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Il 54,2% dei giovani italiani si dichiara insoddisfatto della propria vita sessuale: per l’84% la chiave è nella salute mentale. Questi i dati emersi da un’indagine congiunta di MySecretCase e Serenis su 25.000 persone, di cui il 77,9% appartiene alla fascia di età 18-34 anni.

Il sondaggio ha messo in luce un’esigenza sociale, culturale ed emotiva di grande rilevanza: porre al centro del dialogo sulla sessualità il benessere mentale e percorsi formativi.

Il sondaggio

I dati emersi dall’indagine riportano che il 70,9% degli intervistati ha timori riguardo la propria vita sessuale e ha difficoltà a condividerli nella coppia: quasi il 50% trova complesso discuterne apertamente con il proprio partner.

Tra le tipologie più diffuse di preoccupazioni troviamo:
• calo/alla mancanza di desiderio sessuale (21,6%),
• la comunicazione con il partner (17,6%),
• difficoltà a raggiungere l’orgasmo (17,1%),
• dolore durante i rapporti (11,3%).

Dall’analisi emerge che le donne hanno un grado di preoccupazione verso la loro vita sessuale più alto degli uomini (72.5% donne vs 65.4% uomini), mentre per gli uomini esprimersi all’interno della coppia sembra essere una delle difficoltà maggiori. E anche i media sembrano giocare un ruolo fondamentale.

Contesto sociale e media influenzano la sessualità

Oltre il 70% degli intervistati ha dichiarato che il contesto sociale e mediatico influenza le proprie aspettative riguardo al sesso. Questo aspetto si posiziona dopo la salute mentale (84%) come fattore di influenza. Oltre i media, a giocare un ruolo cruciale sono le relazioni pregresse (per il 42,7% delle donne e il 13,6% degli uomini), l’educazione familiare (per il 26,9% delle donne e il 6,7% degli uomini) e i traumi (per il 14,8% delle donne e il 2,3% degli uomini).

L’importanza della formazione

“Consenso” e “dialogo” sono al primo posto tra i temi che i giovani vorrebbero vedere affrontati nei percorsi di educazione sessuale, seguiti dalla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, dai metodi contraccettivi e dalla psicologia e normalizzazione delle figure professionali del settore.

Il sondaggio ha, infatti, rivelato che quasi la totalità degli intervistati (97,5%) non è mai stato da un sessuologo e il 16,5% non è mai stato nemmeno dallo psicologo. Tra coloro che, invece, hanno affrontato con i professionisti il tema del benessere sessuale, il 64,2% ha trovato le risposte che cercava.

Il 66,6% si è detto, inoltre, interessato a partecipare a un percorso di sessuologia per migliorare il proprio benessere sessuale. Cosa li ha frenati fino ad oggi? L’imbarazzo (26%), il costo elevato dei servizi (24,7%) e la carenza di professionisti disponibili sul territorio (12,5%).

Il progetto MySecretCase e Serenis

MySecretCase e Serenis hanno unito le forze per creare un percorso di sessuologia online in Italia che unisce il lavoro della community e l’expertise di un centro medico. La collaborazione tra la community pioniera nella liberazione sessuale e nella promozione di un’educazione sessuale inclusiva e la piattaforma digitale per la salute e il benessere mentale, e un centro medico autorizzato, nasce con l’obiettivo comune di abbattere le barriere culturali che ostacolano una discussione aperta e consapevole su sesso e salute mentale.

“In questo sondaggio abbiamo raccolto oltre 25.000 testimonianze e i risultati confermano quanto ancora ci sia da fare: il 30% dei giovani non ha mai ricevuto un’educazione sessuale; mentre il 54,6% ritiene che l’educazione ricevuta non sia stata sufficiente e questo ha un inevitabile impatto sul proprio benessere sessuale. La partnership con Serenis è un passo importante per creare sinergie e formare nuove generazioni sessualmente libere e consapevoli, accompagnandole in un viaggio di scoperta intimo e personale dove la salute mentale ricopre un ruolo fondamentale. Questa collaborazione non è solo un’unione di competenze, ma una risposta strategica e ben ponderata a un’esigenza culturale e sociale complessa. Il percorso di sessuologia online progettato integra il lavoro di informazione ed educazione promosso da MySecretCase con il supporto psicologico e terapeutico fornito da Serenis”, ha dichiarato Norma Rossetti, Founder di MySecretCase.

“I risultati della nostra indagine confermano quanto avere un supporto clinico qualificato sia fondamentale per affrontare anche preoccupazioni legate alla sfera sessuale. Il fatto che il 64,2% di coloro che hanno intrapreso un percorso con un sessuologo abbia trovato risposte efficaci dimostra che prendersi cura della propria salute mentale ha un impatto anche nel migliorare il proprio benessere sessuale. Con questa collaborazione, vogliamo rendere la consulenza sessuologica più accessibile, combinando l’expertise clinico di Serenis con l’approccio inclusivo di MySecretCase, per offrire un supporto concreto e su misura alle esigenze dei giovani italiani”, ha dichiarato Silvia Wang, Founder e CEO di Serenis.

L’obiettivo del progetto congiunto è quello di offrire un percorso completo, guidato da esperti, che contribuisca a superare i tabù legati alla sessualità e a gestire le preoccupazioni individuali in modo consapevole.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Valditara: “Smartphone armi di distruzione di massa”, sono...

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Gli smartphone sono “un’arma di distruzione di massa”. Non ha dubbi il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha lanciato l’allarme a ‘Porta a Porta’, su Rai 1.
“Circa 50mila ragazzi hanno abbandonato la scuola per rifugiarsi in un mondo virtuale fatto di cellulari e social media, isolandosi per mesi nelle proprie stanze”, ha detto il ministro collegando l’uso degli smartphone al fenomeno degli hikikomori.

Questi sono i primi giorni di scuola senza cellulare in classe per bambini e ragazzi fino ai 14 anni “anche per l’uso didattico”, come stabilito dal dicastero in estate. Molti genitori hanno apprezzato l’iniziativa di Valditara, soddisfatto della risposta ottenuta: “La reazione del mondo della scuola è stata molto positiva. I ragazzi, con grande senso di responsabilità, e i genitori, entusiasti e al 90% favorevoli, hanno capito che ci stiamo prendendo cura di loro e che abbiamo a cuore la loro salute”, ha detto il ministro, convinto che la scuola debba “insegnare a guardarsi negli occhi”.

Il contatto umano è proprio quello che preoccupa Valditara, che promuove una grande campagna di sensibilizzazione contro l’abuso di smartphone e social network: “Dare un cellulare in mano a un bambino di 7-8 anni può avere effetti devastanti”, denuncia il ministro per cui l’educazione digitale deve partire dalle case e dalle scuole italiane.

Il ministro Valditara vuole portare la crociata anti-smartphone fuori dai confini nazionali: “Ho incontrato la ministra dell’istruzione di Cipro che ha molto apprezzato la decisione di vietare il cellulare a scuola. Abbiamo pensato di preparare un documento da sottoporre a Bruxelles a tutti i ministri dell’Istruzione sul tema, anche perché alcuni Stati come la Francia, l’Olanda, la Svezia, già si sono avviati in questa direzione e credo che raggiungeremo facilmente, credo, un forte consenso”, ha aggiunto.

Smartphone e hikikomori, che relazione c’è?

Se ne sta parlando solo negli ultimi anni, ma il termine ’hikikomori’ è stato coniato dallo psichiatra giapponese Saito Tamaki già negli anni ‘80.
Forma italiana del nipponico 引き籠もり o 引きこも, deriva dalla fusione delle parole “hiku”, “tirare”, e “komoru”, “ritirarsi” o “chiudersi”. Quindi, un hikikomori è una persona che ha scelto di limitare fortemente o eliminare del tutto la propria vita sociale, preferendo tattiche di ‘autoreclusione’. Un hikikomori rifiuta il contatto con le persone dentro e fuori casa; quando vuole comunicare lo fa indirettamente, usando gli smartphone o il pc.

Negli ultimi anni, il fenomeno si sta espandendo anche in Occidente, dove sempre più adolescenti e giovani adulti scelgono di ritirarsi dalla vita sociale, scolastica o lavorativa per periodi prolungati, generalmente superiori a sei mesi.

Gli hikikomori in Italia

Negli ultimi anni, il fenomeno hikikomori ha mostrato un incremento preoccupante accelerato dal lockdown. In Italia, recenti studi hanno identificato circa 66.000 casi tra gli studenti, con una prevalenza nella fascia di età 11-13 anni. Se consideriamo anche le fasce di età più alte, le stime suggeriscono che in Italia potrebbero esserci tra i 100.000 e i 200.000 hikikomori.

Il Ministro Valditara ha espressamente collegato l’uso degli smartphone a questo fenomeno di autoesclusione sociale. È indubbia la relazione tra le due situazioni, meno chiara è la direzione: gli smartphone sono una causa del fenomeno o un mezzo di comunicazione utilizzato dopo la scelta di recludersi?

Molti di loro utilizzano il web come unica forma di comunicazione con il mondo esterno, preferendo le interazioni virtuali al contatto diretto. Tuttavia, è importante notare che l’abuso delle tecnologie non è la causa principale di questa condizione; piuttosto, può essere visto come una conseguenza del ritiro sociale e un facilitatore del fenomeno. Gli hikikomori spesso sviluppano una dipendenza da Internet e dai videogiochi come modo per affrontare l’isolamento, ma ciò non significa che la tecnologia sia la causa scatenante del loro disagio.

Hikikomori: è una malattia?

Il fenomeno degli hikikomori è un argomento di crescente interesse nella comunità scientifica, che sta cercando di inquadrarlo all’interno delle patologie psichiatriche. Sebbene non sia ufficialmente riconosciuto come una diagnosi nel DSM-5, (che classifica i disturbi mentali in diverse categorie) molti esperti lo considerano un disturbo a sé stante, caratterizzato da un isolamento sociale prolungato e volontario.

La scienza ha iniziato a sviluppare criteri diagnostici per l’hikikomori. Secondo una revisione recente, i criteri includono un ritiro dalla vita sociale per almeno sei mesi, il rifiuto di attività scolastiche o lavorative, e l’assenza di altre patologie psichiatriche che possano spiegare il comportamento. Questo approccio è stato proposto anche dal governo giapponese, che ha riconosciuto la rilevanza sociale del problema e ha delineato i criteri necessari per la diagnosi.

Conseguenze a lungo termine

In alcuni casi, il ritiro sociale può restare una parentesi buia nella vita dell’individuo, in altre può avere conseguenze gravi e durature. Gli hikikomori possono sperimentare un deterioramento delle loro capacità sociali e professionali, rendendo difficile il reinserimento nel mondo esterno.

La letteratura suggerisce che molti hikikomori possono rimanere isolati per anni e, una volta tentato il reinserimento, possono avere difficoltà nel trovare lavoro o stabilire relazioni sociali.

Inoltre, l’autoisolamento può portare a problemi di salute mentale aggiuntivi, come depressione e ansia (che già affliggono la metà dei giovani italiani), creando un circolo vizioso difficile da rompere.

Studi recenti hanno evidenziato l’importanza di un intervento precoce. La telepsichiatria si sta dimostrando una modalità promettente per raggiungere questi giovani attraverso i loro dispositivi digitali, permettendo ai professionisti della salute mentale di fornire supporto anche a distanza senza che ci sia un forte rifiuto dell’individuo. Tuttavia, la mancanza di una definizione chiara e condivisa del fenomeno complica gli sforzi terapeutici e di ricerca.

Il fenomeno degli hikikomori è complesso e richiede un approccio multidisciplinare per affrontarne le cause e le conseguenze. La comunità scientifica continua a esplorare questo tema, con l’obiettivo di sviluppare strategie efficaci per supportare i giovani in difficoltà.
Nel frattempo, sempre più governi decidono di limitare l’uso degli smartphone e dei social agli adolescenti, come fatto dal Ministro Giuseppe Valditara.

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Viagra, cosa succede se lo prende una donna?

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E se a prendere il Viagra fossero le donne? Un recente studio clinico ha rivelato che l’uso del Sildenafil, comunemente noto per il trattamento della disfunzione erettile e commercialmente noto come Viagra, potrebbe ridurre il rischio di parto cesareo d’emergenza.

La ricerca, pubblicata sul Journal of Reproduction e Infertility, ha mostrato che il farmaco è in grado di aumentare il flusso sanguigno uteroplacentare. Ciò contribuirebbe alla diminuzione del 51% del rischio di complicazioni legate alla sofferenza fetale durante il travaglio.

Sofferenza fetale e parto cesareo

La sofferenza fetale (Fd) è uno dei principali segnali di pericolo per la morte intrauterina (Iufd) e rappresenta una delle principali cause di parto cesareo d’emergenza. In Paesi come Australia, Stati Uniti e Regno Unito, si legge nella ricerca, dal 23% al 27% dei parti cesarei avviene in risposta a questo stato critico del feto. La causa principale è la riduzione del flusso sanguigno uterino durante il travaglio, che può scendere fino al 60%, mettendo in serio pericolo la salute del feto.

Attualmente, l’unico trattamento efficace per evitare danni permanenti è il cesareo d’emergenza, che tuttavia comporta rischi significativi sia per la madre che per il neonato, inclusi morbilità materne (cioè l’insieme di patologie che una donna può avere in gravidanza) e problemi neonatali. Da qui, l’importanza di identificare soluzioni sicure per prevenire tali interventi. E il Viagra sembra essere una di queste.

Il ruolo del Sildenafil: vasodilatazione e riduzione del rischio

Il Sildenafil o Viagra, agisce come vasodilatatore, migliorando il flusso sanguigno verso l’utero e il feto. La ricerca ha analizzato il suo potenziale per migliorare la perfusione utero placentare, prevenendo l’ipossia e la sofferenza fetale. Il dottor Milani che ha condotto lo studio e il suo team hanno scoperto che usare il Viagra durante il travaglio ha portato a una riduzione significativa dei casi di cesareo d’emergenza, passando dal 26% nel gruppo di donne che non lo assumevano al 12,5% nel gruppo trattato col farmaco.

“Questo studio dimostra che il Sildenafil può essere un’opzione farmacologica semplice ed efficace per ridurre il rischio di sofferenza fetale, evitando così interventi chirurgici d’emergenza”, hanno spiegato i ricercatori. “I risultati sono particolarmente incoraggianti poiché non abbiamo riscontrato effetti collaterali significativi legati al farmaco”.

La metodologia dello studio

Lo studio condotto nel Reproductive Health Research Center, del Department of Obstetrics and Gynecology, della School of Medicine, Al-Zahra Hospital, Guilan University of Medical Sciences di Rasht è stato condotto tra luglio e settembre del 2022 e ha coinvolto 208 donne in gravidanza. Le partecipanti, di età compresa tra 18 e 40 anni, sono state suddivise in due gruppi: il gruppo Sildenafil ha ricevuto dosi da 50 milligrammi ogni sei ore, mentre il gruppo di controllo ha ricevuto un placebo.

Tutti i partecipanti sono stati monitorati durante il travaglio e i dati demografici e clinici sono stati raccolti attentamente per garantire la precisione dei risultati. L’obiettivo principale era valutare se il Sildenafil potesse ridurre il tasso di sofferenza fetale e di cesareo d’emergenza rispetto al gruppo di controllo.

Risultati

I risultati sono stati incoraggianti. Nel gruppo al quale è stato somministrato il Viagra, l’87,5% delle donne ha avuto un parto vaginale spontaneo, rispetto al 74% del gruppo placebo. Inoltre, i casi di sofferenza fetale sono diminuiti del 53,8% nel gruppo trattato.

Anche i neonati nati dalle donne del “gruppo Sildenafil” hanno mostrato punteggi Apgar (con i quali si misura la condizione motoria, respiratoria, muscolare ecc.) più alti, indicando una salute migliore alla nascita.

Turner ha aggiunto: “L’uso di Sildenafil non ha influenzato negativamente la durata del travaglio, né ha aumentato il rischio di emorragia postpartum, un dato che conferma la sicurezza del farmaco in questo contesto”.

Questo studio potrebbe rappresentare una svolta nella gestione del travaglio. Sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare questi risultati, il Sildenafil si sta dimostrando un’opzione promettente per ridurre il numero di cesarei d’emergenza. Il team ha sottolineato l’importanza di ulteriori ricerche per comprendere appieno i benefici a lungo termine e gli eventuali rischi associati all’uso di Sildenafil durante il travaglio.

In conclusione, l’uso di Sildenafil offre nuove speranze per la gestione della sofferenza fetale, riducendo il rischio di interventi invasivi e migliorando gli esiti materno-fetali.

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Salta la Champions per assistere alla nascita del figlio,...

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Sta facendo discute l’attacco di Zvonimir Boban a Walter Benitez. Nel pre-partita di Juventus-Psv Eindhoven, Boban ha criticato duramente la scelta del portiere ospite, ‘reo’ di aver saltato il match per raggiungere in ospedale la moglie che stava per partorire.

“Ma cosa è ‘sta roba che parti e vai da tua moglie per la nascita del figlio?”, ha detto l’opinionista di Sky Sport prima della partita di Champions League. Poco prima, l’estremo difensore classe ‘93 aveva lasciato all’ultimo minuto Torino per tornare in Olanda e assistere alla nascita del figlio. Una decisione condivisa con il club, come si legge in un comunicato del Psv Eindhoven: “Walter Benítez non sarà parte della nostra squadra questa sera. Questa mattina ha lasciato l’hotel dei giocatori a Torino a causa della nascita di suo figlio. È stato concordato di comune accordo che tornerà dalla sua famiglia”.

Benítez non gioca per assistere alla nascita del figlio

L’allenatore ospite Bosz ha quindi schierato il secondo portiere Drommel, uscito dall’Allianz Stadium con tre gol subiti nel 3-1 finale. Forse le cose non sarebbero cambiate molto con il portiere titolare tra i pali, ma per Boban la sua scelta è stata clamorosamente sbagliata: “Magari non sarò moderno io, ma queste cose non le capisco: giochi una partita di Champions, non puoi mancare”, ha detto l’ex attaccante del Milan, che ha proseguito “È il tuo lavoro, giochi e poi scappi. Sarebbe potuto scendere regolarmente in campo per poi abbracciare la moglie e il bambino al suo ritorno”. Nel suo discorso Zvone lascia implicito l’allusione ai contratti milionari dei calciatori, che per alcuni giustificherebbero il suo richiamo. Le nuove generazioni, però, credono in un sistema di valori molto più umano, che predilige l’aspetto umano a quello professionale.

E così, il riferimento ai “compagni da aiutare” non ha salvato l’ex calciatore croato dalle critiche degli utenti sui social, che hanno trovato un “maschilismo” intrinseco nel suo ragionamento.
Di sicuro, ‘Zorro’ ha ragione quando dice di non essere moderno, perché negli ultimi anni il ruolo del padre sta cambiando velocemente.

Il ruolo dei papà sta cambiando

L’era del papà che porta il pane a casa e la mamma che stira è destinata a scomparire. Le mansioni di casa sono distribuite ancora in maniera diseguale, ma le nuove generazioni vogliono un sistema più inclusivo di quello ereditato dai propri genitori. Un sistema dove sia la madre che il padre possano far carriera liberamente, senza che la cura della famiglia imbrigli la donna e i suoi sogni.

Sia chiaro: non sono solo le donne a chiedere un profondo cambio di paradigma, anche i papà “moderni” vogliono avere più tempo per stare con i propri figli. Basta parlare con qualcuno di loro per capirlo, o leggere i numeri per avere un quadro ancora più chiaro. In Italia, ad esempio, il tasso di congedo di paternità è triplicato tra il 2013 e il 2022, come emerge da un’elaborazione di Save The Children su dati Inps. Essendo aumentata l’età media degli italiani che scelgono di avere un bambino, non sorprende che a richiedere il congedo siano gli uomini nelle fasce d’età comprese tra i 30 e i 39 anni (65,4%) e tra i 40 e i 49 anni (65,6%). Età in cui in Italia sei ancora considerato ‘giovane’, ma questo è un altro discorso.

Sono in costante aumento i papà-lavoratori che chiedono più tempo e flessibilità per essere coinvolti attivamente nella vita dei loro figli. Secondo un’indagine condotta da Pew Research Center, il 63% dei padri americani desidera una maggiore flessibilità lavorativa per bilanciare meglio famiglia e carriera. Anche in Italia si sta assistendo a un cambiamento culturale: un sondaggio Istat del 2022 ha rilevato che il 45% dei padri italiani vorrebbe poter trascorrere più tempo con i propri figli, ma spesso è ostacolato da dinamiche lavorative rigide e da una cultura che ancora percepisce il lavoro come prioritario rispetto alla famiglia. Un’indagine condotta da Manageritalia in collaborazione con Ipsos ha rivelato che l’85% dei manager under 45 in Italia vorrebbe avere la possibilità di trascorrere più tempo con i propri bambini, dicendosi d’accordo sul rendere obbligatorio anche il congedo parentale.

I congedi di paternità

Nonostante le richieste di mamme (nel 2022, il 63% delle dimissioni delle donne italiane è stato provocato dalla neo maternità) e papà, le norme non sono cambiate. In Italia, il congedo di paternità è di 10 giorni obbligatori e uno facoltativo solo per i padri lavoratori dipendenti, sia pubblici sia privati, retribuiti al 100%, utilizzabili tra i due mesi precedenti e quelli successivi al parto. Il congedo di maternità, invece, è di 5 mesi che possono essere distribuiti in vari modi tra i mesi prima del parto e quelli successivi.

Ci sarebbe anche il congedo parentale, che, però, spesso è un congedo di maternità mascherato, perché viene usato soprattutto dalle mamme perché, nonostante i progressi degli ultimi anni, la cura della casa e della famiglia è ancora fortemente sbilanciata a loro sfavore.
Il congedo parentale spetta ai genitori entro i primi 12 anni di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) per un periodo complessivo, tra i due genitori, non superiore a dieci mesi secondo le nuove norme, elevabili a undici se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, di almeno tre mesi.

I mesi di congedo parentale possono essere utilizzati anche non consecutivamente ed essere ripartiti non equamente dalla coppia, ma nessuno dei due genitori può usufruire del congedo parentale per più di 6 mesi. I genitori possono usufruire il congedo parentale anche contemporaneamente.

La scorsa Manovra ha aumentato l’indennità del congedo parentale 2024. Con queste modifiche, l’indennità del secondo mese è salita dal 30% al 60%, che diventa 80% per il 2024. La legge di Bilancio, infatti, ha inserito una nuova norma che porterà i primi due mesi di congedo parentale a un indennizzo dell’80%.
Dal 2019 l’Unione europea ha adottato una direttiva specifica che prevede linee comuni sui congedi di paternità, stabilendo che alla nascita di un figlio o una figlia i padri hanno diritto a 10 giorni lavorativi di congedo. Una nullità rispetto al congedo obbligatorio previsto per le madri, una conferma della gender-gap che inizia tra le mura di casa e ricade su ogni aspetto della vita privata, a partire dal lavoro.

Insomma, anche le norme sul congedo sono “poco moderne” come Zvonimir Boban, ma il diritto è specchio della società, di cui segue i cambiamenti e gli stimoli. E fa sempre in tempo ad ammodernarsi.

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