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“I figli degli altri” e l’evoluzione della maternità nella società moderna

Ieri, giovedì 5 settembre, il film I figli degli altri (Les enfants des autres, 2022), diretto da Rebecca Zlotowski, ha debuttato in prima tv su Rai 3. Presentata in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2022, la pellicola francese mette al centro il tema della maternità e si inserisce in un contesto che riflette le dinamiche demografiche attuali e come stanno cambiando i concetti di famiglia e genitorialità.

“I figli degli altri”, di cosa parla

Al centro della trama c’è Rachel, una donna senza figli biologici che si innamora di un uomo divorziato e si avvicina profondamente alla figlia di lui, Lea. La pellicola diventa una riflessione sui ruoli familiari non tradizionali, sulle complessità emotive dell’essere genitori in un mondo sempre più frammentato e sulle difficoltà per le donne che scelgono di non avere figli o non possono averli.

Uno dei messaggi più forti del film è l’idea che la famiglia possa estendersi oltre i vincoli del sangue. Rachel diventa un esempio di quella che possiamo definire la “madre sociale”, un ruolo che nel panorama demografico attuale sta guadagnando sempre più rilevanza. Con l’aumento delle separazioni, divorzi e famiglie ricostituite, figure come quella di Rachel sono sempre più comuni: donne e uomini che si trovano a investire in relazioni affettive con i figli del partner, contribuendo alla loro educazione e crescita emotiva, pur senza legami genetici diretti.

Un fenomeno in aumento in Italia e in Europa. Come dimostrano i dati Istat, il numero di famiglie ricostituite è cresciuto significativamente negli ultimi vent’anni, e il film di Zlotowski offre uno specchio su questa realtà, portando in primo piano le complessità emotive e psicologiche che ne derivano. Rachel si ritrova a vivere l’esperienza materna, ma in modo frammentato e temporaneo, sapendo che il legame con Lea potrebbe finire nel momento in cui la sua relazione con il padre di Lea si dovesse interrompere.

La “maternità ritardata”

Un altro tema centrale è quello della maternità “ritardata” o mancata. Rachel ha da poco passato i 40 anni e si trova in quel limbo esistenziale tipico di molte donne moderne: divisa tra la carriera, la vita sentimentale e la possibilità di diventare madre.

Che a licenziarsi siano soprattutto le donne neomamme lo confermano i dati sulle dimissioni nel corso del 2022: 44.669 dimissioni convalidate, ovvero il 72,8% del totale. Le donne hanno denunciato le difficoltà di conciliazione tra lavoro e vita privata. Una tematica demografica ma anche di equità sociale, visto che la cura della famiglia ricade (ancora) molto più sulle donne che sugli uomini.

Il 63% delle donne dimesse ha individuato nella difficile conciliazione la principale causa delle dimissioni, a differenza del 7,1% dei papà che hanno dato questa motivazione come causa.

Gli ultimi dati Istat certificano che, in Italia, l’età media al parto è pari a 32,4 anni, stabile rispetto al 2021, più alta per le italiane (32,9) rispetto alle straniere (29,6), e cresciuta di oltre due anni rispetto al 1995. Il conflitto con la carriera è una delle tante motivazioni per cui sempre più donne a scegliere la maternità surrogata o la crioconservazione. “Ho detto a mia figlia Matilde, che adesso ha 17 anni: ‘Quando hai 21 anni ti regalo il social freezing, così non ci pensi più, ti fai la tua vita e quando vuoi una gravidanza li hai già (gli ovociti, ndr.)”, ha rivelato a marzo la modella Bianca Balti in una diretta Instagram con la ginecologa Marina Bellavia.

Il ruolo della donna: tra libertà e imposizioni culturali

Rachel è il simbolo di una generazione di donne che, più che in passato, ha la libertà di decidere se e quando diventare madri. Una libertà che, però, spesso è accompagnata da una grande pressione culturale e sociale. Rachel deve confrontarsi non solo con il desiderio di avere un figlio, ma anche con l’aspettativa sociale che una donna debba, prima o poi, diventare madre per sentirsi completa.

La questione della maternità è qui trattata con grande sensibilità, evitando facili risposte. Il film invita a riflettere su come la società percepisca la maternità e come spesso si associ il concetto di realizzazione personale al diventare genitori. Le scelte di Rachel rispecchiano un cambiamento demografico più ampio.

Maternità sociale: un nuovo capitolo nella demografia?

Uno degli aspetti demografici più interessanti che emerge dal film è l’idea di maternità “sociale”, una forma di maternità che non si basa sulla biologia ma sui legami affettivi. Questo tema si inserisce in un contesto più ampio di cambiamenti nelle dinamiche familiari, dove sempre più persone si trovano a esercitare ruoli genitoriali al di fuori delle strutture tradizionali. Le famiglie ricostituite, l’adozione e i nuovi modelli di convivenza fanno sì che il concetto di famiglia stia evolvendo, e con esso, il ruolo della madre.

Secondo uno studio Eurostat del 2023, le famiglie monoparentali e ricostituite sono in aumento in molti Paesi Ue. Più nello specifico, quasi la metà delle famiglie con bambini ha un solo figlio (48,9%), mentre il 38,2% ha due figli, e solo il 12,9% ne ha tre o più. Questo dato è rilevante soprattutto in Paesi come Italia e Lituania, dove la percentuale di famiglie con tre o più figli scende sotto il 10%​. In Italia le coppie che con tre o più figli rappresentano l’8,7% del numero complessivo dei nuclei familiari; una percentuale che scende all’1% se si considerano le coppie con quattro o più figli. Meno di una settimana fa, domenica 1°settembre, a Brescia c’è stato il raduno delle famiglie numerose, che hanno chiesto maggiore supporto dalla politica.

Questi numeri suggeriscono un cambiamento nelle dinamiche familiari e sociali.

Il concetto di “famiglia tradizionale” si sta evolvendo, anche a causa di una crescente accettazione di modelli alternativi, come le famiglie monoparentali o le famiglie ricostituite. Famiglie di questo tipo rappresentano una parte importante del tessuto sociale, con un forte impatto sia sulle politiche sociali che sull’economia. Inoltre, la progressiva diminuzione delle famiglie numerose è accompagnata da una crescente urbanizzazione e dai cambiamenti nei modelli di occupazione: in circa il 60,7% delle famiglie con bambini, tutti gli adulti sono occupati​, un dato che dà particolare rilievo al ruolo dei caregiver.

In questo senso, film come I figli degli altri offrono uno spunto di riflessione per capire le questioni demografiche oltre i semplici dati numerici. Ragionare per compartimenti stagni impedisce di trattare la tematica demografica in maniera efficace-Bisogna entrare nella vita delle persone per capirne le scelte, i sogni, le difficoltà economiche. E quel profondo senso di disillusione, questo sì, figlio del nostro tempo, che incide anche sulla voglia di avere o non avere figli.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Salta la Champions per assistere alla nascita del figlio,...

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Sta facendo discute l’attacco di Zvonimir Boban a Walter Benitez. Nel pre-partita di Juventus-Psv Eindhoven, Boban ha criticato duramente la scelta del portiere ospite, ‘reo’ di aver saltato il match per raggiungere in ospedale la moglie che stava per partorire.

“Ma cosa è ‘sta roba che parti e vai da tua moglie per la nascita del figlio?”, ha detto l’opinionista di Sky Sport prima della partita di Champions League. Poco prima, l’estremo difensore classe ‘93 aveva lasciato all’ultimo minuto Torino per tornare in Olanda e assistere alla nascita del figlio. Una decisione condivisa con il club, come si legge in un comunicato del Psv Eindhoven: “Walter Benítez non sarà parte della nostra squadra questa sera. Questa mattina ha lasciato l’hotel dei giocatori a Torino a causa della nascita di suo figlio. È stato concordato di comune accordo che tornerà dalla sua famiglia”.

Benítez non gioca per assistere alla nascita del figlio

L’allenatore ospite Bosz ha quindi schierato il secondo portiere Drommel, uscito dall’Allianz Stadium con tre gol subiti nel 3-1 finale. Forse le cose non sarebbero cambiate molto con il portiere titolare tra i pali, ma per Boban la sua scelta è stata clamorosamente sbagliata: “Magari non sarò moderno io, ma queste cose non le capisco: giochi una partita di Champions, non puoi mancare”, ha detto l’ex attaccante del Milan, che ha proseguito “È il tuo lavoro, giochi e poi scappi. Sarebbe potuto scendere regolarmente in campo per poi abbracciare la moglie e il bambino al suo ritorno”. Nel suo discorso Zvone lascia implicito l’allusione ai contratti milionari dei calciatori, che per alcuni giustificherebbero il suo richiamo. Le nuove generazioni, però, credono in un sistema di valori molto più umano, che predilige l’aspetto umano a quello professionale.

E così, il riferimento ai “compagni da aiutare” non ha salvato l’ex calciatore croato dalle critiche degli utenti sui social, che hanno trovato un “maschilismo” intrinseco nel suo ragionamento.
Di sicuro, ‘Zorro’ ha ragione quando dice di non essere moderno, perché negli ultimi anni il ruolo del padre sta cambiando velocemente.

Il ruolo dei papà sta cambiando

L’era del papà che porta il pane a casa e la mamma che stira è destinata a scomparire. Le mansioni di casa sono distribuite ancora in maniera diseguale, ma le nuove generazioni vogliono un sistema più inclusivo di quello ereditato dai propri genitori. Un sistema dove sia la madre che il padre possano far carriera liberamente, senza che la cura della famiglia imbrigli la donna e i suoi sogni.

Sia chiaro: non sono solo le donne a chiedere un profondo cambio di paradigma, anche i papà “moderni” vogliono avere più tempo per stare con i propri figli. Basta parlare con qualcuno di loro per capirlo, o leggere i numeri per avere un quadro ancora più chiaro. In Italia, ad esempio, il tasso di congedo di paternità è triplicato tra il 2013 e il 2022, come emerge da un’elaborazione di Save The Children su dati Inps. Essendo aumentata l’età media degli italiani che scelgono di avere un bambino, non sorprende che a richiedere il congedo siano gli uomini nelle fasce d’età comprese tra i 30 e i 39 anni (65,4%) e tra i 40 e i 49 anni (65,6%). Età in cui in Italia sei ancora considerato ‘giovane’, ma questo è un altro discorso.

Sono in costante aumento i papà-lavoratori che chiedono più tempo e flessibilità per essere coinvolti attivamente nella vita dei loro figli. Secondo un’indagine condotta da Pew Research Center, il 63% dei padri americani desidera una maggiore flessibilità lavorativa per bilanciare meglio famiglia e carriera. Anche in Italia si sta assistendo a un cambiamento culturale: un sondaggio Istat del 2022 ha rilevato che il 45% dei padri italiani vorrebbe poter trascorrere più tempo con i propri figli, ma spesso è ostacolato da dinamiche lavorative rigide e da una cultura che ancora percepisce il lavoro come prioritario rispetto alla famiglia. Un’indagine condotta da Manageritalia in collaborazione con Ipsos ha rivelato che l’85% dei manager under 45 in Italia vorrebbe avere la possibilità di trascorrere più tempo con i propri bambini, dicendosi d’accordo sul rendere obbligatorio anche il congedo parentale.

I congedi di paternità

Nonostante le richieste di mamme (nel 2022, il 63% delle dimissioni delle donne italiane è stato provocato dalla neo maternità) e papà, le norme non sono cambiate. In Italia, il congedo di paternità è di 10 giorni obbligatori e uno facoltativo solo per i padri lavoratori dipendenti, sia pubblici sia privati, retribuiti al 100%, utilizzabili tra i due mesi precedenti e quelli successivi al parto. Il congedo di maternità, invece, è di 5 mesi che possono essere distribuiti in vari modi tra i mesi prima del parto e quelli successivi.

Ci sarebbe anche il congedo parentale, che, però, spesso è un congedo di maternità mascherato, perché viene usato soprattutto dalle mamme perché, nonostante i progressi degli ultimi anni, la cura della casa e della famiglia è ancora fortemente sbilanciata a loro sfavore.
Il congedo parentale spetta ai genitori entro i primi 12 anni di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) per un periodo complessivo, tra i due genitori, non superiore a dieci mesi secondo le nuove norme, elevabili a undici se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, di almeno tre mesi.

I mesi di congedo parentale possono essere utilizzati anche non consecutivamente ed essere ripartiti non equamente dalla coppia, ma nessuno dei due genitori può usufruire del congedo parentale per più di 6 mesi. I genitori possono usufruire il congedo parentale anche contemporaneamente.

La scorsa Manovra ha aumentato l’indennità del congedo parentale 2024. Con queste modifiche, l’indennità del secondo mese è salita dal 30% al 60%, che diventa 80% per il 2024. La legge di Bilancio, infatti, ha inserito una nuova norma che porterà i primi due mesi di congedo parentale a un indennizzo dell’80%.
Dal 2019 l’Unione europea ha adottato una direttiva specifica che prevede linee comuni sui congedi di paternità, stabilendo che alla nascita di un figlio o una figlia i padri hanno diritto a 10 giorni lavorativi di congedo. Una nullità rispetto al congedo obbligatorio previsto per le madri, una conferma della gender-gap che inizia tra le mura di casa e ricade su ogni aspetto della vita privata, a partire dal lavoro.

Insomma, anche le norme sul congedo sono “poco moderne” come Zvonimir Boban, ma il diritto è specchio della società, di cui segue i cambiamenti e gli stimoli. E fa sempre in tempo ad ammodernarsi.

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Georgia, arriva legge contro Pride e diritti Lgbtq+

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Prosegue la campagna di censura e limitazione dei diritti in Georgia. I legislatori del Paese hanno approvato la terza e ultima lettura di una legge sui “valori della famiglia e protezione dei minori” che ha severe limitazioni ai diritti Lgbtq+.

La legge prevede il divieto degli eventi del Pride e delle esposizioni pubbliche della bandiera arcobaleno, nonché la censura di film e libri che trattano temi Lgbtq+. E le polemiche non sono tardate ad arrivare.

Cosa c’è dietro il provvedimento

Il provvedimento è stato ampiamente sostenuto dai leader del partito al governo, Sogno Georgiano, che hanno ritenuto la legge necessaria per mantenere gli standard morali “tradizionali” in Georgia. Nel Paese, la Chiesa ortodossa profondamente conservatrice esercita una notevole influenza.

E non è un caso, quindi, che questo provvedimento arrivi a poco più di un mese prima dalle elezioni parlamentari del 26 ottobre. Il partito al governo sembra, infatti, cercare di consolidare il sostegno conservatore attraverso programmi che tutelino la famiglia tradizionale e i valori della Chiesa stessa.

Critiche e opposizioni a confronto

A commentare l’accaduto è Tamara Jakeli, direttrice del gruppo di attivisti Tbilisi Pride, che a Reuters ha descritto il disegno di legge come una delle più gravi minacce mai affrontate dalla comunità Lgbtq+ in Georgia. Jakeli ha dichiarato che “questa legge è la cosa più terribile che sia mai capitata alla comunità in Georgia. Molto probabilmente dovremo chiudere i nostri centri. Non c’è modo per noi di continuare”.

Il disegno di legge non solo ribadisce il divieto sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, ma proibisce anche gli interventi di riassegnazione chirurgica del sesso.

Ad opporsi ad esso c’è anche la presidente georgiana Salome Zourabichvili che, pur essendo critica dal suo stesso partito e avendo poteri principalmente cerimoniali, ha dichiarato che si opporrà al provvedimento con un veto. Veto che, tuttavia, con la maggioranza parlamentare del partito, è probabile che venga superato.

Georgia: adesione europea e diritti a rischio

In Georgia, il tema dei diritti all’autodeterminazione e sessualità è particolarmente sentito. I sondaggi nazionali rilevano una diffusa disapprovazione delle relazioni omosessuali. La costituzione vieta matrimonio e adozione tra persone dello stesso sesso e le marce del Pride a Tbilisi sono spesso oggetto di contromarce o attacchi dagli anti-Lgbtq+.

Il Paese vorrebbe, inoltre, entrare a far parte dell’Unione europea e le elezioni di ottobre sarebbero decisive in tal senso. Ma la campagna contro i diritti sociali e civili e i profondi legami con la Russia del partito di maggioranza (candidato per un secondo mandato consecutivo), potrebbero rallentare il procedimento di adesione. Votare in controtendenza resterebbe l’unica alternativa possibile.

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La sfida demografica secondo Orsini: un’emergenza per il...

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La sfida demografica non può essere rimandata. Lo ha sostenuto con chiarezza, durante l’Assemblea di Confindustria 2024, il presidente Emanuele Orsini che ha posto l’accento su una delle questioni più critiche per il futuro dell’Italia: l’emergenza che la denatalità sta creando nel nostro Paese.

In un discorso che ha toccato temi economici e industriali di rilevanza globale, Orsini ha sottolineato come l’invecchiamento della popolazione e il basso tasso di natalità rappresentino una minaccia per la competitività e la stabilità nazionale.

“L’Italia sta affrontando un enorme deficit demografico”, ha affermato Orsini, spiegando come la diminuzione della popolazione attiva stia già avendo un impatto negativo su settori cruciali, frenando lo sviluppo industriale e aggravando la situazione economica, specialmente nel Mezzogiorno. Senza interventi strutturali, il trend non potrà che peggiorare, mettendo a rischio la sostenibilità del sistema sociale e produttivo.

Il nodo della natalità e le migrazioni regolari

Orsini ha sottolineato che uno dei maggiori problemi legati alla questione demografica è il basso tasso di natalità. Per far fronte a questa emergenza, ha proposto interventi volti a favorire la crescita della popolazione giovane, evidenziando che la scarsa attrattività del Paese per le professioni qualificate sta spingendo molti giovani laureati a cercare opportunità all’estero. “Vogliamo riportare a casa i nostri giovani“, ha detto il presidente, facendo riferimento alla necessità di trattenere i talenti italiani, così come di attrarre giovani professionisti stranieri.

Un altro aspetto affrontato è stato il tema dei flussi migratori regolari, che Orsini vede come una parte fondamentale della soluzione. La migrazione può colmare il divario tra domanda e offerta di lavoro in settori in cui le imprese italiane faticano a trovare manodopera qualificata. Per questo, è necessaria una riflessione più ampia sulla gestione delle migrazioni, sia in termini di formazione che di inclusione nel mercato del lavoro.

L’impatto sul sistema economico e sociale

L’invecchiamento della popolazione non solo riduce la forza lavoro disponibile, ma aumenta anche la pressione sui sistemi di welfare e sanità pubblica. La crescita della popolazione anziana richiede un adeguamento delle infrastrutture sociali e sanitarie, e Orsini ha invitato le istituzioni e il governo a elaborare politiche di lungo termine che possano affrontare questa sfida complessa.

Inoltre, Orsini ha ricordato che il declino demografico va di pari passo con la crisi del mercato immobiliare e dell’occupazione giovanile. Una delle iniziative proposte, il Piano Straordinario di Edilizia per i lavoratori neoassunti, mira a risolvere uno dei problemi centrali per i giovani: la difficoltà di accedere a una casa a prezzi accessibili. Questo piano, accolto positivamente dal governo, dovrebbe contribuire a creare le condizioni necessarie per incentivare la natalità e garantire un futuro più stabile alle nuove generazioni.

Il discorso di Orsini ha lanciato un chiaro segnale: l’Italia non può permettersi di ignorare la questione demografica. Solo attraverso politiche di sostegno alla natalità, una gestione efficace delle migrazioni e un rinnovato impegno per attrarre e trattenere i giovani talenti, il Paese potrà garantire un futuro prospero e competitivo. La demografia, ha concluso Orsini, non è solo una questione numerica, ma un tassello fondamentale per la crescita economica e sociale dell’Italia

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