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Malattie rare, in Ue a rischio disponibilità trattamento per colangite biliare primitiva

In Italia oltre 1.400 persone potrebbero restare senza acido obeticolico

Malattie rare, in Ue a rischio disponibilità trattamento per colangite biliare primitiva

Rischia di non essere più disponibile per i pazienti in tutta Europa l'acido obeticolico, usato da anni per controllare la progressione della colangite biliare primitiva (Cbp), una rara malattia del fegato che colpisce soprattutto le donne. Lo scorso 3 settembre, infatti, la Commissione europea ne ha revocato l'autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) condizionata, ratificando la raccomandazione del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema). Tale raccomandazione - si legge in una nota - non riguarda aspetti di sicurezza, ma si basa, in gran parte, sulla valutazione del rapporto rischio/beneficio complessivo su un singolo studio (Cobalt) randomizzato controllato con placebo, che ha molteplici limitazioni e non tiene in adeguata considerazione una grande quantità di evidenze raccolte nella pratica clinica (Real World Evidence, Rwe) e il consenso degli esperti.

Il 5 settembre la Corte di Giustizia europea ha sospeso temporaneamente la decisione della Ce. Fino a nuovo avviso, quindi, il farmaco potrà continuare a essere prescritto a nuovi pazienti e a chi ne faceva già uso in regime di rimborsabilità che, solo in Italia, interessa 1.400 persone seguite in oltre 150 centri di epatologia. Se nel prossimo futuro la decisione della Ce dovesse essere confermata, il farmaco potrebbe non essere più accessibile non solo per i nuovi pazienti, ma anche per quelli già in trattamento. La prospettiva preoccupa i pazienti con Cbp che chiedono di utilizzare questo periodo di sospensione per trovare una soluzione che tuteli almeno la continuità terapeutica per i pazienti che traggono benefici dal trattamento. Di questo si è discusso questa mattina a Roma - a ridosso della Giornata mondiale di sensibilizzazione Cbp, che si è celebrata l'8 settembre - in un incontro con la stampa organizzato da Omar, Osservatorio malattie rare, in collaborazione con Amaf Aps Ets - Associazione malattie autoimmuni del fegato e Associazione EpaC Ets e con il contributo non condizionante di Advanz Pharma.

L'acido obeticolico è autorizzato in Italia dal 2017, come unica opzione terapeutica di seconda linea per i pazienti che non hanno un adeguato controllo della malattia con la prima linea a base di acido ursodesossicolico. Inoltre, è stato utilizzato con successo in pratica clinica per 7 anni e sono stati raccolti dati post-marketing relativi alla sicurezza di più di 40 mila pazienti/anno, confermando un profilo di sicurezza ben definito. Al momento non esiste un'alternativa di seconda linea e, se fossero disponibili, agirebbero con meccanismi d'azione diversi dall'acido obeticolico. Nessuno studio è stato fatto sugli effetti e la responsiveness dei pazienti in trattamento con acido obeticolico nel caso di switch.

"La colangite biliare primitiva è una malattia rara, autoimmune grave e progressiva del fegato che colpisce prevalentemente le donne con un rapporto femmine-maschi di 9 a 1 e provoca una patologia cronica del fegato con possibilità di andare verso la cirrosi e il trapianto di fegato - spiega Annarosa Floreani, studiosa senior all'Università di Padova e Consulente scientifico all'Irccs di Negrar, Verona - Se non si trova subito una soluzione, il rischio è di tornare indietro di oltre 7 anni. Altri trattamenti sono in fase di sviluppo, ma attualmente non sono ancora disponibili per i pazienti e non sono dimostrati nella pratica clinica. Inoltre, hanno meccanismi d'azione diversi e non sono quindi intercambiabili con l'acido obeticolico".

Una delle possibili soluzioni discusse, già emersa da due interrogazioni parlamentari presentate dai senatori Elisa Pirro e Ignazio Zullo, membri della Commissione X Affari sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale", depositate l'8 agosto scorso, è quella di applicare l'art. 117.3 della Direttiva 2001/83 Ce, recepito in Italia dall'art. 43 del Decreto del ministero della Salute del 30 aprile 2015. "La norma, che fino ad oggi non è mai stata applicata - chiarisce la senatrice Pirro - prevede che, in caso di revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio di un farmaco, le autorità nazionali competenti possano, in circostanze eccezionali, continuare a consentirne la fornitura ai pazienti già in cura. Sembrerebbe proprio applicabile per questa situazione e mi auguro che possa essere presa in considerazione". Aggiunge il senatore Zullo: "Applicare l'art. 117 sarebbe auspicabile, anche considerando il fatto che la revoca non ha riguardato motivi di sicurezza del farmaco e che per queste persone ad oggi non c'è alternativa. Sono a disposizione per supportare la comunità Cbp nel portare questa soluzione, o eventuali altre, all’attenzione delle istituzioni”.

Il presidente dell'Associazione malattie autoimmuni del fegato (Amaf), Davide Salvioni, chiede che "siano tutelate tutte quelle persone che ad oggi sono in trattamento con l'acido obeticolico e ne traggono un beneficio, almeno fino a quando non saranno disponibili nuove terapie". Secondo Ivan Gardini, presidente dell'Associazione EpaC Ets, "questo caso presenta diverse anomalie: negli Stati Uniti è regolarmente in commercio ed Ema da una parte ne raccomanda il ritiro, ma nello stesso tempo" lo garantisce per la continuità di cura in che ne fa uso "attraverso programmi di uso compassionevole. Inoltre, non viene presa nella dovuta considerazione l'opinione dei pazienti. Mi aspetto che l'Agenzia italiana del farmaco decida di eseguire ulteriori approfondimenti in maniera autonoma, ascoltando la comunità scientifica italiana e le associazioni di pazienti prima di eseguire un eventuale provvedimento di interruzione terapeutica". Si tratta del secondo caso, in pochi mesi, di ritiro dal commercio di un farmaco per malattie rare a seguito di revisione dell'approvazione condizionata e di successiva sospensione della decisione.

"E' chiaro e normale che i pazienti siano molto preoccupati - commenta Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Omar - Nonostante gli studi randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo siano considerati il gold standard della ricerca clinica, essi possono essere difficili da condurre nelle malattie rare, soprattutto quando ciò avviene dopo l'autorizzazione all'immissione in commercio e la disponibilità del prodotto, come nel caso dello studio Cobalt. Per una questione etica sarebbe auspicabile una maggiore considerazione dei dati di Real World Evidence, che in questo caso ci sono (studio Recapitulate)".

A tale proposito Vincenza Calvaruso, segretario nazionale Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf), osserva che "il Chmp sembra non aver preso in considerazione i dati dello studio Recapitulate, i cui primi dati sono stati pubblicati nel marzo 2023 e ulteriori risultati sono stati presentati al congresso internazionale dell'Easl (European Association for the Study of the Liver) nel giugno 2024. I dati italiani raccolti dal 2018 su 759 pazienti trattati con l'acido obeticolico in 66 centri hanno dimostrato un beneficio clinico del farmaco nel ridurre la progressione della malattia e lo sviluppo di danni epatici irreversibili". I risultati dello studio Cobalt "non possono essere interpretati correttamente - sottolinea Pietro Invernizzi, direttore Uoc Gastroenterologia e Centro malattie autoimmuni del fegato (Maf), Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza - Per farlo sarebbe stato necessario prendere in considerazione anche gli studi di supporto e i dati di Real World Evidence. Inoltre, lo studio Cobalt è stato progettato con un braccio placebo quando il farmaco era già disponibile come parte della cura clinica di routine, un aspetto che ha avuto un ruolo determinante nel fallimento dello studio stesso. L'intera comunità scientifica internazionale è dunque concorde nel chiedere alle autorità europee e nazionali di tutelare le persone che sono già in trattamento con acido obeticolico garantendo loro continuità terapeutica".

"Le terapie fino ad oggi disponibili hanno permesso anche ai pazienti che non rispondevano alla prima linea di trattamento di tenere sotto controllo i parametri di fosfatasi alcalina e di bilirubina - rimarca Umberto Vespasiani-Gentilucci, professore associato di Medicina interna presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma, dottore di ricerca in Epatologia sperimentale e clinica - Per dimostrare l'impatto di questi effetti" si dovrebbero considerare i dati "dello studio Recapitulate che evidenzia un miglioramento del 60% nella sopravvivenza libera da trapianto epatico e nella riduzione degli eventi fegato-relati per i pazienti in terapia con Oca, mentre una ulteriore sotto-analisi dimostra una riduzione significativa della rigidità epatica nel tempo, un indicatore chiave - conclude - della progressione fibrotica della malattia".

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Salute e Benessere

Fargnoli (Sidemast): “Per cura psoriasi...

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'Sono loro a dover inviare i pazienti dallo specialista, preoccupa ancora abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento'

Fargnoli (Sidemast):

Anche 12 anni di attesa prima di ottenere le prime terapie specifiche. Per i pazienti con psoriasi curarsi è un'odissea. "I motivi del ritardo nell'inizio dei trattamenti sono da cercare nel territorio. Dobbiamo sensibilizzare i medici di medicina generale a inviare i pazienti dallo specialista, ma anche sensibilizzare lo stesso paziente". Lo ha detto Maria Concetta Fargnoli, ordinaria di Dermatologia e Venereologia presso l'Università dell'Aquila e vicepresidente di Sidemast (Società italiana di dermatologia e delle malattie sessualmente trasmesse), intervendo alla conferenza stampa a Roma sull'approvazione della rimborsabilità per il farmaco orale deucravacitinib.

L'altro problema è che il paziente rinuncia con facilità alle cure. "C'è una preoccupante tendenza - fa notare Fargnoli - all'abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento, oppure si dilazionano gli intervalli di assunzione del farmaco senza che venga indicato dal medico. Problemi che nascono dalla sottovalutazione della condizione".

Al momento "per la psoriasi moderata severa abbiamo diverse terapie – spiega Fargnoli all'Adnkronos Salute - farmaci convenzionali che hanno sicuramente il limite in termini di efficacia, ma soprattutto di trattamento a lungo termine per la tossicità, e poi abbiamo i farmaci innovativi tra cui biologici e piccole molecole. I biologici di prima generazione sono molto efficaci, ma vengono spesso percepiti troppo forti dal paziente che invece vorrebbe, soprattutto nelle forme moderate, un trattamento meno aggressivo". Tra le richieste dei pazienti "un farmaco che riduca il burden infiammatorio e quelle che sono le comorbidità associate che necessitano una presa in carico multidisciplinare e quindi una collaborazione tra dermatologo, reumatologo, gastroenterologo, solo per fare alcuni esempi. Questa nuova molecola può aiutare i pazienti ad uscire dal guscio e riprendersi la loro vita, perché spesso a causa della psoriasi evitano le relazioni sociali", conclude.

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Salute e Benessere

Processo al vino, condannato solo per rischi nei minori e...

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UOMO UBRIACO DAVANTI A BOTTIGLIA DI VINO, FOTO SIMBOLICA DI ALCOLISMO ALCOL (/Fotogramma, MILANO - 2004-10-12) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

Il vino fa male alla salute? Va condannato o assolto? La sentenza è stata pronunciata al termine di un processo in piena regola che si è celebrato ieri sera a Milano, promosso dall'Ordine dei medici provinciale OmceoMi: vino "colpevole", ma solo in parte, "per il fatto di essere certamente pericoloso per i soggetti vulnerabili, per i minorenni e per le donne in stato di gravidanza", e per questo "condannato a 18 mesi di lavori socialmente utili da scontare in un'azienda che produce vino analcolico". Vino "assolto", invece, "per i principali capi di imputazione (112, 590, 589 co. I e IV del codice penale), perché il fatto non costituisce reato".

La difesa esulta: "Si è confuso l'uso consapevole e moderato, che ha portato all'assoluzione, con l'abuso che invece è molto pericoloso, ma che non riguardava i capi d'imputazione. Tutti gli allarmi lanciati dagli esperti riguardano prevalentemente proprio l'abuso. Su cui tutti siamo d'accordo", si legge in una nota diffusa dopo il dibattimento che si è svolto nella sede di Confcommercio, presentato dall'ex rettore dell'università Statale meneghina, Elio Franzini, e diretto da Nunzia Gatto, già avvocato generale al Palazzo di Giustizia di Milano, incaricata dal presidente del tribunale Fabio Roia. Il vino è stato rappresentato dal produttore Walter Massa. Portavoce dell'accusa il magistrato Eugenio Fusco ("a differenza di quanto si dice il vino non ha effetti benefici", ha sostenuto nell'arringa), supportato dai testi Andrea Arighi (direttore Ssd Neurologia-Malattie neurodegenerative Policlinico Milano), Irene Cetin (direttrice Sc Ostetricia e Ginecologia Policlinico Milano) e Alberto Martelli, pediatra. Rappresentanti della difesa le avvocate Ilaria Livigni e Giorgia Andreis, sostenute dai testi Luigi Saverio Belli (direttore Sc Epatologia e Gastroenterologia Niguarda Milano), Stefano Carugo (direttore Uoc Cardiologia Policlinico Milano) e Vito Intini (presidente Onav, Organizzazione nazionale assaggiatori vino).

Le perizie sono state affidate ai medici legali Riccardo Zoja, Arnaldo Migliorini e Giuseppe Deleo, mentre la giuria era composta da Pierluigi Vecchio (direttore Federazione nazionale Ordini dei medici Fnomceo), Andrea Senna (presidente odontoiatri OmceoMi), Roberto Monaco (presidente Ordine medici Siena e segretario Fnomceo) e Filippo Anelli (presidente Fnomceo). "Questa sentenza rispecchia ciò che è emerso dal dibattimento - dichiara Roberto Carlo Rossi, presidente OmceoMi - Attenzione alle persone fragili, ai giovani e giovanissimi, alle donne in gravidanza, dove il vino può davvero essere pericoloso. Attenzione all'abuso, certamente. Ma nessuna evidenza scientifica reale attesta che il vino consumato correttamente sia dannoso per la salute e debba essere vietato".

Per il pediatra Martelli, pro-accusa, "in Italia i numeri relativi al consumo di etanolo fra i giovani sono davvero allarmanti. Il vino sembra però rientrare in questo fenomeno molto marginalmente, perché i giovani abusano perlopiù di superalcolici. Per i minori un percorso educazionale appare essere non più rimandabile in ambito famigliare e scolastico". Il neurologo Arighi avverte che "il consumo eccessivo e cronico di vino comporta gravi danni neurologici, sia a breve che a lungo termine. L'alcol, metabolizzato in acetaldeide, una sostanza tossica, causa stress ossidativo e danni alle cellule nervose. In acuto l'abuso di vino può portare a intossicazione alcolica e crisi epilettiche, nonché ad un aumentato rischio di ictus", mentre "l'assunzione cronica può causare patologie come la demenza alcolica, la neuropatia periferica, oltre a compromettere gravemente la memoria e le funzioni cognitive". Per la ginecologa Cetin, il vino "nuoce al feto durante tutta la gravidanza. Se si pianifica una gravidanza, è opportuno non bere vino e alcolici già dal mese precedente il concepimento perché l'alcol determina modificazioni epigenetiche ai gameti, anche a quelli maschili, che si formano nei 70 giorni precedenti il concepimento. Gli effetti tossici del vino sono principalmente legati al danno neuronale causato dall'etanolo e alla perdita neuronale conseguente. Queste condizioni sono poi associate anche a potenziali esiti nella vita futura".

La difesa sottoscrive i rischi dell'abuso, ma aggiunge altre osservazioni. "Il vino fa male al cuore? In assoluto no - dice il cardiologo Carugo - Le linee guida cardiologiche raccomandano 2 bicchieri (meglio vino rosso) per i maschi e 1 per le donne al giorno, e in generale non più di 100 grammi di alcool la settimana. I polifenoli (resveratrolo) esercitano un'attività antiossidante e antinfiammatoria, e fanno parte in toto della dieta mediterranea assai cardioprotettiva. Ovviamente il vino va assunto con moderazione, ma la complessità ed eterogeneità della 'matrice vino' è il veicolo ideale per aumentarne biodisponibilità e potenziali effetti biologici. L'azione pleiotropica, sinergica e additiva dei diversi fenoli potrebbe spiegare l'effetto protettivo esercitato dal vino anche a fronte di basse concentrazioni". E per non rovinarsi il fegato? "Il limite della moderazione viene abitualmente posto a 2 unità alcoliche al giorno per la donna e a 3 unità alcoliche al giorno per l'uomo - risponde l'epatologo Belli - Una unità alcolica corrisponde a circa 10 grammi di alcol, il contenuto di bicchiere di vino o di una birra da 250 cc. Il vino, anche in piccole quantità, è invece sconsigliabile nei soggetti che dovessero avere malattie epatiche concomitanti soprattutto se avanzate, come la cirrosi da qualunque causa. L'uso smodato dell'alcol è un capitolo a sé stante e può essere causa di malattia di 2 organi: il fegato, fino allo sviluppo di cirrosi, e il cervello quando si instaura dipendenza. Condizioni che nulla hanno a che vedere con il consumo moderato e raccomandato".

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Salute e Benessere

Medicina, diagnostica per immagini sempre più centrale...

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Gli interventi del radiologo Gualdi nei prossimi congressi

Medicina, diagnostica per immagini sempre più centrale nella sicurezza degli atleti

La frontiera della cardiologia viene applicata allo sport, e in particolare alle risposte degli atleti agli stress cardiaci. I casi drammatici e recenti di problemi cardiaci riscontrati durante le competizioni hanno riacceso il dibattito sulla salute degli sportivi e sulle potenzialità della medicina di leggere in anticipo i rischi e individuare le soluzioni. Anche di questo si parlerà il prossimo 25 ottobre a Roma con Gianfranco Gualdi, direttore scientifico del servizio di Diagnostica per immagini dell’Istituto di Medicina e scienze dello sport del Coni, terrà una relazione sulle “modificazioni che possono verificarsi negli atleti sottoposti ad attività agonistica a carico delle strutture cardiache con individuazione del sottile margine tra fisiologico e patologico al fine di accertarne l’idoneità sportiva”. L’intervento è inserito all’interno del 21.simo Congresso Romacuore 2024, organizzato da Collegio federativo di Cardiologia che avrà come tema centrale ‘il ruolo dell’imaging avanzato nelle idoneità sportive: tra fisiologia e patologia’.

Verranno invece descritte nel corso del 107.simo Congresso nazionale Siot, Società italiana di ortopedia e traumatologia, le ultime scoperte mediche sull’instabilità post-traumatica acuta e cronica della spalla nell’atleta. Nell’ambito dell’evento, previsto a Roma dal 29 e il 31 ottobre, è previsto infatti l’intervento di Gualdi che nasce dall’esperienza maturata nel settore sportivo. Partendo dalle modificazioni con coinvolgimento delle strutture anatomiche della spalla, nel suo intervento, il professore, già direttore dell’Unità operativa complessa di Radiologia d’Urgenza del Policlinico Umberto I di Roma, punterà a dimostrare le alterazioni che possono verificarsi a carico delle strutture legamentose e tendinee, oltre che a carico della cartilagine e dei capi ossei e delle strutture muscolari.

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