le tante edizioni del popolare contenitore domenicale che si sono susseguite dal 1976 ad oggi.

In studio anche una band di 8 elementi, diretta dal maestro Stefano Magnanensi, pronta ad accompagnare le esibizioni ‘live’ dei vari ospiti che sceglieranno 'Domenica In' per presentare in anteprima i loro album e i loro tour. E poi un nuovo corpo di ballo, composto da 8 ballerini, che interverrà in alcuni momenti della puntata, per sottolineare o accompagnare, con coreografie studiate ad hoc, i vari momenti dello spettacolo.

Gli ospiti di oggi

Tra gli ospiti della prima puntata Renzo Arbore, Riccardo Cocciante, Teo Mammucari e Sal Da Vinci. Lo spazio attualità vedrà la storia di Valeria Bartolucci, moglie di Louis Dessilva, in studio anche la criminologa Roberta Bruzzone.

"Nella prima puntata ci sarà in studio Valeria, moglie di Luis, il ragazzo arrestato per l'omicidio di Pierina Paganelli", ha detto Venier incuriosita "dalla storia d'amore personale di questa coppia: lei è stata tradita, ma continua a difenderlo". Non si parlerà di politica: "Non posso farlo, non sono una giornalista".

"Lo studio è stato rinnovato, presenterà una tridimensionalità per dare la possibilità alla conduttrice di muoversi in tutto lo spazio. Oltre all'intrattenimento ci sarà un momento di attualità in cui Mara farà da interprete dei principali temi della settimana. Sarà un programma proprio come la forma dello studio: a 360 gradi", ha spiegato Angelo Mellone, direttore intrattenimento day time. Per questa edizione "siamo riusciti a realizzare un gioco, che riguarda la storia della televisione, avevo voglia del contatto con il pubblico da casa, di leggerezza e di ritornare ad essere la Mara della mia prima 'Domenica In'", ha raccontato la conduttrice.

"Volevo fare una 'Domenica In' al femminile, ma i nomi erano difficili da mettere insieme", ha detto ancora Venier promettendo, nella nuova edizione, di raccontare "storie di donne con un vissuto importante da raccontare, come Valeria. Non voglio intervistare solo star ma anche avere un rapporto diretto con donne normali", ha aggiunto quindi la conduttrice, sottolineando che le piacerebbe coinvolgere la comica Barbara Foria in qualche puntata: "Ne stiamo parlando. Dobbiamo trovare un’idea carina e non banale".

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Interviste

Il viaggio di Giorgio Cantarini: dal bambino di “La Vita è...

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Giorgio Cantarini, nato il 12 aprile 1992 a Orvieto, è un attore italiano il cui talento si è rivelato sin dalla tenera età. Il suo percorso artistico è iniziato in modo quasi fiabesco quando, a soli cinque anni, ha avuto l’opportunità di recitare nel celebre film di Roberto Benigni, La vita è bella (1997). In quel film, Giorgio ha interpretato il piccolo Giosuè Orefice, figlio del protagonista Guido, e la sua interpretazione ha immediatamente catturato il cuore del pubblico di tutto il mondo.

La dolcezza e l’innocenza con cui Giorgio ha dato vita a Giosuè hanno reso la sua interpretazione impossibile da dimenticare. Ogni suo sorriso, ogni sguardo ingenuo e fiducioso ha toccato il cuore di chi guardava, facendo scaturire un’emozione così pura e profonda che, ancora oggi, rimane scolpita nei ricordi di chi ha vissuto quella storia attraverso i suoi occhi.

Giosuè ha incarnato la purezza di un bambino che, pur immerso nella brutalità dell’Olocausto, riesce a trovare conforto nella fantasia protettiva del padre. Con naturalezza e sensibilità, ha saputo rappresentare quel delicato equilibrio tra la spensieratezza infantile e la cruda realtà, creando un ritratto di resilienza e speranza che ha toccato corde emotive universali.

La vita è bella ha trionfato agli Oscar, vincendo tre statuette, tra cui quella per il Miglior Film Straniero, e in questo successo, l’interpretazione di Giorgio ha avuto un ruolo fondamentale.

Dopo il clamoroso successo del suo debutto, Giorgio è tornato sul grande schermo nel 2000 con un altro ruolo iconico, interpretando il figlio di Massimo Decimo Meridionel kolossal di Ridley Scott, Il Gladiatore. Sebbene il suo fosse un ruolo breve, la sua presenza in un film di tale portata, accanto a una star del calibro di Russell Crowe, ha confermato ulteriormente il suo talento e il suo potenziale nel mondo del cinema.

La scelta consapevole di Giorgio

Nonostante l’incredibile successo che lo ha travolto fin da bambino, Giorgio ha deciso di non farsi trascinare da quella valanga di notorietà. Ha scelto, con maturità e consapevolezza, di mantenere i piedi per terra e prendere il tempo necessario per ascoltare sé stesso, invece di lasciarsi condizionare dalle aspettative del mondo esterno.

Con saggezza e maturità, ha preferito dedicarsi agli studi, ritagliandosi il tempo necessario per riflettere e fare scelte ponderate riguardo alla sua carriera. Ha continuato a lavorare come attore, ma con una presenza più discreta, partecipando a progetti cinematografici e televisivi, sia in Italia che all’estero, mantenendo sempre il controllo sulla propria evoluzione artistica.

La sfida di Giorgio: dalla recitazione al ballo

Nel 2005, ha accettato una sfida diversa partecipando a Ballando con le Stelle, dove ha messo in mostra non solo il suo talento, ma anche la sua personalità simpatica e affabile.

Negli anni successivi, Giorgio ha intrapreso un percorso di studio approfondito della recitazione, ampliando le sue competenze nel teatro e sperimentando nuove forme espressive. Pur non essendo più sotto i riflettori con la stessa intensità dei suoi esordi, ha mantenuto intatta la sua passione per l’arte, scegliendo progetti che rispecchiassero la sua crescita personale e professionale. Lo abbiamo incontrato in esclusiva, di seguito l’intervista in italiano – per leggerla anche in altre lingue, visita www.menover50mode.com.

La nostra intervista esclusiva

Giorgio, grazie di aver accettato questa intervista!

“Il piacere è mio.

Come hai vissuto il passaggio dall’essere un attore bambino in film così iconici a costruire la tua carriera da adulto?

Crescendo, dopo “La vita è bella” e “Il Gladiatore”, ho continuato a lavorare nel mondo del cinema, partecipando ogni 3-4 anni a qualche progetto, come nuovi film per la TV o piccole collaborazioni. Partecipavo a questi progetti quando erano interessanti, anche se all’epoca non avevo una vera aspirazione a fare l’attore. Non era qualcosa che mi interessava davvero. In pratica, era un’attività in cui ero capitato quasi per caso e che sapevo fare, quindi ogni tanto accettavo delle parti, ma in realtà volevo fare altro. Come molti ragazzi della mia età, sognavo di diventare calciatore, professore, ingegnere… A un certo punto volevo persino fare il Papa! È stato solo verso la fine del liceo che ho cominciato a pensare seriamente alla recitazione. Mi piaceva molto il cinema, i film, le grandi interpretazioni degli attori di Hollywood. Così ho deciso di provare ad entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove sono stato ammesso. Ho studiato lì per tre anni, e in quel periodo è nata una vera passione per la recitazione. Mi sentivo appagato, sia a livello personale che sociale. Mi piaceva lavorare con gli altri, far parte di un gruppo, ma anche lavorare su me stesso. Dopo il diploma, ci è voluto un po’ per rientrare nel mondo del lavoro, ma negli ultimi anni le cose sono andate molto bene. Inizialmente non è stato semplice, né trovare continuità nel lavoro né superare il peso del modo in cui avevo iniziato, con il ruolo in “La vita è bella”. Mi sentivo sotto pressione, come se dovessi sempre dare il massimo, superando quel traguardo, quella performance. Ma col tempo ho capito che non era necessario. A cinque anni, nel film, non stavo recitando, stavo solo interpretando me stesso. Non c’era una vera “performance”, ma una spontaneità naturale. Superato questo blocco, ho cominciato a esprimermi con molta più libertà. L’esperienza, lo studio e il tempo mi hanno permesso di crescere come attore, e ora mi sento più libero di esprimermi, molto più di quanto non fosse all’inizio, subito dopo l’accademia.

Guardando indietro ai tuoi ruoli più iconici, c’è stato un momento in cui hai sentito il peso delle aspettative o della notorietà, e come hai gestito quei sentimenti? Quali sono state le sfide più importanti?

In parte, ti ho già risposto nella prima domanda, parlando di come sentivo, tra virgolette, il “peso” della notorietà che avevo acquisito da bambino. Però è stato durante gli anni di studio e soprattutto nei primi anni dopo il diploma in recitazione che ho iniziato a percepire maggiormente questa pressione. Dovevo entrare nel mondo del lavoro vero e proprio, e sentivo di dover dimostrare qualcosa in più rispetto agli altri. Era come se nulla mi fosse dovuto, e dovevo provare di essere all’altezza del passato. Con il tempo, però, ho capito che questa era una stupidaggine. Guardando indietro, uno dei primi lavori che mi ha dato più soddisfazione è stato il cortometraggio “Il dottore dei pesci”, diretto da Susanna Della Sala, una regista e scenografa davvero talentuosa. È stato uno dei miei primi lavori dopo il diploma e ha ottenuto molto successo nei festival di tutto il mondo. Abbiamo vinto premi a Los Angeles, in Canada e in Olanda, e io sono stato nominato come miglior attore in un festival a Los Angeles. Sono anche andato a ritirare il premio, perché il regista non poteva essere presente, e io mi trovavo già negli Stati Uniti. Essendo uno dei miei primi lavori, e avendo lavorato con una regista che aveva studiato nella mia stessa scuola, sentivo una certa pressione. Anche molti altri nei reparti tecnici del corto avevano frequentato la stessa scuola, quindi c’erano aspettative alte, e volevo davvero dare il massimo. Credo di esserci riuscito, visto che la mia interpretazione è piaciuta molto. “Il dottore dei pesci” è una storia semplice e carina, molto fantasiosa, quasi fiabesca. Per quanto riguarda come ho gestito questi sentimenti di pressione, beh, non saprei dirti esattamente. Sono una persona molto positiva, e anche se a volte queste emozioni mi bloccavano un po’ artisticamente, ho sempre cercato di lavorare su me stesso e di dare il meglio. Quando mi sentivo bloccato o non al 100%, cercavo di capire cosa mi stesse trattenendo e, passo dopo passo, sono riuscito a elaborare queste sensazioni. Di questo sono molto orgoglioso.

Dopo aver scelto di mantenere un profilo più discreto nella tua carriera, quali valori o principi ti hanno guidato nelle tue scelte artistiche?

Dopo aver scelto di mantenere un profilo più discreto nella mia carriera, ho sempre seguito dei principi ben definiti nelle mie scelte artistiche. Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di partecipare a progetti validi, con un certo livello di qualità. Fin dall’inizio, insieme al mio team, abbiamo cercato di impostare una direzione chiara, scegliendo con attenzione i progetti a cui aderire e decidendo di non propormi per certi tipi di lavori. Questo è stato importante per mantenere un certo livello di integrità artistica. Avendo iniziato in un modo particolare, anche se ero solo un bambino e non ancora un professionista, ho sempre voluto mantenere una certa coerenza nelle scelte. Ovviamente, non è facile replicare successi come quelli de “La vita è bella” o “Il gladiatore”, ma ci siamo concentrati sul non partecipare a prodotti che, diciamo, non riteniamo altrettanto validi dal punto di vista artistico. Per esempio, abbiamo deciso di evitare le fiction o le soap opera di un certo tipo, senza fare nomi, ma parliamo di quella televisione meno ricercata artisticamente. Abbiamo preferito investire maggiormente sul cinema e su progetti televisivi di un certo spessore. È stato possibile farlo soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento delle piattaforme streaming, che hanno cambiato il modo di fare serialità, portando più investimenti e nuove storie da raccontare. Devo ammettere, però, che finora non ho ancora avuto la possibilità di lavorare in una serie TV, ma è una cosa che aspetto. In ogni caso, ho sempre cercato di aderire solo a progetti che mi appassionassero e che valorizzassero il mio lavoro. Solo una volta ho fatto un’eccezione, accettando un progetto esclusivamente per motivi economici, e me ne sono pentito. Non ti dirò di quale progetto si tratta, ma dopo quell’esperienza, ho deciso che non avrei mai più fatto qualcosa solo per soldi.

In che modo la recitazione e il teatro sono cambiati per te nel corso degli anni, e cosa cerchi oggi in un progetto che ti stimola a livello personale e professionale?

La mia visione della recitazione e del teatro è cambiata nel tempo, specialmente con la maturazione della mia consapevolezza come attore. Anche il mio approccio è diverso ora. Appena diplomato, mi sentivo un po’ come quando impari a guidare: all’inizio devi concentrarti su ogni piccolo movimento – inserire la prima, la seconda, gestire la frizione, il freno – ma con l’esperienza tutto diventa più fluido e automatico. Negli ultimi anni, ho notato con sorpresa come il mio modo di affrontare una sceneggiatura o un testo sia diventato più naturale, quasi automatico. C’è molto meno “lavoro” consapevole, molte cose arrivano spontaneamente, senza dovermi sforzare per capire il personaggio o il testo. Un’altra cosa che mi ha colpito è la facilità con cui oggi entro in un personaggio, rispetto al passato, e allo stesso tempo, la maggiore difficoltà nel lasciarlo andare. L’ultimo film che ho girato è stato particolarmente stimolante per me. Si tratta di una produzione in due lingue, italiano e inglese, girata tra Italia e Stati Uniti. Interpreto un soldato affetto da sindrome da stress post-traumatico, un personaggio che ha vissuto la guerra e che attraversa gli anni ’60 con una vita molto complessa. Nonostante la complessità del ruolo, sono riuscito a immergermi nel personaggio con facilità, ma ho avuto difficoltà a uscirne. Dopo la prima tranche di riprese, che continueranno tra settembre e ottobre in Friuli, ho impiegato almeno una settimana per liberarmi delle sensazioni intense del personaggio. Questo mi ha davvero sorpreso, anche se in passato avevo già notato qualcosa di simile, anche in ruoli meno intensi. Ho capito che posso entrare nei personaggi in modo molto profondo e naturale, senza troppo sforzo, soprattutto quando sento una certa affinità con loro. Se invece il personaggio è più distante da me, richiede un lavoro più approfondito. Onestamente, non sono ancora arrivato al punto della mia carriera in cui posso scegliere liberamente cosa fare o cosa non fare. Ahimè, non ci sono ancora, ma so che quel momento arriverà. Per ora mi candido a vari progetti, cercando ovviamente quelli che ritengo validi, ma spesso devo anche accettare ciò che arriva, senza poter fare una grande selezione. Naturalmente, devono essere progetti che abbiano un valore artistico e professionale, dove interpreto un personaggio che mi valorizza, e soprattutto che raccontino una storia degna di essere narrata, diretta da persone che sappiano il fatto loro. Purtroppo, mi è capitato di imbattermi in persone che volevano coinvolgermi in progetti che, alla fine, non erano all’altezza, perché fare un film, o anche solo un cortometraggio, non è facile. Serve esperienza, non solo mezzi produttivi, ma anche una visione artistica. Non è detto che tu debba per forza aver studiato nelle migliori scuole, ma devi avere una visione d’insieme e sapere come formare una squadra. Ogni singolo elemento deve avere la giusta esperienza per realizzare qualcosa di buono, perché il rischio di fare qualcosa di terribile è sempre dietro l’angolo. Quello che cerco, quindi, sono persone che sappiano valorizzarmi, che abbiano una storia interessante da raccontare e, se possibile, che portino una visione originale, fuori dagli schemi. Amo molto progetti che escono dal canone tradizionale, come il film di cui ti parlavo, “Il dottore dei pesci”, che ha un’atmosfera fiabesca in cui mi ritrovo particolarmente. Un sogno che ho da tempo è quello di interpretare un cattivo, un ruolo che non mi è mai stato offerto. Probabilmente perché non ho il classico “physique durôle” del cattivo: mi dicono sempre che ho gli occhi troppo buoni! Ma mi piacerebbe davvero, e sono convinto che lo farei bene, magari interpretando un personaggio che sembra buono, ma che poi rivela un lato oscuro e subdolo. In realtà, ho avuto un assaggio di questo tipo di ruolo a teatro, l’anno scorso, nello spettacolo Altrove, scritto e diretto da Agustina Risotto Interlandi. Interpretavo un giovane marito, premuroso all’apparenza, ma che si rivela un manipolatore calcolatore. La storia racconta di una giovane coppia forzata a convivere durante il lockdown, e con il tempo emergono i demoni della loro relazione. Mi piacerebbe molto interpretare di nuovo un personaggio così, qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che ho fatto finora. Penso che sarebbe interessante, dato il mio volto “buono”, interpretare qualcuno che all’apparenza sembra innocuo, ma nasconde un lato oscuro. Sarebbe un contrasto davvero intrigante!

Ci potresti raccontare alcuni aneddoti divertenti accaduti con Benigni durante le riprese di “La vita è bella”?

Certo, posso raccontarti qualche aneddoto divertente su Benigni! Ricordo che durante le riprese, considerando che avevo solo cinque anni, non sempre il mio umore era adatto per girare. A volte, come ogni bambino, non ero nel mood giusto, e Roberto cercava sempre di farmi sorridere, di rilassarmi e mettermi a mio agio. C’era una cosa che faceva spesso e che mi faceva ridere un sacco. Mi diceva: “Giorgio, cosa c’è? C’è qualcuno che non ti piace? Lo mandiamo via. Quello là ti piace? Sì? E quello là? No? Allora tu, vai via!” E così scherzava, mandava via le persone per farmi ridere e calmarmi. Un’altra cosa simpatica riguarda il soprannome “Testa Dura”. Nel film, il personaggio di Guido mi chiama così, ma in realtà tutto nasce dalla realtà! Io sono sempre stato un po’ testardo, in senso buono (o cattivo, dipende!), e sia Roberto che sua moglie, Nicoletta Braschi, avevano iniziato a chiamarmi “Testa Dura” sul set, affettuosamente. E io, naturalmente, rispondevo con: “Ah sì? E tu sei Testa Durissima!” Alla fine, questa cosa è stata inserita anche nel film, il che è davvero carino. C’erano anche delle scene dove Roberto diceva: “Sì, fai così!” perché gli piaceva come mi comportavo in modo spontaneo. Alcune delle cose che facevo, senza rendermene conto, sono rimaste nel montaggio finale del film. È stato bello vedere come alcune mie piccole reazioni spontanee siano state mantenute. Purtroppo, non ho tantissimi altri aneddoti, perché ero davvero piccolo. I miei ricordi si mescolano un po’ con i racconti che ho sentito dai miei genitori, con quello che ho raccontato negli anni, e con i miei flashback. D’altronde, sono passati 27 anni, e tutto nella mia mente si confonde un po’ tra immaginazione, ricordi reali e costruiti. Ma quello che ti posso dire con certezza sono queste piccole cose che ricordo ancora con affetto.

Grazie infinite, Giorgio per questa intervista molto esauriente!

Grazie a te per avermi dato questa opportunità.

La storia di Giorgio Cantarini è quella di un artista che ha saputo coltivare la propria carriera con intelligenza e moderazione. Pur rimanendo indimenticabile per le sue prime interpretazioni, ha scelto di vivere la sua vita artistica con integrità, seguendo il proprio ritmo e mantenendo sempre viva la passione per la recitazione.

Il pubblico lo ricorderà per quei due ruoli che hanno segnato una generazione, ma ciò che lo distingue è il suo viaggio personale, un percorso di equilibrio tra il successo e la fedeltà a sé stesso.

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Spettacolo

MagicLand, il parco divertimenti diventa un villaggio...

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Dal oggi al 6 ottobre i visitatori potranno degustare un’ampia selezione di birre artigianali e piatti tipici

MagicLand, il parco divertimenti diventa un villaggio bavarese in occasione dell'Oktober Festival

In occasione dell'Oktober Festival, da oggi fino al 6 ottobre, MagicLand, il parco più grande del Centro-Sud Italia, si trasformerà in un vero e proprio villaggio bavarese, dove i visitatori potranno degustare un’ampia selezione di birre artigianali locali e la tradizionale birra cruda bavarese, accompagnate da prelibatezze come lo stinco di maiale, i maxi wurstel con crauti ed i famosi brezel, sia salati che dolci. Numerosi stand gastronomici proporranno un viaggio culinario tra le tradizioni bavaresi e le eccellenze del territorio.

I più piccoli potranno scatenarsi sulle oltre 39 attrazioni del parco, tra cui il vertiginoso giant frisbee Wild Rodeo, il lancio coaster Shock e la torre Mystika. Sono previsti spettacoli, aree tematiche e altre sorprese, come, ad esempio, una serie di concerti tributo a grandi artisti internazionali e italiani, con esibizioni dal vivo di cover band che renderanno omaggio a Oasis, Queen, Beatles e 883. Per celebrare questi eventi speciali, MagicLand prolungherà l'orario di apertura, fino alle 22, il 14 settembre per gli Oasis, il 21 settembre per i Queen, il 28 settembre per i Beatles e il 5 ottobre per gli 883.

Oltre a essere un'occasione per trascorrere del tempo in famiglia, l'Oktober Festival di MagicLand, permetterà di immergersi in una cultura diversa, degustando i piaceri della buona tavola. Sarà inoltre un'opportunità per promuovere una cultura del bere consapevole, soprattutto tra i giovani, che potranno imparare a gustare la birra in modo responsabile, apprezzandone gli aromi e le sfumature senza eccedere.

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