Musica, Aiam: “Quasi 2 milioni di spettatori nel 2023. Attività che contribuiscono ad aumentare il Pil”
Il sottosegretario Mazzi: “La musica è motore di cultura e coesione sociale”
È stato presentato, a Roma, al ministero della Cultura, il Rapporto annuale attività musicali in Italia e all’estero, curato da Aiam (Associazione Italiana Attività Musicali). Sono intervenuti il sottosegretario Gianmarco Mazzi, che ha aperto i lavori; Roberto Marti, presidente Commissione Cultura Senato; Federico Mollicone, presidente Commissione Cultura Camera; Antonio Parente, direttore generale Spettacolo del MiC; numerosi esponenti del mondo della cultura e delle istituzioni. “Il nuovo rapporto dell’Aiam rappresenta uno strumento per ragionare sul ruolo svolto in Italia dalle attività musicali– ha detto il sottosegretario Mazzi- Con il Fondo Nazionale dello spettacolo dal vivo, nel 2023, abbiamo supportato 800 operatori musicali. Tra questi, 188 realtà private aderenti all’Aiam sono state finanziate con oltre 20 milioni di euro. Numeri che testimoniano l’importanza attribuita alla musica come motore di cultura e di coesione sociale“. Aumentare la capienza del Fondo Nazionale Spettacolo dal Vivo e fare in modo che raggiunga gradualmente l’1% del Pil: questo l’appello, supportato da numeri e risultati importanti raggiunti anche nel 2023, che i 206 soci dell’Associazione Italiana Attività Musicali, rappresentati dal loro Presidente, Francescantonio Pollice, hanno avanzato allo Stato in occasione della presentazione del rapporto Aiam 2023.
“L’Italia è una superpotenza a livello culturale grazie alla ricchezza del suo patrimonio materiale e immateriale. Il talento dei nostri artisti e le capacità organizzative delle nostre associazioni rendono lo spettacolo dal vivo un vero e proprio business, ma per alzare ulteriormente l’asticella e soprattutto per non farci cadere è necessario uno sforzo significativo da parte del governo, anche in questo momento di difficoltà legato alla crisi economica e alle guerre. I contributi che riceviamo attraverso il Fnsv non sono assistenzialistici, ma lo strumento indispensabile per individuare altre risorse pubbliche e private utilizzate per promuovere la cultura musicali in tutto il territorio, generando attività virtuose in termini di oneri fiscali, previdenziali e contributivi e, più in generale, economici. La cultura che produciamo è benzina per il Paese, capace di incrementare per ben tre volte l’investimento fatto dallo Stato su di noi”, ha spiegato Francescantonio Pollice, presidente di Aiam, l’associazione che dal 1999 rappresenta società di concerti, festival, orchestre, complessi strumentali, enti di formazione e di promozione musicale, organizzatori di corsi e concorsi e tutte le istituzioni impegnate professionalmente nella diffusione della cultura musicale in Italia e nel mondo.
Ogni euro di investimento dello Stato attraverso il Fnsv si moltiplica per tre a vantaggio del lavoro musicale: a fronte di un contributo Fnsv di 20.540.583,81 euro le istituzioni Aiam hanno una spesa di costo del lavoro di 64.192.578,19 euro. L’insieme dei soci Aiam versa allo Stato, per lavoro dipendente o assimilato, una somma pari al 76,23% dell’importo assegnato. “Per ogni euro che lo Stato eroga agli organismi aderenti all’associazione, gli stessi restituiscono 76,23 centesimi. Senza tenere conto di tutti gli oneri fiscali, contributivi e previdenziali conseguenti al reddito derivante dal lavoro indiretto e l’indotto generato dallo svolgimento dell’attività dei soci Aiam (le spese per gli spostamenti, gli alloggi e la ristorazione per esempio), per cui il ritorno allo Stato è senz’altro superiore all’ammontare del Fondo assegnato. Aumentare la capienza del Fnsv non è una banale scommessa, ma incremento certo e qualificato della crescita economica, sociale e culturale del nostro Paese“, conclude Pollice. Il rapporto spiega anche che per i soci Aiam accanto alle entrate provenienti dagli enti pubblici ci sono quelle dai privati e che la principale voce, tra queste entrate, è quella derivante dagli spettatori (in crescita rispetto all’anno passato, in totale quasi 1 milione e 900) che rappresenta su base nazionale rispetto al totale delle entrate da privati, il 46,18% pari a 16.463.941,20 euro equivalente all’80,15% del Fnsv assegnato alle istituzioni Aiam.
La seconda voce per consistenza finanziaria è rappresentata dalle sponsorizzazioni e dai contributi privati pari al 22,68%, seguiti dalle erogazioni delle fondazioni bancarie e dell’Art Bonus. Del tutto residuale, infine, l’apporto di risorse Ue con 217mila euro di cui il 71,82% dei fondi vanno in Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte, il 22,08% in Sicilia e il 6,10% in Campania. Queste le criticità e le diseguaglianze che vengono fuori dal rapporto: le attività musicali non sono diffuse su tutto il territorio nazionale, e non per una disomogeneità nella distribuzione dei fondi ma per la mancanza, in numerose regioni e città, di teatri, orchestre, società di concerti e attività di formazione e promozione (soprattutto al Sud e nelle isole).
Persiste inoltre anche la sproporzione fra l’investimento statale in formazione e quello nella produzione, con il conseguente abbandono del settore da parte di tanti giovani musicisti che studiano e si formano, ma che, non trovando una occupazione, alla fine cambiano professione. Costante l’impegno dell’Associazione nella formazione dei giovani. Lo scorso anno è stata istituita una borsa di studio per ricordare Giovanbattista Cutolo, il musicista ucciso a Napoli che suonava il corno nell’Orchestra Scarlatti Camera Young di Napoli, socio Aiam. In totale sono quasi 11mila i concerti promossi dai soci Aiam. Sono infine i giovani i protagonisti dei 250 concerti organizzati da alcuni soci Aiam in 134 città, molte delle quali Capitali, di 40 differenti stati in 5 continenti: Africa, America, Asia, Europa e Oceania.
Economia
Guide de L’Espresso, Antonia Klugmann conquista 5...
A 45 anni dalla prima edizione, le Guide de L'Espresso hanno celebrato il loro straordinario percorso con un evento al Teatro Arcimboldi di Milano
A 45 anni dalla prima edizione, Le Guide de L'Espresso hanno celebrato il loro straordinario percorso con un evento al Teatro Arcimboldi di Milano. Lo riporta un comunicato. Più di 1.000 ospiti, tra cui volti noti dello spettacolo, rappresentanti delle istituzioni e protagonisti dell'enogastronomia internazionale, si sono riuniti per assistere alla presentazione delle nuove edizioni 2025. La serata, ricca di interventi, premiazioni e momenti sorprendenti, ha rappresentato non solo un'occasione per celebrare l'eccellenza italiana, ma anche per tracciare una nuova direzione: una fase di rinnovamento e sguardo verso il futuro.
Le Guide de L’Espresso, dal 1979, raccontano con passione il meglio dell'Italia, andando oltre i confini della tradizione e mantenendo sempre vivo il rispetto per chi contribuisce a rendere grande il panorama enogastronomico italiano. Testimone di questo nuovo racconto, l'assegnazione dei 5 Cappelli ad Antonia Klugmann, chef dell'Argine a Vencò (Gorizia). Andrea Grignaffini, curatore de La Guida ai 1000 Ristoranti d'Italia, ha così motivato la scelta: “Un giusto tributo a una cuoca che, nella remota bellezza della periferia italiana, lavora con una meticolosità assoluta, ispirandosi alla natura per raggiungere l'essenza del gusto”.
La serata, condotta da Lavinia Spingardi, è stata inaugurata dalle parole del direttore de L'Espresso, Emilio Carelli: “Uniti dalla passione per la buona cucina e per il vino di qualità, abbiamo coinvolto i più importanti chef nazionali, produttori di vini d’eccellenza, giornalisti e cultori del settore”, e arricchita dagli interventi del Ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, dell'Assessora alla Mobilità di Milano, Arianna Censi, e di Gianluca Ianuario, presidente de L'Espresso, che ha consegnato il premio per il Miglior progetto di ristorazione solidale alla Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus, riconoscendo lo straordinario impegno nel promuovere valori di inclusione, solidarietà e sostenibilità attraverso il lancio del Ristorante Ruben a Milano. In questa cornice si pone anche il progetto di espandere ulteriormente il messaggio di inclusione e sensibilità: presto, infatti, verrà lanciata una versione internazionale delle Guide, per portare l'impegno e la visione di questo progetto oltre i confini nazionali.
Tra le novità 2025, l'ingresso di 70 nuovi ristoranti e la presentazione di 12 premi speciali, tra cui uno dedicato al servizio di sala. E non poteva mancare il premio al pranzo dell’anno assegnato allo chef Niko Romito del Ristorante Reale. Importanti novità anche per La Guida ai 1000 Vini d'Italia, curata da Luca Gardini che ha selezionato 1000 etichette dopo mesi di degustazioni, valutando parametri come pulizia stilistica, identità e costanza qualitativa. Il premio per la Miglior Cantina d’Italia va a Marisa Cuomo: “La sfida alle possibilità del territorio e allo stesso concetto di viticoltura: la cantina di Marisa e Andrea è capace di regalare veri miracoli in bottiglia”. Spiccano, inoltre, le classifiche speciali: i Top 5 vini naturali e i Top 5 vini sotto i 15 euro, a dimostrazione della varietà e ricchezza del panorama vitivinicolo.
La serata, infine, si è conclusa con una celebrazione della cucina italiana, grazie al catering curato dal Ristorante Da Vittorio, in collaborazione con sei chef di talento, che hanno offerto agli ospiti un'esperienza gastronomica unica. Le creazioni sono state accompagnate da alcune prestigiose etichette premiate dalla Guida, tra cui il tagliobordolese di Tenuta San Leonardo, il Valdobbiadene DOCG Extra Brut Tridik Quota430, vendemmia 2023 di Colesel e il Gavi DOCG del Comune di Gavi La Meirana 2023 dell’azienda Broglia. Tra i premi e i cappelli assegnati in questa edizione de Le Guide ai Ristoranti d’Italia 2025, si distinguono i 5 Cappelli, con un punteggio di 19,5 su 20: Le Calandre di Massimiliano Alajmo, Osteria Francescana di Massimo Bottura, Piazza Duomo di Enrico Crippa, Reale di Niko Romito; e i 5 Cappelli, con un punteggio di 19 su 20: Cracco di Carlo Cracco, Duomo di Ciccio Sultano, L’Argine a Vencò di Antonia Klugman Uliassi di Mauro Uliassi.
Economia
Sciopero 29 novembre, si va verso precettazione. Uil:...
L'annuncio del ministro, la nota del Mit dopo l'incontro con i sindacati. Bombardieri: "Faremo ricorso". Cgil: "Ministro dà i numeri ma non pensa a rimuovere cause". Opposizioni all'attacco
In vista dello sciopero di otto ore proclamato per il 29 novembre, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha firmato la precettazione."Per evitare agli italiani l'ennesimo venerdì di caos ho deciso di intervenire direttamente riducendo a 4 ore lo sciopero indetto da alcuni sindacati per venerdì", ha spiegato il leghista in un video.
Il leader della Cgil Maurizio Landini "dice che sto limitando il diritto di sciopero, in due anni e poco più di governo 949 scioperi effettuati in Italia. Diritto allo sciopero sì ma anche diritto al lavoro per la stragrande maggioranza degli italiani è l'impegno che mi sono preso", continua il ministro.
La precettazione era stata annunciata in una nota del Mit al termine dell'incontro con le organizzazioni sindacali che ha visto la partecipazione del ministro.
"In 25 mesi di governo 1.342 scioperi proclamati e 949 effettuati, 38 al mese, di cui 518 proclamati e 374 effettuati a livello nazionale, più di uno sciopero al giorno. Esiste il diritto allo sciopero per i sindacalisti, esiste anche il diritto alla mobilità, alla salute ed al lavoro di tutti gli altri italiani", recita la nota del Mit citando Salvini, che aggiunge: "Guarda caso di venerdì".
Uil: "Impugneremo precettazione"
"Impugneremo la precettazione presso le sedi opportune, faremo subito il ricorso. Leggeremo ovviamente la motivazione ma eravamo preparati perché è il secondo anno consecutivo che il ministro Salvini precetta i trasporti durante uno sciopero di Cgil e Uil. Non ci ricordiamo la stessa solerzia durante altri scioperi indetti da altri sindacati. Mi pare ci sia un tentativo di mettere in discussione il diritto allo sciopero e una corrispondenza fra la commissione di garanzia e la politica che è preoccupante, con la commissione di garanzia che risponde agli input di un ministro che si preoccupa soltanto di ridurre gli spazi democratici in questo paese". Così all’Adnkronos il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri a margine dell’incontro ‘Le politiche economiche e fiscali per lo sviluppo sostenibile dell’Italia’ alla Clubhouse Montecitorio, durante il quale è arrivata notizia della precettazione firmata dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini.
Cgil: "Ministro dà i numeri ma non pensa alle cause"
"Invece di dare i numeri, il Ministro Salvini si dovrebbe domandare perché ci sono tante lavoratrici e lavoratori che sono costretti a scioperare per rivendicare i loro diritti e un salario adeguato", afferma quindi in una nota la segretaria confederale della Cgil Maria Grazia Gabrielli commentando le dichiarazioni del ministro Salvini. "Dalle nostre rilevazioni, nel tpl, dove operano nel territorio nazionale circa mille aziende tra pubbliche e private, negli ultimi 24 mesi - precisa la dirigente sindacale - la media mensile è stata di 17 scioperi. Nei 19 mesi del governo Gentiloni, dal 2016 al 2018, la media mensile degli scioperi è stata pari a 22. Mentre, durante il governo Renzi, in 34 mesi, la media mensile è stata di 18 scioperi".
Per Gabrielli "se la questione centrale diventa la quantità degli scioperi e non le cause la questione non è più quella del contemperamento degli interessi, che anche la legge tutela, ma si vuole limitare il diritto di sciopero. Al ministro bisogna inoltre ricordare - aggiunge la segretaria confederale - che gli scioperi vengono proclamati nel rispetto delle fasce di garanzia e dei presidi minimi dei servizi a tutela degli utenti. L’oggetto della discussione che riguarda il 29 novembre è la compressione dello sciopero generale e delle sue regole, ma al ministro conviene far finta di non capire”, conclude la segretaria confederale.
"Il ministro Salvini ancora una volta attacca il diritto di sciopero, è uno sciopero generale, il primo che proclamiamo quest'anno e lo proclamiamo proprio per tutelare al meglio i diritti delle persone che altrimenti non sono tutelate anche dalle politiche del governo. Questo è un attacco esplicito e penso che il problema vero è tutelare i cittadini da Salvini, non tutelarli da uno sciopero". E' quanto afferma quindi il segretario generale della Cgil Maurizio Landini commentando la precettazione, partecipando alla trasmissione "Il cavallo e la torre" su Rai 3.
"Salvini è un po' ossessionato. Ma io rispondo degli scioperi che proclamo questo è il primo sciopero generale che noi proclamiamo, ne abbiamo proclamato un altro un anno fa e abbiamo proclamato alcune ore di sciopero come Cgil e Uil contro i morti sul lavoro, quindi, noi stiamo chiedendo da tempo. Se vuole faccia una legge sulla rappresentanza ma il punto vero non è contare quanti scioperi, il punto vero è capire perché le persone arrivano a scioperare perché vorrei far presente che ci rimettono lo stipendio, non è gratis, non è un giorno di vacanza...", continua Landini, incalzato da Marco Damilano che gli chiedeva di commentare le parole del ministro che, in un video tira in ballo lo stesso Landini e conta il numero degli scioperi indetti dai sindacati.
Opposizioni all'attacco
"Sta purtroppo diventando un copione, quello del governo che rifiuta il confronto con i lavoratori, respinge i tentativi di esporre le proprie ragioni e che, con la precettazione, nega anche il diritto di sciopero. Una violazione grave, che disapproviamo fermamente", commenta la segretaria del Pd Elly Schlein.
“Ormai Salvini lavora scientificamente per ridimensionare il diritto di sciopero. Un diritto garantito dalla Costituzione e che non è nella disponibilità di un ministro pronto a mettere sotto pressione, attraverso la sua fluviale attività propagandistica, anche l’autorità di garanzia sullo sciopero generale indetto da Cgil e Uil. E’ un comportamento grave anche perché mette l’uno contro l’altro chi lavora. Vorremmo ricordare a Salvini che chi fa sciopero rinuncia a una parte di salario. Deve essere rispettato non criminalizzato”. Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, e la deputata e responsabile Lavoro del Pd, Maria Cecilia Guerra.
"Matteo Salvini non governa, provoca. Vuole lo scontro, usa il suo potere per far alzare la temperatura: la precettazione non ha nulla a che vedere con l’interesse collettivo e si profila come una arbitraria violazione del diritto di sciopero”, attacca Franco Mari, capogruppo di Avs nella commissione Lavoro della Camera.
"L'ennesima precettazione di uno sciopero dei trasporti da parte di Salvini è solo il tentativo maldestro di scaricare sui lavoratori il caos terrificante in cui versa il settore. Un caos che ha come causa scatenante un ministro che andrebbe precettato lui, visto che di fronte ai problemi se la dà sempre a gambe levate senza mai fornire una soluzione. Gli utenti di treni e tpl sanno benissimo che l'odissea è ormai una costante settimanale, per nulla limitata alle giornate di sciopero. Il quale, fino a prova contraria, è un diritto che la Costituzione sancisce. Salvini, invece di cianciare di banche, di ponte sullo Stretto o di canone Rai, provi magari ad ascoltarli questi lavoratori. E a dire qualche volta 'sì, i disservizi del tpl sono responsabilità mia'. Così, giusto per vedere l'effetto che fa", dichiarano in una nota i parlamentari M5S delle commissioni Trasporti di Senato e Camera Gabriella Di Girolamo, Elena Sironi, Luigi Nave, Antonino Iaria, Luciano Cantone, Roberto Traversi e Giorgio Fede.
"C’è un ministro in Italia che invece di impegnarsi a garantire l’efficienza del trasporto pubblico tutto l’anno, da una parte perde tempo a diffondere odio sui social contro i suoi avversari politici e contro i più deboli, e dall’altra si impegna esclusivamente nel tentare di cancellare il diritto dei lavoratori a scioperare, sancito dalla Costituzione e da decenni di lotte democratiche in questa Repubblica". Lo scrive sui social Nicola Fratoianni di Avs. "In ogni caso - aggiunge il leader di SI - un ministro assolutamente inadeguato e inqualificabile. Salvini può stare sicuro che le sue intimidazioni non faranno paura a nessuno e che la risposta dei lavoratori e delle lavoratrici di questo Paese sarà pacata, decisa e corale contro la sua arroganza".
Economia
Finanziamento ai partiti, verso il cambio del 2 per mille:...
Fonti del Colle confermano la contrarietà del Capo dello Stato, che non darebbe il via libera. Cosa prevede l'emendamento al decreto fiscale proposto dal Pd e riformulato dal governo
Stop del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla modifica inserita nel decreto legge fiscale del meccanismo che permette ai contribuenti di destinare al finanziamento dei partiti il due per mille, in particolare in riferimento alla ripartizione dei fondi così ottenuti. Fonti del Quirinale confermano la contrarietà del Capo dello Stato, che non darebbe il via libera ad una norma del genere per vari motivi.
Innanzi tutto la mancanza di omogeneità rispetto alla materie contenute nel provvedimento in discussione al Senato. Inoltre una riforma del genere richiederebbe un provvedimento ad hoc e non una semplice disposizione contenuta in un emendamento ad un decreto legge che ha delle caratteristiche particolari, in primis i requisiti di necessità ed urgenza. Infine il cambiamento proposto avrebbe un impatto notevole sulle finanze pubbliche e su fondi che derivano dalle scelte dei cittadini.
Cosa c'è nell'emendamento
Modificare la disciplina del 2 per mille ai partiti, cioè la quota della propria Irpef che i contribuenti decidono di girare al finanziamento della politica. Questo il contenuto, attualmente al vaglio della Commissione Bilancio del Senato, proposto dal Partito Democratico e riformulato dal governo, che prevede da un lato di abbassare la quota dell'imposta sul reddito da destinare alla politica dal 2 allo 0,2 per mille, ma dall'altro di estendere la platea a tutti i contribuenti attraverso un meccanismo di ripartizione generalizzata tra le forze politiche, aumentando la dotazione ai partiti a 42,3 milioni.
Secondo il testo infatti nel caso in cui il contribuente non esprima una scelta sul partito a cui indirizzare questa quota, allora "la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse". Di fatto quindi quello 0,2 per mille sarà ‘versato’ da ogni contribuente italiano, ripartendo le quote di chi non ha indicato una forza politica specifica sulla base delle preferenze espresse da chi invece lo ha fatto, privilegiando quindi di volta in volta i partiti più ‘gettonati’. Gli oneri calcolati per questo nuovo meccanismo - si legge nell'emendamento - sono pari a 42,3 milioni di euro dal 2025 a cui, secondo il provvedimento (quasi raddoppiato rispetto al precedente tetto di 25 milioni).