Italia-Cina, Meloni chiude missione a Shanghai e avvia “nuova fase”
La premier: "Viaggio costruttivo e concreto che rilancia i rapporti con un interlocutore fondamentale". Ungheria: "No critiche a missione"
(dall'inviata Ileana Sciarra) “Risultati concreti dalla missione in Cina” per la premier Giorgia Meloni. Dal volo che la sta conducendo a Parigi per le Olimpiadi, la presidente del Consiglio posta un lungo video su X della sua ‘quattro giorni’ nel Colosso asiatico. “Abbiamo aperto una nuova fase dei nostri rapporti bilaterali”, assicura, lasciando intendere di poter superare le ‘ruggini’ legate all’addio alla Nuova Via della Seta. Per la presidente del Consiglio si cambia passo. Puntando ad “aprire nuovi spazi alle nostre imprese” e rimuovendo “gli ostacoli all’ingresso dei prodotti italiani nel mercato cinese”. Si è trattato, dunque, di “un viaggio costruttivo e concreto che rilancia i rapporti con un interlocutore fondamentale”.
Il ‘disgelo’ del dialogo, accompagnato da una rivitalizzazione della cooperazione commerciale sulla rotta Roma-Shanghai, potrebbe fornire al governo la possibilità di spendersi a Bruxelles come interlocutore privilegiato del Dragone, messaggio lasciato intendere da Meloni al Presidente Xi Jinping nel lungo incontro alla Diaoyutai State House. Un bilaterale che ha visto fuori la stampa italiana -presenti al cosiddetto ‘pool spray’ solo Associated Press e Reuters- e che per questo ha generato non poche polemiche. "Era previsto solo il giro di tavolo per immagini e fotografie e non le dichiarazioni iniziali, siamo rimasti spiazzati anche noi", spiega Palazzo Chigi.
Intanto da Pechino, che tra poco più di due settimane vedrà scattare i primi dazi europei sul biodiesel, qualche segnale sembra arrivare. Il portavoce del ministro degli Esteri cinese vede infatti nella missione in Cina della premier italiana un’opportunità per “contrastare insieme il de-coupling”, mentre l’Ungheria promuove a pieni voti la visita e invita l’Ue a non polemizzare, reduce delle pesanti critiche mosse a Viktor Orban per la scelta di recarsi a Pechino subito dopo aver assunto la presidenza semestrale dell’Unione. "Speriamo vivamente – scrive infatti su Facebook il ministro degli Esteri ungherese, Petere Szijjarto - che né l'Unione europea né nessun leader dello Stato membro dell'Ue attacchino il presidente del Consiglio italiano per la sua visita a Pechino”, poiché è un segnale positivo “quando il primo ministro di un paese europeo del G7 e il presidente cinese siedono al tavolo dei negoziati. Nell'attuale situazione internazionale estremamente attiva, solo i canali diplomatici e il dialogo possono essere la soluzione", si dice convinto Szijjarto che vede nella Cina “un partner inevitabilmente importante”.
Meloni ha scelto di chiudere la sua prima missione nel Gigante asiatico a Shanghai, centro nevralgico dell’economia e della finanza, tassello fondamentale del mercato cinese per le aziende italiane che muovono il loro business nel Dragone. Questa mattina, quando a Roma era notte fonda, la presidente del Consiglio ha avuto l’ultimo incontro istituzionale in agenda: ha visto il segretario del Partito comunista cinese della municipalità di Shanghai, Chen Jining, l’uomo destinato a scalare i vertici del Pcc.
La scelta di dividere la missione in due, prima Pechino e poi Shanghai, è finalizzata a spingere sull’acceleratore della cooperazione con la Cina, a poche ore dalla sigla del Piano d’azione triennale e delle sei intese con cui la premier mira a ricucire i rapporti dopo lo strappo sulla Via della Seta. E Shanghai, snodo finanziario di importanza mondiale, considerata la capitale del fashion in Oriente, può fare la differenza. Le aziende italiane che operano in Cina sanno che la cittadina sul fiume Huangpu, la più popolosa del Dragone con i suoi 26 milioni di abitanti, è imprescindibile per fare affari nel Gigante asiatico. La dicono lunga i numeri snocciolati nell’incontro con Meloni da Jining: “A Shanghai ci sono quasi 1.200 imprese italiane”. Tanto che “l'interscambio Shanghai-Italia rappresenta quasi il 20% dell’interscambio totale tra Cina e Italia”, ha rimarcato l’esponente del Partito comunista cinese.
“Il nostro obiettivo”, è tornata a ribadire Meloni, è “rafforzare la cooperazione tra le nostre azioni -cooperazione economica e commerciale, cooperazione culturale, cooperazione scientifica-, e farlo in un'ottica anche di riequilibrio dei nostri rapporti, aiutare e sostenere le aziende italiane che già da tempo hanno deciso di investire in Cina e che, particolarmente a Shanghai, hanno contribuito allo sviluppo di questa straordinaria realtà”. La premier ha poi ricordato il gemellaggio Milano-Shanghai risalente al 1979, confermando di essere “molto soddisfatta” dai risultati messi a segno nella missione cinese.
Con il ‘restyling’ del piano strategico risalente al 2004, Meloni vuole dimostrare che uscire dalla Via della Seta non lederà alla cooperazione con il Gigante asiatico, ma che si possono fare affari più e meglio fuori dalla Bri, vedi Francia e Germania. “La bilancia commerciale nel 2022, quando siamo arrivati noi – ha rimarcato ieri Meloni nell’incontro con la stampa - produceva un disavanzo per l'Italia di 41 miliardi di euro, quindi evidentemente non ha funzionato. Io ho sempre detto che l'Italia avrebbe dovuto uscire dalla Via della Seta e che questo non avrebbe compromesso i rapporti con la Cina”.
Se riuscirà a superare la delusione di Pechino, che con l’Italia ha visto uscire dalla Belt and Road Initiative l’unico Paese del G7 ad avere aderito, solo il tempo e il giro di affari Roma-Bejing potranno dirlo. Ma la tappa a Shanghai -dove la premier ha visitato il suggestivo Bund e la città vecchia risalente alla dinastia Ming- era una mossa decisiva da muovere sulla scacchiera della partita con la Cina.
Esteri
Egitto, italiano arrestato per contenuti ‘che...
Sharif Elanain è stato fermato nel suo paese d'origine dopo il suo arrivo da Roma
Sarebbe in carcere con l'accusa "di aver pubblicato clip e immagini pornografiche che incitano alla dissolutezza”, Sharif Elanain, detto El Taliani (l’italiano, ndr), 44enne con doppia cittadinanza italiana ed egiziana, fermato nel suo paese d'origine dopo il suo arrivo da Roma. L'uomo è noto da anni in Egitto per la sua attività nel settore pornografico e già in passato era stato al centro di polemiche: la sua presenza al Festival Internazionale del Cinema del Cairo nel 2016 aveva suscitato critiche, costringendo la direzione dell’evento a diramare un comunicato per smentire di averlo invitato.
Secondo l’emittente al-Arabiya Elanain si sarebbe dedicato alla pornografia dopo aver una grave crisi psicologica scatenata dalla scoperta del tradimento della sua promessa sposa. Sul sito del quotidiano egiziano ‘ElDostor’ si parla delle indagini della Procura di Giza e di una segnalazione del Dipartimento della morale del ministero dell'Interno che avrebbe "preparato un'imboscata all'interno dello scalo cairota durante l'espletamento delle procedure di ingresso” di Elanain.
Secondo l’avvocato della famiglia Alessandro Russo all’origine dell’arresto potrebbero esserci contenuti pubblicati sui social dal 44enne e giudicati "immorali" dalle autorità egiziane. Russo ha denunciato all'Adnkronos i trattamenti “inumani subiti da Elanain Sharif, cittadino italiano, arrestato appena atterrato in Egitto, lo scorso 9 novembre”.
La legge egiziana prevede la reclusione per un tempo non inferiore a due anni e non superiore a 5 anni a chiunque, con un programma informatico, tratti intenzionalmente dati personali altrui per collegarli a contenuti contrari alla morale pubblica o per visualizzarli in modo non conforme alla morale pubblica.
Esteri
Ucraina: il lancio del missile un atto performativo per...
Mosca non vuole che gli Stati Uniti dispieghino missili a corto e medio raggio in una qualsiasi regione del mondo. E per gli analisti il lancio sarebbe "un atto performativo"
Il lancio del 'super' missile balistico a medio raggio (Irbm) 'Oreshnik' da parte della Russia, ieri, contro un impianto del comparto industrial militare ucraino a Dnipro è stato "un atto performativo". Una coreografia ben studiata per moltiplicare l'allarme senza provocarlo realmente, anche se questo non significa che debba essere considerato con leggerezza. Il test del nuovo sistema "in una situazione di combattimento", come ha detto ieri sera Vladimir Putin, indica, solamente un altro passo reversibile sulla scala dell'escalation, per quanto significativo, non un balzo, come ha riassunto l'analista di Carnegie Russia Eurasia Alexander Baunov in un tweet. "Rientra nella strategia più ampia di Mosca annebbiare il superamento di una soglia con un linguaggio che suggerisce che la soglia non è stata del tutto superata o che si può tornare indietro".
Il lancio e la comunicazione russa: dalla 'soffiata' a Putin
A mostrare bene il quadro, il riepilogo dei gesti a corredo del lancio. La 'soffiata' pubblicata sui media locali mercoledì di un possibile lancio di un Icbm da una base di Astrakhan, l'allerta delle ambasciata occidentali a Kiev, alcune delle quali, come Stati Uniti e Italia, hanno chiuso 24 ore come misura cautelativa, la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova che ieri viene interrotta in pieno briefing con i giornalisti da una telefonata udibile a tutti in sala in cui le si dà istruzione di non parlare del missile, con il video pubblicato sul sito del Mid.
Infine, il discorso di Putin al Paese trasmesso ieri sera in tv (VIDEO) in cui il Presidente russo parla di "uno dei nuovi sistemi missilistici a cui i nostri ingegneri hanno dato il nome di 'Oreshkin', un RS-26 "dipinto di rosso", come ha ironizzato Pavel Podvig, analista all'Istituto per il disarmo dell'Onu a Ginevra. Con il Pentagono che ha spiegato che il missile sperimentato ieri è un sistema "basato" sull'RS-26 Rubezh il cui sviluppo sarebbe stato invece cessato nel 2018. Un sistema Mirv (Multiple Independently targetable Reentry Vehicles), con le ogive per le testate che si separano al rientro in atmosfera, precipitando a una velocità elevatissima. L'equivoco sul lancio di un Icbm, denunciato dagli ucraini ieri, nasce dal fatto che così era classificato l'RS-26.
Il messaggio di Mosca
Il messaggio che la Russia ha voluto far passare non riguarda più solo gli Atacms e gli Storm Shadows (che hanno una gittata di 300 chilometri anche se vengono definiti missili a lungo raggio) ma anche che la produzione in corso di missili a corto e medio raggio è una risposta ai piani Usa di dispiegare tali sistemi in Europa e nell'Asia del Pacifico, come ha affermato ieri Putin denunciando il ritiro degli Usa dall'Inf (Intermediate Range Nuclear Forces) del 2019 - motivato con la violazione del trattato da parte della Russia per il proseguimento dello sviluppo del sistema SSC-8 o 9M729 - come di un "errore". La nuova linea rossa del Cremlino è: "La Russia si è volontariamente e unilateralmente impegnata a non dispiegare missili a corto e medio raggio fino a che missili americani di questo tipo non compariranno in una qualsiasi regione del mondo".
Martedì della prossima settimana a Bruxelles è stata convocata una riunione straordinaria, ma solo a livello degli ambasciatori e dopo quattro giorni dal lancio di ieri, dei Paesi Nato estesa all'Ucraina, ha reso noto Afp. Il missile Oreshnik, ha detto Putin ieri, è in grado di essere armato con una testata nucleare. Ma i danni ieri sono stati provocati dall'impatto cinetico.
Ma "il dispiegamento di questa capacità non cambierà il corso del conflitto e neanche eserciterà deterrenza sugli alleati della Nato nel loro impegno a sostenere l'Ucraina", ha commentato un portavoce della Nato.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha confermato che Mosca ha avvertito Washington del lancio con 30 minuti di anticipo, utilizzando un canale di comunicazione diretto aperto a metà degli anni Ottanta per scongiurare escalation e rischi dovute a esercitazioni nucleari e missilistiche. Una ulteriore conferma della volontà, a ora, della Russia di mantenersi sui binari del contenimento.
Esteri
Putin lancia l’Oreshnik, cosa sappiamo del nuovo...
Con una velocità di Mach 10, secondo Putin "ad oggi non esiste alcun mezzo per contrastarlo"
La Russia ha lanciato un nuovo tipo di missile balistico a raggio intermedio (Irbm) contro Dnipro, nell'Ucraina orientale, la mattina del 21 novembre. Inizialmente, l'aeronautica militare ucraina aveva riferito che l'attacco era stato effettuato con un missile balistico intercontinentale (Icbm), anche se in seguito alcuni funzionari occidentali hanno messo in dubbio tale affermazione.
A sciogliere il dilemma è intervenuto in serata il presidente russo Vladimir Putin, chiarendo in un discorso televisivo che l'attacco era un test di un "nuovo missile" balistico, chiamato 'Oreshnik'. "In condizioni di combattimento, è stato effettuato un test di uno degli ultimi sistemi missilistici russi a raggio intermedio. In questo caso, con una versione ipersonica non nucleare di un missile balistico che attacca i bersagli a una velocità di 10 Mach 10, ovvero 2,5-3 km al secondo", ha aggiunto.
I missili ipersonici viaggiano a velocità di almeno Mach 5 (cinque volte la velocità del suono) e possono compiere manovre in volo, il che li rende più difficili da tracciare e intercettare. "I moderni sistemi di difesa aerea non possono intercettare tali missili. È impossibile. Ad oggi dunque non esiste alcun mezzo per contrastare un'arma del genere", si è vantato il presidente.
I missili usati dalla Russia contro l'Ucraina
La Russia utilizza regolarmente missili balistici ravvicinati e a corto raggio negli attacchi aerei contro l'Ucraina, ma gli Irbm e gli Icbm sono molto più grandi, possono essere equipaggiati con carichi nucleari e sono progettati per colpire obiettivi a distanze molto maggiori.
I missili balistici sono alimentati da razzi e vengono lanciati in alto nell'atmosfera prima di scendere verso il bersaglio. Sono guidati solo durante le fasi iniziali del lancio, quindi possono essere meno precisi dei missili da crociera, ma hanno il vantaggio di raggiungere velocità incredibilmente elevate - a volte più di 3.200 chilometri all'ora - mentre si avvicinano ai loro obiettivi. Inoltre, i missili balistici hanno un raggio d'azione molto lungo: da circa 1.000 chilometri a 3.000-5.500 chilometri nel caso degli Irbm.
Finora la Russia ha utilizzato diversi modelli di missili balistici a corto raggio, tra cui l'Iskander e il Kinzhal. A causa della loro elevata velocità, solo alcuni sistemi di difesa aerea sono in grado di abbatterli, tra cui il sistema statunitense Patriot.
Cosa sappiamo del missile 'Oreshnyk'
Si sa poco del missile 'Oreshnyk' a cui fa riferimento Putin, ma secondo l'esperto militare Yan Matveev potrebbe trattarsi di una versione modificata del Rubezh, con una gittata fino a 6.000 chilometri e possa trasportare quattro testate, ciascuna con un carico utile stimato di 0,3 megatoni.
La sua gittata significa che "può minacciare praticamente tutta l'Europa, ma non gli Stati Uniti", ha dichiarato al canale Telegram russo Ostorozhno Novosti l'esperto di armi Pavel Podvig, direttore del Russian Nuclear Forces Project.
Igor Korotchenko, direttore della rivista moscovita National Defense, ha dichiarato all'agenzia di stampa statale Tass che, in base alle riprese video dell'attacco, l'Oreshnik è dotato di numerose testate guidate in modo indipendente. In questo caso si trattava di armi convenzionali, ma secondo gli esperti militari potrebbero anche trasportare testate nucleari.