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Insonnia: un valido aiuto con gli integratori naturali di Erbavoglio

L’insonnia e l’agitazione notturna sono disturbi piuttosto frequenti che rischiano di avere un effetto molto debilitante: tutti sanno che il riposo è di fondamentale importanza per assicurare un benessere ottimale dal punto di vista psichico e fisico. In molti casi, invece, si fa fatica a dormire con la necessaria serenità per colpa dello stress, di eccessive preoccupazioni o anche solo di un cambio di stagione. Eppure la qualità del sonno è un aspetto in grado di fare la differenza: non si tratta di dormire tanto, ma di dormire bene. Può capitare, infatti, di non sentirsi abbastanza riposati anche dopo aver dormito per 12 ore di seguito.

Alle origini di un sonno disturbato

Può essere che la colpa debba essere attribuita a un sonno non uniforme e frammentato, caratterizzato da frequenti risvegli: un sonno che, di conseguenza, si rivela poco riposante. Che cosa si può fare dunque per rimediare? Ovviamente è importante rispettare le norme tipiche per un’igiene del sonno ottimale; ma quando ciò non è sufficiente si può fare riferimento a integratori alimentari naturali sviluppati ad hoc per agevolare il rilassamento e garantire un sonno riposante.

Il kit di Erbavoglio.it

Erbavoglio.it permette di usufruire di un kit ad hoc, con un insieme di prodotti da usare in simultanea in modo che si possa beneficiare di una sinergia ottimale fra i diversi ingredienti. L’efficacia complessiva risulta potenziata proprio grazie all’impiego di prodotti complementari. Quello che viene messo in pratica è un approccio olistico, in base al quale un problema può essere affrontato da vari punti di vista: si tiene conto del sistema nella sua totalità, così che i sintomi non vengano trattati solo in superficie ma in profondità. Non è tutto: l’adozione di vari prodotti permette di coprire una grande varietà di aspetti riguardanti la salute. Per quel che riguardala salute intestinale, per esempio, i diversi aspetti del sistema digestivo possono essere trattati con l’assunzione di erbe, prebiotici e fibre. In più, la combinazione di diversi prodotti assicura un miglioramento dei risultati sul lungo periodo, proprio perché si interviene su aspetti differenti dello stesso problema.

La valeriana

Uno degli ingredienti presenti negli integratori naturali che aiutano a dormire meglio è la valeriana, un elemento che vanta interessanti proprietà calmanti in virtù del suo contenuto di valepotriati. Tale ingrediente, infatti, va ad agire sul sistema nervoso, e di conseguenza contribuisce a garantire un sonno di qualità migliore. La valeriana in molti casi viene usata in associazione con il luppolo o con altre tipologie di erbe che promuovono il rilassamento; essa è utile durante gli stati di agitazione per il suo effetto calmante.

Il magnesio assoluto citrato e gli altri ingredienti

Anche il magnesio assoluto citrato può garantire risultati apprezzabili in tal senso: si tratta di un integratore alimentare solubile in polvere, caratterizzato da un’azione distensiva e al tempo stesso calmante, in grado di favorire il rilassamento dei nervi e dei muscoli. Si può ricorrere a questo ingrediente quando ci si sente nervosi, affaticati o stanchi. Gli effetti ansiolitici sono significativi anche nel caso in cui si assuma la corteccia di magnolia officinalis, un rimedio naturale le cui proprietà sono note da secoli. È possibile ricorrervi per il trattamento di vari sintomi, a cominciare dalla tensione nervosa e dall’ansia. Il biancospino, invece, ha proprietà cardiotoniche e cardioprotettrici, per merito di una sostanza, denominata vitexina, che ha un effetto sedativo e spasmolitico. Con il biancospino si contrastano l’agitazione mentale e l’ansia: per questo si dorme meglio.

Che cos’è il tulsi

Il tulsi è una pianta conosciuta anche con il nome di basilico sacro: si tratta di un rimedio adattogeno grazie al quale è possibile far fronte, senza difficoltà, a situazioni di stress emotivo o fisico, combattendo il mal di testa, l’insonnia e l’ansia. La riduzione dell’ansia può essere sperimentata anche con l’ashwagandha, una pianta che è sinonimo di benessere mentale e di rilassamento. Con questo ingrediente, l’organismo beneficia di un aiuto prezioso in presenza di situazioni stressanti: insomma, è una ricarica di benessere cognitivo ed energia. Il nervosismo può essere combattuto, infine, con i fiori di camomilla bio, che per altro sono raccomandati anche quando si è alle prese con problemi di digestione.

Un asso della comunicazione e maestro nelle relazioni con i media, questa figura chiave gestisce con destrezza la nostra strategia di promozione, elevando la visibilità e l’immagine del nostro marchio. Con un occhio sempre attento ai dettagli e una rete di contatti nell’industria dei media, è responsabile di costruire e mantenere relazioni fruttuose con i nostri partner strategici. Il suo tocco esperto nel plasmare la narrativa pubblica è fondamentale per posizionarci come leader nel nostro settore.

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Salute e Benessere

“Briciole al Ssn ed elemosina agli operatori”,...

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La protesta indetta per il 20 novembre da Cimo-Fesmed con Anaao-Assomed e gli infermieri Nursing-Up

Medici - Fotogramma

Ci sono "almeno 10 ragioni" per cui i medici della federazione sindacale, con i colleghi di Anaao-Assomed e gli infermieri di Nursing Up, hanno proclamato per il 20 novembre una giornata di sciopero nazionale. Lo dichiara Guido Quici, presidente di Cimo-Fesmed illustrando le ragioni della protesta. In quella data, spiega, "medici e infermieri sciopereranno e manifesteranno a Roma perché sono stufi di proclami che, puntualmente, non hanno seguito. Fare di tutto per spingere i medici ad abbandonare la sanità pubblica rappresenta un inaccettabile voltafaccia, o il frutto di un piano ben preciso volto ad arricchire - sulle spalle dei malati - il privato, le assicurazioni, le cooperative e le multinazionali della salute".

"Ogni anno, puntualmente, la legge di Bilancio si rivela una doccia fredda per la sanità pubblica e quindi per i cittadini e per il personale sanitario. Quello di illudere pazienti e professionisti della salute con mirabolanti promesse, per poi ritrovarsi con in mano un piatto di lenticchie - rileva Quici - è uno sport politico che non siamo più disposti ad accettare. E allo stesso modo risulta una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite mediche private, analisi, Tac e risonanze magnetiche che risultano inaccessibili nella sanità pubblica".

Le ragioni dello sciopero

Innanzitutto "erano stati annunciati 3,7 miliardi per la sanità pubblica", mentre "il prossimo anno ne arriveranno 1,3, sufficienti a malapena a finanziare i rinnovi dei contratti del personale sanitario, lasciando dunque briciole al miglioramento dell'assistenza sanitaria offerta ai cittadini". Ragione numero 2: "Erano state promesse 30mila assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, ma la legge di Bilancio non ne prevede alcuna. E senza assunzioni sarà impossibile ridurre il carico di lavoro dei dipendenti e migliorare quindi le condizioni lavorative negli ospedali, oggi inaccettabili".

Terzo motivo dello sciopero: "Erano stati previsti, nella precedente legge di Bilancio, 200 milioni per i medici dipendenti per ridurre le liste d'attesa, ma si sta lavorando per ridurre del 50% il finanziamento a favore dei medici specialisti ambulatoriali interni". Quarto: "Era stata assicurata la defiscalizzazione al 15% dell'indennità di specificità medica, un riconoscimento vero della peculiarità della professione. Invece non è prevista alcuna defiscalizzazione, ma solo lo stanziamento di un misero finanziamento aggiuntivo che porterà nelle tasche dei medici circa 17 euro mensili. Una vera elemosina che offende tutta la categoria". Quinta ragione: "Era stata prevista la defiscalizzazione al 15% delle prestazioni aggiuntive, ma numerose aziende si rifiutano di applicarla in attesa di una circolare del Mef che non promette nulla di buono".

Ancora: "Erano stati garantiti importanti miglioramenti sul fronte della responsabilità professionale per far lavorare i medici con maggiore tranquillità; invece, i risultati non ancora ufficiali della Commissione D'Ippolito appaiono estremamente fumosi e poco efficienti", è il sesto motivo per cui i camici bianchi sciopereranno. Settimo: "Era stata dichiarata guerra contro i cosiddetti medici gettonisti, e invece il Governo ha proposto un disegno di legge che intende contrastarli attraverso il ricorso a contratti precari co.co.co". Ragione numero 8: "Erano state stanziate dallo Stato, negli anni passati, molte risorse in favore del personale sanitario, che tuttavia risultano ancora trattenute dalle Regioni. Non possono meravigliare, poi, le iniziative di alcune di esse che anticipano gli effetti dell’autonomia differenziata sul mercato del lavoro, elargendo premi di produzione extra contrattuali".

Nove: "Era stato promesso un vero finanziamento per la sanità pubblica, e invece ogni provvedimento adottato dal Governo aumenta le risorse destinate alla sanità privata, senza tenere in considerazione lo scandaloso dumping salariale tra medici del pubblico e medici dipendenti di aziende private, molti dei quali attendono il rinnovo del contratto di lavoro da 20 anni". Infine, decimo motivo di protesta: "Era stato annunciato il rispetto dei contratti di lavoro e il rinnovo dei Ccnl entro la scadenza; invece stiamo riscontrando numerose difficoltà nella corretta applicazione del Ccnl 2016-2018 nelle aziende, in particolare degli articoli che riguardano l'orario di lavoro, nel tentativo di continuare a lucrare sulle ore lavorate a titolo gratuito. Al contempo, siamo ancora in attesa dell'emanazione dell'atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il Ccnl della dirigenza medica e sanitaria 2022-24, che scadrà tra 2 mesi".

"Con questo scenario - conclude Quici - non possiamo che condividere la scelta di chi decide di abbandonare la sanità pubblica. La Federazione Cimo-Fesmed sarà dalla sua parte e offrirà ogni possibile aiuto per supportare l'uscita dal Ssn".

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

Alimenti: perché amiamo i carboidrati? Una ‘love...

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PASTA CRUDA - SPAGHETTI (PASTA CRUDA ORIZZONTALE DIETA MEDITERRANEA CARBOIDRATI SPAGHETTI) (FOTOARCHIV / IPA, Genova - 2007-09-11) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

Perché amiamo i carboidrati? La domanda ha ancora più valore oggi, giorno in cui si celebra in tutto il mondo il Pasta day dedicato ad uno degli alimenti cardine della dieta mediterranea italiana, tanto amato anche a livello globale. E un team di scienziati ha scoperto che questa 'love story' ha origini antichissime, risale forse anche ai tempi dei Neanderthal e precede l'avvento dell'agricoltura. Lo studio condotto da ricercatori dell'università di Buffalo e dal Jackson Laboratory parla chiaro: se abbiamo difficoltà a ridurre l'assunzione di carboidrati, la colpa potrebbe essere del Dna antico.

E' noto da tempo che gli esseri umani trasportano più copie di un gene che consente di iniziare a scomporre l'amido dei carboidrati complessi in bocca, fornendo il primo passo nel metabolismo di cibi amidacei come pane e pasta. Tuttavia, è stato notoriamente difficile per i ricercatori determinare come e quando il numero di questi geni si sia espanso. Il nuovo studio dimostra come la duplicazione di questo gene - Amy1 - potrebbe aver contribuito a plasmare l'adattamento umano agli alimenti amidacei, e questa duplicazione potrebbe essersi verificata già più di 800mila anni fa, molto prima dell'avvento dell'agricoltura. Gli autori fanno il punto dei risultati della loro ricerca su 'Science'. Lo studio dimostra in definitiva come le prime duplicazioni di questo gene abbiano posto le basi per un'ampia variazione genetica che esiste ancora oggi, influenzando l'efficacia con cui gli esseri umani digeriscono i cibi amidacei.

"L'idea è che più geni dell'amilasi si hanno, più amilasi si può produrre e più amido si può digerire efficacemente", spiega l'autore corrispondente dello studio, Omer Gokcumen, professore dell'ateneo Usa che ha condotto la ricerca. L'amilasi è un enzima che non solo scompone l'amido in glucosio, ma conferisce anche il sapore al pane, spiegano gli esperti. Gokcumen e colleghi, tra cui il coautore senior Charles Lee del Jackson Laboratory, hanno utilizzato una nuova modalità di mappatura del genoma per dettagliare a livelli massimi la regione del gene Amy1. Questa tecnica innovativa ha fornito un quadro più chiaro di come si sono evolute le duplicazioni di Amy1. Risultato: è emerso che gli antichi cacciatori-raccoglitori e persino i Neanderthal avevano già più copie di Amy1. Con buona pace dei 'pasta lovers' di oggi.

Gli scienziati, per arrivare a queste conclusioni, hanno analizzato i genomi di 68 esseri umani antichi, tra cui un campione di 45mila anni fa proveniente dalla Siberia. Dallo studio è emerso che i cacciatori-raccoglitori pre-agricoli avevano già una media di 4-8 copie di Amy1 per cellula diploide, il che suggerisce che gli esseri umani si aggiravano già per l'Eurasia con un'ampia varietà di numeri elevati di copie di Amy1, ben prima di iniziare a coltivare le piante e a consumare quantità eccessive di amido. Il lavoro ha inoltre messo in luce che nei Neanderthal e nei Denisoviani si verificavano già duplicazioni del gene Amy1. E questo suggerirebbe quindi che "il gene Amy1 potrebbe essersi duplicato per la prima volta più di 800mila anni fa, ben prima che gli esseri umani si separassero dai Neanderthal e molto più indietro di quanto si pensasse in precedenza", afferma Kwondo Kim, uno degli autori principali dello studio, scienziato del laboratorio di Lee.

"Le duplicazioni iniziali nei nostri genomi hanno gettato le basi per una variazione significativa nella regione dell'amilasi, consentendo agli esseri umani di adattarsi ai cambiamenti nella dieta, mentre il consumo di amido aumentava drasticamente con l'avvento di nuove tecnologie e stili di vita", aggiunge Gokcumen. La ricerca evidenzia anche come l'agricoltura abbia avuto un impatto sulla variazione di Amy1. Mentre i primi cacciatori-raccoglitori avevano più copie di geni, gli agricoltori europei hanno visto un aumento del numero medio di copie di Amy1 negli ultimi 4mila anni, probabilmente per le loro diete ricche di amido. "Le persone con un numero di copie di Amy1 più elevato probabilmente digerivano l'amido in modo più efficiente e avevano più prole", continua Gokcumen. "I loro lignaggi alla fine se la cavavano meglio in un lungo arco di tempo evolutivo rispetto a quelli con un numero di copie più basso, propagando così il numero di copie Amy1".

I risultati sono in linea anche con lavori precedenti. E, "dato il ruolo chiave della variazione del numero di copie di Amy1 nell'evoluzione umana - conclude l'autrice principale dello studio, Feyza Yilmaz (Jackson Laboratory) - questa variazione genetica rappresenta un'entusiasmante opportunità per esplorare il suo impatto sulla salute metabolica e scoprire i meccanismi coinvolti nella digestione dell'amido e nel metabolismo del glucosio". Scoperte da approfondire magari proprio davanti a un piatto di pasta.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

One Health, indagine ‘solo 1 paziente su 4 sa cosa...

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Foto di repertorio - FOTOGRAMMA

Si fa presto a dire One Health. La verità è che invece pochi pazienti sanno cosa sia, solo 1 su 4, e ancora meno sono gli operatori sanitari che riescono a tradurla in azioni concrete durante la loro attività. Eppure coloro che conoscono la One Health, un approccio strategico che interconnette la salute umana, animale e ambientale - la cosiddetta 'salute unica' - sono ben consapevoli del suo vantaggio più importante: il miglioramento degli standard di salute. E gli stessi ritengono che l'impiego della telemedicina, delle piattaforme digitali, e la realizzazione di nuove strutture e presidi per servizi di prossimità, possono servire a creare un nuovo modello di assistenza territoriale in ottica One Health. Sono i risultati di un'indagine nazionale promossa da MioDottore e condotta da Datanalysis, presentata a Roma, che ha coinvolto un totale di 1.700 persone (700 medici specialisti, 100 veterinari, 100 direttori generali e sanitari di aziende ospedaliere, 100 politici della sanità e 700 pazienti).

"L'approccio One Health promuove una visione integrata e olistica di salute umana, animale e ambientale, presentandosi come risposta alle sfide del nostro tempo e riconoscendo che la salute di ogni individuo è strettamente legata alla salute degli altri e dell'ecosistema in cui viviamo - spiega Stefano Vella, infettivologo e docente di salute globale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - Attraverso la comprensione delle complesse interazioni tra questi tre settori cruciali, l'approccio olistico che ne deriva mira principalmente a migliorare la salute collettiva, prevenire malattie e promuovere il benessere, assumendo un ruolo chiave anche nel più ampio quadro di obiettivi globali di sostenibilità".

"La pervasività dell'approccio One Health nell'elaborazione delle attuali strategie di risposta alle nuove sfide sanitarie testimonia l'ormai universale riconoscimento dell'interconnessione tra salute umana, animale e ambiente - osserva Ranieri Poli del Dipartimento One Health del ministero della Salute - Il ministero della Salute, nel suo nuovo assetto organizzativo, si è dotato di un Dipartimento One Health e il recente comunicato dei ministri della Salute del G7 ha dedicato ampio spazio a questo tema e a quelli ad esso strettamente connessi, come l'antibiotico-resistenza".

Un primo passo, con molta strada da fare. I risultati dell'indagine - riporta una nota - mostrano da un lato che il 95% dei direttori generali e sanitari e l'80% dei politici hanno sentito parlare di One Health. Ma anche che lo stesso vale solo per circa la metà dei veterinari e dei medici specialisti. Inoltre, ci sono altri molteplici ostacoli: oltre alle scarse conoscenze sull'argomento e alle difficoltà insite di applicare questo approccio, secondo la maggioranza del campione analizzato pesano anche la mancanza di una strategia chiara e la carenza di finanziamenti. Mentre invece il 73% dei pazienti di One Health non ne sa proprio nulla.

Tuttavia, i professionisti del mondo della sanità hanno ben chiare quali siano i principali problemi che la strategia One Health dovrebbe affrontare: in primis la resistenza antimicrobica (20%) e i focolai di malattie altamente infettive (20%), poi l'inquinamento ambientale (circa 18%). E hanno un'idea ben più precisa su come si potrebbe realizzare un nuovo modello di assistenza territoriale in un'ottica One Health e indicano: l'impiego della telemedicina, la realizzazione di nuove strutture e presidi sanitari con maggiore accessibilità e disponibilità di servizi di prossimità e anche un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione sul territorio, in linea con un approccio integrato. Inoltre, le piattaforme digitali sono viste come uno strumento utile per arrivare ai cittadini e per meglio rispondere alle loro esigenze.

"Il concetto di One Health rappresenta un cambiamento di paradigma necessario nella gestione della salute globale. In MioDottore - afferma il Ceo, Luca Puccioni - crediamo fermamente che la tecnologia possa svolgere un ruolo cruciale in questo processo, consentendo una comunicazione fluida tra medici, pazienti e strutture sanitarie. Grazie alla tecnologia, infatti, è possibile non solo migliorare l'accesso alle informazioni sanitarie, ma anche promuovere una cultura della prevenzione e del benessere che abbraccia tutte le dimensioni della salute. La sinergia tra salute umana, animale e ambientale è la chiave per affrontare le sfide future e siamo convinti che investire nella digitalizzazione della salute possa trasformare il modo in cui gestiamo la prevenzione e la cura, rendendo le pratiche più efficienti e sostenibili".

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