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Food: tra farina e lieviti sempre più mani di donna, in crescita pizzaiole al top

Tra margherite e pizze fritte sono in aumento le eccellenze al femminile

Food: tra farina e lieviti sempre più mani di donna, in crescita pizzaiole al top

Acqua e Farina, lievito e olio, con fior di latte e pomodoro sono gli ingredienti tradizionali di una buona pizza. A far la differenza però è l'abilità del pizzaiolo. E oggi, molto di più rispetto al passato, delle pizzaiole. Sono infatti in crescita le donne che, tra forno e sala, esprimono il loro talento e la loro fantasia servendo ai loro clienti pizze d'eccellenza, come e più dei loro colleghi uomini.

E la tendenza a sfornare margherite d'autore è in crescita tra le donne come racconta ad Adnkronos/Labitalia Barbara Guerra, co-curatrice delle guida internazionale '50 Top pizza', che nelle scorse settimane ha lanciato l'edizione 2024. “Nella grande comunità della pizza -spiega- osserviamo un bel protagonismo delle donne al banco pizza. Con impegno e dedizione affermano il loro talento che non è ancora sufficientemente valorizzato e riconosciuto, combattendo contro il pregiudizio molto diffuso che da un lato considera questo mestiere un lavoro da uomini, dall’altro le obbliga a scegliere fra carriera e famiglia", spiega.

Ed è importante, sottolinea Guerra, far conoscere le storie di chi ha scelto questa strada professionale. "Come 50 Top Pizza abbiamo sempre avuto l’obiettivo di far emergere, portandoli sulla ribalta pubblica, i percorsi di carriera femminili, siano essi di pizzaiole, cheffe, direttrici di sala, proprietarie di attività ristorative e di accoglienza. Farli conoscere è uno dei modi per renderli modello di ispirazione per le altre donne che magari non hanno il coraggio o le condizioni per osare, restando nelle retrovie", sottolinea. Anche perchè, sottolinea Guerra, "il vecchio retaggio culturale per cui l’uomo cucina e la donna nutre deve essere ribaltato. Si può fare favorendo l’empowerment cioè riconoscendo e favorendo l’autonomia culturale, lavorativa ed economica delle donne e il mainstriming cioè attivare, sempre di più azioni, reti ed alleanze, sensibilità condivise anche con gli uomini affinché si capisca che una cucina, una famiglia, una società in cui le donne stanno bene è un vantaggio per tutti”, conclude.

E una donna che, facendo pizze, ha fatto tanta strada è Giorgia Caporuscio, star della pizza a New York con il suo 'Don Antonio' e che si è vista assegnare il 'Pizza Maker of the Year 2024 - Ferrarelle Award' durante la cerimonia di premiazione di 50 Top Pizza Usa 2024. Giorgia, figlia d'arte, ha 34 anni ed è arrivata nella Grande Mela 15 anni fa. "Sono venuta qua negli Stati Uniti -racconta ad Adnkronos/Labitalia- quando avevo 19 anni. Avevo finito l'alberghiero a Formia e non avendo nessuna idea di cosa fare nella mia carriera professionale ho deciso di venire a trovare mio padre perché era già negli Stati Uniti e aveva appena aperto la sua prima pizzeria napoletana a New York".

"Ho pensato di imparare l'inglese, e quindi la mattina andavo a scuola e il pomeriggio per stare insieme un po' a mio padre, stavo sempre in pizzeria con lui. I dipendenti, i collaboratori di mio padre, mi prendevano sempre in giro 'non sai fare la pizza, non sai fare la pasta'. E quindi per gioco e anche per far vedere a loro che, guarda un po', ho iniziato adesso e so fare la pizza meglio di voi, ho iniziato a fare le pizze un po' tutti i giorni. E scherzando, scherzando, alla fine è diventata la mia passione e io dico sempre che ce l'avevo già nel sangue questo lavoro", sottolinea.

E i risultati oggi si vedono. "Dopo 15 anni, a New York sono proprietaria, capo pizzaiolo e capo chef di 'Don Antonio', dietro Times Square, e mi occupo di tutta la parte gestionale, della cucina, ricette, organizzazione di tutti i dipendenti, insieme a mio marito. Abbiamo rilevato questa pizzeria da mio padre, abbiamo iniziato dal 2020", dice. Un percorso non semplice, ma per Giorgia i consigli possono aiutare. "La costanza, bisogna studiare tanto, e tanta determinazione. Questi sono i miei consigli, che dò a tutte. Non aver paura, perché tutti quanti possiamo iniziare da zero a fare questo mestiere, se si ha passione si va veramente lontano, e io sono l'esempio", sottolinea.

E per Giorgia le donne hanno un vantaggio non da poco. "Essendo un lavoro manuale, le donne hanno un'agevolazione, riescono a controllare la forza all'interno delle proprie mani e ad essere più flessibili rispetto agli uomini, nel toccare l'impasto, soprattutto nella pizza napoletana, che è un impasto molto più soft. Quindi abbiamo un'agevolazione in più rispetto a un uomo, che ha molta più forza e deve controllare molto di più la forza dentro le mani", sottolinea.

Controllo delle mani che Giorgia esprime al meglio per realizzare il 'cavallo di battaglia' del suo locale: "E' la famosa Montanara, la pizza fritta. È un disco di pasta che stendiamo, lo friggiamo, e poi mettiamo il pomodoro, la mozzarella affumicata, il basilico, il pecorino romano, e la mettiamo alcuni minuti dentro il forno, quindi l'olio in eccesso evapora, e quindi si ha una doppia cottura. Ha la sofficità e la croccantezza, e gli americani impazziscono, anche grazie al fatto che noi portiamo il 98-100% dei prodotti che usiamo dall'Italia, cercando di dare a New lo stesso prodotto che si può trovare a Napoli. E' quello il nostro vero segreto", conclude.

E da New York a Napoli ecco la storia di un'altra giovane donna che ha inseguito la sua passione fin da piccolissima. "Mio padre -racconta ad Adnkronos/Labitalia Jessica De Vivo, della pizzeria Mary Rose a Napoli- aveva la pizzeria e a sette anni io ho fatto la mia prima pizza. Poi appena finiti gli studi subito ho iniziato a lavorare in pizzeria. Oggi ho 29 anni, sono più di dieci anni che lavoro".

Il percorso non è stato semplice. "Io penso che una donna per fare questo lavoro deve avere realmente una passione, io dedico al mio lavoro quasi tutta la giornata, dalla mattina fino alla sera, cioè, sono sempre in pizzeria. Oggi stanno uscendo parecchie pizzaiole donne e questa per una donna è una bellissima cosa. Noi abbiamo qualcosa che l'uomo non ha: l'eleganza e il segreto per un'ottima pizza sono le mani di una donna", rivendica Jessica. E Jessica, con le sue pizze è una star di TikTok e Instagram. "I social aiutano oggi nel nostro mestiere, ti fanno conoscere, e tante persone poi vengono qui in pizzeria a provare le mie pizze. E poi da piccolina oltre la pizza l'altra mia grande passione era la recitazione", aggiunge. Ma qual è la pizza top per Jessica? "Io sono molto tradizionalista, quindi mi mantengo sempre sul tradizionale: una margherita provola e pepe o una pizza fritta", conclude.

Una passione, come quella fare la pizza, può anche 'svegliarsi' o per necessità, come nel caso di Roberta Esposito del Ristorante pizzeria 'La Contrada' ad Aversa, in provincia di Caserta, classificatasi al 32 posto nella classifica di '50 Top Pizza'. "Io ho cominciato più in sala, sapevo stendere e cucinare la pizza perché l'avevo imparato ma non era la mia prima aspirazione", racconta ad Adnkronos/Labitalia. "Poi all'improvviso, quando il pizzaiolo mancava o non veniva o ritardava dalle ferie io lo sostituivo. Fu una cosa automatica: non è venuto, non mandiamo via gente, dai falla tu. Fin quando un sabato il mio collaboratore non stette tanto bene, andò via e rimasi io di sabato sera lì dentro in pizzeria e da lì non me ne sono mai più uscita", sottolinea.

Oggi Roberta ha 41 anni "ma il locale la mia famiglia l'ha rilevato quando avevo 13 anni mentre il progetto pizza è nato quando ne avevo 25. Io credo che in realtà è come ogni lavoro, devi avere una predisposizione per poterlo fare. Io consiglio anche a una ragazza che magari si avvicina a questo mestiere, se ha le caratteristiche, di seguirla questa passione. E' comunque un lavoro sacrificato, facendo le pizze, vai la mattina, non si sa quando torni, comunque se ne vanno via tante ore della giornata", sottolinea. Di certo la fantasia delle donne aiuta. "A me piace la pizza fuori menù. È quella che posso preparare con un prodotto stagionale, un prodotto che trovo fresco, e quindi immagino di proporre quella pizza, la preparo, piace, è tutta la mia soddisfazione. Io ho l'abitudine ogni sei mesi di cambiare menù, quindi ne ho fatte tante di pizza, non ho proprio quella preferita", conclude.

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Lavoro

Osteopati, imminente chiusura iter albo professionale:...

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La presidente del Roi Paola Sciomachen: "Categoria da anni porta avanti lavoro costantemente orientato a ricerca scientifica e aggiornamento professionale"

Osteopati, imminente chiusura iter albo professionale:

“La chiusura dell’iter legislativo è ormai imminente e porterà alla creazione dell’albo professionale. Gli osteopati sono pronti a dare il loro contributo sempre maggiore all’interno del Sistema Sanitario Nazionale e ad avere un ruolo centrale nell’ambito della prevenzione e nella promozione della salute dei cittadini di tutte le età, in sinergia con le altre professioni sanitarie". Ad affermarlo, ad Adnkronos/Labitalia, Paola Sciomachen, presidente del Roi - Registro Osteopati d'Italia.

"Nelle ultime ore - sottolinea - sono emerse polemiche strumentali in seguito a una manovra mostrata in una nota trasmissione televisiva da un professionista laureato in fisioterapia e osteopata non iscritto alla nostra associazione. Il Roi - Registro Osteopati d’Italia fa appello all’etica e alla deontologia professionale, contro la ‘spettacolarizzazione’ dei trattamenti manipolativi osteopatici, che confondono le idee ai cittadini e sviliscono una categoria che da anni porta avanti un lavoro costantemente orientato alla ricerca scientifica e all’aggiornamento professionale. Un concetto sottolineato anche attraverso una campagna condotta lo scorso anno per una corretta informazione dei pazienti".

Nel futuro dell’ordinamento universitario italiano, quindi, ci sarà l’osteopatia, come ha stabilito il decreto interministeriale n. 1563 pubblicato il 1° dicembre dal ministro dell’Università e della ricerca, che definisce, per la prima volta, l’ordinamento didattico del corso di laurea in osteopatia. Per il completamento dell’iter, è necessario affrontare il tema conclusivo delle equipollenze dei titoli pregressi alla laurea universitaria che chiuderà il percorso legislativo in attesa della creazione dell’albo professionale.

Ma ecco la 'storia' dell’iter per il riconoscimento della professione osteopatica, che parte dal ddl Lorenzin, che ha attraversato tre governi, una votazione alla Camera e due al Senato. Il percorso è iniziato nel luglio 2013, con l’approvazione del ddl da parte del Consiglio dei ministri. Nel giugno 2014 il Roi chiede un’audizione in Senato alla relatrice del ddl, la senatrice Emilia De Biasi, per segnalare la necessità della regolamentazione dell’osteopatia come professione sanitaria. Nel febbraio 2014 il ddl viene trasmesso dal Consiglio dei ministri al Senato che nel maggio 2016 approva al suo interno il testo dell’emendamento per l’istituzione e definizione della professione di osteopata presentato in commissione Sanità da Emilia Grazia De Biasi. Nell’ottobre 2017 il ddl è approvato anche alla Camera dei deputati e trasmesso al Senato.

Il 22 dicembre 2017 il ddl Lorenzin sulla riforma degli Ordini e le sperimentazioni cliniche è approvato in larga maggioranza con 148 voti su 173 Senatori presenti. L’osteopatia, che in Italia esiste da oltre 30 anni, è ufficialmente individuata come professione sanitaria. La legge 3/2018 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio 2018.

L’articolo 7 della legge 3/2018 ha tracciato l’iter per la definitiva istituzione dell’osteopatia come professione sanitaria. La procedura ha previsto che il percorso per il definitivo riconoscimento passi attraverso l’accordo in Conferenza Stato-Regioni per definire l’ambito di attività, le funzioni, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché quelli per il riconoscimento dei titoli equipollenti connessi a tali professioni. La legge prevede che con decreto del Miur, di concerto con il ministro della Salute, debba essere definito l’ordinamento didattico della formazione universitaria.

Dal febbraio 2018 all’ottobre 2020 il ministero della Salute ha avviato le consultazioni con le associazioni di categoria e gli stakeholder per la definizione del profilo professionale. Ha chiesto poi il parere del Consiglio Superiore di Sanità di cui ha recepito la proposta e ha quindi inviato il testo alla Conferenza Stato-Regioni. La Conferenza delle Regioni, nel novembre 2020, ha approvato il profilo professionale degli osteopati. Il decreto del Presidente della Repubblica (dpr) relativo al profilo professionale è stato adottato il 24 giugno 2021. Il dpr è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 30 settembre 2021. Questo decreto rappresenta il primo importante tassello di un iter atteso dall’intera categoria e getta le basi necessarie per la definizione del percorso di formazione e delle relative equipollenze.

Dopo due anni dalla pubblicazione del decreto sul profilo professionale, il Mur (ministero dell’Università e della Ricerca), di concerto con il ministero della Salute, il 1° dicembre 2023, pubblica il decreto interministeriale n.1563, relativo alla 'Definizione dell’ordinamento didattico del Corso di Laurea in Osteopatia ai sensi dell’articolo 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3'. Il testo definisce gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative della classe, specificando che “nell’ambito della professione sanitaria dell’osteopata, il laureato è un operatore sanitario cui competono le attribuzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2021, n. 131; ovvero è quel professionista sanitario che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico”.

Dopo il controllo di legittimità espresso dalla Corte dei Conti, il decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 16 febbraio 2024.

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Lavoro

Bari, Di Bisceglie (Camera Commercio): “Più occupati...

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L'intervista alla presidente dell'Ente camerale

Luciana Di Bisceglie

"Gli effetti positivi sul piano occupazionale fanno pensare ad un territorio che nel complesso ha reagito bene allo choc pandemico, superando la precedente offerta di lavoro di gran lunga e nel complesso crescendo. Intanto è però in atto un fenomeno di concentrazione delle imprese in alcuni comparti (commercio e agricoltura in primis) ed espulsione dei player meno competitivi dal mercato, con contemporaneo rafforzamento di una base produttiva più consolidata e dinamica. Lo stock di imprese del territorio di competenza della Camera di Commercio di Bari fa infatti segnare una diminuzione di 4.401 aziende in cinque anni (-3%)". Così, con Adnkronos/Labitalia, Luciana Di Bisceglie, presidente Camera di Commercio di Bari e di Unioncamere Puglia, analizza la situazione delle imprese e del tessuto produttivo barese.

Secondo l'ufficio studi di Unioncamere Puglia, le imprese nelle province di Bari e BAT al 2° trimestre 2024 risultano essere 142.262 dando lavoro a 466mila persone, contro i 410mila occupati di cinque anni prima. (2° trim. 2019).

Per Di Bisceglie quella che stanno vivendo le imprese del territorio "è una dinamica complessa, che vede uscire dal mercato soprattutto aziende poco strutturate e non riguarda tutti i settori. Si perdono aziende nei comparti del commercio al dettaglio (-2.201) e ingrosso (-1.027), dell'agricoltura (-932) e di altri settori maturi (moda, edilizia, ecc.). Vanno invece molto bene, per natimortalità, altri settori: lavori di costruzione specializzati, dalla muratura all'idraulica, dagli infissi alla pitturazione e ad altri installatori (+910 imprese)".

Secondo la presidente della Camera di commercio "crescono anche l'alloggio (+602), le attività immobiliari (+500), i servizi alla persona (+398, soprattutto estetisti, parrucchieri, centri benessere) e le attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+385). Questo dato "bipolare", con aumento dell'occupazione e diminuzione di alcuni settori, ma con crescita in altri, è assolutamente in linea non solo con quanto avviene in Puglia, ma con gli andamenti dell'intero Paese", sottolinea.

Sulle imprese che stanno performando al meglio Di Bisceglie chiarisce che "non è possibile fornire dati precisi a fronte di processi articolati che per molti versi sono ancora in itinere. Possiamo probabilmente dire che i servizi sono stati trainanti nell’ultimo periodo, nonostante qualche rallentamento, per alcuni specifici settori, rispetto all’anno precedente".

E sulle aspettative per la ripresa di settembre la presidente della Camera di commercio sottolinea che "in queste ultime settimane è evidente che si stanno raccogliendo i dati soprattutto sul turismo che, al di là dei numeri, sembrano segnalare un lento ma progressivo allungamento della stagionalità, andando oltre i canonici mesi estivi, soprattutto per i turisti stranieri. Ѐ chiaro però che c’è ancora molto da fare in direzione della destagionalizzazione, anche per avere una risposta occupazionale che specie nell’ultimo anno ha visto grandi problemi di reperimento di molte figure professionali, soprattutto le più qualificate", sottolinea.

Le difficoltà più serie sono in altri settori. "Sono invece molte le incertezze sul versante agricolo, anche a causa dei cambiamenti climatici e più in generale per la redditività connessa ai prezzi all’origine, ancora mediamente relativamente bassi specie se raffrontati con il forte incremento dei costi di produzione. Preoccupazioni si registrano anche per alcuni importanti comparti industriali, a cominciare dall’automotive e la relativa componentistica alle prese con gli effetti delle transizioni energetica ed ambientale", sottolinea.

E sulle preoccupazioni delle aziende per il futuro Di Bisceglie spiega che "non si può parlare di specificità territoriali. Si tratta di problemi che affrontano da tempo la maggior parte delle imprese del Mezzogiorno. La ripresa post pandemica è stata vivace, come segnalato anche dal Rapporto Svimez secondo il quale la Puglia nel periodo 2019-2023 è stata la regione italiana più dinamica con una crescita del 6,1%. Una crescita che ovviamente si sviluppa a macchia di leopardo anche all’interno delle singole province".

"Le imprese vivono tutte le incertezze di un periodo che, nonostante l’incremento del Pil e dei tassi occupazionali, mostra ancora difficoltà negli investimenti, preoccupazioni in termini di mercato, soprattutto domestico, qualche difficoltà di accesso al credito ed un mismatch tra domanda e offerta di lavoro che risulta particolarmente grave nel Mezzogiorno, specie nelle aree più sviluppate, anche a fronte di una emigrazione giovanile non irrilevante. Un fenomeno, quest’ultimo, che aggrava un inverno demografico che non accenna ad attenuarsi. Basti dire che al 1° gennaio 2023 in Puglia risiedevano 4.052.566 persone, oltre 144mila in meno (-3,5%) del 2011", conclude.

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Lavoro

Manageritalia, nasce Tech EmpowHER per aumentare la...

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Ideato da Boom in collaborazione con Manageritalia Emilia Romagna

Manageritalia, nasce Tech EmpowHER per aumentare la presenza delle donne nel settore hi-tech

Sono ancora troppo poche le donne nel modo tech in Italia e in Emilia-Romagna. Soprattutto se si paragonano i livelli di occupazione femminile nel settore hi-tech nazionale con quelli degli altri paesi europei: secondo gli ultimi dati Eurostat, le posizioni tech occupate da donne sono il 22% in Europa e solo il 15% in Italia. Anche sul fronte della formazione il Bel Paese è il fanalino di coda: in Europa la media dei laureati in materie tecnico-scientifiche è del 13%, in Italia del 6,7% e di questi solo una su tre è donna. Per colmare questo gap nasce Tech EmpowHER il progetto ideato da Boom, il nuovo knowledge e innovation hub di Crif a Bologna che, in collaborazione con Manageritalia Emilia Romagna e altre aziende e associazioni del territorio, vuole favorire la presenza delle donne in ambito tech superando così il pregiudizio che vuole la tecnologia e il mondo dell’innovazione come un 'lavoro esclusivamente da uomini'.

“Come manager - commenta Cristina Mezzanotte, presidente di Manageritalia Emilia-Romagna - siamo i primi a dover interpretare e favorire i cambiamenti culturali necessari per rendere le nostre imprese più performanti e i luoghi di lavoro più inclusivi per le donne Questa iniziativa consente di raggiungere contemporaneamente un duplice risultato. Per le imprese si apre la possibilità di intercettare tanti talenti qualificati, riducendo i tempi e i costi di selezione, oltre a creare una maggiore inclusività negli ambienti di lavoro. Per le donne invece rappresenta una concreta opportunità di crescita professionale ed economica”.

“L'inclusione - sottolinea Loretta Chiusoli, chief hr & organization director Crif e managing director di Boom – ha in primis un valore etico, ma è anche una leva per l'innovazione e il successo aziendale. Con Tech EmpowHER, offriamo alle giovani donne la possibilità di accedere a competenze e conoscenze specialistiche in ambito tecnologico e dei dati. Vogliamo non solo colmare il gender gap, ma creare un ecosistema in cui le donne possano crescere professionalmente e diventare protagoniste nell’innovazione tecnologica”.

Tech EmpowHER si compone di 4 diversi percorsi che uniscono awareness e formazione pratica con l’obiettivo finale di accrescere diversità e inclusività nei team aziendali, aumentando di conseguenza creatività, collaborazione, dialogo ed efficacia. In particolare, un percorso è interamente dedicato alle aziende mentre tre sono pensati per neodiplomate e giovani laureate che vogliono intraprendere una carriera stem o tech. Se per le donne si tratta di un’importante occasione di formazione e sviluppo di carriera, le aziende avranno l’opportunità di incontrare tanti talenti qualificati, ridurre il gender gap in azienda e migliorare le proprie politiche di diversity, inclusion e responsabilità sociale.

Il percorso dedicato alle aziende si compone di tre incontri in presenza nella sede di Boom, e si rivolge ai manager di ogni settore aziendale per sensibilizzarli sul tema e iniziare a implementare insieme strategie per colmare il gender gap nelle aree tecnologiche. Si parlerà di inclusione, bias inconsci, binomio tecnologia – femminilità, ma sarà anche l’occasione per creare il primo network di aziende Tech EmpowHER.

Gli incontri si terranno il 15 ottobre, il 6 e il 27 novembre 2024 dalle 17 alle 19 presso la sede di Boom a Bologna. Per iscriversi visitare la seguente pagina: https://crifhr.magnews.net/Awareness_3.

Il percorso rivolto alle neodiplomate e giovani laureate prevede tre differenti opzioni. Teen in Tech: un percorso Ifts, della durata di un anno e altamente specializzato, per neodiplomate di talento: 400 ore di formazione tecnica + 400 ore di stage nelle aziende del circuito Tech EmpowHER. Il percorso inizierà a novembre 2025.

Pink Tech Academy: il percorso intensivo di 6 settimane su data science dedicato a neolaureate in ambito Stem: corsi teorici, laboratori pratici e project work per essere pronte all’inserimento in azienda. Il percorso si svolgerà da gennaio a ottobre 2025.

Switch to Tech: il percorso formativo della durata di 6 mesi dedicato a giovani neolaureate in discipline umanistiche che faticano a trovare un’occupazione o che vogliono reinventarsi in ambito tech, per diventare esperte sviluppatrici software. Il percorso si svolgerà tra novembre 2024 e aprile 2025. L’accesso ai percorsi formativi è totalmente gratuito. Tutte le informazioni su Tech EmpowHer sono disponibili su https://www.bo-om.it/news-ed-eventi/tech-empowher/. Per iscriversi ai corsi scrivere a: info@bo-om.it.

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