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Ue, Scocchia (illycaffè): “Serve industrial deal, ora cambio di passo Parlamento”

L'intervista all'ad dell'azienda: "prezzo tazzina caffè al bar potrebbe toccare i 2 euro nei prossimi mesi"

Cristina Scocchia, ad illycaffè

"In Europa quello che serve è un 'Industrial deal'. Va bene anche pensare anche al 'Green Deal', ci mancherebbe altro, però ci vuole anche un 'Industrial deal'. Una politica industriale in Europa è sempre mancata e forse questo è l'ultimo treno per riuscire invece ad averne una seria, che ci faccia recuperare non solo nelle tecnologie digitali di intelligenza artificiale, ma anche nel settore tradizionale, perché molte aziende anche tradizionali non riescono a competere se il costo dell'energia è più elevato e il carico normativo burocratico è superiore. Quindi questo è il momento in cui si spera che il nuovo Parlamento europeo, neo insediato, faccia un cambio di passo". Così, intervistata da Adnkronos/Labitalia sulla situazione economica attuale, Cristina Scocchia, ad illycaffè, che oggi è intervenuta al Meeting di Rimini nel corso del convegno 'Il valore del lavoro: una ricerca urgente'.

Scocchia sottolinea che comunque "io sono ottimista, l'ottimismo aiuta anche l'economia. L'Ocse ci conferma che quest'anno, nel 2024, l'economia globale dovrebbe chiudersi con un +3,1%, quindi con una crescita significativa del Pil. Questo significa sicuramente che l'impatto delle politiche monetarie restrittive continua a farsi sentire, però le economie mondiali stanno dimostrando un'ottima resilienza. L'inflazione è sotto controllo e sta riscendendo rapidamente, forse più rapidamente di quanto ci si aspettasse, la fiducia del settore privato si è stabilizzata, molti Paesi tra cui l'Italia hanno una disoccupazione ai minimi storici e molti Paesi tra cui il nostro hanno un reddito reale che ha ricominciato a crescere", sottolinea.

Per la manager "ovviamente come sempre succede la crescita però non è uniforme ma a macchia di leopardo ed è un problema. L'Europa -sottolinea- è tra le aree del mondo che cresce meno e questo è preoccupante perché questa frammentazione dell'economia globale e questo protezionismo che abbiamo visto rifiorire nell'ultimo periodo sicuramente sono un rischio importante per l'area Euro. Un'area che ha già perso rilevanza a livello economico negli ultimi vent'anni. Vent'anni fa infatti eravamo un quarto dell'economia mondiale, dal 26% ora pesiamo solo il 18%. Negli stessi vent'anni gli Stati Uniti hanno mantenuto il loro 26% e i cinesi hanno quadruplicato la propria posizione arrivando al 17%. Quindi sicuramente c'è un'area euro che è indebolita e l'Ocse ci dice che probabilmente da qui al 2050 perderemo ulteriormente e peseremo ancora meno, il 14%", ribadisce.

Secondo Scocchia "questo perché ci sono diversi fattori su cui potevamo contare prima che sono stati messi in discussione dal nuovo contesto geopolitico, come l’apertura dei mercati internazionali con la possibilità di esportare liberamente nelle economie emergenti dell’Asia, l’energia a basso costo dal mercato russo, la spesa per la difesa legata agli Stati Uniti. In più l'Europa ha accumulato un grandissimo ritardo tecnologico, soprattutto nelle tecnologie di frontiera come l'intelligenza artificiale. L'Ia -sottolinea- richiede enormi investimenti e quelle economie di scala che noi in Europa non abbiamo".

"Quindi diciamo -conclude- che io rimango sempre una persona ottimista, però mi auguro che il nuovo Parlamento europeo adesso acceleri nel processo di integrazione, nel processo di messa a punto di quelle risorse che sono necessarie per gli investimenti strategici. E le priorità che in questo momento il mondo imprenditoriale chiede sono sempre le solite note: cioè la autonomia e autosufficienza energetica, la difesa comune, la capacità di investire in nuove tecnologie", spiega Scocchia.

Il prezzo del caffè nei prossimi mesi

E Scocchia commenta anche l'andamento del mercato del caffè. "Siamo sempre nella tempesta, il mercato continua a essere caratterizzato da un prezzo del caffè verde che è molto volatile e da un trend rialzista senza precedenti. Oggi il caffè verde costa 245 cents per libbra, il 66% in più dell’anno scorso, oltre il doppio rispetto a 3 anni fa. E questo ci spiega perché in tre anni il costo della tazzina del caffè che beviamo al bar è aumentato del 15%, e adesso costa in media un euro e mezzo in Italia. E si stima che aumenterà ancora, e che possa arrivare a toccare i 2 euro nei prossimi mesi se queste pressioni rialziste sul costo del caffè verde, la materia prima, continueranno", sottolinea.

Secondo Scocchia infatti "le ragioni per cui il caffè verde continua a costare sempre di più sono molteplici e non hanno una facile soluzione. La prima è sicuramente il cambiamento climatico che potrebbe dimezzare i terreni coltivati entro il 2050. Basti pensare a quanto sta succedendo in questi mesi: si passa dalle piogge torrenziali in Brasile alla siccità in Vietnam. Ma nel breve e medio termine la filiera è sotto pressione anche a causa del problema legato al canale di Suez, che ha fatto lievitare i costi e allungato i tempi, e a causa delle speculazioni che riguardano più in generale le soft commodities", sottolinea.

"Nel biennio 2022/2023 -ricorda Scocchia- i costi di produzione della illycaffè sono aumentati del 17% ma abbiamo riversato a valle sui consumatori solo un terzo di questo aggravio dei costi (il 3% nel gennaio 2022 e il 3% nel gennaio 2023 ). Per il momento non intendiamo aumentare il prezzo dei nostri prodotti per aiutare i nostri clienti finali, sia B2B che B2C, ma evidentemente dovremo rivedere questa decisione se il trend rialzista dovesse perdurare", ribadisce.

Le novità dal mondo del lavoro

E sul mondo del lavoro nel momento attuale Scocchia è chiara. "Il mito del posto fisso è tramontato. Oggi le nuove generazioni chiedono sicuramente uno stipendio giusto, equo e commisurato all'impegno profuso ma soprattutto un ambiente accogliente dove le relazioni umane siano valorizzate. E dove sia valorizzata la diversity e sia presente un atteggiamento di flessibilità, con lo smart working che permette una migliore conciliazione tra vita personale e professionale", sottolinea.

Secondo la manager dello storico marchio del caffè 'made in Italy' "il mondo del lavoro oggi è molto sfaccettato. Se prima in maniera univoca il lavoro definiva molto anche le persone, che dedicavano la maggior parte del tempo e dell'energia ad esso, chiedendo il posto fisso, adesso invece i giovani, ma anche i meno giovani, iniziano ad avere un atteggiamento diverso. C'è ancora chi è molto definito dal proprio 'io lavorativo', ma c'è anche una nuova generazione che invece ama di più la flessibilità, il bilanciamento tra la vita professionale e quella lavorativa", ribadisce Scocchia.

E secondo il ceo di illycaffè la nuove generazioni di lavoratori "chiedono anche che ci sia poi un'adesione valoriale tra quelli che sono i principi della persona e quelli che sono i principi che l'azienda completamente pone in essere".

E per questo serve un cambio di passo, secondo Scocchia. "Questa è una sfida molto bella per i manager, perché emerge, e deve sempre di più emergere, uno spirito di leadership diverso. Quindi una capacità da parte dei leader aziendali di coniugare l'intelligenza emotiva con l'intelligenza cognitiva. Se prima bastava quella cognitiva, adesso abbiamo bisogno dell'intelligenza emotiva per poter dimostrare capacità di ascolto, di empatia, di inclusione, di cui c'è tanto bisogno", sottolinea.

E Scocchia spiega che "quello che noi facciamo in Illy è mettere al centro un compasso morale molto forte. Tutte le nostre azioni sono finalizzate a creare valore e a diffondere valore lungo tutta la catena, siamo una vera e propria stakeholders company. E questo è importante. Illycaffè da anni si è focalizzata, prima ancora che diventasse di moda farlo, sulla creazione e diffusione di valore nei confronti di tutti i portatori di interesse. Questo è un atteggiamento etico e morale molto forte che permette a molti candidati di riconoscersi in questi valori", sottolinea la manager.

"Poi -sottolinea- abbiamo ovviamente una grande flessibilità. Abbiamo la flessibilità in entrata per i neo genitori, lo smart working per tutti i lavoratori, supportiamo la genitorialità dando contributi non solo in Italia ma anche all'estero per gli asili nido. E portiamo avanti il training di formazione che permette alle persone di crescere all'interno dell'azienda. Perché poi secondo me quello che più di tutto è ricercato è finalmente il merito. E noi ci impegniamo in maniera concreta ad essere un'azienda a meritocratica", conclude.

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Lavoro

Paoletti (Camera Com. Venezia Giulia): “Crescono...

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Il presidente dell'Ente camerale, occupazione tiene ma bilancio in chiaroscuro per tessuto produttivo territorio

Antonio Paoletti. presidente della Camera di Commercio Venezia Giulia (Trieste e Gorizia)

L'occupazione va, il turismo si consolida, l'industria cantieristica e navale cresce, ma altri settori soffrono, come il commercio e, dopo il boom dei bonus, anche l'edilizia. E' in chiaroscuro il bilancio sulla condizione delle imprese del tessuto produttivo della Camera di Commercio Venezia Giulia (Trieste e Gorizia), come spiega, intervistato da Adnkronos/Labitalia il presidente dell'ente Camerale, Antonio Paoletti.

"Lo stato di salute delle imprese del territorio -spiega- è diciamo così a corrente alternata, ci sono alcuni settori in forte crescita, altri settori stabili e altri ancora in forte diminuzione. Chi sta peggio è il settore abbigliamento, calzature e complementi sia uomo che donna. A Trieste si salva un po' di più perché c'è un turismo ormai consolidato tutto l'anno, fatto per lo più di stranieri oltre che di italiani, un turismo che acquista nei negozi. Nel resto del territorio c'è forte crisi. I motivi? Il commercio on line, ma anche lo smart working visto che lavorando da casa si sta in tuta e si è perso quel modo di vestirsi elegante che portava a fare acquisti. E poi primo tra i fattori: gli stipendi, sono troppo bassi, c'è sempre meno potere d'acquisto", sottolinea.

Ma non è solo il commercio ad arrancare."L'edilizia ha avuto il boom dei bonus, c'è ancora qualche strascico quest'anno, ma finito quello anche per questo settore si prospettano venti di crisi, specie se non si metteranno in campo bonus per le case green", sottolinea.

A fare la parte del leone sul territorio è il turismo. "E' in piena crescita -sottolinea Paoletti- si trascina dietro la produzione agroalimentare, ma anche gli interventi di restauro delle strutture ricettive e altri comparti. C'è un movimento importante".

E il territorio della Camera di Commercio Venezia Giulia è storicamente legato alla cantieristica. "L'industria cantieristica, con Fincantieri, si porta dietro un indotto di piccoli, medi e grandi artigiani, è veramente importante. E sulla scena di questo si è creato un distretto della nautica diffuso, con sede principale a Monfalcone, che sta andando alla grande. Con grandi imprese anche internazionali che si insediano nella zona".

Note dolenti arrivano però dal porto di Trieste. "Il porto, il primo porto italiano, ha un momento non dico di stasi, ma con il blocco del canale Suez si stanno perdendo traffici, per cui se non cambia qualcosa lì veramente ci saranno altri problemi".

In sostanza il bilancio sul tessuto produttivo del territorio "è in chiaroscuro, diciamo. In linea di massima l'occupazione tiene, anzi siamo in forte crescita nella regione grazie alle politiche regionali, sia sul tema della formazione, sia su quella degli incentivi alle imprese che assumono", sottolinea ancora.

Centrale per il presente e il futuro è la formazione. "E' vero che da una parte stiamo perdendo mestieri, stiamo perdendo certi tipi di lavori, ma in un nostro studio che abbiamo presentato lo scorso maggio noi abbiamo selezionato ben 117 nuovi mestieri che stanno già arrivando e arriveranno", sottolinea.

E la Camera di commercio è pronta fare la sua parte per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. "Noi chiediamo di dare la possibilità agli artigiani che escono dal mercato del lavoro di diventare tutor dei giovani che vogliono avviarsi verso questi mestieri artigiani. Parlo dei carrozzieri, falegnami, meccanici, elettricisti e chi ne ha più ne metta. Questo sarebbe un bel modo per incentivare l'artigiano che deve concludere e dare una mano a chi ha bisogno", sottolinea.

Ma in un percorso verso un'economia sana per Paoletti non può mancare il contributo positivo dell'immigrazione. "Noi abbiamo un bisogno estremo di manodopera. Ormai tutti i settori economici, da infermieri, medici, ingegneri oppure semplici operatori, non si trovano. Secondo me dovremmo creare delle politiche che attraverso il mondo delle Camere di Commercio e le associazioni di categoria potrebbero intanto insegnare la lingua italiana a chi vuole rimanere da noi. Formarli nei vari mestieri e inserirli sul mercato del lavoro. Perché che piaccia o no, noi abbiamo bisogno degli immigrati", conclude.

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Lavoro

Il lavoro autonomo? Per il 41% è attraente

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Emerge dall'edizione 2023 dell’Amway global entrepreneurship report (Ager)

Il lavoro autonomo? Per il 41% è attraente

Amway, azienda leader globale nel settore della vendita diretta, rende nota l’edizione 2023 dell’Amway global entrepreneurship report (Ager), il più completo e longevo studio dedicato all’imprenditorialità nel mondo. La ricerca, condotta su un panel di 15.000 persone in 15 Paesi tra i quali l’Italia, come unico rappresentante del mercato europeo insieme alla Germania, rileva un interesse evidente per l'idea di imprenditorialità anche grazie ad una nuova considerazione del lavoro da subordinato derivata dal post pandemia.

I risultati del campione italiano, in linea con i dati globali, dimostrano come nella top 5 delle opportunità di business più stimolanti, oltre alla vendita tradizionale (49% di desiderabilità da parte degli intervistati), vi siano gig work (42%), social selling (41,5%), freelancing (38,5%) e direct selling (36,5%), professioni che abbracciano in toto le nuove necessità del 'new normal' tra cui la flessibilità e l’autonomia.

“Mai nessun altro studio ha analizzato in modo così approfondito l'atteggiamento nei confronti dell'imprenditorialità come l'Amway global entrepreneurship report", afferma Melodie Nakhle, managing director Amway Esan (Europe, Southern Africa, Australia e New Zealand). "I risultati mostrano come le persone siano più pronte che mai a intraprendere un'attività imprenditoriale, evidenziando la necessità di promuovere un ambiente favorevole alla loro continua crescita. Aver inserito nella ricerca l’Italia come uno degli unici due paesi europei, sottolinea l’importanza del mercato italiano per Amway. La Vendita Diretta si allinea alle nuove priorità dei lavoratori – che si tratti di donne, uomini, giovani che si affacciano al mondo del lavoro o professionisti con esperienza – offrendo indipendenza, dinamicità e flessibilità. Queste qualità definiscono il ruolo degli Incaricati alle vendite, che vengono riconosciuti sempre più come imprenditori di successo".

Il 41% degli intervistati della ricerca Ager dichiara di essere interessato ad avviare una propria attività considerando tre principali opportunità di business: l’e-commerce, la vendita diretta e la vendita tradizionale. In particolare, è significativo sottolineare la desiderabilità da parte agli under 35 con una percentuale che si attesta al 45%. Tra le motivazioni che inducono ad intraprendere questa strada si rileva per il 53% del campione la possibilità di fare della propria passione un lavoro, per il 45% la possibilità di essere indipendenti e non riportare a nessun responsabile, per il 42% l’autonomia nella gestione del tempo, per il 41% il desiderio di indipendenza economica e per il 39% un’opportunità di avere un guadagno extra.

Focalizzandosi sui requisiti per intraprendere un’attività in proprio, il 40% degli intervistati ritiene di possedere le capacità necessarie. Nonostante la raccolta di capitali sia percepita come la principale barriera per l'avvio di un'impresa, il dato incoraggiante a livello Italia è che il 22% degli intervistati ritiene di avere le risorse economiche necessarie per avviare un'attività rispetto al 18% del 2019. Oltre a questo, nel nostro Paese, persistono anche fattori culturali come la paura di fallire: il 42% degli intervistati italiani infatti ritiene il fallimento un deterrente, una percentuale alta se si pensa che la media mondiale si attesta al 34%.

Le forme emergenti di commercio suscitano grande attrattività nei possibili imprenditori italiani; in particolare, l'e-commerce e il digitale hanno registrato una crescita massiccia durante la pandemia Covid-19, tanto che la ricerca Ager rileva come il 73% si senta a proprio agio nell'acquistare prodotti attraverso i social media. Il 41% pensa inoltre che i social media siano la modalità migliore per promuovere la propria attività.

L'interesse nei confronti di opportunità di reddito secondario crea un ambiente ideale per gli imprenditori di tutto il mondo: il 94% lo ritiene infatti del tutto normale e lo consiglierebbe ai conoscenti. Il 47% degli intervistati ritiene che avviare un'attività in proprio sia più allettante quando si conosce qualcuno che ha già esperienza sul campo, come normale è il coinvolgimento di amici e parenti nell’attività: il 54% ha amici o familiari che partecipano a opportunità di reddito.

La ricerca dimostra quanto gli italiani siano alla ricerca di opportunità di reddito che si adattino alla loro vita e alla nuova normalità: il direct selling grazie alle sue caratteristiche intrinseche risponde a tutto questo.

La prima edizione di Ager è stata lanciata nel 2010 come Amway european entrepreneurship report. Lo studio si è esteso poi a livello mondiale nel 2013 e ad oggi risulta come il più grande e più lungo studio dedicato alla propensione al lavoro. Nel 2023 sono state poste 10 domande in Canada, Germania, Hong Kong, India, Italia, Giappone, Cina continentale, Malesia, Messico, Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Thailandia, Stati Uniti e Vietnam. Per lo studio, Amway si è avvalsa di Ipsos global advisor in collaborazione con Reputation economy advisors per fornire i principali risultati e approfondimenti di Ager.

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Lavoro

Energia, NatPower: “Progetti di infrastrutture per...

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Intervista al ceo e founder Fabrizio Zago

Fabrizio Zago ceo e founder di NatPower

"Le direttive dell'Unione Europea rappresentano una chiara chiamata all'azione per tutte le aziende del settore energetico. NatPower, come sviluppatore indipendente di progetti di infrastrutture per la creazione di energia pulita, che supporta imprese, utility e investitori a livello globale, si posiziona come un acceleratore cruciale di questa transizione. Il nostro approccio è duplice: da un lato, continuiamo a sviluppare grandi progetti di infrastrutture per le energie rinnovabili, dall'altro stiamo innovando con iniziative che esplorano soluzioni complementari alla produzione di energia pulita". Così, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Fabrizio Zago, ceo e founder di NatPower, società indipendente che sviluppa progetti di infrastrutture per l'energia rinnovabile, supportando aziende, utility e investitori in tutto il mondo.

"Ad oggi - spiega - abbiamo venduto nel mondo oltre 1GW di progetti per la produzione di energia rinnovabile. In particolare, gli impianti produrranno, una volta realizzati, 1.500.000 MW/h anno di energia con le principali tecnologie (solare, eolica, e sistemi di accumulo di energia rinnovabile). Inoltre, gli impianti eviteranno l’emissione in atmosfera di ben 750.000 tonnellate di CO2 all’anno, corrispondenti a circa 50.000.000 di alberi e al consumo energetico di circa 400.000 famiglie. Stiamo anche investendo in ricerca e sviluppo per migliorare l'efficienza dei nostri impianti e per esplorare nuove tecnologie che potrebbero accelerare la transizione energetica. Siamo convinti che il futuro dell'energia sarà caratterizzato da un mix di tecnologie complementari, e siamo pronti a giocare un ruolo da protagonisti in questo cambiamento".

NatPower ha una pipeline di oltre 35 GW di progetti green in cinque Paesi del mondo: "Operare su scala globale comporta sicuramente una serie di sfide, tra cui diverse normative locali, differenze culturali e logistiche, e ovviamente il coordinamento tra i vari stakeholder. Tuttavia, queste sfide sono anche opportunità. La nostra presenza in Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Kazakistan e Canada ci permette di diversificare il nostro portafoglio e di adattarci rapidamente alle evoluzioni del mercato. L’Italia, avendo avviato i suoi progetti in anticipo, vanta iniziative in fase più avanzata rispetto agli altri paesi in cui NatPower opera. Il focus si concentra su fotovoltaico (PV), eolico (wind) e sistemi di accumulo di energia (Bess), con una pipeline complessiva di circa 10 GW distribuita su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione al sud e alle isole maggiori. Tra i progetti principali spiccano Ventitalia, una pipeline eolica da 3 GW, e altre due pipeline: 3 GW di Bess e 4 GW di impianti fotovoltaici (PV)".

"Un altro progetto significativo - sottolinea Fabrizio Zago - è lo sviluppo del più grande progetto per la realizzazione di sistemi di accumulo a batterie per oltre 60 GWh in UK con un investimento di oltre 10 miliardi di sterline. Inoltre, entro fine anno svilupperemo nuovi progetti per la creazione di energia pulita (impianti solari ed eolici) che contribuiranno ad accelerare il percorso del Regno Unito verso l’obiettivo del 100% di energia rinnovabile entro il 2035. In Kazakistan, invece, ci siamo aggiudicati la gara indetta dal ministero dell’Energia della Repubblica del Kazakistan per lo sviluppo di una centrale idroelettrica sul bacino di Bartogai situato nel fiume Shelek nella regione di Almaty. La centrale avrà una capacità installata di 33 MW e una produzione annuale prevista di 150 GWh, che corrispondono al fabbisogno di elettricità medio di 50.000 famiglie all’anno. Il progetto si inserisce all’interno del piano per lo sviluppo di una serie di centrali idroelettriche con una capacità installata totale di 206 MW, che supporterà la transizione energetica del Paese verso fonti più pulite. Questi sono solo alcuni esempi del nostro impegno globale per sviluppare soluzioni energetiche sostenibili".

NatPower ha recentemente lanciato due nuove società: NatPower H e NatPower Marine: "NatPower H è un progetto unico nel suo genere, in quanto rappresenta il primo sviluppatore globale di infrastrutture innovative per la produzione, stoccaggio e rifornimento di idrogeno verde per la nautica da diporto. Il nostro obiettivo è installare hub di energia sostenibile nei principali porti turistici internazionali, creando le condizioni ideali per facilitare lo sviluppo e l’utilizzo di imbarcazioni alimentate a idrogeno. Questo progetto è cruciale perché l'idrogeno verde rappresenta una delle soluzioni più promettenti per decarbonizzare settori difficili da elettrificare, come appunto il trasporto marittimo e la nautica da diporto".

Per quanto riguarda NatPower Marine, "il nostro team sta sviluppando la più grande rete indipendente di strutture di ricarica per navi a livello globale, offrendo energia pulita sia per la propulsione che per il cold ironing, ovvero l'alimentazione delle navi mentre sono ormeggiate. Crediamo che questa iniziativa possa diventare una pietra miliare nella transizione energetica del settore marittimo, unendo sostenibilità e innovazione con un approccio integrato che chiamiamo 'Smart energy transition-as-a-service'. Entrambi i progetti sono fondamentali per accelerare la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio".

"Nel guardare al futuro - assicura - siamo molto ottimisti riguardo alle opportunità che ci attendono. Nei prossimi anni, NatPower continuerà a espandere la sua presenza internazionale, puntando su mercati emergenti che hanno un grande potenziale per lo sviluppo di energie rinnovabili. Inoltre, continueremo a investire nelle tecnologie emergenti. Per quanto riguarda i trend nel settore ci sono diversi trend emergenti che stanno trasformando il panorama energetico globale. Oltre alla transizione verso l'idrogeno verde, che è considerato un potenziale game-changer, c’è la conferma della rapida espansione dell’energia solare ed eolica grazie anche alla continua riduzione dei costi. Le tecnologie fotovoltaiche diventano più efficienti e le turbine eoliche più grandi e potenti, soprattutto per i parchi eolici offshore, altra tendenza che attira grandi investimenti e una conseguente innovazione tecnologica".

"Lo sviluppo di sistemi di accumulo energetico (Bess) - osserva - diventa sempre più cruciale per integrare fonti rinnovabili intermittenti come solare ed eolico. Questa tecnologia è agevolata anche alla forte digitalizzazione che sta avvenendo nel settore rendendo più efficiente la gestione dell'energia prodotta, e ottimizzandone la distribuzione. Cresce l’esigenza di decarbonizzare e adottare pratiche più sostenibili. Le industrie pesanti, come quelle dell'acciaio e del cemento, insieme ai settori dei trasporti marittimi e su strada, stanno lavorando per ridurre significativamente il loro impatto ambientale".

"Sempre più progetti - afferma - adottano i principi dell'economia circolare, puntando a ridurre gli scarti e riutilizzare materiali per produrre energia pulita e abbattere le emissioni. Ad esempio, i materiali utilizzati nelle pale delle turbine eoliche e nei pannelli solari vengono sempre più riciclati, così come l'energia viene generata dalla valorizzazione di rifiuti e scarti agricoli, forestali e urbani. Questi trend evidenziano l'evoluzione costante del settore delle rinnovabili, che grazie all'innovazione affronta le sfide della transizione energetica e del cambiamento climatico".

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