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Biden, cresce pressing: le ore più difficili del presidente. Ma lui tira dritto

"Tornerò a fare campagna elettorale la prossima settimana". Il suo staff: "Non esiste candidato alternativo"

Joe Biden (Fotogramma/Ipa)

Queste sono le ore più difficili per il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Il pressing perché abbandoni la corsa alla Casa Bianca, rinunci al duello con Donald Trump nelle elezioni del 5 novembre e passi il testimone si fa sempre più intenso. Ma lui tira dritto. "Tornerò a fare campagna elettorale la prossima settimana", ha annunciato il presidente, isolato dopo aver contratto il Covid. "Non vedo l'ora di tornare in campagna elettorale la prossima settimana per continuare a denunciare la minaccia dell'agenda del Progetto 2025 di Donald Trump", ha affermato Biden in una nota. ''La visione cupa del futuro di Donald Trump non ci appartiene come americani. Insieme, come partito e come Paese, possiamo sconfiggerlo alle urne", ha aggiunto.

"Presidente ferito e tradito" da molti democratici

Il presidente si sente ''ferito e tradito'' da molti democratici, tra cui alcuni leader, che lo hanno "lasciato in panne" mentre affronta la più grave crisi della sua carriera politica, secondo quanto scrive la Nbc citando due fonti che conoscono il suo pensiero. In particolare, gli 'insider' hanno detto che Biden è arrabbiato per come il partito stia cercando di cacciarlo. "Possiamo tutti ricordare per un minuto che queste stesse persone che stanno cercando di cacciare Joe Biden sono le stesse persone che ci hanno letteralmente consegnato Donald Trump? Nel 2015 Obama, Pelosi, Schumer hanno messo da parte Biden in favore di Hillary; si sbagliavano allora e si sbagliano ora", ha detto la fonte a Nbc News riferendosi ai sondaggi delle elezioni del 2016, che davano Hillary Clinton in vantaggio di ben 9 punti su Trump.

"Come ha funzionato tutto questo per tutti nel 2016? Forse dovremmo imparare qualche lezione dal 2016. Una di queste è che i sondaggi sono una stupidaggine, basta chiedere alla Segretaria di Clinton. E due, forse, solo forse, Joe Biden è più in contatto con i veri americani di Obama-Pelosi-Schumer?", ha aggiunto la fonte alla Nbc usando un linguaggio insolitamente schietto che rappresenta le opinioni di coloro che sono più vicini a Biden.

In privato molti leader democratici gli hanno espresso i loro dubbi circa l'opportunità di continuare la corsa elettorale, alcuni lo hanno fatto pubblicamente. Tra loro l'ex presidente Barack Obama, che in privato ha espresso le sue preoccupazioni, ma in pubblico ha twittato "le brutte serate di dibattito capitano". Bill e Hillary Clinton non hanno detto nulla in pubblico, a parte pubblicare un tweet ciascuno subito dopo il dibattito del 27 giugno con Trump.

Il leader democratico della Camera Hakeem Jeffries e il leader della maggioranza del Senato Chuck Schumer, entrambi di New York, così come l'ex speaker Nancy Pelosi, hanno trascorso settimane ad ascoltare le preoccupazioni dei loro membri e a trasmetterle a Biden e alla sua campagna. Pubblicamente, tutti e tre hanno affermato di sostenere qualsiasi decisione presa da Biden, ma a porte chiuse non hanno detto ai democratici del Congresso di sostenere Biden, né hanno dato loro alcuna indicazione su cosa avrebbero dovuto fare.

Famiglia rompe tabù, si inizia a parlare di rinuncia alle elezioni

Intanto si è rotto un tabù, all'interno della famiglia Biden, finora unita nel sostenere la ricandidatura del presidente americano. Come riferisce l'emittente Nbc citando due fonti ben informate, i familiari di Biden hanno parlato di un possibile piano per porre fine alla corsa elettorale del presidente. Durante i colloqui, la linea condivisa è stata che qualsiasi piano di uscita di Biden, se lui dovesse decidere di fare questo passo, dovrebbe mettere il partito democratico nella posizione migliore per battere Trump, spiegano le fonti.

Nello specifico, i familiari di Biden hanno discusso di come porre fine alla sua candidatura nel rispetto dei tempi del presidente e con un piano calcolato con attenzione. L'attenzione maggiore è stata riservata all'impatto della campagna elettorale sulla sua salute, sulla sua famiglia e sulla stabilità del Paese, hanno affermato le persone a conoscenza dei colloqui.

Il portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates, ha però negato che siano in corso discussioni di questo tipo all'interno della famiglia. "Questo non sta accadendo, punto e basta", ha detto. "Le persone che fanno queste affermazioni non parlano per la sua famiglia o per il suo team, e si dimostrerà che si sbagliano. Credeteci", ha aggiunto.

"Furiosi" i donatori democratici

I donatori democratici sono ''furiosi'', tanto da aver minacciato di ''congelare i contributi'' per la campagna elettorale della Camera e del Senato a meno che i leader del partito non convincano Biden ad abbandonare la corsa alla Casa Bianca. Lo riporta alla Cnn citando un alto esponente democratico della Camera che ha detto ''sì, quella carta è stata giocata". Perché ''non vogliono buttare via i soldi''.

Lo spot 'passa il testimone'

A chiedere un passo indietro è anche uno spot, ''Passa il testimone''. Questo lo slogan scelto da alcuni democratici per chiedere a Biden, attraverso un vero e proprio spot televisivo, di abbandonare la corsa alla Casa Bianca. Lo spot è stato trasmesso su Msnbc durante "Morning Joe''. Biden si trova attualmente nella sua residenza a Rehoboth Beach per autoisolarsi dopo essere risultato positivo al Covid mercoledì. Nello spot sono presenti diverse persone che parlano direttamente alla telecamera ringraziando Biden per aver sconfitto l'ex presidente Trump nel 2020 e chiedendogli di fare spazio a un candidato "che possa portare nuova energia" al partito.

"Presidente Biden, hai salvato la democrazia nel 2020. Ora hai la possibilità di farlo di nuovo. E' tempo di passare il testimone e di farci scegliere un nuovo candidato. Uno che possa portare nuova energia, nuova speranza e assicurarsi che Donald Trump non si avvicini mai più alla Casa Bianca. Il futuro del nostro Paese è nelle tue mani. Quindi, per favore, sii il leader che sappiamo che sei", dice lo spot.

Staff Biden: "Non esiste candidato alternativo"

Ma nonostante i crescenti appelli a Biden a passare il testimone lo staff incaricato della sua campagna elettorale ribadisce: ''Non esiste alcun candidato alternativo''. "Joe Biden lo ha detto più che chiaramente: è in questa corsa e lo è per vincerla. Inoltre, non c'è un piano per un candidato alternativo. Tra poche settimane, Joe Biden sarà il candidato ufficiale. E' giunto il momento di smetterla di combatterci l'un l'altro. L'unica persona che vince quando combattiamo è Donald Trump", ha scritto venerdì Dan Kanninen, direttore della campagna di Biden per gli Stati chiave.

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Esteri

Israele colpisce Hezbollah, Netanyahu: “Obiettivi...

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Non solo cercapersone e walkie talkie esplosivi, il raid israeliano che ha ucciso il numero due del gruppo sciita 'certifica' le intenzioni di Tel Aviv. Ma crescono i timori del Pentagono

Feriti dopo il raid di Israele a Beirut, in Libano - Afp

Non solo cercapersone e walkie talkie esplosivi. Il raid in Libano con l'uccisione del numero due di Hezbollah a Beirut ha reso ancora una volta "chiari" gli obiettivi di Israele mentre "le nostre azioni parlano da sole". A dirlo è stato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dopo il raid di ieri, un attacco aereo ''mirato'', il terzo condotto dalle Forze di difesa israeliane (Idf) a Beirut dall'inizio della guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza lo scorso 7 ottobre.

Obiettivo principale dell'attacco, il comandante di Hezbollah Ibrahim Aqil, ricercato dagli Stati Uniti per il suo coinvolgimento negli attentati all'ambasciata americana e alla caserma dei marines americani a Beirut nel 1983.

Aqil, precisa il Times of Israel, era membro del Consiglio della Jihad, massimo organismo militare di Hezbollah. Era ricercato anche per aver diretto la presa di ostaggi tedeschi ed americani in Libano negli anni Ottanta. Sulla sua testa pendeva una taglia di 7 milioni di dollari posta dal dipartimento di Stato americano.

L'Idf, che ha poi confermato l'avvenuta uccisione del comandante di Hezbollah, descrive Aqil come il capo delle operazioni militari del gruppo sciita, comandante in carica della forza di élite Radwan, a capo di un piano di invasione della Galilea.

Assieme ad Aqil, secondo l'esercito, sono stati uccisi i vertici dello schieramento operativo di Hezbollah e la leadership della Forza Radwan. "Aqil e i comandanti che sono stati eliminati erano tra gli architetti del 'piano per l'occupazione della Galilea', in cui Hezbollah progettava di fare incursioni in territorio israeliano, occupare le comunità della Galilea, assassinare e uccidere innocenti, in modo simile a quello che l'organizzazione terroristica di Hamas ha compiuto nel massacro del 7 ottobre", afferma l'Idf nella dichiarazione.

Le Forze di difesa israeliane non vogliono tuttavia allargare l'escalation nella regione, ha assicurato il portavoce Daniel Hagari in un briefing con i giornalisti. "Non puntiamo a un'ampia escalation nella regione. Stiamo operando in linea con gli obiettivi definiti della guerra e continueremo a farlo”, ha dichiarato.

Usa chiedono via diplomatica, i timori del Pentagono

Il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha intanto parlato per telefono con il ministro della Difesa israeliano ed ha ribadito "la sua preoccupazione" per l'escalation delle tensioni tra Israele e Hezbollah, ha reso noto il Pentagono. Il ministro ha anche sottolineato come gli Stati Uniti credano nell'"importanza di raggiungere una soluzione diplomatica che consenta ai residenti di tornare in sicurezza nelle loro case dalle due parti del confine".

Il Pentagono tema intanto per l'avvio di una operazione militare di terra delle forze israeliane nel sud del Libano nel prossimo futuro, scrive il Wall Street Journal. Ne ha parlato nei giorni scorsi il segretario della difesa e l'attacco ai dispositivi di comunicazione di Hezbollah dà sostanza a tali timori. Se Austin e il dipartimento di Stato hanno insistito nel sollecitare Israele a dare più tempo alla diplomazia, gli Stati Uniti temono che la situazione possa andare fuori controllo.

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Esteri

Ucraina, “Usa e Regno Unito diranno sì a missili...

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Washington e Londra daranno l'ok, decisivo il viaggio di Zelensky in America

Volodymyr Zelensky

Stati Uniti e Regno Unito diranno sì all'Ucraina: Kiev potrà usare i missili a lungo raggio, forniti dai paesi occidentali, per colpire obiettivi militari in Russia. Il semaforo verde scatterà nelle prossime settimane, secondo lo scenario delineato dal Times, ma la decisione verrà resa nota solo dopo le prime azioni andate a segno.

L'Ucraina, come è noto, da tempo chiede a Washington e Londra l'autorizzazione per utilizzare missili Atacms e Storm Shadow contro obiettivi russi. L'uso di armi occidentali è stato approvato dal Parlamento europeo, con una votazione nella quale molti europarlamentari italiani hanno detto 'no'. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato un prestito da 35 miliardi: il denaro, tra l'altro, potrebbe consentire all'Ucraina di avviare la produzione di armi a lungo raggio.

I segnali di una svolta strategica vicina, se non imminente, provocano prevedibili reazioni da parte della Russia. L'Ucraina, d'altra parte, da un mese e mezzo ha invaso la regione di Kursk ed è arrivata a controllare circa 1200 km quadrati di territorio russo. Il lancio di missili a lungo raggio, con una gittata di 300 km, potrebbe avvenire da posizioni avanzate e costringere Mosca a allontanare mezzi, uomini e armi dalla linea del fronte.

Se nei giorni scorsi è stato Vladimir Putin a preannunciare "risposte adeguate", l'ultimo messaggio arriva dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov: "La Russia dispone di armi che provocheranno gravi conseguenze per l'Occidente, siamo in uno stato di allerta totale", le parole di Lavrov a Sky News Arabia.

Zelensky in Usa, fumata bianca?

L'emittente britannica LBC aggiunge altri dettagli al quadro attuale, collegando la decisione di Stati Uniti e Regno Unito alla visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky negli Usa la prossima settimana. Il leader di Kiev vedrà il presidente Joe Biden e avrà colloqui anche con i candidati alla Casa Bianca nelle elezioni del 5 novembre, Donald Trump e Kamala Harris.

"Gli Stati Uniti e il Regno Unito vogliono prima vedere il piano del presidente Zelensky" e capire "come questo aiuterà l'Ucraina a superare i mesi invernali della guerra", riferiscono fonti diplomatiche. La decisione finale potrebbe arrivare in concomitanza con l'Assemblea generale dell'Onu, anche se il presidente Biden non nasconde le preoccupazioni sull'effetto che una simile decisione avrebbe sulla campagna elettorale di Harris.

"Ci stiamo preparando attivamente per i negoziati in America con il presidente Biden, i rappresentanti di entrambi i partiti al Congresso e contiamo sugli incontri con entrambi i candidati alla presidenza degli Stati Uniti", il messaggio di Zelensky.

"Noi in Ucraina saremo sempre grati all'America per aver sostenuto la nostra indipendenza, per tutto l'aiuto fornito per consentire all'Ucraina di sopravvivere a questa guerra. Ora presenteremo un piano molto concreto per spiegare come l'Ucraina in questa guerra non si limiterà a resistere, non si limiterà a mantenere il livello di difesa ma si rafforzerà in modo tale da avvicinare davvero una pace giusta e la vittoria", le parole di Zelensky.

"L'Ucraina conta su questo sostegno. Molto. Ed è giusto. Perché quando una nazione vince la battaglia per la sua indipendenza e conquista il rispetto del diritto internazionale, vince il mondo intero. Ed è così che dovrebbe essere", aggiunge.

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Esteri

Ucraina, dall’Ue il maxi prestito da 35 miliardi a...

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L'annuncio della presidente della Commissione europea durante l'incontro con Zelensky nella capitale ucraina, le tre priorità del piano

Von der Leyen e Zelensky a Kiev - Fotogramma /Ipa

Come primo atto politico dopo aver presentato la squadra dei nuovi commissari a Strasburgo, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è volata a Kiev dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, per annunciare un nuovo maxi prestito al Paese invaso dalla Russia. L’esecutivo Ue ha proposto due cose: anzitutto, vuole istituire un meccanismo di cooperazione sui prestiti per l’Ucraina che supporterà i partner del G7 e l’Unione nell’emissione di crediti fino a 45 miliardi di euro (50 milioni di dollari, come concordato nel summit dei Sette del giugno scorso in Puglia).

Come contributo dell’Ue a questo schema, propone anche un prestito eccezionale di assistenza macrofinanziaria (Amf) per un valore massimo di 35 miliardi di euro, a copertura parziale della quota che gli Usa potrebbero versare più avanti (20 miliardi di dollari). Il prestito avrà scadenze molto lunghe. Il meccanismo di cooperazione sui prestiti ucraini sarà finanziato dalle entrate straordinarie accumulate grazie all’immobilizzazione delle attività sanzionate della Banca centrale russa, nonché dai contributi degli Stati membri e di Paesi terzi.

Von der Leyen ha sottolineato ancora una volta, a Kiev, che la Russia deve “pagare” per la “distruzione” che ha provocato invadendo il suo vicino. Il meccanismo offrirà all'Ucraina sostegno finanziario, che potrà utilizzare per rimborsare il prestito di assistenza macrofinanziaria già concesso dall'Unione, e prestiti bilaterali concessi da istituti di credito nell'ambito dell'iniziativa del G7 Prestiti straordinari per l'accelerazione delle entrate per l'Ucraina (Era), per un valore fino a 45 miliardi di euro.

Il prestito e le garanzie di Kiev

Per la Commissione, si tratta di una "novità fondamentale", dato che il ripagamento del prestito erogato dall'Ue all'Ucraina sarà assicurato da un nuovo flusso di fondi, che sfrutterà i flussi derivanti dagli asset russi congelati. La garanzia ultima del nuovo prestito, se non dovessero bastare i flussi rivenienti dagli extraprofitti frutto del congelamento degli asset della Banca centrale russa nei conti di Euroclear e Clearstream, sarà fornita dal cosiddetto headroom, o margine di manovra, che è la differenza (margine) tra il massimale delle risorse proprie per i pagamenti e il massimale del bilancio a lungo termine per i pagamenti. Il margine funge da garanzia che l'Unione onorerà tutti i suoi obblighi finanziari e le passività potenziali in qualsiasi circostanza, anche in caso di sviluppo economico negativo. Questo dovrebbe evitare agli Stati di dover fornire contributi nazionali.

Come saranno spesi i soldi?

Una volta approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio, il prestito Amf aiuterà l’Ucraina per le sue necessità di bilancio. Kiev sarà relativamente libera di scegliere come spendere i soldi, ha spiegato un alto funzionario Ue. Attraverso il prestito Amf, secondo la Commissione, l’Ucraina potrà coprire una quota considerevole del previsto deficit di finanziamento. L'architettura del meccanismo è costituita da provvedimenti che possono essere approvati in Consiglio a maggioranza qualificata. L’unica parte del pacchetto per cui occorre l'unanimità dei 27 Stati membri, ha spiegato un alto funzionario Ue, è l'estensione a 36 mesi del periodo di congelamento degli asset della Banca centrale russa, di cui si occuperà l’Alto Rappresentante Josep Borrell.

Attualmente il congelamento viene rinnovato di sei mesi in sei mesi: l’estensione del periodo di congelamento serve a fornire maggiore certezza allo schema sul piano finanziario. Si vedrà se l’Ungheria di Viktor Orban, che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue e che è ancora molto legata alle forniture di gas russo, si metterà di traverso ponendo il veto oppure no. Von der Leyen ha sottolineato la necessità di essere "rapidi" nel finalizzare lo schema e consegnare i fondi a Kiev.

L'adesione di Kiev all'Ue, le richieste si Zelensky

Zelensky a von der Leyen ha chiesto di accelerare i negoziati di adesione del suo Paese all’Ue e ha sottolineato la rilevanza degli aiuti militari europei: "E' di fondamentale importanza - ha detto - usare i fondi dello Strumento Europeo per la Pace e dello Strumento per l'Ucraina per sostenere le nostre forze armate. E' importante che questi fondi non vengano bloccati, perché questo avrà un impatto sulla nostra capacità di difenderci, di difendere il nostro popolo e sulla posizione dell'Ucraina sul campo di battaglia”. In vista della stagione fredda, von der Leyen ha promesso a Kiev aiuti anche sul piano energetico.

Il piano: tre priorità per von der Leyen

La presidente ha tratteggiato un piano centrato su tre priorità. La prima, ha detto, è “riparare. Vi aiuteremo a riparare i danni causati dagli attacchi russi. Puntiamo a ripristinare 2,5 gigawatt di capacità quest’inverno. Si tratta di circa il 15% del fabbisogno del vostro Paese per questo inverno".

La seconda priorità, ha continuato, è "connettere. Continueremo a collegare l’Ucraina alla rete elettrica europea: in questo modo, possiamo esportare 2 gigawatt di elettricità in Ucraina, che coprono circa il 12% del fabbisogno invernale del Paese. Con questi due pilastri, riparazione e connessione, possiamo coprire oltre il 25% del fabbisogno dell’Ucraina per quest'inverno, in aggiunta alla produzione propria dell'Ucraina”.

II terzo pilastro del piano, ha aggiunto, “è la stabilizzazione. Stiamo lavorando per garantire un flusso costante di energia attraverso l’Ucraina, nonostante gli attacchi della Russia alle grandi infrastrutture. In questo momento stiamo inviando turbine a gas mobili e pannelli solari. Abbiamo anche parlato della protezione fisica delle centrali elettriche”, che l’artiglieria russa prende sistematicamente di mira per fiaccare la resistenza del popolo ucraino. Von der Leyen, presentata la squadra, è andata a Kiev per mandare un messaggio chiaro: l’Ue starà al fianco dell'Ucraina “per tutto il tempo necessario”, come ripete dal febbraio 2022.

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