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“Ho avuto un figlio e voglio vederlo crescere”, cosa pensano i papà Millennials. L’indagine

Intende avere figli? E se ne ha già, come pensa di gestire la vita privata con quella lavorativa? Immaginiamo che a ricevere queste domande in fase di colloquio per un lavoro fossero gli uomini. Ciò che emergerebbe rispetto al passato è che i papà stanno esplicitando con più chiarezza e determinazione il loro bisogno di godersi i propri figli, pretendendo tutele e servizi.

I padri Millennials, nati tra la metà degli anni ’80 e la metà degli anni ’90, sono tra i più presenti per i propri bambini. Una conferma arriva dai dati Inps che hanno evidenziato come, tra il 2019 e il 2022, le richieste di congedo parentale sono aumentate del 15%.

Inoltre, nel 2022 il numero di beneficiari di congedo obbligatorio di paternità è stato pari a 173mila, l’11% in più rispetto all’anno precedente. Cosa sta cambiando?

L’indagine di Reverse

Reverse, società internazionale di headhunting e Risorse Umane, ha condotto un’indagine qualitativa con l’obiettivo di far emergere le esigenze dei nuovi papà che desiderano sempre più trovare un equilibrio tra carriera e vita familiare e lo dichiarano apertamente in fase di colloquio.

I racconti degli Head hunter di Reverse che operano in Italia, Spagna, Francia e Germania insieme alle domande specifiche rivolte ad alcuni papà afferenti a diverse categorie professionali hanno aiutato a far luce sulla situazione italiana, confrontandola con quella estera.

“La nostra missione è agevolare l’incontro tra aziende e lavoratori – ha dichiarato Alessandro Raguseo CEO e Co-Founder di Reverse -. Troppo spesso, infatti, il rapporto tra impresa e candidato non va a buon fine per mancata conoscenza dell’altro. Aspetti apparentemente secondari, come il desiderio di flessibilità per essere più presente in famiglia, possono fare la differenza. Per questo abbiamo scelto di indagare questa nuova esigenza, con l’obiettivo di restituire una fotografia nitida alle aziende che si affidano a noi per trovare le proprie persone”.

Le testimonianze: come diventare padri ha impattato la vita lavorativa

Dalle testimonianze raccolte da Reverse emerge che i padri italiani tendono a voler essere sempre più presenti in famiglia. Ecco perché:

I papà vogliono essere di supporto alle madri durante i primi mesi di vita del bambino, i delicatissimi periodi del post partum e dell’allattamento;
Negli anni a seguire desiderano essere parte attiva della vita quotidiana dei propri figli, vivere la loro crescita in prima persona e non solo tramite foto e racconti di mamme, nonni e baby sitter;
Hanno il desiderio di supportare le mamme che lavorano, di appoggiarle nella realizzazione dei propri sogni professionali. E per fare questo sono contenti di spartire con loro i compiti genitoriali, per fare in modo che le mamme possano dedicarsi serenamente alla loro carriera.
Famiglia e lavoro diventano un progetto di vita condiviso;
Il lavoro da casa durante la pandemia ha messo in luce aspetti dell’equilibrio domestico che finora erano rimasti confinati alle chat tra mamme.

Diventare genitore mi ha aiutato a rivedere le mie priorità: ho sempre più il desiderio di tornare a casa per stare con i miei figli – dichiara Lorenzo, Project Manager di una grande azienda del settore Automotive – Ho alte ambizioni professionali ma allo stesso tempo non voglio rinunciare alla mia famiglia, perché i primi anni di vita dei figli non tornano e non si avrà tempo di stare con loro quando saranno troppo grandi”.

Dall’indagine risulta anche che la richiesta di usufruire del congedo di paternità completo e della flessibilità lavorativa è sempre più elevata anche se, ancora troppo spesso i papà che la richiedono si scontrano con un pregiudizio sociale che li spinge a giustificarsi. Non solo, i papà richiedono congedi paritari, o comunque più lunghi. Infatti, alla domanda “I giorni di congedo sono stati sufficienti per supportare al meglio la tua famiglia?” hanno tutti risposto “No: sarebbe stato necessario più tempo”.

Il tempo oggi è il vero lusso. Ho bisogno di offrire tempo di qualità alla mia famiglia, a mio figlio, alla coppia e al lavoro – dichiara Matteo, socio-dipendente di una profumeria – Per poter conciliare tutto questo ho dovuto rivedere i miei orari lavorativi. È una questione di equilibrio nella gestione di tutte le proprie sfere, personali e lavorative: senza flessibilità questo equilibrio non potrebbe esistere”.

Il confronto con Germania, Spagna e Francia

Anche nel resto d’Europa si sta riscontrando la stessa tendenza, anche se l’Italia è leggermente un passo indietro. Nel Bel Paese, infatti, un padre lavoratore dipendente ha diritto a 10 giorni lavorativi di congedo di paternità obbligatorio contro i 5 mesi spettanti alla madre. In Spagna, il congedo retribuito al 100% è di 16 settimane per entrambi i genitori, in Germania arriva fino a 14 mesi cumulativi suddivisibili tra i due genitori, mentre in Francia il congedo di paternità è pari a 28 giorni.

“In Germania i candidati sono abituati ad esplicitare in modo del tutto chiaro e sereno i loro desiderata riguardanti la paternità – dichiara Gioia Busi, Delivery Manager, Reverse – Poco tempo fa, un candidato mi ha inviato una mail con tutte le richieste che desiderava rivolgere all’azienda per cui si candidava: si trattava di specifiche necessità orarie per poter passare del tempo con suo figlio, nato da poco. L’azienda ha accolto benissimo le sue richieste, con grande apertura e disponibilità”.

“In Spagna sono sempre più numerosi i candidati che chiedono esplicitamente flessibilità e smart working per poter essere più presenti in famiglia – afferma Manu Cano Munoz, Country Leader Spain, Reverse – Oggi per conquistare qualunque candidato padre in Spagna è imprescindibile andare incontro alle sue esigenze legate alla paternità”.

“Capita molto spesso che i candidati francesi, quando devono scegliere un’azienda, mi rivolgano domande specifiche su orari ed eventuali trasferte, perché vogliono capire quanto il lavoro possa conciliarsi con la loro vita da papà. E, se le condizioni non sono favorevoli, non esitano a rifiutare l’offerta – aggiunge Arlène Lalanne, Senior HR Project Manager, Reverse – Succede anche il contrario: a volte cercare migliori condizioni lavorative per gestire al meglio i figli rappresenta il loro maggiore driver di cambiamento. Ho seguito un candidato papà che voleva cambiare lavoro proprio per ottenere orari più adatti alla sua vita da genitore. La nuova azienda per cui si è candidato lo ha rassicurato, garantendogli la migliore flessibilità possibile. E lo ha conquistato”.

“Con questo studio abbiamo voluto dare nitidezza ad una tendenza ancora dai contorni sfumati. Si sprecano le parole sulla difficile presenza delle donne nel mondo del lavoro e forse la soluzione è dove non stiamo guardando, nel lavoro dei papà. Ascoltare le loro voci è stata la via per portare all’attenzione di chi opera nel mercato del lavoro i problemi ma anche le soluzioni. Soluzioni spesso concretizzabili in azienda oggi stesso”, ha concluso Beatrice Böhm, Marketing & Communication Manager Reverse.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Giornata mondiale della Gentilezza, ‘verba volant,...

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Giovane Donna Sorridente Telefono Smartphone Social

Il 13 novembre si celebra la Giornata Mondiale della Gentilezza, una ricorrenza nata nel 1998 su iniziativa del World Kindness Movement (una coalizione di ONG di gentilezza delle nazioni) per promuovere valori di empatia, rispetto e solidarietà tra le persone. L’iniziativa, che ha preso piede a livello globale, mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di gesti quotidiani di bontà e solidarietà, piccoli atti che, sommati, possono cambiare il mondo.

Questa giornata si inserisce in un contesto più ampio, che ha come obiettivo quello di promuovere una cultura della gentilezza. Quest’anno, come negli anni precedenti, si sottolinea il ruolo cruciale che ognuno di noi può giocare nel creare un ambiente più sereno, accogliente e inclusivo, sia nella vita quotidiana che nelle dinamiche più formali, come quelle universitarie.

Come si festeggia la Giornata della Gentilezza?

La Giornata della Gentilezza non prevede rituali o cerimonie particolari, ma invita ognuno di noi a compiere gesti significativi che promuovano la solidarietà e il rispetto reciproco. Ecco alcune idee su come festeggiarla:

  • Sorridi e fai un complimento: Un sorriso o una parola gentile possono fare la differenza nella giornata di una persona. Non si tratta solo di cortesia, ma di un vero e proprio seme di positività che può diffondersi a macchia d’olio.
  • Offri il tuo aiuto: Che si tratti di un amico che ha bisogno di supporto in uno studio, o una persona anziana che ha bisogno di una mano con la spesa, un gesto altruistico contribuisce a rendere il mondo più gentile.
  • Fai attenzione alle parole: Anche un messaggio scritto o una conversazione telefonica possono essere l’occasione per esprimere empatia e disponibilità.
  • Condividi storie positive: Utilizzare i social media per diffondere atti di gentilezza, storie di solidarietà o semplicemente parole di incoraggiamento è un modo per contribuire a creare una rete di positività.

Il ‘Manifesto della Gentilezza’ dell’Università Lumsa

Un esempio virtuoso di come promuovere la gentilezza è quello dell’Università Lumsa, il primo ateneo italiano a dotarsi ufficialmente del ‘Manifesto della Gentilezza’. Questo documento, frutto dell’impegno e della creatività degli studenti del corso di laurea in Scienze della comunicazione, marketing e digital media, rappresenta una vera e propria guida per vivere la gentilezza come valore quotidiano, anche nell’ambito accademico, ed è il simbolo di una nuova consapevolezza dell’importanza della gentilezza come valore fondante nelle relazioni interpersonali, anche online.

La Lumsa, attraverso il Manifesto, invita studenti, docenti e staff a comportarsi con rispetto e apertura verso gli altri, sia nei confronti dei colleghi che dei membri esterni all’università. Si tratta di un invito a promuovere un ambiente più umano, che vada oltre la mera competizione e renda l’esperienza universitaria più arricchente per tutti.

Consigli generali di gentilezza

Il Manifesto offre una serie di principi che ognuno può seguire per diventare più gentile e consapevole nelle proprie relazioni. Tra i punti principali, si sottolinea l’importanza di:

  • Rispetto dell’altro: Non giudicare mai, ma cercare di comprendere la persona prima di esprimere un’opinione.
  • Ascolto attivo: Prima di parlare, è fondamentale concentrarsi sull’altro, facendo attenzione alle sue parole e ai suoi sentimenti.
  • Empatia: Mettersi nei panni dell’altro per capire meglio le sue esigenze e rispondere in modo adeguato.
  • L’uso consapevole delle parole: Le parole sono potenti e devono essere usate con cura, evitando offese e promuovendo sempre un dialogo costruttivo.

Prospettiva digitale e gentilezza online

In un’era sempre più digitale, la gentilezza non si limita ai rapporti faccia a faccia. La Lumsa, all’interno del suo Manifesto, sottolinea l’importanza di ponderare le proprie azioni online, suggerendo di riflettere prima di pubblicare e di non alimentare conflitti virtuali. La gentilezza digitale si traduce nell’evitare la diffusione di messaggi negativi e nella promozione di un comportamento rispettoso anche sui social media, dove spesso la distanza tra le persone fa sembrare le parole meno “reali”.

L’università è un luogo dove le relazioni interpersonali si intrecciano e dove la gentilezza può fare la differenza. La Lumsa, nel suo Manifesto, offre alcune indicazioni pratiche per instaurare un clima positivo (in ambito didattico ma non solo):

  • Non alimentare competizioni malsane: L’ambiente universitario deve essere stimolante, ma non deve trasformarsi in un’arena dove prevale l’individualismo.
  • Essere propositivi e collaborativi: Aiutare i compagni e partecipare attivamente alla crescita collettiva è un segno di rispetto e generosità.
  • Essere affidabili: Mantenere gli impegni presi è un gesto di rispetto verso l’altro e contribuisce a creare un ambiente sereno e cooperativo.

La gentilezza non è solo una virtù, ma un valore che può trasformare la vita universitaria in un’esperienza più profonda e gratificante. Incorporandola nel quotidiano, sia a livello personale che professionale, diventa possibile creare un mondo più armonioso, dove ogni relazione è valorizzata e ogni individuo ha l’opportunità di crescere in un contesto di rispetto reciproco.

L’impatto delle parole nell’era dei social media

Il professor Edoardo Bellafiore, docente di Linguistica e Galateo Digitale all’Università Lumsa (unica università in Italia ad avere questo corso), riflette sull’importanza di questo progetto, offrendo una visione profonda sulla gentilezza digitale e sull’impatto delle parole nel mondo iperconnesso dei social media.

Bellafiore sottolinea come il galateo digitale, alla base del Manifesto, rappresenti un elemento cruciale per costruire una cultura del rispetto e della consapevolezza online, soprattutto per una generazione che vive gran parte delle proprie relazioni sui social. “Viviamo in un mondo di reels e storie, -spiega- in cui tutto dura il tempo di uno scroll, tutto è rapido, sfuggente e tende a essere superficiale”. La nostra è una ‘società dell’apparenza’ in cui ogni azione e ogni parola si consuma velocemente, mentre i giovani si trovano spesso a non poter ancorare le proprie identità a punti di riferimento stabili. Bellafiore evidenzia come, nella comunicazione online, l’assenza di un fondamento identitario rischi di limitare la capacità dei giovani di stabilire confini e caratteristiche personali definite. Il Manifesto della Gentilezza, pertanto, ha il compito di incoraggiare gli studenti a riflettere sulle proprie parole e azioni online, creando un argine contro il bullismo e le espressioni di odio digitale.

L’adozione del principio “verba volant, screenshot manent” costituisce uno dei cardini della riflessione di Bellafiore e degli studenti della Lumsa. La rielaborazione della frase latina antica, nella forma “le parole volano, gli screenshot rimangono”, rappresenta un avvertimento sull’impatto duraturo di ciò che viene postato sui social media. “È fondamentale, -spiega Bellafiore- che i giovani comprendano che appena premiamo il tasto ‘invio’, tutto ciò che pubblichiamo diviene di dominio pubblico e può influenzare profondamente le vite altrui”. La riflessione si concentra così sull’importanza di un uso cosciente della parola: un linguaggio responsabile può trasformarsi in uno strumento di grande impatto nelle dinamiche relazionali, creando un ambiente digitale inclusivo e rispettoso.

Il lavoro svolto dalla Lumsa per la creazione del Manifesto ha previsto un percorso di dialogo e confronto diretto con gli studenti, un’esperienza che Bellafiore descrive con entusiasmo. “Il progetto ha visto un’enorme partecipazione, con ben 55 gruppi di lavoro, ognuno con la propria idea di gentilezza applicata al contesto universitario e digitale”, racconta il docente. È così emerso un progetto articolato e partecipato, che ha visto i ragazzi coinvolti non solo nella definizione del Manifesto, ma anche nell’ideazione di linee guida applicabili a diverse situazioni, dalla vita universitaria alle interazioni sui social media. “Noi docenti abbiamo assunto il ruolo di facilitatori”, prosegue Bellafiore, “lasciando che fossero loro a proporre azioni concrete, in modo da poter realmente interiorizzare e mettere in pratica questi principi di gentilezza nella vita quotidiana”. Questa scelta ha permesso agli studenti di esplorare in prima persona le potenzialità del linguaggio gentile come strumento per contrastare il cyberbullismo e le dinamiche di esclusione sociale online.

Uno degli aspetti più interessanti del progetto è il tentativo di riformulare il significato della gentilezza, non come debolezza o remissività, ma come una forza rivoluzionaria, un atto straordinario e fuori dall’ordinario. “La gentilezza -spiega Bellafiore- è un atto di forza e di coraggio, una scelta che dà senso alle relazioni e alla vita stessa”. Questo valore diventa ancora più potente nell’ecosistema digitale, dove ogni gesto gentile ha il potenziale di diffondersi in modo rapido e contagioso, creando un effetto a catena che può contribuire a migliorare il clima dei social. “I comportamenti virtuosi possono avere una cassa di risonanza straordinaria ed essere contagiosi. E così, per diffusione e immediatezza, ogni atto di gentilezza digitale può avere un enorme impatto nel contrastare odio e bullismo sui social nelle sue diverse forme, oggi ad esempio molto incentrate sul bodyshaming”. Bellafiore rimarca come, soprattutto tra i giovani, esista una tendenza crescente a confondere l’essere gentili con una forma di vulnerabilità. Tuttavia, la gentilezza è, in realtà, “un antidoto ai disastri relazionali, un mezzo per costruire una cultura del rispetto reciproco”.

Il percorso di sensibilizzazione alla gentilezza e alla cortesia linguistica è stato supportato da una serie di incontri con esperti di diversi ambiti, tra cui lo scrittore Paolo Di Paolo, il teologo Andrea Lonardo, il manager Pietro Cum e Guido Stratta, presidente dell’Accademia della Gentilezza. Questi dialoghi hanno offerto una prospettiva interdisciplinare sul tema, consentendo agli studenti di esplorare la gentilezza non solo come valore personale, ma come parte integrante delle relazioni professionali e sociali. Bellafiore si augura che il Manifesto possa fungere da modello per altre università, aprendo la strada a un approccio educativo che incoraggi i giovani a rendersi protagonisti di una comunicazione rispettosa e inclusiva. “Ci auguriamo che questo Manifesto della Gentilezza inneschi un circuito positivo nelle università e nella società” conclude “perché anche una sola parola o azione gentile può interrompere una catena di odio.”

Il risultato finale di questo percorso è un Manifesto che va oltre i consigli pratici, proponendo una visione etica della gentilezza come fondamento delle relazioni interpersonali. In una realtà sociale e digitale caratterizzata dalla volatilità, il Manifesto della Gentilezza della Lumsa offre ai giovani la possibilità di sperimentare un linguaggio che non solo comunica, ma connette in profondità, trasformando ogni interazione online in un’opportunità per costruire un mondo digitale più empatico e umano.

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Vitamina D in inverno, tutto quello che devi sapere

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Vitamina D

Con l’arrivo dell’inverno, la vitamina D diventa una protagonista silenziosa della nostra salute. Essenziale per il benessere delle ossa, dei muscoli e del sistema immunitario, questa vitamina si riduce proprio nei mesi freddi, quando le giornate si accorciano e la luce solare, cruciale per la sua produzione, scarseggia. La nutrizionista Marta Menelao ci spiega come mantenere livelli adeguati di vitamina D anche durante i mesi più bui e quali strategie seguire per scongiurare carenze, garantendo così uno stato di benessere completo e duraturo.

Perché la vitamina D è fondamentale per la salute

La vitamina D, una sostanza liposolubile che si accumula nei tessuti adiposi, riveste un ruolo fondamentale in molti processi fisiologici. La sua funzione principale è quella di contribuire alla regolazione del calcio e del fosforo, due elementi essenziali per la mineralizzazione ossea. Senza un adeguato apporto di vitamina D, infatti, l’assorbimento del calcio diminuisce, rendendo le ossa più fragili e soggette a fratture, soprattutto tra gli anziani, che già per l’età sono più esposti a questo rischio.

Oltre a ciò, la vitamina D contribuisce a mantenere in buona salute il sistema immunitario: stimola le difese naturali dell’organismo, aiutandolo a prevenire e combattere infezioni, tra cui quelle respiratorie, molto frequenti durante la stagione invernale. Ma non è tutto: questa vitamina può avere un effetto positivo anche sulla pressione sanguigna e quindi sul sistema cardiovascolare, aiutando a prevenire alcune patologie del cuore.

Non meno importante è l’impatto della vitamina D sul benessere psicologico. Durante l’inverno, quando le giornate buie e la mancanza di luce si fanno sentire, mantenere livelli adeguati di questa vitamina può contribuire a contrastare la depressione stagionale e altri disturbi dell’umore. La vitamina D stimola infatti la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore spesso associato al buonumore. Quando i livelli di serotonina si abbassano, come accade con la ridotta esposizione solare invernale, può verificarsi un peggioramento dell’umore, accompagnato da sensazioni di stanchezza e irritabilità che non aiutano certo ad affrontare la stagione fredda con energia.

I rischi di una carenza di vitamina D nei mesi invernali

Garantire una produzione adeguata di vitamina D durante l’inverno può diventare difficile, poiché l’esposizione al sole, la fonte primaria per la sintesi di questa vitamina, è ridotta sia per la minore intensità della luce sia per la necessità di coprirsi. I sintomi di una carenza di vitamina D possono manifestarsi in diverse forme, dai dolori muscolari alla fragilità ossea, fino a un aumento del rischio di fratture, soprattutto nelle persone anziane. Inoltre, con livelli insufficienti di vitamina D, il sistema immunitario diventa più debole e meno efficiente, lasciando l’organismo più esposto alle infezioni stagionali come raffreddori e influenze.

Anche il piano psicologico può risentire di una carenza di vitamina D. Una sua insufficienza prolungata è spesso correlata a cali dell’umore e una minore capacità di gestire lo stress, aggravando i sintomi della cosiddetta “depressione stagionale” e rendendo più difficile mantenere un equilibrio emotivo stabile.

Come assicurarsi un adeguato apporto di vitamina D in inverno

Per mantenere livelli adeguati di vitamina D durante l’inverno, la dottoressa Menelao suggerisce di adottare alcune strategie specifiche. Una delle più semplici è quella di cercare di esporsi al sole anche nei mesi invernali, approfittando delle ore più luminose della giornata, idealmente intorno a mezzogiorno, per circa 15-30 minuti. Anche se l’intensità della luce è minore rispetto ai mesi estivi, questa breve esposizione può comunque contribuire alla produzione cutanea di vitamina D, specie se si espongono viso e mani, le parti più spesso scoperte anche in inverno.

Un altro modo per assicurarsi un apporto costante di vitamina D è attraverso l’alimentazione. La nutrizionista consiglia di introdurre regolarmente nella dieta cibi ricchi di vitamina D, come pesce grasso (salmone, sgombro e tonno), tuorlo d’uovo e fegato, che oltre alla vitamina D contengono numerosi altri nutrienti utili. Alcuni prodotti lattiero-caseari, come il latte e lo yogurt, sono inoltre arricchiti con vitamina D, rappresentando così un’opzione semplice e accessibile per incrementare l’apporto quotidiano. Consumare pesce grasso almeno due volte alla settimana, integrare uova e latticini fortificati nella dieta e variare con altre fonti, come il fegato, può aiutare a mantenere livelli di vitamina D sufficienti, riducendo il rischio di carenze.

Per chi vive in aree geografiche con poco sole o appartiene a gruppi a rischio, come gli anziani, le donne in gravidanza o le persone con pelle scura, Menelao suggerisce anche l’uso di integratori di vitamina D, dopo aver consultato un medico o un nutrizionista. La dose giornaliera consigliata varia generalmente tra 400 e 800 IU, ma in caso di carenze significative può essere necessario un dosaggio maggiore, stabilito da un professionista della salute. Gli integratori possono essere una soluzione pratica e sicura per chi non riesce a raggiungere i livelli ottimali di vitamina D solo attraverso la dieta e l’esposizione solare.

Gruppi a rischio di carenza di vitamina D e raccomandazioni

Alcuni gruppi di persone sono infatti più predisposti alla carenza di vitamina D, ed è importante che adottino misure preventive specifiche. Gli anziani, ad esempio, producono meno vitamina D a causa di una minore capacità della pelle di sintetizzarla con l’età, il che li espone a un rischio maggiore di carenze e di conseguenti problemi ossei. Anche le persone con pelle scura, a causa della maggiore quantità di melanina, possono avere difficoltà nella sintesi della vitamina D. Infine, per le alimentazione e i bambini piccoli, questa vitamina è cruciale per la salute delle ossa e lo sviluppo, e una carenza può influire negativamente sulla crescita.

La vitamina D è un valido alleato nel mantenimento dell’equilibrio psicologico durante l’inverno. Come sottolinea Menelao, livelli adeguati di questa vitamina aiutano a prevenire sintomi di stanchezza, irritabilità e tristezza, tipici del disturbo affettivo stagionale, favorendo invece il rilascio di serotonina, l’ormone del buonumore. Anche per questo, assicurarsi un buon apporto di vitamina D non significa solo proteggere ossa e sistema immunitario, ma anche affrontare l’inverno con uno spirito più sereno e positivo.

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Etichettatura trasparente dei cibi per bambini, pediatri e...

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Etichetta Alimenti

La salute dei più piccoli si trova al centro di un’importante alleanza tra pediatri, agricoltori, e produttori alimentari italiani, che si uniscono per sostenere una proposta di legge europea di iniziativa popolare. Questa iniziativa, promossa da Coldiretti, mira a estendere l’obbligo di etichettare l’origine geografica di tutti i prodotti alimentari commercializzati nell’Unione Europea. Un passo fondamentale per la tutela della salute dei consumatori, con un focus particolare sui bambini dai 0 ai 3 anni. L’adesione della Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp) alla proposta di legge segna un ulteriore capitolo di un impegno che vede coinvolte alcune delle principali realtà del sistema agroalimentare italiano.

Un diritto di conoscere l’origine del cibo

L’obiettivo della legge è chiaro: ogni consumatore deve poter conoscere la provenienza del cibo che consuma, un principio che diventa ancora più rilevante quando si parla di alimentazione infantile. Antonio D’Avino, presidente della Fimp, ha sottolineato come l’alimentazione dei bambini nei primi mille giorni di vita abbia un impatto decisivo sulla salute futura. “L’alimentazione dei bambini nei primi mille giorni pesa sulla salute della vita intera”, ha dichiarato, ribadendo l’importanza di sostenere l’iniziativa legislativa non solo attraverso il supporto formale, ma anche con una concreta mobilitazione sul territorio, raccogliendo firme negli ambulatori pediatrici. La sicurezza alimentare per i più piccoli non è mai una questione di secondaria importanza, e la trasparenza sull’origine geografica dei prodotti rappresenta un tassello cruciale per garantire che i bambini ricevano solo cibo di altissima qualità.

Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha ulteriormente sottolineato come l’origine italiana dei cibi destinati ai bambini rappresenti non solo una garanzia di qualità, ma soprattutto di sicurezza. La collaborazione con i pediatri italiani è fondamentale per dare forza alla proposta, evidenziando che il diritto dei consumatori di conoscere l’origine delle materie prime non protegge solo gli agricoltori italiani, ma anche la salute dei figli, in una protezione reciproca che deve essere tutelata a livello legislativo.

L’importanza dei “baby food” e la protezione della salute infantile

I bambini dai 0 ai 3 anni necessitano di alimenti specifici. Il piccolo corpo umano, infatti, come spiegato dal professor Ruggiero Francavilla, esperto pediatra, non è in grado di metabolizzare contaminanti presenti nei cibi destinati agli adulti. “Da zero a tre anni, il bambino non può e non deve essere considerato alla stregua di un piccolo adulto”, ha dichiarato Francavilla. In questa fase di sviluppo, i bambini sono più vulnerabili agli agenti patogeni e alle sostanze nocive contenute nel cibo, ecco perché è fondamentale scegliere alimenti che rispettino i più rigidi standard di sicurezza.

Il sistema normativo italiano, con le sue leggi rigorose sulla sicurezza alimentare, è uno dei più avanzati a livello mondiale. Da questo punto di vista, i prodotti per l’infanzia provenienti dalla filiera agroalimentare italiana rappresentano una vera e propria garanzia, con livelli di sicurezza elevati e standard di qualità che fanno scuola in tutto il mondo. Un dato che, come sottolineato da Luigi Nigri, vicepresidente della Fimp, diventa una leva di fiducia per le famiglie italiane e per i pediatri che, quotidianamente, si trovano a dover raccomandare alimenti sicuri ai genitori.

Questa proposta di legge, quindi, non riguarda solo la salute dei bambini, ma anche la promozione di un modello agroalimentare che si fonda sulla trasparenza, sulla qualità e sulla tracciabilità. La filiera italiana degli alimenti per l’infanzia è un esempio di eccellenza che va valorizzato, come sottolineato da Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia. La sinergia tra Coldiretti, Fimp e Filiera Italia è, in questo contesto, il cuore pulsante di una proposta che vuole garantire la sicurezza alimentare, non solo in Italia, ma in tutta Europa.

Il supporto di realtà come Plasmon, un marchio storico nell’alimentazione infantile, è cruciale in questa mobilitazione. Plasmon ha da anni scelto di puntare sulla filiera italiana per garantire la qualità e la sicurezza dei propri prodotti. La sigla di un protocollo con il Ministero dell’Agricoltura nel 2019 ha rappresentato un altro passo importante per promuovere una filiera che mette al primo posto il benessere dei più piccoli. Come dichiarato da Luigi Cimmino Caserta, responsabile dei rapporti istituzionali di Kraft Heinz per Plasmon, la collaborazione con le istituzioni e le società scientifiche ha portato alla creazione di un modello agroalimentare “Made in Italy” che garantisce qualità e sicurezza.

Ma l’iniziativa non si ferma qui. Secondo Cimmino Caserta, sarebbe auspicabile che anche il Ministero della Salute, in collaborazione con le società scientifiche, si faccia promotore di Linee Guida nazionali che orientino le scelte alimentari negli asili nido. I bambini, infatti, sono esposti fino a tre volte al giorno a pasti che possono influenzare la loro salute futura, ed è fondamentale che le istituzioni siano in prima linea nel garantire che questi pasti siano non solo buoni, ma anche sicuri.

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