Ucraina attacca, Zelensky: “Spingiamo la guerra in Russia”
Prosegue l'offensiva di Kiev nella regione di Kursk
L'Ucraina vuole "spingere la guerra" in Russia, a casa di Vladimir Putin. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky rompe il silenzio sull'attacco che le forze di Kiev hanno portato al di là del confine, invadendo la regione russa di Kursk e acquisendo il controllo di una decina abbondante di centri abitati. A 5 giorni dall'inizio dell'offensiva, il presidente affronta l'argomento nel consueto messaggio quotidiano affidato al canale Telegram e ai social.
"Ho ricevuto diversi rapporti dal comandante in capo Oleksandr Syrskyi sulle linee del fronte, sulle nostre azioni e la spinta alla guerra sul territorio dell'aggressore. Ringrazio ogni unità delle nostre Forze di difesa che sta rendendo possibile tutto questo. L'Ucraina sta dimostrando di sapere davvero come ristabilire la giustizia e di esercitare la pressione necessaria sull'aggressore", dice Zelensky.
La mappa nella regione di Kursk
Poche parole, nessun dettaglio ma un chiaro indirizzo: dopo 2 anni e mezzo di guerra sul suolo dell'Ucraina, il teatro del conflitto si allarga. Uomini e mezzi di Kiev sono penetrati nel territorio russo per una decina di km, arrivando a controllare circa 250 km quadrati e costringendo le autorità russe a disporre l'evacuazione di oltre 76mila civili.
Mosca, evidentemente colta di sorpresa, corre ai ripari con l'invio di uomini e tank nella regione, presidiata poco e male da una prima linea di coscritti e dal battaglione ceceno Akhmat che non ha offerto alcun contributo apprezzabile. Gli ucraini hanno colpito una colonna russa inviata nell'area, sfruttando anche le informazioni ottenuto con il controllo delle telecamere utilizzate per monitorare il traffico.
Cosa succederà
Il quadro appare sulla via della stabilizzazione, anche se non è chiaro al momento il destino della città di Suzhda, che secondo alcuni blogger russi sarebbe parzialmente controllata dagli ucraini. Kiev non dispone in teoria degli uomini e dei mezzi per controllare ampie porzioni di territorio russo per un periodo prolungato.
L'offensiva, però, produce effetti che vanno al di là del campo di battaglia: la guerra al di là del confine può lasciare il segno sulla popolazione russa, costretta a convivere con una realtà mai considerata nel primo biennio dell''operazione speciale'.
Secondo l'Institute for the study of war (Isw), think tank americano che monitora quotidianamente il conflitto, la Russia non ha ancora optato per lo spostamento di unità da altre zone del fronte nella regione di Kursk. Al momento, si fa affidamento soprattutto sulle unità formate da coscritti e su formazioni 'irregolari' presenti nella regione, con la prospettiva di impiegare uomini delle forze speciali per contrastare il nemico.
Informazioni diverse filtrano dall'intelligence di Kiev: Mosca avrebbe iniziato a trasferire uomini dalla Crimea. Intanto, il ministero della ifesa russo rende noto che unità militari russe hanno attaccato uno "stazionamento di mercenari alla periferia meridionale di Sudzha, nella regione russa di Kursk, usando un missile con una testata termobarica". Nell'azione sarebbero stati uccisi "15 mercenari stranieri uccisi".
La guerra si allarga
La guerra, intanto, si allarga a zone fino ad oggi toccate marginalmente dal confittlo. Una quarantina di soldati russi sarebbero stati uccisi in un attacco delle forze navali russe contro una piattaforma per il gas nel Mar Nero, sostiene il portavoce della Marina di Kiev, Dmytro Pletenchuk, citato da Ukrainska Pravda, secondo cui le forze russe avrebbero radunato lì attrezzature e personale, con l'obiettivo di disturbare i segnali di navigazione satellitare per mettere in pericolo la navigazione civile.
"Non possiamo permettere una cosa del genere", ha affermato Pletenchuk, precisando che sulla piattaforma, che non era operativa, non c'erano civili. Alcuni video mostrano le immagini di una potente esplosione che sarebbe avvenuta nel sito, ma la sua autenticità non è stata verificata in modo indipendente.
Il fronte con la Bielorussia
Si fa sentire anche la Bielorussia, alleato principale della Russia, con la denuncia di "azioni criminali" attribuite all'Ucraina. Il presidente Aleksandr Lukashenko ha riferito della "distruzione" di "obiettivi aerei" entrati dello spazio aereo bielorusso "dall'Ucraina". Il ministero degli Esteri di Minsk ha rincarato la dose alludendo alla "violazione del confine di Stato da parte di un gruppo di droni d'attacco lanciati dal territorio dell'Ucraina" e "abbattuti". Per il dicastero si tratta di un "incidente molto grave", di "azioni criminali che aggravano la situazione e costituiscono un tentativo pericoloso di allargare l'attuale zona di conflitto nella nostra regione".
"Invitiamo queste parti a fermarsi - dicono da Minsk - Se il conflitto dovesse allargarsi, travolgerebbe la regione intera e arriverebbe anche nei Paesi dell'Ue. Non ci sarebbero vincitori". Minsk minaccia inoltre di ricorrere al "diritto all'autodifesa e di rispondere in modo adeguato a qualsiasi provocazione o azione ostile". Intanto il ministro della Difesa, Viktor Khrenin, ha reso noto che Lukashenko ha ordinato alle truppe di rafforzare la presenza al confine con l'Ucraina e il dispiegamento nell'area di sistemi Iskander e Polonez.
Esteri
Ucraina-Russia, Kim produce altri missili per Putin
Le immagini satellitari documentano lo sforzo di Pyongyang per aumentare la produzione di armi utilizzate da Mosca
Dopo le munizioni e i soldati, Kim Jong-un promette altri missili a Vladimir Putin. Il sostegno della Corea del Nord alla guerra che la Russia sta conducendo da oltre 1000 giorni contro l'Ucraina è sempre più ampio e sale di livello. Da oltre un anno, Pyongyang fornisce munizioni e artiglieria alle forze armate russe. Da circa un mese, migliaia di militari nordcoreani combattono accanto ai russi nella regione di Kursk, invasa sin da agosto dall'Ucraina.
I missili di Kim per Putin
La Corea del Nord adesso lavora per ampliare un impianto utilizzato per la fabbricazione di missili impiegati dalla Russia. E' quanto emerge da una ricerca di un think tank con sede negli Stati Uniti rilanciata dalla Cnn, da immagini satellitari che indicano come i nordcoreani stiano 'allargando' uno stabilimento nella città di Hamhung con la costruzione di un secondo edificio per l'assembleggio finale dei missili e di alloggi per i dipendenti. Tutto mentre continua a rafforzarsi l'asse Mosca-Pyongyang e mentre arrivano le notizie su una visita in Corea del Sud del ministro ucraino della Difesa in cerca di aiuti per Kiev.
Secondo i ricercatori del James Martin Center for Nonproliferation Studies del Middlebury Institute of International Studies, il sito in questione fabbrica sia missili Kn-23 (Hwasong-11A e la Russia, evidenzia la rete americana, ne ha lanciati circa 60 quest'anno contro l'Ucraina) che missili Kn-24 (Hwasong-11B). Qui è stato spesso in visita il leader nordcoreano Kim Jong-un. I nordcoreani lo chiamano 'Stabilimento 11 Febbraio'.
"Sembra sia un tentativo di aumentare la capacità su questa linea di produzione", ragiona con la Cnn Sam Lair del Center for Nonproliferation Studies, che racconta come la 'crescita' dell'impianto sia iniziata nel 2020 e come il nuovo edificio, probabilmente per l'assemblaggio dei missili, indichi che "non stanno solo migliorando un elemento della linea di produzione, ma piuttosto stanno cercando di ampliarla".
Le foto satellitari
Secondo Lair, che si basa sull'analisi di immagini satellitari di ottobre di Planet Labs, la Corea del Nord starebbe anche aumentando la forza lavoro. "Appena fuori dal perimetro di sicurezza dell'impianto, vediamo quelli che sembrano essere nuovi appartamenti in costruzione - dice - Nelle immagini satellitari vediamo le fondamenta". Il sito, sottolinea, fa parte del complesso Ryongsong Machine Complex che fabbrica anche armamenti per i militari nordcoreani.
I media ufficiali nordcoreani avevano immortalato qui Kim durante una visita dell'agosto 2023, ma quelle immagini - evidenzia la Cnn - sono sparite dalle pagine dei siti web nordcoreani. E intanto Kim continua a insistere sul potenziamento dell'arsenale del Paese eremita. Dall'inizio di quest'anno, secondo le denunce delle autorità ucraine raccolte dalla rete americana, gli attacchi con missili nordcoreani hanno fatto almeno 28 morti e 213 feriti. Nel mirino di attacchi missilistici, gli ucraini affermano che un terzo degli armamenti utilizzati dai russi per colpire il loro Paese sono nordcoreani.
Ucraina-Corea del Sud, contatto
Intanto, scrive l'agenzia Yonhap, il ministro ucraino della Difesa Rustem Umerov, alla guida di una delegazione scelta per i colloqui con il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol, mantiene il riserbo dopo le indiscrezioni su una presunta richiesta di aiuti militari alla Corea del Sud. E l'ufficio di Yoon conferma un incontro con la delegazione ucraina guidata da Umerov per condividere informazioni d'intelligence sulla "crescente cooperazione militare" tra Russia e Corea del Nord, con il conflitto in Ucraina che va avanti da oltre mille giorni, innescato dall'invasione russa avviata il 24 febbraio di due anni fa.
Esteri
Ue, von der Leyen bis in carica con 370 voti: minimo...
La maggioranza è del 53,77% sui voti espressi, la più bassa di sempre. Il voto sulla Commissione 'spappola' i gruppi parlamentari
Malgrado le trattative febbrili della vigilia, la Commissione von der Leyen bis non ha raggiunto la soglia dei 401 voti a favore, quelli che aveva preso la presidente poco più di tre mesi fa. Il pallottoliere a Strasburgo ieri si è fermato ben al di sotto: il nuovo esecutivo Ue è stato eletto dal Parlamento Europeo con 370 voti a favore, 282 contrari e 36 astenuti, su 688 votanti. La maggioranza è del 53,77% sui voti espressi, la più bassa di sempre, e appena del 51,46% se la si calcola sul numero dei componenti dell’Aula (719). Si tratta però di calcoli che lasciano il tempo che trovano, poiché bastava la maggioranza relativa, cioè un voto favorevole in più di quelli contrari (gli astenuti sono ininfluenti).
E’ un fatto politico, tuttavia, che dal 18 luglio scorso ad oggi, dopo l'apertura all'Ecr avvenuta nel frattempo, il collegio scelto dalla presidente rieletta ha preso ben 31 voti in meno. Trecentosettanta voti a favore sono il minimo storico, da quando la Commissione viene eletta dal Parlamento. La von der Leyen uno era stata approvata con 461 voti a favore, 157 contrari e 89 astensioni, nel novembre del 2019. Il numero di voti favorevoli ricevuti ieri è il più basso mai registrato: la Commissione Santer nel 1995 aveva ottenuto 417 sì; il collegio guidato da Romano Prodi ne aveva presi 510; la Barroso uno 478, la Barroso due 488, la Commissione Juncker 423.
Il voto sul von der Leyen bis 'spappola' i gruppi parlamentari
Come se non bastasse, il voto sulla nuova Commissione ha spaccato molti gruppi parlamentari, che si sono “spappolati”, secondo la definizione dell’eurodeputato Cinquestelle Gaetano Pedullà. Il Ppe ha votato massicciamente a favore, inclusi gli italiani di Forza Italia, ma ha perso il Pp spagnolo, impegnato in una ‘corrida’ contro la vicepresidente Teresa Ribera, del Psoe, e gli sloveni dell'Sds, il partito dell’ex premier Janez Jansa, che hanno votato contro, più 2 astenuti. Il grosso dei Socialisti e Democratici ha votato a favore della nuova Commissione, incluso il Pd, ma il gruppo ha registrato 25 contrari (tra cui due indipendenti eletti con il Pd, Cecilia Strada e Marco Tarquinio) e ben 18 astenuti.
Compatti i Patrioti, che hanno votato tutti contro, inclusa la Lega e gli ungheresi di Fidesz. Tutti no anche dai membri della Left, inclusi gli italiani del M5S e di Avs. Si sono schierati per il no anche i deputati dell'Europa delle Nazioni Sovrane, il gruppo di Alternative fuer Deutschland, la destra della destra. I Liberali di Renew hanno votato massicciamente a favore, con sei astenuti. I Conservatori dell'Ecr, come annunciato dal copresidente Nicola Procaccini che ha confermato la libertà di voto per i suoi eurodeputati (come era avvenuto nel 2019), si sono divisi: tra i favorevoli Fratelli d'Italia, i belgi dell'N-Va e i cechi dell'Ods; tra i contrari i polacchi del Pis; si contano anche 4 astenuti. Tra i Conservatori, sono più gli eurodeputati che hanno votato contro (39) la nuova Commissione rispetto a quelli a favore (33).
Spaccati i Verdi: tra i 27 favorevoli spiccano i Gruenen tedeschi, prima delegazione del gruppo; tra i contrari, una ventina, figurano anche gli italiani Ignazio Marino, Benedetta Scuderi e Leoluca Orlando. Ci sono anche sei astenuti. I voti di una stretta maggioranza degli ecologisti sono arrivati dopo che Ursula von der Leyen ha annunciato di aver nominato l’ex copresidente del gruppo Philippe Lamberts come proprio consulente per il Green Deal.
Il voto dalla prospettiva italiana
Guardando al voto attraverso il prisma della politica italiana, che a queste latitudini può risultare ingannevole perché nel Parlamento Europeo le dinamiche sono diverse da quelle nazionali, si sono spaccate sia la maggioranza che l’opposizione. Nella prima, Fdi e Fi hanno votato sì, la Lega no; nella seconda, il Pd ha votato sì, tranne due indipendenti, gli altri hanno votato contro. Sia il capodelegazione di Fdi Carlo Fidanza che quello del Pd, Nicola Zingaretti, hanno negato che i voti contrari alla Commissione espressi, rispettivamente, dalla Lega e dal M5S costituiscano un problema politico per i rispettivi partiti. Von der Leyen, dopo il voto, ha fatto buon viso a cattivo gioco: oggi, ha detto, “è un buon giorno per l’Europa. Il voto dimostra che il centro tiene”. Per Letizia Moratti, di Forza Italia, non ci sono “rischi di instabilità” per la nuova Commissione e i numeri sono imparagonabili con quelli di cinque anni fa perché “il mondo sta cambiando rapidamente”.
Di fatto, però, la maggioranza è uscita numericamente indebolita dall’apertura all’Ecr decisa da Manfred Weber, leader del Ppe, e assecondata da Ursula von der Leyen, con la nomina a vicepresidente esecutivo di Raffaele Fitto. Ciò nonostante, c’è chi sostiene che l’obiettivo dell’operazione non sia numerico, bensì eminentemente politico: quello di dividere le destre, sottraendo a quel fronte una parte dell’Ecr, quella al governo e quindi dialogante per definizione, oggi costituita da Fratelli d’Italia, dai cechi dell’Ods e dall’N-Va, che dovrebbe arrivare al potere in Belgio con Bart de Wever. E’ anche un fatto, come ha ricordato Nicola Procaccini, copresidente dell’Ecr, che nel Parlamento Europeo “non ci sono vincoli di maggioranza”, dato che le maggioranze si formano di volta in volta sui singoli dossier.
Fitto, anche ieri attaccato ripetutamente in Aula da sinistra, ha affermato via social che ora occorre "lavorare" in modo unitario, per il bene dell'Ue. Il capodelegazione del Pd Nicola Zingaretti, dal canto suo, si è augurato un “radicale ripensamento” della strategia da parte di Manfred Weber, visto che la maggioranza, anziché allargarsi, si è ristretta, perdendo molti pezzi per strada. Il politico bavarese ha rivendicato in Aula la sua strategia, definendo AfD, Fidesz e il Rassemblement National dei “nemici politici”, e promettendo che non permetterà loro di distruggere “la mia Europa”. E’ un fatto, comunque, che nel Parlamento uscito dalle europee dello scorso giugno la destra pesa eccome e condiziona il processo legislativo: Zingaretti ha invitato a ricordare sempre che nell’Aula ci sono “duecento” deputati “di estrema destra”, che si fanno sentire.
E continueranno a farsi sentire, ha assicurato Carlo Fidanza, capodelegazione di Fdi: “Giocheremo la nostra partita su ogni singolo dossier, perché sappiamo che i numeri qui dentro sono cambiati”, ha detto. "I programmi, le lettere di missione, tutto quello che è stato fino ad oggi non dico che è come se non esistesse più, ma rimane un punto di riferimento che dovrà calarsi nella realtà democratica di un'Aula che ha dei numeri diversi”. E Procaccini, chiudendo un punto stampa dopo il voto, non ha nascosto la propria soddisfazione: “Andiamo a fare un brindisi: ce lo siamo meritato”, ha detto ai membri della sua delegazione.
Esteri
Italia-Francia, celebrato terzo anniversario Trattato...
Il 'Trattato di cooperazione rafforzata tra la Repubblica francese e la Repubblica italiana' ha l'obiettivo di definire un quadro stabile per la cooperazione tra i due Paesi in diversi settori:
Le università Luiss Guido Carli e Sciences Po, in collaborazione con The European House – Ambrosetti e con la Cattedra BNL - BNP Paribas 'Relazioni italo-francesi per l'Europa', hanno celebrato oggi il terzo anniversario del Trattato del Quirinale all’Ambasciata di Francia in Italia, a Palazzo Farnese.
Firmato a Roma il 26 novembre 2021, il 'Trattato di cooperazione rafforzata tra la Repubblica francese e la Repubblica italiana' ha l'obiettivo di definire un quadro stabile per la cooperazione tra i due Paesi in diversi settori: dagli affari esteri ed europei alla sicurezza e difesa, dalle politiche migratorie alla cooperazione economica, industriale e digitale, dalla governance dello spazio alla formazione, ricerca e innovazione. Nell’ambito del Trattato, sono stati citati i Dialoghi italo-francesi per l'Europa: iniziativa accademica lanciata nel 2018 da Luiss e Sciences Po in collaborazione con The European House Ambrosetti, come esempio positivo e modello di promozione della cittadinanza europea.
“In un momento di crescenti tensioni geopolitiche, celebrare l’anniversario del Trattato del Quirinale, che rafforza la cooperazione tra Italia e Francia nella promozione dei valori condivisi di pace, libertà, rispetto dei diritti e sviluppo socioeconomico, assume un significato di particolare rilevanza”, ha dichiarato la professoressa Paola Severino, Presidente della Luiss School of Law. “La Luiss è impegnata in prima linea nel formare una nuova generazione di leader europei, consapevoli e responsabili, come dimostra la promozione dei Dialoghi italo-francesi per l’Europa con Sciences Po. Iniziative come questa testimoniano la vitalità e l’importanza di questo percorso comune”, ha continuato.
“Il Trattato del Quirinale è molto più di un simbolo. È uno strumento per collaborazioni concrete, non solo per i nostri due paesi ma per l’Europa, che resta la nostra bussola e dove abbiamo interessi convergenti. A tal riguardo, l’evento di oggi è molto significativo: mira proprio a far dialogare le forze vive dei nostri paesi su un tema decisivo per il nostro futuro comune”, ha sottolineato l’Ambasciatore francese, Martin Briens.
“Di fronte alle ‘fratture’ - ecologica, digitale e geopolitiche - del mondo contemporaneo, la cooperazione universitaria tra la Francia e l’Italia è un asset indispensabile in Europa”, ha affermato Luis Vassy, Direttore di Sciences Po. “I Dialoghi del Trattato del Quirinale sono una dimostrazione di questa ambizione. Ringrazio i partner impegnati al nostro fianco in questo progetto, Luiss e The European House - Ambrosetti, con i quali condividiamo i valori di eccellenza e l’obiettivo di formare dei cittadini consapevoli perché siano i protagonisti del mondo di domani”.
Nel corso dell’evento dal titolo: 'Il Trattato del Quirinale e la competitività delle imprese nell’era della transizione ecologica', si sono articolate due sessioni di lavoro dedicate a tematiche di grande attualità: da una parte, la transizione energetica e il suo impatto sui mercati, dall’altra le competenze e la centralità del sistema dell’istruzione per la formazione professionale. L’incontro è stato aperto dai messaggi del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, del Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, seguiti dai saluti dell’Ambasciatore di Francia in Italia, Martin Briens, dell’Ambasciatrice d'Italia in Francia, Emanuela d’Alessandro, del Presidente della Luiss, Luigi Gubitosi e del Direttore di Sciences Po, Luis Vassy.
Le due tavole rotonde hanno visto la partecipazione di esponenti dal mondo accademico e delle imprese, impegnati nel proficuo dialogo tra Italia e Francia nei rispettivi ambiti: Stefano Buono, CEO di Newcleo, Marc Lazar, Professore emerito di Sciences Po e titolare della cattedra BNL-BNP Paribas “Relazioni franco-italiane in Europa” alla Luiss, Stefano Manzocchi, Professore di Economia Internazionale e Prorettore per la Ricerca della Luiss, Lorenzo Mottura, Executive Vice President Strategy, Corporate Development & Innovation, Edison, Paola Severino, Presidente Luiss School of Law. All’evento, concluso dall’intervento del Rettore della Luiss Paolo Boccardelli, sono state coinvolti anche i rappresentanti degli studenti e degli Alumni dei due Atenei.