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Estate, ‘nel lago solo se allenati e niente tuffi’, le regole dell’Asl

Estate, 'nel lago solo se allenati e niente tuffi', le regole dell'Asl

"Le acque del lago, notoriamente fonte di refrigerio e relax specie in questo periodo estivo, possono nascondere pericoli sotto il profilo sanitario e della sicurezza". E' il monito dell'Ats Insubria che lancia una appello ai bagnanti, chiedendo loro di "immergersi solo se sanno nuotare bene e sono ben allenati". L'Agenzia di tutela della salute varesina raccomanda inoltre di "evitare la pratica dei tuffi, soprattutto dopo una lunga esposizione al sole, o comunque se si è troppo sudati: immergersi repentinamente, infatti, può provocare dai crampi muscolari agli shock termici. I tuffi in altezza, così come quelli in acque torbide, sono invece sconsigliati perché possono provocare traumi".

L'Ats invita poi a una "particolare attenzione verso i bambini, sui quali bisogna sempre vigilare quando sono in prossimità di fonti d'acqua, siano esse piscine ad uso domestico, corsi d'acqua o rive dei laghi. Si consiglia inoltre di usare con responsabilità anche giochi d'acqua e oggetti gonfiabili, come i materassini, evitandone l'uso in acque profonde", si legge in una nota dell'agenzia.

Ats Insubria ricorda infine che "i fiumi sul territorio di competenza non sono balneabili, oltre al fatto che le forti correnti e la temperatura dell'acqua, che si differenzia fortemente da quella del nostro corpo, rappresentano un serio pericolo da non sottovalutare".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Lo studio, più di 1 anno per una diagnosi di sindrome di...

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Al congresso europeo sull'epilessia i dati che evidenziano il peso della malattia

Lo studio, più di 1 anno per una diagnosi di sindrome di Lennox-Gastaut

La sindrome di Lennox-Gastaut (Lgs) ha necessità di diagnosi più rapide e accurate. E' quanto emerso da uno studio europeo real life presentato nel corso del 15esimo Congresso europeo sull'epilessia (Ecc) che si è svolto recentemente a Roma. I dati, ricavati utilizzando l'Adelphi Lgs Disease Specific Programme* (Dsp), hanno evidenziato che 454 pazienti pediatrici e adulti affetti da Lgs, in tutta Europa, hanno dovuto attendere in media 12,3 mesi per ricevere una diagnosi corretta della malattia, dopo il primo attacco a 4 anni (età media). Nonostante i pazienti assumano mediamente più di 3 farmaci antiepilettici al giorno, permangono continue sfide per un trattamento efficace della Lgs.

Nel dettaglio - si legge in una nota infusa da Ucb - i risultati sottolineano la necessità di nuovi trattamenti che abbiano come bersaglio sia le crisi resistenti ai farmaci, sia i sintomi non convulsivi della Lgs. Il 71% dei pazienti (324 su 454), infatti, aveva almeno una comorbilità concomitante, tra cui problemi psicomotori o cognitivi, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), disturbi del sonno o insonnia. Il 19% e il 28% dei pazienti presentava, rispettivamente, gravi o gravissime menomazioni fisiche e mentali, molte delle quali persistenti con l'età. Il 47% dei pazienti ha riferito di avere una qualità di vita, almeno in parte, mediocre. Le crisi diurne hanno avuto il maggiore impatto sulla qualità della vita per il 39% dei pazienti.

"L'impatto della Lgs va oltre le crisi epilettiche e può includere gravi disturbi cognitivi, difficoltà di comunicazione, problemi psichiatrici, sfide comportamentali e problemi di mobilità. Tutti fattori - afferma Konrad Werhahn, Global Medical Affairs di Ucb - che costituiscono un onere importante per i pazienti e i loro familiari/caregiver. In Ucb siamo consapevoli della necessità di un approccio multidisciplinare e personalizzato, che affronti le esigenze mediche, educative, psicologiche e sociali di ciascun paziente nel corso della propria vita".

La Lgs colpisce circa 1 milione di persone in tutto il mondo. Tuttavia, la diagnosi rimane complessa e impegnativa, a causa della mancanza di marcatori biologici, specifici delle numerose possibili cause, e per la presenza di diversi sintomi. Sebbene siano disponibili molti farmaci approvati per la Lgs, persistono ancora esigenze di trattamento non soddisfatte. Questi farmaci inducono un miglioramento, ma di solito non hanno un effetto duraturo e a lungo termine, il che rende necessaria l'introduzione di nuove terapie che mirino efficacemente alle crisi epilettiche e allevino gli esiti non convulsivi, per migliorare la prognosi dei pazienti con la malattia.

Sempre durante l'Eec è stato presentato un nuovo dispositivo elettronico di supporto alla diagnosi della Lgs, basato sui criteri della Lega internazionale contro l'epilessia (Ilae). Sviluppato da un gruppo di 10 esperti in epilessia, con processo di digitalizzazione finanziato da Ucb (senza alcun intervento sul suo contenuto), lo strumento è stato progettato per aiutare i medici a valutare la possibilità che il loro paziente abbia la Lgs. Il questionario prende in considerazione le caratteristiche che possono essere una discriminante tra la presenza o l'esclusione della malattia, fornendo un risultato che guiderà la gestione futura. Il prototipo - conclude la nota - sarà ora testato e validato prima di essere utilizzato dagli operatori sanitari in ambito clinico.

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Salute e Benessere

Fargnoli (Sidemast): “Per cura psoriasi...

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'Sono loro a dover inviare i pazienti dallo specialista, preoccupa ancora abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento'

Fargnoli (Sidemast):

Anche 12 anni di attesa prima di ottenere le prime terapie specifiche. Per i pazienti con psoriasi curarsi è un'odissea. "I motivi del ritardo nell'inizio dei trattamenti sono da cercare nel territorio. Dobbiamo sensibilizzare i medici di medicina generale a inviare i pazienti dallo specialista, ma anche sensibilizzare lo stesso paziente". Lo ha detto Maria Concetta Fargnoli, ordinaria di Dermatologia e Venereologia presso l'Università dell'Aquila e vicepresidente di Sidemast (Società italiana di dermatologia e delle malattie sessualmente trasmesse), intervendo alla conferenza stampa a Roma sull'approvazione della rimborsabilità per il farmaco orale deucravacitinib.

L'altro problema è che il paziente rinuncia con facilità alle cure. "C'è una preoccupante tendenza - fa notare Fargnoli - all'abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento, oppure si dilazionano gli intervalli di assunzione del farmaco senza che venga indicato dal medico. Problemi che nascono dalla sottovalutazione della condizione".

Al momento "per la psoriasi moderata severa abbiamo diverse terapie – spiega Fargnoli all'Adnkronos Salute - farmaci convenzionali che hanno sicuramente il limite in termini di efficacia, ma soprattutto di trattamento a lungo termine per la tossicità, e poi abbiamo i farmaci innovativi tra cui biologici e piccole molecole. I biologici di prima generazione sono molto efficaci, ma vengono spesso percepiti troppo forti dal paziente che invece vorrebbe, soprattutto nelle forme moderate, un trattamento meno aggressivo". Tra le richieste dei pazienti "un farmaco che riduca il burden infiammatorio e quelle che sono le comorbidità associate che necessitano una presa in carico multidisciplinare e quindi una collaborazione tra dermatologo, reumatologo, gastroenterologo, solo per fare alcuni esempi. Questa nuova molecola può aiutare i pazienti ad uscire dal guscio e riprendersi la loro vita, perché spesso a causa della psoriasi evitano le relazioni sociali", conclude.

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Salute e Benessere

Processo al vino, condannato solo per rischi nei minori e...

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UOMO UBRIACO DAVANTI A BOTTIGLIA DI VINO, FOTO SIMBOLICA DI ALCOLISMO ALCOL (/Fotogramma, MILANO - 2004-10-12) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

Il vino fa male alla salute? Va condannato o assolto? La sentenza è stata pronunciata al termine di un processo in piena regola che si è celebrato ieri sera a Milano, promosso dall'Ordine dei medici provinciale OmceoMi: vino "colpevole", ma solo in parte, "per il fatto di essere certamente pericoloso per i soggetti vulnerabili, per i minorenni e per le donne in stato di gravidanza", e per questo "condannato a 18 mesi di lavori socialmente utili da scontare in un'azienda che produce vino analcolico". Vino "assolto", invece, "per i principali capi di imputazione (112, 590, 589 co. I e IV del codice penale), perché il fatto non costituisce reato".

La difesa esulta: "Si è confuso l'uso consapevole e moderato, che ha portato all'assoluzione, con l'abuso che invece è molto pericoloso, ma che non riguardava i capi d'imputazione. Tutti gli allarmi lanciati dagli esperti riguardano prevalentemente proprio l'abuso. Su cui tutti siamo d'accordo", si legge in una nota diffusa dopo il dibattimento che si è svolto nella sede di Confcommercio, presentato dall'ex rettore dell'università Statale meneghina, Elio Franzini, e diretto da Nunzia Gatto, già avvocato generale al Palazzo di Giustizia di Milano, incaricata dal presidente del tribunale Fabio Roia. Il vino è stato rappresentato dal produttore Walter Massa. Portavoce dell'accusa il magistrato Eugenio Fusco ("a differenza di quanto si dice il vino non ha effetti benefici", ha sostenuto nell'arringa), supportato dai testi Andrea Arighi (direttore Ssd Neurologia-Malattie neurodegenerative Policlinico Milano), Irene Cetin (direttrice Sc Ostetricia e Ginecologia Policlinico Milano) e Alberto Martelli, pediatra. Rappresentanti della difesa le avvocate Ilaria Livigni e Giorgia Andreis, sostenute dai testi Luigi Saverio Belli (direttore Sc Epatologia e Gastroenterologia Niguarda Milano), Stefano Carugo (direttore Uoc Cardiologia Policlinico Milano) e Vito Intini (presidente Onav, Organizzazione nazionale assaggiatori vino).

Le perizie sono state affidate ai medici legali Riccardo Zoja, Arnaldo Migliorini e Giuseppe Deleo, mentre la giuria era composta da Pierluigi Vecchio (direttore Federazione nazionale Ordini dei medici Fnomceo), Andrea Senna (presidente odontoiatri OmceoMi), Roberto Monaco (presidente Ordine medici Siena e segretario Fnomceo) e Filippo Anelli (presidente Fnomceo). "Questa sentenza rispecchia ciò che è emerso dal dibattimento - dichiara Roberto Carlo Rossi, presidente OmceoMi - Attenzione alle persone fragili, ai giovani e giovanissimi, alle donne in gravidanza, dove il vino può davvero essere pericoloso. Attenzione all'abuso, certamente. Ma nessuna evidenza scientifica reale attesta che il vino consumato correttamente sia dannoso per la salute e debba essere vietato".

Per il pediatra Martelli, pro-accusa, "in Italia i numeri relativi al consumo di etanolo fra i giovani sono davvero allarmanti. Il vino sembra però rientrare in questo fenomeno molto marginalmente, perché i giovani abusano perlopiù di superalcolici. Per i minori un percorso educazionale appare essere non più rimandabile in ambito famigliare e scolastico". Il neurologo Arighi avverte che "il consumo eccessivo e cronico di vino comporta gravi danni neurologici, sia a breve che a lungo termine. L'alcol, metabolizzato in acetaldeide, una sostanza tossica, causa stress ossidativo e danni alle cellule nervose. In acuto l'abuso di vino può portare a intossicazione alcolica e crisi epilettiche, nonché ad un aumentato rischio di ictus", mentre "l'assunzione cronica può causare patologie come la demenza alcolica, la neuropatia periferica, oltre a compromettere gravemente la memoria e le funzioni cognitive". Per la ginecologa Cetin, il vino "nuoce al feto durante tutta la gravidanza. Se si pianifica una gravidanza, è opportuno non bere vino e alcolici già dal mese precedente il concepimento perché l'alcol determina modificazioni epigenetiche ai gameti, anche a quelli maschili, che si formano nei 70 giorni precedenti il concepimento. Gli effetti tossici del vino sono principalmente legati al danno neuronale causato dall'etanolo e alla perdita neuronale conseguente. Queste condizioni sono poi associate anche a potenziali esiti nella vita futura".

La difesa sottoscrive i rischi dell'abuso, ma aggiunge altre osservazioni. "Il vino fa male al cuore? In assoluto no - dice il cardiologo Carugo - Le linee guida cardiologiche raccomandano 2 bicchieri (meglio vino rosso) per i maschi e 1 per le donne al giorno, e in generale non più di 100 grammi di alcool la settimana. I polifenoli (resveratrolo) esercitano un'attività antiossidante e antinfiammatoria, e fanno parte in toto della dieta mediterranea assai cardioprotettiva. Ovviamente il vino va assunto con moderazione, ma la complessità ed eterogeneità della 'matrice vino' è il veicolo ideale per aumentarne biodisponibilità e potenziali effetti biologici. L'azione pleiotropica, sinergica e additiva dei diversi fenoli potrebbe spiegare l'effetto protettivo esercitato dal vino anche a fronte di basse concentrazioni". E per non rovinarsi il fegato? "Il limite della moderazione viene abitualmente posto a 2 unità alcoliche al giorno per la donna e a 3 unità alcoliche al giorno per l'uomo - risponde l'epatologo Belli - Una unità alcolica corrisponde a circa 10 grammi di alcol, il contenuto di bicchiere di vino o di una birra da 250 cc. Il vino, anche in piccole quantità, è invece sconsigliabile nei soggetti che dovessero avere malattie epatiche concomitanti soprattutto se avanzate, come la cirrosi da qualunque causa. L'uso smodato dell'alcol è un capitolo a sé stante e può essere causa di malattia di 2 organi: il fegato, fino allo sviluppo di cirrosi, e il cervello quando si instaura dipendenza. Condizioni che nulla hanno a che vedere con il consumo moderato e raccomandato".

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