A partire dal 1° settembre 2024, i seggiolini auto per bambini subiranno un importante cambiamento normativo in Europa. La normativa ECE R129, che già ha iniziato a prendere piede con la sua introduzione parziale nel 2023, sostituirà completamente la precedente ECE R44/04, diventando l’unico standard di omologazione per i dispositivi di ritenuta per bambini. Questa transizione non è solo un aggiornamento burocratico, ma rappresenta un significativo miglioramento degli standard di sicurezza per i più piccoli durante i viaggi in auto. La nuova norma introduce requisiti più severi e test più complessi, che promettono di garantire una protezione più efficace contro gli infortuni in caso di incidente.
La transizione da ECE R44/04 a ECE R129
La normativa ECE R129, nota anche come i-Size, è stata introdotta per innalzare gli standard di sicurezza dei seggiolini auto. A partire dal 1° settembre 2023, la produzione e l’esportazione di seggiolini conformi alla ECE R44/04 sono state vietate. Tuttavia, i seggiolini già omologati ECE R44/04 e venduti prima di tale data potranno continuare a essere commercializzati fino al 31 agosto 2024 e utilizzati per tutta la durata di vita del prodotto, purché rispettino le specifiche di sicurezza e le istruzioni del produttore.
Il Regolamento ECE R129 introduce una serie di miglioramenti rispetto alla normativa precedente, che si basava principalmente sul peso del bambino. La nuova normativa, invece, si fonda sull’altezza del bambino, considerata una misura più precisa e rappresentativa dello sviluppo fisico del piccolo. Questo cambiamento mira a garantire una protezione più adeguata e personalizzata, rispondendo alle esigenze specifiche di sicurezza in base all’età e alla crescita del bambino.
Caratteristiche della normativa ECE R129
La prima fase della norma, denominata “i-Size”, si applica ai seggiolini per bambini fino a 105 cm di altezza, richiedendo l’installazione tramite il sistema Isofix, un metodo che riduce il rischio di installazione errata.
Inoltre, la normativa ECE R129 prevede che i seggiolini debbano essere utilizzati in senso contrario alla direzione di marcia fino ai 15 mesi di età, estendendo il periodo di utilizzo di questa posizione rispetto alla precedente norma. Questo è particolarmente importante, poiché i neonati e i bambini piccoli hanno una struttura corporea fragile, e la protezione del collo e della testa durante un impatto è fondamentale. La nuova normativa richiede anche test di impatto laterale, che non erano obbligatori nella vecchia norma, garantendo così una valutazione più completa della sicurezza dei seggiolini.
Ricapitolando, quindi, ecco le novità:
Classificazione basata sull’altezza: I seggiolini sono suddivisi in diverse categorie a seconda dell’altezza del bambino, con categorie specifiche per neonati fino a 105 cm e per bambini da 100 a 150 cm.
Obbligo di installazione in senso contrario di marcia: Fino ai 15 mesi di età, i seggiolini devono essere installati in senso contrario alla direzione di marcia.
Prove di impatto laterale: A differenza della ECE R44/04, la ECE R129 richiede che i seggiolini auto superino anche test di impatto laterale. Questo test simula scenari di collisioni laterali, che sono notoriamente più frequenti e spesso più gravi rispetto agli impatti frontali o posteriori.
Sistema di ancoraggio Isofix: Per i seggiolini destinati ai bambini fino a 105 cm, l’installazione con il sistema Isofix diventa obbligatoria. Questo sistema, composto da connettori rigidi e un punto di ancoraggio supplementare, riduce il rischio di installazione errata e aumenta la stabilità del seggiolino, migliorando notevolmente la sicurezza.
Dispositivi antiabbandono e obbligo di sicurezza
In aggiunta agli obblighi previsti dalla normativa sui seggiolini auto, il Decreto MIT n. 122/2019 stabilisce l’installazione obbligatoria di dispositivi antiabbandono sui veicoli per prevenire il rischio di abbandono di bambini di età inferiore a 4 anni. Questi dispositivi sono progettati per attivarsi automaticamente, emettere segnali di conferma al conducente e, in caso di emergenza, generare un allarme che possa essere chiaramente percepito sia all’interno che all’esterno del veicolo. Inoltre, se alimentati da batteria, devono avvertire il conducente in caso di livelli di carica bassi.
Questa misura normativa non è solo una precauzione legislativa, ma una risposta a preoccupazioni reali e urgenti. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità rivelano una situazione critica: circa il 20% dei bambini in Italia viaggia in auto senza un seggiolino adeguato, e due persone su dieci ammettono di non utilizzare correttamente tali dispositivi. Questi dati allarmanti sottolineano una significativa lacuna nella consapevolezza e nel rispetto delle norme di sicurezza tra conducenti e genitori. La legislazione sui dispositivi antiabbandono si inserisce in questo contesto, mirando a ridurre il numero di incidenti tragici legati all’abbandono di bambini in auto e a promuovere una cultura di maggiore attenzione e responsabilità nella protezione dei più piccoli durante i trasporti.
Come scegliere il seggiolino giusto
Nella scelta di un seggiolino auto conforme alla normativa ECE R129, è fondamentale verificare sempre l’esistenza del marchio di omologazione che certifichi l’idoneità per il trasporto del bambino, nonché la completezza e comprensibilità delle istruzioni di montaggio, e considerare i seguenti aspetti:
classificazione per altezza: assicurarsi che il seggiolino sia adeguato all’altezza del bambino. i seggiolini sono classificati per diverse fasce di altezza, e la scelta del prodotto giusto dipende dalla statura del bambino;
compatibilità con il veicolo: verificare la compatibilità del seggiolino con il veicolo, soprattutto per quelli dotati di sistema Isofix. Alcuni seggiolini possono essere installati sia con Isofix che con cinture di sicurezza;
prove di omologazione: controllare che il seggiolino sia stato sottoposto a test di impatto frontale e laterale e che possieda le certificazioni necessarie;
corretta installazione: assicurarsi che il seggiolino sia installato correttamente seguendo le istruzioni del produttore e che rispetti tutte le indicazioni di sicurezza.
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“L’uomo al lavoro, la donna a casa”, la triste realtà degli...
Stereotipi di genere, ruoli rigidamente definiti e un divario che pare difficile da colmare: questa è la fotografia che emerge dal recente Eurobarometro che ha esplorato le percezioni dei cittadini europei sulla parità di genere. Seppur si parli incessantemente di parità, di opportunità per tutti e di un futuro in cui le differenze di genere siano solo un ricordo, i dati raccolti dall’Eurobarometro raccontano una realtà che fatica a evolversi. I risultati, pubblicati a dicembre 2024, mostrano come molte concezioni, lontane dalla moderna visione di uguaglianza, siano ancora ben radicate nelle menti degli europei. “L’uomo al lavoro, la donna a casa”: una narrazione che, nonostante il progresso, sembra ancora troppo comune in molte società, anche quelle che si considerano avanzate. Eppure, l’Europa sta cercando di fare un passo in avanti, ma quanto davvero è riuscita a cambiare?
Un’Europa divisa tra progresso e tradizione
Il rapporto dell’Eurobarometro rivela che, in generale, i cittadini europei sono favorevoli all’uguaglianza di genere e riconoscono che entrambi i sessi trarrebbero beneficio da una parità effettiva. La percentuale di chi ritiene che anche gli uomini possano beneficiare dell’uguaglianza di genere è alta, con il 75% degli intervistati a confermare che la parità porta vantaggi anche a loro. Eppure, nonostante questa visione ottimistica a livello teorico, i dati di fatto sono ancora spesso sconfortanti.
Quando si analizzano i vari settori, emergono differenze notevoli. Ad esempio, la convinzione che una donna non abbia le stesse opportunità di carriera di un uomo è ancora diffusa. Ben il 40% degli europei ritiene che gli uomini guadagnino di più delle donne a causa di lavori più impegnativi, mentre circa il 34% pensa che le donne debbano dare priorità alla famiglia rispetto alla carriera. Questo divario non è uniforme in tutta l’Unione Europea, con alcuni Stati membri, in particolare nell’Est, dove tali stereotipi sono radicati in modo più marcato.
L’Italia, in particolare, si distingue come uno dei paesi dove la concezione tradizionale del “ruolo della donna” in casa sembra essere ancora ben presente. Seppur con alcune differenze regionali, il 53% degli italiani intervistati concorda sul fatto che gli uomini siano “naturalmente” meno competenti delle donne nelle faccende domestiche, un dato che riflette un pregiudizio che trova difficoltà a svanire. Allo stesso tempo, la percezione che una donna che lavora a tempo pieno possa sacrificare la sua vita familiare trova una grande eco: ben il 51% degli europei considera che la vita familiare ne risenta, con un dato che diventa ancora più alto in alcuni paesi come Malta e Slovacchia.
Il nodo della politica e della leadership
Uno dei settori dove i pregiudizi di genere sono particolarmente evidenti è la politica. La percezione che gli uomini siano più ambiziosi delle donne è condivisa dal 47% dei rispondenti, eppure più della metà degli europei ritiene necessario introdurre misure temporanee come le quote per correggere la sottorappresentazione femminile. Si tratta di una contraddizione interessante: da un lato, molti riconoscono che la presenza delle donne nella politica è insufficiente, dall’altro non è ancora diffusa l’idea che questa carenza dipenda da una discriminazione sistematica.
Il discorso sulla leadership segue una logica simile. Se da una parte la maggior parte degli europei rifiuta l’idea che gli uomini siano intrinsecamente migliori leader delle donne, con una percentuale che supera il 70%, dall’altra parte c’è ancora una fetta di opinione che ritiene che le donne non siano abbastanza autoritarie per essere prese sul serio in posizioni di leadership. Un 23% degli intervistati, infatti, considera che le donne in posizioni di comando non abbiano l’autorità necessaria. Una visione che riflette un’idea obsoleta, che ancora oggi limita le donne a ruoli secondari, come quello di “collaboratrice” o “sostituta”.
Stereotipi nella vita quotidiana: un retaggio difficile da scardinare
Se in politica e nel mondo del lavoro si sono fatti dei progressi, la vita quotidiana appare ancora come il regno incontrastato dei vecchi stereotipi. Per esempio, il 62% degli intervistati ritiene che le donne siano più inclini degli uomini a prendere decisioni basate sulle emozioni, un dato che, pur essendo in calo rispetto al passato, è comunque un riflesso di un’immagine della donna come figura più istintiva e meno razionale. Inoltre, circa il 38% degli intervistati pensa che il ruolo più importante per una donna sia quello di prendersi cura della casa e della famiglia, il che evidenzia la difficoltà di allontanarsi dai tradizionali schemi di genere. A livello italiano, questo dato appare particolarmente forte, con il 51% che continua a credere che la vita familiare soffra quando una madre lavora a tempo pieno.
Ma non è solo una questione di “donna a casa”. Ancora una volta, la famiglia diventa il luogo in cui i ruoli di genere sono più marcati, e dove le donne sono “destinate” a sacrificarsi. Se il 51% degli europei pensa che la madre debba rinunciare alla carriera per prendersi cura dei figli se il padre guadagna meno, in alcuni paesi, come la Polonia o l’Ungheria, questo dato supera il 60%, confermando una concezione patriarcale e retrograda che è ancora forte in molte parti del continente.
Verso un’Europa più uguale, ma a che prezzo?
Nonostante il quadro piuttosto conservatore che emerge da questi dati, ci sono segnali positivi. Molti cittadini europei, infatti, considerano la parità di genere come un valore fondamentale, e quasi il 90% degli intervistati concorda sull’importanza dell’indipendenza economica per uomini e donne. Questo rappresenta un elemento di speranza e di cambiamento, ma la strada è ancora lunga. Mentre la resistenza ai cambiamenti culturali è forte, l’impegno politico e istituzionale a livello europeo sembra non vacillare. Le parole di Hadja Lahbib, commissaria europea per l’Uguaglianza, esprimono una determinazione che è necessaria per affrontare il lungo percorso che ci separa da una parità concreta, non solo legislativa, ma anche sociale e culturale: “Gli stereotipi di genere riguardano tutti noi, ma è ingiusto che questi pregiudizi continuino a incidere sulla vita professionale e personale dei nostri concittadini. Il sondaggio mostra quanta strada abbiamo fatto e quanta strada dobbiamo ancora percorrere. Disponiamo di strumenti per attuare questo cambiamento, come la nostra direttiva sull’equilibrio di genere nei Consigli di amministrazione”.
Sebbene il cammino verso l’uguaglianza di genere sia ancora lungo e irto di ostacoli, i dati dell’Eurobarometro ci invitano a riflettere sulla distanza tra ciò che idealmente dovrebbe essere e ciò che realmente è. Se da un lato la parità tra uomini e donne è ampiamente riconosciuta come un obiettivo positivo, dall’altro lato persistono stereotipi radicati che condizionano ancora profondamente la vita quotidiana, il lavoro e la politica. La vera sfida, oggi, non è tanto introdurre leggi per garantire i diritti, quanto cambiare la mentalità collettiva che ancora considera naturale il modello tradizionale dei ruoli di genere.
L’Europa ha fatto dei passi importanti, ma la strada per l’uguaglianza è ancora lastricata di pregiudizi, tradizioni e convinzioni che devono essere abbattuti. La domanda che dobbiamo porci è: siamo pronti a rompere davvero con il passato e a costruire una società dove uomini e donne possano essere finalmente liberi dai vecchi stereotipi?
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Bonus Anziani, 850 euro al mese dal 1°gennaio 2025
Da gennaio 2025 sarà disponibile il Bonus Anziani (oppure Assegno Universale Anziani Non Autosufficienti), un contributo mensile di 850 euro, che potrà essere utilizzato solo per delle specifiche spese. Il beneficio mira ad aiutare le persone anziane in difficoltà economiche e di salute e per questo presenta requisiti di accesso molto stringenti che ne limitano la portata. Secondo le stime, la platea del Bonus Anziani sarà di circa 25.000 persone in tutto il Paese.
La misura è stata introdotta con decreto legislativo a marzo in via sperimentale per il biennio 2025/2026.
Bonus anziani, requisiti
Mentre la popolazione italiana invecchia, la sanità pubblica peggiora rendendo più complicata la vita di chi ha bisogno di cure e assistenza. In questa categoria rientrano gli anziani che, complici pensioni mediamente molto basse, hanno difficoltà a reperire o pagare i servizi o le cure di cui avrebbero bisogno.
Il Bonus Anziani interviene in tal senso, seppur prevedendo requisiti molto rigidi:
- avere almeno 80 anni di età anagrafica;
- avere un Isee inferiore a 000 euro;
- essere in uno stato di “bisogno assistenziale gravissimo”. Questa condizione sarà valutata dall’Inps tramite una commissione specifica;
- essere già titolari o avere i diritti per richiedere l’indennità di accompagnamento (531,76 euro al mese nel 2024) come invalidità totale, incapacità permanente di spostarsi senza aiuto o necessità di assistenza continua nelle attività quotidiane.
Requisiti che restringono a circa 25.000 anziani la platea dei beneficiari su un totale di circa 4 milioni di over 80 non autosufficienti.
Bonus Anziani, quanto vale e per quali spese
Il Bonus Anziani corrisponde a circa 850 euro al mese, che si aggiungeranno ai 531,76 euro dell’indennità di accompagnamento, per un totale di 1381,76 euro al mese. Questa somma non è tassabile e non è pignorabile. L’importo del Bonus potrà essere utilizzato solo per alcune spese.
Come si legge nel decreto, si potrà usare per “remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza, svolto da lavoratori domestici con mansioni di assistenza alla persona titolari di rapporto di lavoro conforme ai contratti collettivi nazionali di settore o l’acquisto di servizi destinati al lavoro di cura e assistenza e forniti da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale, nel rispetto delle specifiche previsioni contenute nella programmazione integrata di livello regionale e locale”.
Nel caso in cui il contributo venga utilizzato per altri scopi, l’Inps può revocare il bonus e “il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente ricevuto, fermo restando il diritto della persona anziana non autosufficiente a continuare a percepire l’indennità di accompagnamento”.
Come fare domanda
Le modalità di richiesta non sono ancora state specificate, ma sicuramente chi possiede i requisiti descritti sopra potrà richiedere il Bonus Anziani 2025 sul portale telematico dell’Inps oppure tramite Caf e patronati. Molto probabilmente, come già avviene per prestazioni analoghe, verrà richiesto l’Isee sociosanitario. L’Isee sociosanitario può essere richiesto tramite la Dichiarazione Sostitutiva Unica.
Altre possibilità per gli anziani
Il Ssn prevede altre misure specifiche per le persone anziane con patologie croniche in condizioni di fragilità e non autosufficienti. Quella più importante è la possibilità di accedere gratuitamente al ricovero in Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) convenzionate e ricevere un sostegno economico nel pagamento della retta alberghiera. Quest’ultima comprende i servizi aggiuntivi di vitto, alloggio, lavanderia ed è quasi sempre per il 50% a carico dei pazienti o delle loro famiglie. Sono esenti da tale pagamento le persone affette da Alzheimer o altre patologie gravi e i pazienti con un Isee socio-sanitario particolarmente basso.
Questa misura, tuttavia, risente particolarmente delle difficoltà della sanità pubblica: su un totale di circa 3.664 strutture, solo 222 sono pubbliche, mentre le restanti 2.442 sono private accreditate.
Pur variando da regione a regione, le generiche modalità di accesso ad una Rsa prevedono:
- invio di richiesta all’Asl da parte del medico di base, dell’interessato o dei suoi familiari per la valutazione multidimensionale per l’accesso in Rsa;
- attivazione della richiesta: l’Unità valutativa multidimensionale pianifica una visita del paziente a domicilio per verificarne le effettive condizioni e i trattamenti di cui necessita;
- in caso di conferma dei requisiti, l’Asl può autorizzare o programmare il ricovero in base alle disponibilità locali di posti letto.
Le difficoltà degli anziani in Italia
Il Bonus Anziani rappresenta un aiuto economico importante, ma avrà un impatto minimo sulla popolazione anziana italiana, che è sempre più grande ma sempre meno assistita.
A inizio anno, ha lanciato l’allarme sul tema Passi d’Argento, il sistema di sorveglianza dell’Iss (Istituto superiore di sanità) dedicato alla popolazione anziana. Come rilevato, tra il 2021 e il 2022 il 31% degli over 65 italiani ha dichiarato di avere difficoltà d’accesso ai servizi sociosanitari o ai negozi di generi alimentari e di prima necessità.
All’aumentare dell’età è emersa una maggiore difficoltà di accesso ai servizi delle Asl e dei negozi con il 70% degli ultra 85enni che ha riferito di avere problematiche in merito.
Gli anziani senza titolo di studio o con licenza elementare hanno più difficoltà a comprendere le indicazioni minime ed essenziali e i dati peggiorano al meridione dove la difficoltà di accesso a questi servizi è pari al 38% degli intervistati contro il 22% del Nord Italia.
Dalle difficoltà quotidiane si arriva a quelle più sanitarie, perché il gap culturale sta generando un aumento delle rinunce a visite mediche o esami diagnostici. Nel 2022, vi ha rinunciato quasi un anziano su quattro (il 23%, tra quelli aventi bisogno).
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Gli “Umarell” diventano ufficiali a Villasanta, “servono...
Non chiamateli “Umarell”, chiamateli “volontari civici individuali”. Gli iconici pensionati che guardano i cantieri sono i protagonisti di un progetto nel piccolo paese di Villasanta, in Brianza. Qui, l’amministrazione comunale riconosce formalmente il ruolo di questi pensionati per monitorare i lavori nei cantieri. Un’iniziativa che, come spiegato dal sindaco Lorenzo Galli, non è pensata per ridicolizzare, ma per valorizzare il contributo delle persone anziane al miglioramento della qualità della vita urbana.
Come funziona il progetto e quali sono le regole
Per diventare un “Umarell ufficiale”, i cittadini interessati devono registrarsi presso il Comune e firmare un accordo che ne stabilisce i compiti e le regole. Tra i requisiti principali, i volontari devono essere residenti o domiciliati nel territorio comunale e avere un occhio preparato su cantieri stradali, cura dei giardini, cura delle strade e di altre cose pubbliche.
Le principali regole stabilite dal Comune prevedono:
- Osservazione, non interferenza: i volontari devono limitarsi a monitorare l’andamento dei lavori, senza impartire direttive agli operai o intervenire nelle attività del cantiere;
- Segnalazione puntuale al Comune: eventuali anomalie o problemi rilevati devono essere riferiti agli uffici preposti tramite un apposito modulo di segnalazione;
- Rispetto del personale e delle normative: gli Umarell devono mantenere un atteggiamento rispettoso verso gli operai e agire in conformità con le regole di sicurezza del cantiere, evitando di intralciare le attività lavorative;
Il Comune offre ai volontari una breve formazione, in cui vengono illustrate le norme di sicurezza e le modalità operative. Non è previsto un compenso, trattandosi di un’attività volontaria, ma l’iniziativa punta a valorizzare il tempo libero degli anziani, rafforzando il loro senso di appartenenza alla comunità. Un’iniziativa che ricorda, con i dovuti distinguo, la cultura di Okinawa dove gli anziani vengono coinvolti attivamente in delle attività piccole, ma utili per il loro benessere e per la comunità.
L’idea è partita dal sindaco Lorenzo Galli, eletto a giugno con una lista civica schierata nella coalizione di centrosinistra: “I nostri uffici – spiega- soffrono di una carenza d’organico ormai fisiologica, specialmente nel settore lavori pubblici. Il mondo del lavoro privato offre condizioni migliori. Il poco personale che abbiamo a disposizione è assorbito da incombenze burocratiche e lavori da scrivania, tra bandi, concorsi e simili. Ma la mia esperienza nel mondo delle associazioni di volontariato, che è quello da cui provengo, mi ha insegnato che ci sono tante persone che, raggiunta la pensione, hanno molto tempo libero, se non vengono assorbite dalla famiglia per fare i nonni, e anche molta voglia di aiutare la comunità”.
Per questo, gli Umarell comunali saranno arruolati anche in base all’esperienza pregressa. “Penso per esempio ad artigiani, elettricisti, a chi si intende di cura del verde, a tutte quelle persone con preparazione tecnica accumulata in anni di lavoro, che si ritrovano inattive. In Comune avevamo già un registro dei volontari che però, dopo il Covid, è finito in secondo piano. Ora vorremmo introdurre queste figure in grado di supportare l’amministrazione intercettando magari piccoli guasti, ed anche eventuali mancanze da parte dei fornitori di servizi”, prosegue Gallo, riportato dal Corriere della Sera.
L’origine del fenomeno Umarell
La parola “Umarell” è di origine bolognese e ha iniziato a circolare nel 2007 grazie al libro di Danilo Masotti, che ne ha fatto un’icona della cultura urbana italiana. Questo termine, che nel dialetto locale significa “ometto”, è diventato sinonimo dei pensionati che osservano i cantieri con le mani dietro la schiena, spesso accompagnando l’osservazione con commenti sull’andamento dei lavori.
Il fenomeno si è poi diffuso rapidamente, soprattutto grazie ai social media, trasformandosi in un vero e proprio trend. In molte città italiane sono nate pagine dedicate agli Umarell, spesso usate per condividere foto ironiche e aneddoti su questa figura emblematica.
Villasanta come modello replicabile
Il progetto di Villasanta potrebbe fare scuola in un Paese che conta un over 65 ogni quattro abitanti e spesso non offre strutture e servizi adatte a questa fascia di età. Secondo le proiezioni demografiche, nel 2042 5,8 milioni di persone sole avranno oltre 65 anni, con una crescita del 42% in vent’anni.
A questo va affiancata la carenza di personale nelle amministrazioni locali che dipende sia dalla crisi demografica che dalla scarsa attrattività degli stipendi.
L’attivazione di volontari civici offre una soluzione innovativa per ottimizzare i servizi pubblici, coinvolgendo al tempo stesso i cittadini nella cura del territorio. Il classico esempio di iniziativa “win-win”.