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Maxi scambio prigionieri, Russia: “Vogliamo liberare altri detenuti negli Usa”

Biden e Harris oggi alla base di Andrews dove è atterrato il volo che ha riportato a casa Evan Gershkovich, Paul Whelan e Alsu Kurmasheva

Valdimir Putin e i prigionieri russi tornati a casa dopo il maxi scambio - Afp

La Russia vuole liberare altri prigionieri detenuti negli Stati Uniti dopo l'ultimo grande scambio avvenuto ieri. Lo ha scritto in un post su Telegram l'ambasciatore di Mosca negli Usa, Anatoly Antonov, spiegando che "ci sono ancora decine di russi nelle carceri americane che guardano con speranza alla loro patria e aspettano l'ora del loro rilascio". Sono finiti dietro le sbarre a causa della "caccia" internazionale ai russi da parte dei servizi segreti americani, ha aggiunto. "Faremo il massimo sforzo per continuare la liberazione e alleviare la difficile situazione di tutti i compatrioti che sono nelle grinfie della giustizia" di altri Paesi.

Antonov si è congratulato con i russi rilasciati negli Stati Uniti, tra cui Roman Seleznev, un hacker informatico condannato a 27 anni di prigione, Vladislav Klyushin, un imprenditore informatico condannato a nove anni di carcere per frode informatica negli Stati Uniti, e il presunto agente dei servizi segreti Vadim Konoshchenok, accusato di elusione delle sanzioni e di contrabbando di tecnologia.

Il presidente russo Vladimir Putin ha ricevuto all'aeroporto Vnukovo di Mosca i russi rilasciati, tra cui Krasikov e una coppia slovena condannata per spionaggio. Putin, affiancato dai capi dei servizi segreti russi - Alexander Bortnikov del Servizio federale di sicurezza nazionale (Fsb) e Sergei Naryshkin, capo del Servizio di intelligence estero (Svr) - e dal ministro della Difesa Andrei Belousov, ha elogiato i rimpatriati e annunciato premi e nuove mansioni per loro.

Cremlino: "Negoziati per scambio attraverso Fsb e Cia"

"I negoziati sullo scambio di prigionieri tra la Russia e i Paesi occidentali si sono svolti principalmente attraverso l'Fsb e la Cia", ha poi spiegato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, sottolinenado che "questa è stata la linea principale lungo la quale è stato raggiunto l'accordo". "Tutti i dettagli, ovviamente, non possono essere resi pubblici", ha aggiunto il portavoce presidenziale.

Quanto al fatto che Putin abbia voluto accogliere di persona i prigionieri al loro rientro in Russia, Peskov ha commentato: “Questo è molto importante. E' un omaggio a quelle persone che servono il loro Paese e che, dopo prove molto difficili, hanno avuto l'opportunità, grazie al duro lavoro di molte, molte persone, di tornare nella loro patria”.

Il portavoce del Cremlino ha infine espresso gratitudine al presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko per il suo contributo alla realizzazione della complessa catena di scambi di prigionieri.

Biden e Harris accolgono prigionieri rientrati negli Usa

Accolti dal presidente Joe Biden e dalla vice presidente Kamala Harris, sono intanto arrivati intorno alle 5.30 ora italiana i tre americani che erano detenuti russi e sono stati liberati ieri nell'ambito del maxi scambio di prigionieri tra Russia, Usa e Germania.

La Casa Bianca ha mostrato le immagini dell'arrivo nella base di Andrews dell'aereo a bordo del quale si trovavano il giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, l'ex marine Paul Whelan e la giornalista russo-americana Alsu Kurmasheva. Liberato anche l'oppositore politico con doppia cittadinanza Vladimir Kara-Murza.

Chi sono i cittadini statunitensi liberati

Evan Gershkovich, 32 anni. Reporter del Wall Street Journal, è stato condannato a 16 anni di prigione per spionaggio nel luglio scors, ed è il primo giornalista americano ad essere arrestato con l'accusa di spionaggio in Russia dai tempi della Guerra Fredda. Il governo degli Stati Uniti, il giornale di Gershkovich e i suoi sostenitori hanno denunciato il processo come una farsa.

Paul Whelan, 54 anni. L'ex marine statunitense ha trascorso quasi sei anni nelle carceri russe, dopo il suo arresto a Mosca nel dicembre 2018. È stato condannato nel 2020 a 16 anni di prigione con l'accusa di spionaggio, accusa che lui e il governo degli Stati Uniti negano con veemenza. Ha detto che era in campagna per il matrimonio di un amico. Come Gershkovich, Whelan è stato designato come detenuto ingiustamente dal Dipartimento di Stato americano. È anche cittadino irlandese, britannico e canadese.

Alsu Kurmasheva, 47 anni. Giornalista russo-americana, è stata condannata a sei anni e mezzo di prigione per aver diffuso false informazioni sull'esercito russo. Kurmasheva è stata condannata lo stesso giorno in cui un Tribunale della città russa di Ekaterinburg ha condannato Gershkovich.

Vladimir Kara-Murza, 42 anni. Eminente politico dell'opposizione russa e difensore dei diritti umani, Kara-Murza è stato condannato a 25 anni di prigione per tradimento, dopo aver condannato pubblicamente la guerra di Mosca in Ucraina. È residente permanente negli Stati Uniti e ha la doppia cittadinanza di Russia e Regno Unito. Inizialmente era stato arrestato nel 2022, poche ore dopo un’intervista alla Cnn in cui criticava il “regime di assassini” del presidente russo Vladimir Putin. È stato spostato diverse volte negli ultimi mesi ed è stato trasferito all'ospedale della prigione all'inizio di questo mese. Ai suoi avvocati è stata ripetutamente negata la possibilità di incontrarlo.

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Esteri

Ucraina, attacco-terremoto: distrutto arsenale Russia, cosa...

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Oltre 100 droni colpiscono un deposito di munizioni, armi e missili: colpo durissimo per Mosca

Le esplosioni in Russia

Un attacco paragonabile a un terremoto per cambiare la guerra. L'Ucraina sferra un colpo durissimo alla Russia, con un'offensiva che rischia di condizionare le strategie di Mosca nel conflitto. Un'ondata di oltre 100 droni lanciata da Kiev, supera il confine e arriva nell'area di Toropets, a quasi 500 km dalla capitale ucraina, e riduce in cenere uno dei principali depositi di munizioni e missili del ministero della Difesa russo.

Le esplosioni in serie producono un effetto tale da 'svegliare' i sismografi, che si attivano come se si fosse verificato un terremoto. Gli incendi si diffondono per un'area larga oltre 6 km nella regione di Tver, tra gli 11mila civili che vivono nell'area sono molti quelli chiamati ad abbandonare la propria abitazione.

Armi e missili in fumo

Andriy Kovalenko, a capo del centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev, delinea la portata dell'azione ucraina: nei depositi, capaci di contenere armi e munizioni per centinaia di tonnellate, si trovavano missili S-300, S-400, sistemi Grad, Iskander e i Kn24 nordcoreani. Probabilmente, nelle strutture erano stoccate anche 'bombe plananti', che negli ultimi mesi hanno colpito obiettivi militari e civili.

L'arsenale colpito è una delle due strutture presenti nell'area. L'altra, già nei mesi scorsi, era stata colpita dai droni di Kiev. Il deposito di missili e munizioni era stato costruito a Toropets nel 2018 ed era stato presentato come una struttura di massima sicurezza.

I media ucraini attribuiscono i meriti ai servizi di sicurezza di Kiev, all'intelligence della Difesa e alle Forze speciali. L'attacco viene ampiamente discusso nei canali Telegram dei cosiddetti mil-blogger russi, esperti che monitorano il conflitto e spesso forniscono informazioni che non vengono ufficialmente diffuse. Il danno subito dalle forze armate russe, scrive in particolare Anastasia Kashevarova, è notevole: "Dopo 3 anni di operazione speciale siamo ancora a questo livello di idiozia".

Kiev ha usato droni o missili?

Ci si interroga sui mezzi utilizzati da Kiev: possibile che i droni siano riusciti a infliggere danni di portata così pesante? I depositi sono stati colpiti da missili a lungo raggio? Le domande si inseriscono nel dibattito di queste ultime settimane, caratterizzate dal pressing di Kiev per ottenere l'autorizzazione ad utilizzare i missili a lungo raggio - gli Atacms americani e gli Storm Shadwo anglofrancesi - contro obiettivi militari russi: basi e, appunto, depositi di armi.

La Russia, in ogni caso, continua a disporre di una macchina bellica capace di produrre ogni mese 42-56 missili balistici, 90-115 missili a lungo raggio e 500 droni, secondo le stime diffuse da Forbes.

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Esteri

Libano, esplodono walkie talkie. Hezbollah promette...

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Nuovo attacco con 20 morti e centinaia di feriti

Attacco con walkie talkie esplosivi

Un nuovo attacco contro Hezbollah in Libano. Dopo i cercapersone esplosivi, ecco i walkie talkie e le radio: altro esplosivo nei dispositivi, altri 20 morti e circa 450 feriti. Come per l'offensiva hi-tech attuata con i pager, nessuna rivendicazione da parte di Israele: né conferme, né smentite. Hezbollah, così come Hamas e Iran, non ha dubbi sulle responsabilità.

Cosa è successo

Tra le ricostruzioni, spicca quella del canale saudita all news al-Sharq, che cita una fonte di alto profilo della sicurezza libanese: "Sono stati piazzati dal Mossad" gli esplosivi all'interno dei walkie talkie saltati in aria. Ci sarebbero state 15-20 esplosioni nei sobborghi meridionali di Beirut ed altre 15-20 esplosioni nel sud del Paese.

I walkie talkie sono nettamente meno diffusi tra i militanti di Hezbollah rispetto ai cercapersone esplosi in massa martedì. Vengono distribuiti, infatti, solo alle persone che organizzano eventi come funerali e marce. Nonostante ciò, il bilancio dell'attacco è considerevole e secondo fonti israeliane i numeri sarebbero superiori a quelli comunicati dalle autorità libanesi.

"Questi attacchi saranno certamente puniti, ci sarà una vendetta sanguinosa", dice Hashem Safieddine, capo del Consiglio esecutivo di Hezbollah, oltre che cugino del leader del gruppo, Hassan Nasrallah, che oggi dovrebbe tenere un discorso. "Condanniamo fermamente la rinnovata e continua aggressione sionista contro il fraterno popolo libanese", la posizione assunta da Hamas, con una nota nella quale si denuncia che le esplosioni degli ultimi due giorni "ora minacciano la sicurezza e la stabilità della regione".

Israele prepara la nuova fase della guerra

L'attenzione di Israele si sta spostando da Gaza verso il fronte settentrionale ed il confine con il Libano dal momento che sta iniziando una "nuova fase" della guerra, dice il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, rivolgendosi al personale dell'aeronautica militare israeliana presso la base aerea Ramat David, situata non lontano da Haifa.

"Il centro di gravità si sta spostando verso nord. Stiamo dirottando forze, risorse ed energie verso nord", dice il ministro, secondo quanto riferito dal suo ufficio. "Credo che siamo all'inizio di una nuova fase di questa guerra e dobbiamo adattarci", aggiunge Gallant, ribadendo che gli obiettivi di Israele nel nord sono "chiari e semplici: riportare gli abitanti nelle loro case in sicurezza".

I segnali vengono colti dal Libano, che si prepara a "possibili scenari" di guerra con Israele come dice il premier ad interim libanese, Najib Mikati, dopo una riunione della Commissione la gestione delle crisi e dei disastri.

A capo della Commissione, il ministro dell'Ambiente Nasser Yassin afferma che in vista di un attacco di Israele stanno approntando rifugi per la popolazione e che ci sono un centinaio di scuole a disposizione. Quanto alle scorte di cibo, secondo Yassin "sono sufficienti per oltre tre mesi e una nave con 40mila tonnellate di cereali e farina sta per arrivare in Libano".

Si muove l'Onu

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà venerdì per discutere dell'ondata di esplosioni. Lo ha indicato un portavoce della presidenza slovena del Consiglio. La riunione, richiesta dall'Algeria, è in programma alle 15 ora locale (le 9 in Italia). Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres chiede uno stop agli attacchi hi-tech. "Penso che sia molto importante che ci sia un controllo effettivo degli oggetti civili, che non vengano armati. Questa dovrebbe essere una regola che i governi di tutto il mondo dovrebbero essere in grado di attuare", dice durante una conferenza stampa a New York.

Secondo il segretario generale, "la logica di far esplodere tutti questi ordigni" sembra essere quella di "un attacco preventivo prima di una grande operazione militare”, motivo per cui questo incidente, attribuito a Israele, dimostra che esiste un "serio rischio" di escalation regionale.

Da Washington, infine, la Casa Bianca ribadisce l'estraneità degli Usa: "Non siamo stati coinvolti in alcun modo negli incidenti" in Libano, dice il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, in un briefing con i giornalisti, ribadendo: "Vogliamo che la guerra finisca, tutto quello che abbiamo fatto è destinato a impedire l'escalation del conflitto".

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Esteri

Elezioni Usa, lo spettro di un altro 6 gennaio in caso di...

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Forse meno violento di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Trump assaltarono il Congresso, ma con un impatto ancora più allarmante sulla tenuta istituzionale

Donald Trump e Kamala Harris - Afp

Kamala Harris continua a salire nei sondaggi, ma i democratici sono agitati dallo spettro di un altro 6 gennaio in caso di sua vittoria alle elezioni presidenziali di novembre. Forse meno violento e insurrezionale di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Donald Trump assaltarono il Congresso nel tentativo di impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden. Ma potrebbe avere un impatto ancora più allarmante e dilaniante sulla tenuta istituzionale e costituzionale degli Stati Uniti, fondata sul trasferimento pacifico dei poteri.

Lo scenario da incubo per i dem

Secondo Politico, lo scenario da incubo per i democratici prevede che nonostante la vittoria di Harris alla Casa Bianca, i repubblicani mantengono la maggioranza alla Camera, dando così allo Speaker Mike Johnson la possibilità di trovare i modi di ostacolare, se non bloccare del tutto la conta dei voti elettorali, cosa che farebbe ricadere sulla Camera l'ultima parola sull'elezione presidenziale, come previsto dal 12esimo emendamento della Costituzione.

Non bisogna dimenticare che l'allora poco conosciuto deputato della Louisiana nel 2020 guidò il ricorso dei repubblicani alla Corte Suprema in cui si chiedeva di rovesciare i risultati degli stati chiave, che sancivano la vittoria di Biden.

L'iniziativa fu benedetta personalmente da Trump, che anche in virtù di questo lo scorso ottobre ha dato il placet all'elezione di Johnson a Speaker. Ed ora a meno di due mesi dal voto, il leader repubblicano sta cercando di far passare una legge per impedire quelle che definisce la manovre dei dem per far votare in massa immigrati illegali. Accuse che fanno capire come la leadership del partito repubblicano, ormai largamente allineato su posizioni Maga, in caso di nuova sconfitta del tycoon, potrà appoggiare con forza le eventuali nuove denunce di brogli da parte di Trump.

Le conferme nei sondaggi

Una posizione diffusa anche tra la base elettorale, dal momento che un sondaggio di World Justice Project, rilanciato da The Hill, mostra che il 46% degli elettori repubblicani non è pronto ad accettare i risultati elettorali come legittimi in caso di vittoria dem. E il 14% di questi si dice pronto ad intraprendere azioni per rovesciare i risultati. Va comunque sottolineato che anche un 27% di elettori democratici si dice non disposto a riconoscere una vittoria repubblicana, con un 11% pronto a passare dalle parole ai fatti.

Interpellate da Politico, fonti dell'entourage dello Speaker liquidano i timori dei democratici come parte di una strategia tesa a raccogliere più fondi per la campagna per la riconquista della Camera. E di una "narrativa allarmista" riguardo ad una vittoria Gop che ha contribuito a portare ai due tentati assassinii di Trump. Un altro repubblicano vicino a Johnson poi afferma di dubitare che lo Speaker potrebbe cedere così facilmente ai desideri di Trump.

Non bisogna dimenticare poi che, in caso di vittoria dem alla Casa Bianca, Harris, che fino al 20 gennaio continuerà ad essere vice presidente, si troverà, in qualità di presidente del Senato, a presiedere la seduta per la certificazione di voti elettorali. Come il 6 gennaio 2021 fece, una volta sgombrato il Congresso dei rivoltosi, Mike Pence, reo agli occhi di Trump e dei suoi sostenitori di non aver accolto la richiesta del presidente uscente di bloccare la certificazione.

La nuova legge sulla conta dei voti, cosa può accadere

Inoltre, nel 2022 è stata passata una nuova legge che rende più difficile bloccare la conta dei voti elettorali: se prima bastava l'opposizione di un singolo membro per accogliere un'obiezione ora è richiesto il 20% di ciascuna delle due Camere. Ma tra i timori dei democratici c'e' anche quello che Johnson possa ottenere abbastanza repubblicani per bloccare alcuni voti elettorali cruciali, o cercare di riscrivere le regole che governano la sessione per la certificazione dei voti elettorali del 6 gennaio, con l'obiettivo di rendere più facili le contestazioni.

O addirittura cercare di ritardare la seduta che per legge deve essere convocata per il 6 gennaio. Il tutto avendo bene in testa che nessun candidato riceve almeno 270 voti elettorali certificati, la Costituzione prevede quella che viene chiamata la "contingent election", una sorta di elezione di emergenza, con la Camera che elegge il presidente e il Senato il vice presidente. Un procedimento che favorirebbe i repubblicani dal momento che ogni stato deve esprimere un solo voto - quindi anche i tanti piccoli stati a guida Gop avrebbero lo stesso peso di quelli più popolosi, come California e New York, di orientamento dem - e quindi è necessaria una maggioranza di almeno 26 stati.

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