La ‘pioniera’ Kamala Harris, chi è la vice di Biden che potrebbe diventare presidente
Prima vice donna alla Casa Bianca, prima donna di colore eletta procuratore distrettuale della California, poi prima donna attorney general
Kamala Harris candidata alla Casa Bianca dopo il passo indietro di Joe Biden, che ha ritirato la candidatura alle elezioni in programma negli Stati Uniti il 5 novembre. La vicepresidente ha ricevuto l'endorsement di Biden e di esponenti di rilievo dell'universo del partito democratico: difficile ipotizzare un altro nome contro Donald Trump.
Harris, 59 anni, ha scelto 'Pioneer' come nome in codice per il Secret Service, che ha incominciato a proteggerla durante la campagna elettorale per la vice presidenza Usa. E la sua vocazione di pioniera, dopo averla dimostrata come prima vice presidente donna alla Casa Bianca, l'ha confermato come prima candidata donna alla presidenza americana. In precedenza, è stata la prima donna di colore eletta procuratore distrettuale della California, poi prima donna attorney general, prima senatrice di origine indiana ed ora ad un passo dal diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti.
Nata a Berkley il 20 ottobre 1964, Kamala Devi Harris è figlia di due accademici, la ricercatrice indiana specializzata in oncologia, Shyamala Gopalan, e l'economista della Giamaica, Donald Harris, che erano uniti dalla passione per il movimento per i diritti civili. E la piccola Kamala quando era ancora in passeggino ha partecipato a diverse manifestazioni nel leggendario campus della protesta Usa.
Militante anche il nome che mamma Gopalan scelse per lei: Kamala significa loto ma è anche un altro nome per indicare la dea Hindu Lakshmi e la forza delle donne. "Una cultura che venera le dee produce donne forti", ha detto la madre di Harris in un'intervista nel 2004.
Dopo il divorzio dei genitori, Kamala e la sorella Maya rimangono a Berkley con la madre e partecipano ai programmi di integrazione scolastica, andando ogni mattina in autobus dal loro quartiere a predominanza afroamericana in una scuola elementare di un distretto ricco di bianchi.
Le bambine frequentano sia il tempio hindu che la chiesa battista afroamericana, che la denominazione a cui ora appartiene Harris. "Mia madre capiva molto bene che stava crescendo due figlie afroamericane", ha scritto nella sua autobiografia. Negli stessi anni visitano la famiglia in India che ha una grande influenza su di lei, in particolare il nonno, un alto funzionario del governo che aveva combattuto per l'indipendenza, e la nonna, un'attivista che viaggiava per le campagne indicane istruendo le contadine sul controllo delle nascite.
Dopo le scuole superiori a Montreal, dove la madre aveva avuto un posto all'università, Kamala si laurea prima alla Howard University, il prestigioso Black college di Washington, e poi torna a San Francisco per la Law School. Nel 1990 diventa avvocato ed entra nell'ufficio del procuratore di Oakland, concentrandosi sui crimini sessuali. A chi, anche all'interno della sua famiglia liberal, esprime scetticismo sulla sua scelta indicando la cattiva reputazione dei procuratori, replica che intende cambiare il sistema dall'interno.
Negli anni trascorsi nell'ufficio del procuratore Harris si crea i contatti con gli ambienti politici e ricchi di San Francisco che nel 2003 appoggeranno l'avvio della sua formidabile carriera politica. Durante i suoi primi tre anni come procuratore distrettuale il tasso delle condanne sale dal 52 al 67%, numeri che le hanno dato l'etichetta di procuratrice di ferro e che le hanno fatto guadagnare critiche e sospetti da parte del movimento Black Lives Matter.
Diventata poi attorney general, Harris diventa poi alleata della prima ora di Barack Obama ed una dei suoi fund raiser in California. E il presidente nel 2013 la definisce "il procuratore generale più affascinante del Paese", scusandosi poi per il tono sessista.
Anche alcune azioni di Harris come attorney general sono messe sotto accusa dal movimento di protesta contro la polizia: in particolare il fatto di non aver avviato un'inchiesta sull'uccisione di due afroamericani nel 2014 e 2015 e non aver sostenuto un progetto di legge per la nomina di un procuratore speciale per i casi di uso eccessivo della forza da parte della polizia.
Nel 2014 si sposa con Doug Emhoff, un avvocato degli studios di Hollywood, che ha due figli adolescenti da un precedente matrimonio che ora la chiamano Momala. Nelle elezioni del 2016, quelle della vittoria di Donald Trump, vince il suo seggio al Senato e la Harris diventa famosa a livello nazionale nel 2017 quando, da esperta procuratrice, mette alle corde l'allora ministro della Giustizia, Jeff Sessions, all'esordio dell'inchiesta del Russiagate.
Nel suo primo discorso da vice presidente, aveva detto: ''Anche se sono la prima donna a ricoprire questo incarico, non sarò l'ultima. Qualunque bambina ci sta guardando stasera vede che questo è il Paese delle possibilità''.
Kamala Harris aveva scelto di vestirsi di bianco per il suo primo discorso da vice presidente eletta degli Stati Uniti, un omaggio alle suffragette e alla loro battaglia per il diritto di voto alle donne. Solitamente vestita in blu o nero, Harris aveva scelto un abito bianco anche lo scorso gennaio, quando aveva prestato giuramento nel processo di impeachment del presidente Donald Trump.
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Annunziata si è astenuta per errore sul paragrafo 8: l'eurodeputata lo ha segnalato, verrà registrato voto contrario
Gli eurodeputati italiani del gruppo S&D non hanno votato compatti sulla risoluzione sul sostegno all'Ucraina, che contiene un paragrafo, il numero 8, che ribadisce la richiesta di rimuovere le restrizioni all'uso delle armi inviate dall'Ue, affinché possano essere utilizzate anche per colpire obiettivi militari legittimi in territorio russo. Molti eurodeputati hanno votato a favore della risoluzione nel suo insieme, inclusi il capodelegazione Nicola Zingaretti, Lucia Annunziata e Sandro Ruotolo, oltre a Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento, Irene Tinagli, Camilla Laureti, tra gli altri. Gli indipendenti Marco Tarquinio e Cecilia Strada si sono astenuti.
Nel voto separato per confermare il paragrafo 8, quello più controverso, Picierno si è espressa a favore, come ha annunciato pubblicamente prima del voto. Hanno votato contro gli eurodeputati Brando Benifei, Annalisa Corrado, Nicola Zingaretti, Camilla Laureti, Antonio Decaro, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada e Alessandro Zan. Si è astenuta Annunziata.
Dalla delegazione italiana del gruppo S&D precisano che Annunziata si è astenuta per errore sul paragrafo 8 della risoluzione, quello che riguarda la rimozione delle restrizioni all'uso delle armi. L'eurodeputata ha segnalato l'errore e verrà registrato voto contrario, come la maggior parte della delegazione. Anche sul testo della risoluzione sul Venezuela, dove Annunziata dal roll call risultava essersi astenuta, si tratta di un errore: il suo voto è contrario, come quello degli altri eurodeputati Pd.