Il MIMIT ha fornito le istruzioni relative alle agevolazioni Transizione 5.0 nella circolare operativa. Tra gli aspetti affrontati nel documento: i requisiti da rispettare, la documentazione da presentare e gli esempi di calcolo del credito d’imposta
La circolare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy contiene le istruzioni operative per ottenere il credito d’imposta Transizione 5.0.
Il documento di prassi affronta diversi aspetti relativi all’agevolazione per incentivare i progetti di innovazione per il risparmio energetico.
Dai soggetti beneficiari ai requisiti per l’accesso al credito d’imposta, passando per le comunicazioni da inviare e la relativa documentazione: il punto sulle indicazioni fornite dal MIMIT.
Transizione 5.0: le istruzioni della circolare operativa
Con la circolare operativa pubblicata lo scorso 16 agosto sul portale del MIMIT sono state fornite le istruzioni per l’accesso al credito d’imposta Transizione 5.0.
L’agevolazione ha l’obiettivo di favorire il passaggio dei processi produttivi a un modello energetico efficiente, sostenibile e basato su fonti rinnovabili. Il credito d’imposta incentiva gli investimenti in digitalizzazione, transizione green e formazione del personale.
Per ottenerlo è necessario soddisfare i requisiti previsti dal decreto attuativo del MIMIT e del MEF e seguire le indicazioni fornite dallo stesso Ministero.
Tra gli aspetti su cui sono state fornite indicazioni nella circolare operativa ci sono:
● la misura del credito d’imposta;
● i criteri per la determinazione dei risparmi energetici;
● i requisiti da rispettare;
● le indicazioni del principio DNSH, ovvero “Non arrecare un danno significativo”;
● le procedure per la comunicazione preventiva e per quelle relative al progetto di innovazione;
● gli esempi di calcolo del credito d’imposta.
I progetti di innovazione per ottenere l’agevolazione Transizione 5.0 devono interessare investimenti in beni materiali e immateriali tecnologicamente avanzati. Inoltre si deve raggiungere una riduzione dei consumi energetici pari, in alternativa:
● ad almeno il 3% dell'unità produttiva;
● ad almeno il 5% nel calcolo sul processo interessato dall'investimento.
Nel rispetto delle condizioni indicate è possibile ottenere l’accesso all’agevolazione sia per le spese di formazione che per gli investimenti in impianti per l'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, destinata all'autoconsumo.
Gli investimenti devono essere effettuati nella finestra compresa tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2025.
La misura dell’agevolazione varia sulla base di diversi fattori: le quote di investimento e la percentuale di riduzione dei consumi energetici. Il tetto massimo è fissato al 45% delle spese sostenute, nel caso di riduzione dei consumi di oltre il 10% della struttura produttiva o di oltre il 15% del processo interessato e con un investimento fino a 2,5 milioni di euro.
Transizione 5.0: come ottenere il credito d’imposta
Per ottenere il credito d’imposta Transizione 5.0 è necessario presentare le domande tramite l’apposita piattaforma del GSE, il Gestore dei Servizi Energetici.
Le prenotazioni si sono aperte lo scorso 7 agosto, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo dell’agevolazione.
Per la prenotazione sarà necessario accedere al portale e provvedere agli adempimenti, allegando la relativa documentazione che è scaricabile dallo stesso sito web del GSE.
Oltre all’invio della comunicazione preventiva dovranno essere presentate le successive comunicazioni relative all’avanzamento e al completamento del progetto di innovazione.
Le istruzioni e la documentazione da allegare a ciascuna comunicazione sono indicate negli elenchi inseriti nei relativi paragrafi della circolare operativa del MIMIT.
Il credito d’imposta sarà utilizzabile in compensazione al termine delle verifiche relative alla documentazione, che saranno effettuate entro 10 giorni dalla presentazione della comunicazione di completamento del progetto di innovazione. Tale comunicazione deve essere inviata entro la scadenza del 28 febbraio 2026.
Economia
Pil e disuguaglianze, come stanno veramente gli italiani?
Un'analisi dei dati Istat che tiene conto delle differenze territoriali, di genere e di istruzione
Ogni volta che si discutono i dati economici - Pil, Occupazione e Inflazione sono i principali - ci si chiede quanto siano in grado di rappresentare le reali condizioni di vita degli italiani. C'è una distanza tra i dati e la realtà e c'è anche una diversa velocità tra le rilevazioni periodiche, che inevitabilmente scontano un ritardo di raccolta ed elaborazione, e le effettive condizioni di chi deve fare i conti con il costo della propria vita. Può aiutare a fare un po' di chiarezza un'analisi che mette insieme i principali indicatori Istat e la pubblicazione 'Benessere e disuguaglianze in Italia', sempre Istat, del 4 novembre scorso.
Aprendo il sito dell'Istat sono in evidenza tre grafici significativi. Quello del Pil fa segnare nel terzo trimestre 2024 il dato più alto in valore assoluto dal 1996, 481.587 milioni di euro; gli occupati a settembre 2024 sono 23.983.000, sui massimi dal 2004, l'inflazione a ottobre 2024 è allo 0,9%, su valori non lontano dal minimo di gennaio 2015, 0,6%. Quindi, l'economia italiana è in piena salute e le condizioni economiche degli italiani lo sono altrettanto?
E' utile, a questo punto, andare a sfogliare la pubblicazione 'Benessere e diseguaglianze in Italia'. Il primo fattore che va considerato è che a livello territoriale persistono forti disuguaglianze. Le regioni del Nord emergono con valori di benessere superiori alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei quando si parla di lavoro e conciliazione dei tempi di vita e relazioni sociali. La maggior parte degli indicatori mostrano, inoltre, uno svantaggio femminile. Le donne restano fortemente penalizzate nel mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi che su quelli qualitativi. Il tasso di occupazione è marcatamente più basso, mentre sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro, sia l’incidenza del part-time involontario.
Considerare gli indicatori per titolo di studio è fondamentale alla luce del legame profondo tra istruzione e qualità della vita. Avere un alto livello di istruzione significa godere di più elevati livelli di benessere e di una maggiore protezione dalle vulnerabilità date dalla combinazione di più fattori discriminanti. L’investimento in capitale umano è uno dei principali fattori di protezione dalle difficoltà economiche. Il rischio di povertà dei laureati è più che dimezzato rispetto al totale della popolazione. Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché il rischio di povertà è minimo tra i laureati residenti al Nord e massimo tra i residenti al Mezzogiorno con bassa istruzione.
Questa analisi dell'Istat aiuta a capire perché c'è una distanza considerevole tra quello che dicono i macro dati e le condizioni reali di vita degli italiani.
Entrando nello specifico del disagio economico si riesce ad andare oltre. "Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché al Nord il rischio è inferiore al 10% (3,6% se laureati) e al Mezzogiorno sale al 30,8% (40,7% se con bassa istruzione)". Se si considerano anche le differenze di genere si vede come "il gruppo più svantaggiato è costituito dalle donne con bassa istruzione residenti al Mezzogiorno, tra le quali il rischio di povertà raggiunge il 42,7%". Inoltre, le differenze territoriali si aggiungono a quelle per istruzione, anche considerando le fasce di età, con "un rischio di povertà che nel Mezzogiorno è più elevato e tra i giovani adulti con basso titolo di studio sale al 56,7%". All’interno del mercato del lavoro il capitale umano ha un ruolo estremamente positivo. Il tasso di occupazione dei laureati (84,3%) e diplomati (73,4%) è ben al di sopra del valore medio per l’Italia (69,1%) mentre per chi ha un basso titolo di studio scende al 54,2%. Inoltre, anche nel Mezzogiorno essere laureati (82,5% contro 59% degli uomini con bassa istruzione) ed in particolare laureate (71,8% contro appena il 21,8% delle meno istruite) pone in condizioni di vantaggio rispetto agli esiti occupazionali e riduce la distanza con gli occupati di pari istruzione nelle altre zone del Paese.
La conclusione a cui si arriva è che dentro i macro dati c'è una realtà che cambia molto rispetto alla collocazione geografica, al genere e al livello di istruzione. Come dire, lo stesso dato del Pil si porta dietro una realtà frammentata e piena di disuguaglianze. (Di Fabio Insenga)
Economia
Agroalimentare, Centinaio (Lega): “L’Italia è...
Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.
“L’agroalimentare è uno dei settori più importanti del nostro Paese. Oggi trattiamo quelle che sono le potenzialità del nostro Paese. Quindi, il fatto che l'Italia sia il paese della biodiversità e dell'agroalimentare, ma anche il fatto che l'agricoltura sta attraversando un momento di crisi dovuto anche al cambiamento climatico e alla crisi economica. Vogliamo capire quelli che sono i modi per affrontare questo momento di crisi e quindi pensiamo alle nuove tecnologie, alla ricerca scientifica al fatto che attraverso i fondi che vengono dati alle nuove generazioni si riesce a pensare a un futuro per l'agricoltura italiana”. Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.
“È necessario ragionare a livello europeo perché il maggior finanziamento dell'agricoltura viene dall’Europa - prosegue Centinaio - Va revisionata questa politica agricola comunitaria che non deve semplicemente dare soldi agli agricoltori, ma deve aiutarli attraverso delle politiche, pensiamo alla reciprocità con i Paesi terzi che importano in Europa. Poi è necessario anche un piano strategico a livello nazionale perché perché altri Stati l'hanno fatto, penso soprattutto alla Spagna, e l'Italia non può venire meno a questo impegno”.
Economia
Sostenibilità, Sindaco Fermignano: “Da Cresco Award...
Così il sindaco Emanuele Feduzi
Il comune di Fermignano (Pu) è tra i cinque premiati da Fondazione Sodalitas alla 9a edizione di Cresco Award - Città Sostenibili, al Centro Congressi Lingotto di Torino. "Il nostro progetto si chiama 'Fermignano 2030, dalla sostenibilità all'inclusione sociale' - commenta il sindaco Emanuele Feduzi - Siamo partiti dalla raccolta differenziata, portandola in maniera stabile sopra l'85%, quindi diventando il comune più riciclone della regione Marche per la categoria, 5-10 mila abitanti. Abbiamo poi costruito una nuova struttura, una scuola primaria per 500 bambini, completamente autosufficiente da un punto di vista energetico. Grazie al risparmio energetico che ne è scaturito abbiamo finanziato parte degli interventi nel sociale, ad esempio l'acquisto di un nuovo mezzo e il recupero di strutture per i disabili, e altre attività come la campagna per la sensibilizzazione contro la violenza di genere".
"Cresco Award è un momento di crescita, di confronto e soprattutto di stimolo - aggiunge il sindaco Feduzi - Abbiamo partecipato per la prima volta, quasi come una scommessa insieme ai miei colleghi e collaboratori. Nell'arco di pochi mesi abbiamo ricevuto due premi, Cresco Award, appunto, e un premio dal GSE a livello nazionale per essere riusciti a rivoluzionare la spesa energetica sfruttando fonti alternative appunto per alimentare le nostre strutture e rifinanziando in questo modo il sociale. Per noi è stato uno stimolo, un momento di confronto e soprattutto, ripeto, un momento di crescita non soltanto per l'amministrazione e per la dirigenza, ma per tutta la città".