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Biden su maxi scambio prigionieri: “E’ stata impresa diplomatica”

Il presidente Usa: "Tutti hanno sopportato sofferenze e incertezze inimmaginabili. La loro agonia è finita". Sullivan: "Più grande scambio da Guerra Fredda"

Joe Biden - (Afp)

L’accordo, che ha consentito di liberare tre cittadini americani e un titolare di Carta Verde Usa prigionieri in Russia - Paul Whelan, Evan Gershkovich, Alsu Kurmasheva e Vladimir Kara-Murza - "è stata un’impresa diplomatica" secondo il presidente degli Usa Joe Biden. "Nel complesso, abbiamo negoziato il rilascio di 16 persone dalla Russia, tra cui cinque tedeschi e sette cittadini russi che erano prigionieri politici nel loro stesso Paese", ha sottolineato in una nota. "Alcuni di questi uomini e donne - prosegue - erano trattenuti ingiustamente da anni. Tutti hanno sopportato sofferenze e incertezze inimmaginabili. Oggi la loro agonia è finita".

Erano stati condannati in "processi farsa", ha aggiunto Biden che in occasione delle sue dichiarazioni alla Casa Bianca era circondato dai familiari dei detenuti americani coinvolti nello scambio.

Il presidente si è detto "grato agli alleati che sono stati al nostro fianco, nel corso di negoziati duri e complessi, per raggiungere questo risultato, tra cui Germania, Polonia, Slovenia, Norvegia e Turchia. Questo è un potente esempio del perché è fondamentale avere amici in questo mondo, di cui fidarsi e da cui dipendere. Le nostre alleanze rendono gli americani più sicuri".

Biden ha poi assicurato che non smetterà "di lavorare finché ogni americano ingiustamente detenuto o tenuto in ostaggio in tutto il mondo non si sarà riunito alla propria famiglia. La mia Amministrazione ha ora riportato a casa più di 70 americani, molti dei quali erano in prigionia da prima che io entrassi in carica. Tuttavia, troppe famiglie soffrono e restano separate dai loro cari, e come presidente non ho priorità più alta che riportare a casa quegli americani. Oggi celebriamo il ritorno di Paul, Evan, Alsu e Vladimir e gioiamo con le loro famiglie. Ricordiamo tutti coloro che sono ancora ingiustamente detenuti o tenuti in ostaggio in tutto il mondo. E riaffermiamo la nostra promessa alle loro famiglie: vi vediamo. Siamo con voi. E non smetteremo mai di lavorare per riportare i vostri cari a casa", conclude.

La Cnn ha rivelato che il presidente Usa ha lavorato per finalizzare lo scambio anche mentre si preparava a ritirarsi dalla corsa per le elezioni presidenziali del 2024. Circa un’ora prima di pubblicare la lettera con la quale ritirava la sua candidatura per la rielezione, Biden era al telefono con la controparte slovena, per esortarla a contribuire a finalizzare l’accordo, secondo un alto funzionario dell’amministrazione.

Un alto funzionario ha aggiunto che l’Amministrazione ha anche cercato il rilascio di Marc Fogel, un cittadino americano che è stato condannato a 14 anni in un campo di lavoro in Russia dopo aver lavorato come insegnante di Storia a Mosca, ma non ci è riuscita. "Volevamo assolutamente che Marc fosse incluso, ma non c'è stato verso", ha detto il funzionario, insistendo sul fatto che l'Amministrazione continuerà a "raddoppiare gli sforzi" per vedere Fogel e gli altri rilasciati. Il funzionario ha sottolineato che lo scambio di prigionieri non segnala alcun tipo di “svolta” o “distensione” nelle relazioni Usa-Russia, poiché il presidente russo Vladimir Putin continua con l’offensiva russa in Ucraina.

Biden infatti ha detto di non aver parlato con il presidente russo Vladimir Putin nel quadro degli forzi che hanno portato allo scambio di detenuti. "Non ho necessità di parlare con Putin", ha risposto alla Casa Bianca ai giornalisti che gli chiedevano se intendesse farlo.

Il presidente Usa ha invece dichiarato di nutrire "un grande senso di gratitudine" verso il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e ha sottolineato la "dura" decisione di scambiare prigionieri politici con criminali condannati. "Ho in particolare un grande senso di gratitudine verso il cancelliere. Le richieste che mi sono state fatte mi hanno imposto di ottenere alcune concessioni significative dalla Germania, che inizialmente avevano concluso di non poter concedere a causa della persona in questione", ha detto Biden.

"Ma tutti si sono fatti avanti, la Polonia si è fatta avanti, la Slovenia si è fatta avanti, la Turchia si è fatta avanti. E le relazioni sono importanti. È davvero importante". Rispondendo alla domanda di un giornalista, Biden ha detto che la Germania non ha chiesto "nulla" in cambio della sua cooperazione.

"Accordi come questo comportano decisioni difficili. E non ci sono mai garanzie. Ma non c'è niente che conti di più per me che proteggere gli americani, in patria e all'estero", ha detto Biden. Alla richiesta di un suo giudizio sulla decisione di scambiare criminali condannati con persone detenute ingiustamente, Biden ha risposto: "Ho riportato a casa persone innocenti".

Il governo tedesco ha dichiarato di non aver preso "a cuor leggero" la decisione di liberare Vadim Krasikov, un ex ufficiale dell'FSB che sta scontando l'ergastolo in Germania per l'omicidio di un combattente ceceno in pieno giorno in un parco di Berlino nel 2019.

Sullivan: "Più grande scambio da Guerra Fredda"

"Non c'è stato un numero simile di individui scambiati in questo modo dai tempi della Guerra Fredda", ha commentato il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan, aggiungendo che lo scambio con la Russia è stato il "culmine di molti cicli di complessi e minuziosi negoziati per molti, molti mesi".

Harris parla con Navalnaya

La vice presidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha parlato oggi con Yulia Navalnaya, vedova di Alexey Navalny, con la quale ha salutato il rilascio dei 16 detenuti in Russia, tra cui prigionieri politici che avevano lavorato con il dissidente morto nel febbraio scorso. Lo fa sapere la Casa Bianca.

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Esteri

Tregua in Libano, la fretta di Netanyahu: attesa per...

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Secondo i media israeliani, il Paese dei Cedri dovrebbe replicare entro 24 ore alla proposta di cessate il fuoco inviata tramite gli Stati Uniti

Raid su Beirut - Afp

Potrebbe arrivare nell'arco delle prossime 24 ore una risposta dal Libano a una proposta di cessate il fuoco inviata a Beirut tramite gli Stati Uniti. A riferirlo è Channel 12 in una notizia rilanciata dal Times of Israel mentre proseguono le operazioni militari israeliane contro Hezbollah nel Paese dei Cedri.

Cessate il fuoco in Libano, perché Israele ha fretta

Secondo il Washington Post, che cita tre funzionari ed ex funzionari israeliani, un consigliere del premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe riferito questa settimana a Donald Trump e Jared Kushner che Israele si sta affrettando verso un cessate il fuoco in Libano per consegnare al presidente eletto un primo successo in politica estera.

Ron Dermer, ministro per gli Affari strategici del governo Netanyahu, ha fatto domenica a Mar-a-Lago - ha scritto il giornale - la prima tappa del suo viaggio negli Stati Uniti, per parlare della proposta israeliana di cessate il fuoco in Libano, per poi andare a Washington ad aggiornare funzionari dell'Amministrazione Biden, compreso Amos Hochstein, sullo stato dei colloqui.

Un portavoce di Dermer ha confermato al Post che la missione è servita per parlare di una serie di questioni, senza entrare nei dettagli. No comment dall'ufficio di Netanyahu e da un portavoce di Trump. Nessuna risposta da un portavoce di Kushner, che contribuì alla normalizzazione tra quattro Paesi arabi e Israele durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca.

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Esteri

“Ucraina può sviluppare una bomba nucleare in pochi...

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Secondo un documento di un think tank ucraino presentato al ministero della Difesa di Kiev che però smentisce

Soldati ucraini - (Afp)

Nel giro di "mesi" l'Ucraina potrebbe sviluppare una bomba nucleare rudimentale, da utilizzare in teoria nella guerra contro la Russia, qualora il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, decidesse di sospendere l'assistenza militare a Kiev.

Lo indica un documento pubblicato dal Center for Army, Conversion and Disarmament Studies (Cacds), un influente think tank militare ucraino, secondo cui Kiev sarebbe in grado rapidamente di costruire un ordigno elementare con una tecnologia simile alla 'Fat Man', la bomba sganciata su Nagasaki nel 1945.

Ecco come l'Ucraina potrebbe sviluppare la bomba atomica

"Creare una semplice bomba atomica, come hanno fatto gli Stati Uniti nell'ambito del Progetto Manhattan, non sarebbe un compito difficile 80 anni più tardi", si legge nel documento citato dal Times, mentre martedì prossimo saranno mille giorni dall'inizio dell'invasione. Senza tempo per costruire e gestire le strutture necessarie per arricchire l'uranio, l'Ucraina userebbe il plutonio estratto dalle barre di combustibile esaurito prelevate dai suoi reattori nucleari. L'Ucraina può ancora contare su nove reattori operativi e ha una notevole competenza in ambito nucleare nonostante nel 1996 abbia accettato di disfarsi del terzo arsenale nucleare più grande al mondo.

Secondo il rapporto, l'Ucraina ha plutonio a sufficienza per realizzare "centinaia di testate con una resa tattica di diversi kilotoni". Una bomba del genere avrebbe circa un decimo della potenza di 'Fat Man', concludono gli autori del documento, che è stato condiviso con il vice ministro della Difesa ucraino e verrà presentato mercoledì a una conferenza a cui probabilmente parteciperanno i ministri della Difesa e delle Industrie strategiche.

La smentita di Kiev

Il rapporto del think tank non è avallato dal governo di Kiev, ma stabilisce la base giuridica in base alla quale l'Ucraina potrebbe ritirarsi dal Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), la cui ratifica era subordinata alle garanzie di sicurezza fornite da Stati Uniti, Regno Unito e Russia nel memorandum di Budapest del 1994.

Il mese scorso il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aver detto a Donald Trump che l'Ucraina avrebbe bisogno di armi nucleari per garantire la sua sicurezza se le venisse impedito di entrare nella Nato.

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Esteri

Ucraina-Russia, Trump e il dialogo in salita: le condizioni...

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L'analisi dell'Isw evidenzia che le posizioni della Russia non sono cambiate: Mosca vuole la resa di Kiev

Putin e Trump

Vladimir Putin non ha intenzione di fare alcuna concessione a Donald Trump. La Russia non cambia linea: vuole dettare le condizioni per la conclusione della guerra con l'Ucraina. E' il quadro che l'Institute for the study of war (Isw), think tank che monitora il conflitto quotidianamente, elabora in un momento cruciale nello scacchiere internazionale.

Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, si insedierà a gennaio e appena arrivato alla Casa Bianca cercherà di dare seguito agli annunci fatti in campagna elettorale: lavorerà per favorire un rapido accordo tra Mosca e Kiev.

Il piano di Trump

Secondo il Wall Street Journal, i consiglieri di Trump avrebbero tracciato un perimetro del piano da sviluppare per arrivare alla pace: una zona demilitarizzata lungo la linea del fronte, con forze internazionali ma non americane presenti, e l'Ucraina fuori dalla Nato per almeno 20 anni. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sempre rifiutato l'ipotesi di sacrifici territoriali, ma a Kiev - evidenziano media Usa - la posizione potrebbe mutare parzialmente se un'eventuale intesa prevedesse garanzie di sicurezza blindate per il paese.

La Russia non cambia obiettivo

In realtà, secondo l'Isw, tali ragionamenti non tengono conto di un elemento chiave: la posizione della Russia e quella del suo presidente Vladimir Putin non pare cambiata rispetto all'inizio del conflitto e l'obiettivo ultimo di Mosca rimane sempre lo stesso, "la completa resa dell'Ucraina". "Il Cremlino -osserva il think tank- sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto.

"Il Cremlino sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto. Putin si è congratulato con Trump per l'elezione e nelle dichiarazioni pubbliche ha manifestato una generica disponibilità a riprendere il dialogo con Washington. Mosca ha smentito il contatto diretto tra i due presidenti che, secondo il Washington Post, sarebbe avvenuto con una telefonata giovedì 7 novembre.

I messaggi da Mosca

Nelle ultime ore, le posizioni russe sono state illustrate dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov e dalla sua portavoce Maria Zakharova. Per Lavrov, l'avvento di Trump non modificherà la situazione e l'ipotesi di congelare il conflitto va scartata. Per Zakharova, c'è solo un modo per arrivare alla pace: "Serve lo stop all'assistenza militare che l'Occidente fornisce all'Ucraina".

Apparentemente, quindi, lo spazio per dialogare è poco. A completare il quadro, le parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino: non ci sono stati contatti con la nuova amministrazione americana, gli eventuali piani di Trump in relazione all'Ucraina al momento sono ignoti.

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