Andreoni: "Serve un cambio di rotta". Ciccozzi: "Tutto normale". Bassett: "Troppi tamponi"
I casi covid aumentano, cresce il numero di morti. Il bollettino della settimana 22-28 agosto delinea un quadro chiaro in Italia e alimenta un dibattito tra gli esperti. E' una situazione da monitorare o si tratta di normale amministrazione?
Andreoni: "Per l'autunno serve un cambio di rotta"
"Certamente i numeri in crescita del Covid, compresi i decessi che nell'ultima settimana sono arrivati a 135, sono motivo di apprensione perché siamo in un periodo dell'anno in cui la circolazione del virus non è mai stata particolarmente rilevante", dice all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, Società italiana malattie infettive e tropicali e professore ordinario all'università Tor Vergata di Roma.
"In vista dell'autunno occorre un cambio di rotta, la circolazione del virus sarà più importante e la situazione epidemiologica preoccupa perché la campagna vaccinale per il Covid non è ancora decollata", aggiunge commenta i dati dell'aggiornamento settimanale su Covid-19: salgono sia i casi (15.221 dal 22 al 28 agosto, +11% circa rispetto ai 13.690 della settimana precedente) che i decessi, 135 nell'ultima settimana, il 36% in più rispetto ai 99 della rilevazione precedente.
"Alla luce di questi numeri diventa quindi fondamentale che il ministero della Salute promuova e organizzi una campagna vaccinale robusta per vaccinare il maggior numero di soggetti ad alto rischio", aggiunge Andreoni.
Ciccozzi: "E' tutto normale, dobbiamo abituarci"
Per l'epidemilogo Massimo Ciccozzi è "tutto normale, è questo l'andamento a cui dobbiamo abituarci. Alla base dei numeri in crescita i maggior spostamenti di italiani e turisti in transito nel nostro Paese. Chi parte o torna dalle vacanze lo fa viaggiando in aereo o in treno, di conseguenza c'è una maggiore circolazione del virus. Unico presidio contro il contagio è la mascherina che, purtroppo, nessuno indossa più".
"Fortunatamente i sintomi sono meno importanti ma - avverte Ciccozzi - non per anziani e fragili che sono più vulnerabili e fortemente debilitati dal caldo e che vanno protetti". L'epidemiologo non ha dubbi: "Ad ottobre occorrerà fare il richiamo vaccinale per il Covid e l'influenza, soprattutto per over 70 e fragili", conclude.
Pregliasco: "Rialzo forse dovuto a variante Xec"
"Il Covid purtroppo è ancora fra noi, con un andamento ondulante in funzione anche dell'insorgenza e della presenza delle varianti. Questo rialzo" che si osserva nei numeri del virus in Italia "potrebbe essere l'effetto dell'ultima variante Xec", new entry che è in ascesa a livello globale, "e ha una capacità diffusiva e di immunoevasione che sembra essere alta", l'analisi del virologo Fabrizio Pregliasco.
I dati, almeno per quanto riguarda il numero di casi, "sicuramente sono sottostimati". Molti di questi "sono banali, e ci sono magari anche tanti asintomatici che mantengono quella che è la catena di contagi".
"E' vero - sottolinea il direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell'università Statale di Milano - che questa è una patologia nella maggior parte dei casi è banale, che per un giovane può essere approcciata con antinfiammatori. Ma lo vediamo dai numeri in salita dei decessi, è un problema per le persone fragili. Il messaggio è dunque per loro e per gli anziani: in presenza di forme respiratorie, anche dubbie o aspecifiche, facciano comunque un tampone, almeno per loro, per poter fare gli antivirali. Oggi esiste il Paxlovid che evita gli effetti più pesanti per le categorie fragili".
Questi dati in crescita, conclude Pregliasco, "servono anche per ricordare l'importanza del richiamo vaccinale in autunno, sempre e soprattutto per gli anziani e i fragili, sia per quanto riguarda l'anti-Covid che il vaccino antinfluenzale. Oggi insomma è ancora il momento dell'attenzione rispetto a quelle che possono essere situazioni di rischio. E, soprattutto, preserviamo i fragili".
Diverso il punto di vista del professor Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova: "Io faccio l'infettivologo ed è oltre un anno che nel mio reparto non muore un paziente Covid. Oltre l'85-90% di coloro che oggi vengono ricoverati in ospedale con Covid - analizza - sono pazienti che non hanno la polmonite, ma che hanno altre problematiche e siccome vengono tamponati - un po' allo screening all'arrivo in ospedale e un po' anche a casa per eventuali raffreddori o per l'influenza - finiscono per entrare in ospedale" come positivi a Covid, ma "per insufficienza cardiaca, per problemi renali, per problemi neurologici, per altri tipi di problematiche. Cosa succede quando noi portiamo in ospedale un signore o una signora di 90-95 anni positivi a Covid? Succede che, se anche non avessero nessun problema", quando si è così fragili a un'età così avanzata, "si rischia di morire per altre cause, o per l'ospedalizzazione".
Per cui, continua Bassetti guardando ai dati dell'ultimo bollettino, "la verità è che fare tanti tamponi aumenta la mortalità, perché finisce per portare in luoghi non appropriati persone che potrebbero tranquillamente stare nelle loro strutture assistenziali, nelle loro Rsa, nelle loro case. E' il problema che continuo a sottolineare: noi vediamo un numero che non è il numero di morti Covid, ma il numero di persone che muoiono col tampone positivo a Covid, magari precedente, e vengono ancora classificati come decessi Covid, che oggi non esistono".
"Il conto di queste morti purtroppo andrebbe chiesto a chi ancora continua imperterrito, senza ascoltare gli esperti, a fare dei tamponi a persone a cui il tampone non serve a niente, se non a metterle in condizione di essere trattate in maniera peggiore rispetto agli altri. Perché, quando in ospedale arriva un 90enne col tampone positivo, viene messo in un reparto particolare, non può più rientrare nella sua struttura, aumenta il tempo in cui sta in strutture che non gli fanno bene. Quindi questa è la ragione di quel numero di morti. E più faremo tamponi inutili a persone che hanno magari il raffreddore, più continueremo con questa situazione. La verità è che non si vuole ascoltare ciò che dicono gli esperti, questi numeri non mi sorprendono".
Cronaca
Processo Open Arms, naufrago chiede risarcimento di 50mila...
Il legale del migrante: "La condotta dell'imputato ha aggravato i danni già subiti in Libia da Musa, che aveva 15 anni"
Un naufrago chiede 50mila euro di risarcimento a Matteo Salvini nel processo Open Arms. La somma è stata chiesta nell'udienza di oggi del processo a carico del leader della Lega, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, dall'avvocata Serena Romano, legale di parte civile di Musa, uno dei naufraghi soccorsi dalla Open Arms nell'agosto del 2019.
"La condotta dell'imputato ha aggravato i danni già subiti in Libia da Musa, che aveva 15 anni, per le sofferenze fisiche ed emotive e per l'ingiustificato prolungamento della permanenza in mare, per il timore di essere riportato in Libia, per la violazione di tutti i diritti riconosciuti dalla nostra carta costituzionale che tutelano l'infanzia, che andava tutelata", ha detto Romano.
La nave della ong spagnola Open Arms "ha salvato decine di migliaia di persone" e nell'agosto 2019 , quando il ministro dell'interno di allora Matteo Salvini impedì lo sbarco di 147 persone a bordo della imbarcazione, "la ong si è trovata non solo a non avere il supporto che avrebbe dovuto avere e che è previsto dalla convenzione Sar da parte dello Stato rivierasco, ma si è trovata di fronte a questo muro", ha detto ha detto l'avvocato Arturo Salerni, legale di parte civile della ong spagnola Open Arms.
"E' evidente il danno che si è creato all'armatore umanitario Open Arms, il danno prodotto al suo equipaggio alla sua funzionalità, alle attività che perseguono con un fine esclusivamente umanitario che tanti frutti ha dato", ha aggiunto.
"L'udienza di oggi del processo Open Arms a Palermo conferma la totale insussistenza delle tesi dell’accusa, che pure ha chiesto 6 anni per Matteo Salvini perché ha difeso i confini: nell'indifferenza clamorosa degli immigrati presunti sequestrati, sarà interessante verificare quanti finanziamenti pubblici hanno incassato le realtà, a partire da Legambiente e Arci, che hanno speso soldi e tempo per partecipare a questo teatrino. Verificheremo con grande attenzione. E ancora: quanto sta costando ai contribuenti questo processo, voluto dalla sinistra contro Salvini?", la posizione espressa dalla Lega in una nota.
Cronaca
Capo Gendarmeria francese: “Cooperazione con...
"Conosciamo solo il 20 per cento di quello che avviene nel cybercrime. I criminali del cybercrime sono molto duttili e dinamici, dobbiamo trovare il modo per potere rispondere adeguatamente. Il cybercrime non ha confini, è fondamentale lavorare in cooperazione con l'Italia per potere contrastare adeguatamente questi crimini. Tra i Carabinieri e la gendarmeria francese c'è una relazione quotidiana. Con degli scambi regolari". Lo ha detto il direttore generale della Gendarmeria francese Gen. Christian Rodriguez, parlando a Palermo con i giornalisti, durante un incontro con il Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, generale di corpo d'armata Teo Luzi. "Bisogna lavorare insieme per contrastare i gruppi criminali che operano in diverse zone del mondo- dice ancora Rodriguez - Per questo abbiamo una formazione condivisa con scambi regolari. E' fondamentale per cercare di contrastare questi fenomeni riuscire a gestire i Big Data". "Con la gendarmeria condividiamo i valori. L'unico grande limite è la lingua. Per il resto c'è grandissima intesa. Noi abbiamo mandato per la formazione una compagnia di marescialli in Francia e una compagnia di marescialli francesi è venuta in Italia. La stessa cosa la facciamo con la guardia civil spagnola e con la gendarmeria portoghese - ha spiegato il generale Luzi - C'è un network che di chiama Fiep un'associazione internazionale della gendarmerie a cui partecipano 21 paesi che si scambiano tra loro informazioni in modo constante. Quest'anno il presidente sono io e a ottobre cederò la guida alla Francia. Un modo anche per tessere delle visioni di lotta al crimine e assistenza alle rispettive popolazioni con questi apparati, che hanno molto in comune".
"Abbiamo molto in comune con la Francia - ha detto ancora il genarel Luzi -. Ad esempio il quartiere palermitano dello Zen, che conosco bene. L'idea di aprire lì una caserma, dove non si riusciva ad entrare, è stata del generale Vittorio Tomasone, poi io l'ho portata avanti e non è stato semplice e per lungaggini amministrative e gli ostruzionismi che ci sono stati. Dopo oltre 10 anni, si può dire che è stato uno dei piccoli segnali vincenti in questa città. Il fatto che 70/80 mila persone ora accettino lo Stato è importante. La Francia ha le Banlieues, che sono tanti Zen messi insieme dove la gendarmerie riesce a farsi accettare per cultura e umanità".
Cronaca
Totò Schillaci, gremita la Cattedrale di Palermo per i...
Un lungo applauso accoglie il feretro
Un lungo applauso ha accolto l'ingresso in una Cattedrale di Palermo gremita del feretro di Totò Schillaci, il bomber di Italia '90 morto, dopo una lunga malattia.
In tanti non hanno voluto rinunciare a dare l'ultimo saluto all'eroe delle Notti magiche. Tifosi ma anche semplici cittadini, visibilmente commossi, alcuni in lacrime per testimoniare l'amore non solo di Palermo all'ex attaccante azzurro. "Ciao Totò, figlio di Palermo", si legge su uno striscione della Curva nord.
In chiesa sono circa mille le persone presenti, 800 posti a sedere e 200 in piedi nei transetti, la maggior parte delle persone è rimasta fuori, oltre le transenne. A officiare il rito delle esequie monsignor Filippo Sarullo, parroco della cattedrale. Al termine della celebrazione, la benedizione delle spoglie sarà impartita dall'arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice.