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Harris e Trump, via al dibattito tv con stretta di mano e subito attacchi

Confronto rovente tra la vicepresidente degli Stati Uniti e l'ex presidente sul palco del National Constitution Center di Philadelphia

Donald Trump e Kamala Harris - Afp

Stretta di mano iniziale, poi scintille e attacchi per 90 minuti nel dibattito tv tra Kamala Harris e Donald Trump. La vicepresidente degli Stati Uniti e l'ex presidente salgono sul palco del National Constitution Center di Philadelphia per il confronto televisivo in vista delle elezioni in programma il 5 novembre. Si comincia con la stretta di mano che apre il dibattito trasmesso dalla Abc e subito la temperatura sale su tutti i terreni di gioco: economia, aborto, giustizia, politica estera.

La prima domanda

Il confronto comincia dalla domanda 'pensate che gli americani stiano meglio di 4 anni fa?': Harris sceglie di rispondere puntando sul tema dell'economia. "Credo nell'ambizione, nell'aspirazione, nei sogni del popolo americano", dice Harris, facendo riferimento ai piani per "un'economia dell'opportunità" e sottolineando le detrazioni fiscali per il ceto medio.

"Loro hanno distrutto l'economia", dice Trump replicando e soffermandosi sulle tariffe 'anti-Cina' adottate durante il suo mandato e accendendo i riflettori sui rischi legati all'immigrazione illegale. "Lei non ha un piano per l'economia", aggiunge l'ex presidente. Harris volge lo sguardo verso il rivale mentre Trump parla. L'ex presidente, invece, ascolta le parole dell'avversaria senza guardarla. "Lei è una marxista e se viene eletta sarà la fine del nostro paese. Suo padre è un professore marxista di economia, le ha insegnato bene", dice Trump.

Scintille sull'aborto, fact checking corregge Trump

Trump accusa i democratici per le "posizioni radicali" e afferma che per i rivali "l'aborto nel nono mese va bene. Per me assolutamente no". L'ex presidente attribuisce posizioni estreme a Walz, il candidato alla vicepresidenza scelto da Harris: "Una pessima scelta. Lui parla di aborto nel nono mese e dice anche che 'esecuzione dopo la nascita è ok': non è aborto dopo la nascita, è esecuzione", dice Trump mentre Harris ripete a bassa voce "non è vero, non è vero" aggiungendo eloquenti espressioni del volto che vengono riprese dalle telecamere.

"Non c'è nessuno stato in questo paese in cui sia legale uccidere un bambino dopo la nascita", puntualizza Linsey Davis, uno dei moderatori. "Sentirete un sacco di bugie e non è una sorpresa", chiosa Harris. Trump riprende la parola e chiama in causa Biden per la prima volta: "... se si può definire un capo, passa tutto il suo tempo in spiaggia...". "Trump non può dire alle donne cosa fare del proprio corpo", dice Harris. L'ex presidente nega l'intenzione di introdurre un 'divieto nazionale' in tema di aborto. Sull'argomento si innesca un prolungato botta e risposta condito da ripetuti "è una bugia" e "non è vero" da entrambe le parti.

Immigrazione, Trump e gli animali mangiati dagli immigrati

Si parla di immigrazione, un tema su cui Trump punta. L'ex presidente si accende: "Hanno permesso a milioni di persone di entrare nel nostro paese. A Springfield la gente che è arrivata mangia i cani e gli animali domestici delle persone che vivono lì", dice Trump, mentre Harris ride e scuote la testa. Harris "sta distruggendo questo paese, non avremo nessuna chance. Diventeremo come il Venezuela ma sotto steroidi".

Intervento del moderatore David Muir: "Le autorità di Springfield dicono che non ci report credibili relativi al fatto che membri della comunità degli immigrati avrebbe mangiato o usato violenza nei confronti degli animali domestici". "Sentite cosa ha detto la gente in tv", ribatte Trump. "Questo è uno dei motivi per cui ho l'endorsement di circa 200 repubblicani...", chiosa Harris. Trump parla di un aumento di reati durante l'amministrazione Biden. "Presidente Trump, come sa, l'Fbi dice che i reati stanno calando nel paese", interviene Muir.

"Ascoltate cosa dicono le persone che hanno lavorato con lui: il suo ex segretario alla Difesa ha detto che il paese non sopravviverebbe ad un altro mandato di Trump". "Io ho licenziato quelle persone...", dice Trump. "Quando qualcuno fa un pessimo lavoro, io lo licenzio". Si vira sulla giustizia e Trump accusa i democratici per il fallito attentato del 13 luglio scorso. "Probabilmente mi sono preso una pallottola in testa per le cose che dicono di me. Parlano di democrazia, io sono una minaccia per la democrazia. Sono loro la minaccia alla democrazia".

Nuovi attacchi incrociati: "Bugiardo", "Sei pessima"

Ogni argomento si presta ad attacchi incrociati. Harris rivendica le proprie origini e sottolinea la normalità della propria famiglia. "Sono cresciuta in una famiglia del ceto medio, cresciuta da una madre lavoratrice". Dall'altra parte, dice, c'è chi "ha ricevuto 400 milioni su un piatto d'argento e ha dichiarato bancarotta sei volte". Trump incassa e risponde: "Non ho ricevuto 400 milioni di dollari, mi sarebbe piaciuto. Mio padre era un costruttore a Brooklyn, era un grande uomo e ho imparato tanto. Ho ricevuto solo una piccola parte di quella somma e l'ho trasformata in miliardi e miliardi di dollari".

Nuovo round: "Lei ha detto che avrebbe tolto i fondi alla polizia", incalza Trump mentre Harris scuote la testa e dice "Non è vero". "Aspetti un minuto, sto parlando io se non le dispiace", replica il candidato repubblicano. "Sta mentendo", dice la vicepresidente. Quindi, Trump chiama nuovamente in causa Biden: "Finiamo qui il dibattito, vorrei vederle lei andare direttamente a Washington... Tanto sta andando malissimo, è ridicola... e firmare un provvedimento per chiudere il confine. Hanno il potere di farlo, bisogna tirare il presidente giù dal letto alle 4 del pomeriggio...".

Harris: "Il mondo ride di te". Trump: "Sentite cosa dice Orban"

Donald Trump smentisce alcune sue recenti dichiarazioni in cui sembrava aver accettato la sconfitta alle elezioni del 2020, sostenendo di averle "perse per un soffio". Alla domanda del giornalista di Abc News se stia riconoscendo di aver perso nel 2020, il candidato repubblicano ha risposto: "Non lo riconosco affatto, è stato detto in modo sarcastico". "Io non ho nulla a che fare" con l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, "se non che mi avevano chiesto di fare un discorso", aggiunge Trump.

"Trump è stato licenziato da 81 milioni di persone" nelle elezioni 2020, dice Harris con un attacco durissimo. "E chiaramente ha difficoltà ad accettarlo. Non possiamo permetterci un presidente che tenta di sovvertire la volontà espressa dagli elettori. Io ho viaggiato per il mondo come vicepresidente, i leader mondiali ridono di Donald Trump. Ho parlato con leader militari che hanno lavorato con lei e dicono che lei è una disgrazia. Negare in un dibattito presidenziale di aver perso le elezioni, perché le ha perse, induce a pensare che il candidato alla mia destra non ha il temperamento o l'abilità di non essere confuso in relazione ai fatti: il popolo americano merita di meglio", dice la vicepresidente.

Trump replica citando le parole di "Viktor Orban, primo ministro dell'Ungheria e uomo rispettabile. Dice che il mondo ha bisogno di Donald Trump. Cito le sue parole: 'La Cina lo temeva, la Corea del Nord temeva, la Russia lo temeva'. Lo ha detto Viktor Orban".

Politica estera tra Israele e Ucraina

"Dobbiamo arrivare alla soluzione dei due stati" per la crisi in Israele, dice Harris. "Con me alla presidenza, non sarebbe scoppiata nessuna guerra. Lei odia Israele, non ha nemmeno incontrato il premier Netanyahu al Congresso. Se lei diventa presidente, Israele cesserà di esistere in due anni. Quando c'ero io, l'Iran era in bancarotta e non aveva soldi per finanziare le milizie. Ora l'Iran è una nazione ricca perché sono state tolte le sanzioni. Guardate cosa sta succedendo in Medio Oriente e in Ucraina. Se venissi eletto, porrei fine al conflitto prima dell'insediamento", dice Trump. "Voglio che la guerra finisca, voglio salvare vite", risponde l'ex presidente alla domanda 'vuole che l'Ucraina vinca?' ripetuta due volte.

"Conosco Zelensky e conosco Putin, mi rispettano. Loro non rispettano Biden, che non ha fatto nemmeno una telefonata a Putin in 2 anni. Parlerò con uno, parlerò con l'altro, li metterò insieme", la ricetta di Trump. "Rischiamo di andare verso la terza guerra mondiale, dov'è il presidente? Abbiamo un presidente che non sa se è vivo", attacca Trump.

"Non è vero che odio Israele e lui lo sa", incalza la vicepresidente. "La realtà è ben nota: Trump è debole in politica estera, ammira i dittatori come Putin e scambia lettere d'amore con Kim Jong-un. I dittatori tifano per Trump, abbiamo bisogno di un presidente che non sia debole in politica estera e in tema di sicurezza nazionale".

"Putin ha detto che spera nella sua vittoria", ribatte Trump facendo riferimento a recenti dichiarazioni, forse ironiche, del presidente russo. "Se Donald Trump fosse presidente, Putin sarebbe seduto a Kiev in questo momento e capite cosa significherebbe, perché l'agenda di Putin non riguarda solo l'Ucraina", attacca Harris. Putin "è un dittatore che ti mangerebbe a pranzo. I nostri alleati sono così grati che lui non sia più presidente, altrimenti Putin siederebbe a Kiev con gli occhi sul resto dell'Europa". "Abbiamo mandato lei a negoziare 3. E Putin ha invaso l'Ucraina tre giorni dopo... E' una pessima negoziatrice: lei è ripartita e Putin ha invaso l'Ucraina", dice Trump. Muir chiede alla vicepresidente se abbia negoziato con Putin: "E' un'altra bugia, ne sentirete tante da questo tizio", replica Harris.

I messaggi finali

"Avete ascoltato due visioni molto diverse per il paese. Una concentrata sul futuro, l'altra sul passato. Ma non torneremo indietro", dice Harris. "Chiaramente non sono Joe Biden e non sono certo Donald Trump. E quello che offro è una nuova generazione di leadership per il nostro Paese, che crede in ciò che è possibile, che porta un senso di ottimismo su ciò che possiamo fare invece di denigrare sempre il popolo americano. Intendo essere presidente di tutti gli americani", aggiunge con un messaggio che appare pensato e preparato.

Trump, invece, chiude con un attacco a braccio: "Lei ha iniziato dicendo che vuole fare questo e quello... tutte cose splendide: hanno avuto 3 anni e mezzo per fare tutto quello di cui abbiamo parlato. Perché non lo hanno fatto? Perché credono in cose in cui gli americani non credono", il messaggio di Trump. "Siamo una nazione in declino, il mondo ride di noi. Non siamo leader, non abbiamo idea di cosa stia succedendo nel mondo. Stanno distruggendo il nostro paese, il peggior presidente e la peggior vicepresidente nella storia degli Stati Uniti". Il dibattito termina con i ringraziamenti dei moderatori ai due candidati. Trump e Harris ricambiano e si allontanano senza salutarsi.

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Esteri

Ucraina, attacco-terremoto: distrutto arsenale Russia, cosa...

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Oltre 100 droni colpiscono un deposito di munizioni, armi e missili: colpo durissimo per Mosca

Le esplosioni in Russia

Un attacco paragonabile a un terremoto per cambiare la guerra. L'Ucraina sferra un colpo durissimo alla Russia, con un'offensiva che rischia di condizionare le strategie di Mosca nel conflitto. Un'ondata di oltre 100 droni lanciata da Kiev, supera il confine e arriva nell'area di Toropets, a quasi 500 km dalla capitale ucraina, e riduce in cenere uno dei principali depositi di munizioni e missili del ministero della Difesa russo.

Le esplosioni in serie producono un effetto tale da 'svegliare' i sismografi, che si attivano come se si fosse verificato un terremoto. Gli incendi si diffondono per un'area larga oltre 6 km nella regione di Tver, tra gli 11mila civili che vivono nell'area sono molti quelli chiamati ad abbandonare la propria abitazione.

Armi e missili in fumo

Andriy Kovalenko, a capo del centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev, delinea la portata dell'azione ucraina: nei depositi, capaci di contenere armi e munizioni per centinaia di tonnellate, si trovavano missili S-300, S-400, sistemi Grad, Iskander e i Kn24 nordcoreani. Probabilmente, nelle strutture erano stoccate anche 'bombe plananti', che negli ultimi mesi hanno colpito obiettivi militari e civili.

L'arsenale colpito è una delle due strutture presenti nell'area. L'altra, già nei mesi scorsi, era stata colpita dai droni di Kiev. Il deposito di missili e munizioni era stato costruito a Toropets nel 2018 ed era stato presentato come una struttura di massima sicurezza.

I media ucraini attribuiscono i meriti ai servizi di sicurezza di Kiev, all'intelligence della Difesa e alle Forze speciali. L'attacco viene ampiamente discusso nei canali Telegram dei cosiddetti mil-blogger russi, esperti che monitorano il conflitto e spesso forniscono informazioni che non vengono ufficialmente diffuse. Il danno subito dalle forze armate russe, scrive in particolare Anastasia Kashevarova, è notevole: "Dopo 3 anni di operazione speciale siamo ancora a questo livello di idiozia".

Kiev ha usato droni o missili?

Ci si interroga sui mezzi utilizzati da Kiev: possibile che i droni siano riusciti a infliggere danni di portata così pesante? I depositi sono stati colpiti da missili a lungo raggio? Le domande si inseriscono nel dibattito di queste ultime settimane, caratterizzate dal pressing di Kiev per ottenere l'autorizzazione ad utilizzare i missili a lungo raggio - gli Atacms americani e gli Storm Shadwo anglofrancesi - contro obiettivi militari russi: basi e, appunto, depositi di armi.

La Russia, in ogni caso, continua a disporre di una macchina bellica capace di produrre ogni mese 42-56 missili balistici, 90-115 missili a lungo raggio e 500 droni, secondo le stime diffuse da Forbes.

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Esteri

Libano, esplodono walkie talkie. Hezbollah promette...

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Nuovo attacco con 20 morti e centinaia di feriti

Attacco con walkie talkie esplosivi

Un nuovo attacco contro Hezbollah in Libano. Dopo i cercapersone esplosivi, ecco i walkie talkie e le radio: altro esplosivo nei dispositivi, altri 20 morti e circa 450 feriti. Come per l'offensiva hi-tech attuata con i pager, nessuna rivendicazione da parte di Israele: né conferme, né smentite. Hezbollah, così come Hamas e Iran, non ha dubbi sulle responsabilità.

Cosa è successo

Tra le ricostruzioni, spicca quella del canale saudita all news al-Sharq, che cita una fonte di alto profilo della sicurezza libanese: "Sono stati piazzati dal Mossad" gli esplosivi all'interno dei walkie talkie saltati in aria. Ci sarebbero state 15-20 esplosioni nei sobborghi meridionali di Beirut ed altre 15-20 esplosioni nel sud del Paese.

I walkie talkie sono nettamente meno diffusi tra i militanti di Hezbollah rispetto ai cercapersone esplosi in massa martedì. Vengono distribuiti, infatti, solo alle persone che organizzano eventi come funerali e marce. Nonostante ciò, il bilancio dell'attacco è considerevole e secondo fonti israeliane i numeri sarebbero superiori a quelli comunicati dalle autorità libanesi.

"Questi attacchi saranno certamente puniti, ci sarà una vendetta sanguinosa", dice Hashem Safieddine, capo del Consiglio esecutivo di Hezbollah, oltre che cugino del leader del gruppo, Hassan Nasrallah, che oggi dovrebbe tenere un discorso. "Condanniamo fermamente la rinnovata e continua aggressione sionista contro il fraterno popolo libanese", la posizione assunta da Hamas, con una nota nella quale si denuncia che le esplosioni degli ultimi due giorni "ora minacciano la sicurezza e la stabilità della regione".

Israele prepara la nuova fase della guerra

L'attenzione di Israele si sta spostando da Gaza verso il fronte settentrionale ed il confine con il Libano dal momento che sta iniziando una "nuova fase" della guerra, dice il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, rivolgendosi al personale dell'aeronautica militare israeliana presso la base aerea Ramat David, situata non lontano da Haifa.

"Il centro di gravità si sta spostando verso nord. Stiamo dirottando forze, risorse ed energie verso nord", dice il ministro, secondo quanto riferito dal suo ufficio. "Credo che siamo all'inizio di una nuova fase di questa guerra e dobbiamo adattarci", aggiunge Gallant, ribadendo che gli obiettivi di Israele nel nord sono "chiari e semplici: riportare gli abitanti nelle loro case in sicurezza".

I segnali vengono colti dal Libano, che si prepara a "possibili scenari" di guerra con Israele come dice il premier ad interim libanese, Najib Mikati, dopo una riunione della Commissione la gestione delle crisi e dei disastri.

A capo della Commissione, il ministro dell'Ambiente Nasser Yassin afferma che in vista di un attacco di Israele stanno approntando rifugi per la popolazione e che ci sono un centinaio di scuole a disposizione. Quanto alle scorte di cibo, secondo Yassin "sono sufficienti per oltre tre mesi e una nave con 40mila tonnellate di cereali e farina sta per arrivare in Libano".

Si muove l'Onu

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà venerdì per discutere dell'ondata di esplosioni. Lo ha indicato un portavoce della presidenza slovena del Consiglio. La riunione, richiesta dall'Algeria, è in programma alle 15 ora locale (le 9 in Italia). Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres chiede uno stop agli attacchi hi-tech. "Penso che sia molto importante che ci sia un controllo effettivo degli oggetti civili, che non vengano armati. Questa dovrebbe essere una regola che i governi di tutto il mondo dovrebbero essere in grado di attuare", dice durante una conferenza stampa a New York.

Secondo il segretario generale, "la logica di far esplodere tutti questi ordigni" sembra essere quella di "un attacco preventivo prima di una grande operazione militare”, motivo per cui questo incidente, attribuito a Israele, dimostra che esiste un "serio rischio" di escalation regionale.

Da Washington, infine, la Casa Bianca ribadisce l'estraneità degli Usa: "Non siamo stati coinvolti in alcun modo negli incidenti" in Libano, dice il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, in un briefing con i giornalisti, ribadendo: "Vogliamo che la guerra finisca, tutto quello che abbiamo fatto è destinato a impedire l'escalation del conflitto".

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Esteri

Elezioni Usa, lo spettro di un altro 6 gennaio in caso di...

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Forse meno violento di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Trump assaltarono il Congresso, ma con un impatto ancora più allarmante sulla tenuta istituzionale

Donald Trump e Kamala Harris - Afp

Kamala Harris continua a salire nei sondaggi, ma i democratici sono agitati dallo spettro di un altro 6 gennaio in caso di sua vittoria alle elezioni presidenziali di novembre. Forse meno violento e insurrezionale di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Donald Trump assaltarono il Congresso nel tentativo di impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden. Ma potrebbe avere un impatto ancora più allarmante e dilaniante sulla tenuta istituzionale e costituzionale degli Stati Uniti, fondata sul trasferimento pacifico dei poteri.

Lo scenario da incubo per i dem

Secondo Politico, lo scenario da incubo per i democratici prevede che nonostante la vittoria di Harris alla Casa Bianca, i repubblicani mantengono la maggioranza alla Camera, dando così allo Speaker Mike Johnson la possibilità di trovare i modi di ostacolare, se non bloccare del tutto la conta dei voti elettorali, cosa che farebbe ricadere sulla Camera l'ultima parola sull'elezione presidenziale, come previsto dal 12esimo emendamento della Costituzione.

Non bisogna dimenticare che l'allora poco conosciuto deputato della Louisiana nel 2020 guidò il ricorso dei repubblicani alla Corte Suprema in cui si chiedeva di rovesciare i risultati degli stati chiave, che sancivano la vittoria di Biden.

L'iniziativa fu benedetta personalmente da Trump, che anche in virtù di questo lo scorso ottobre ha dato il placet all'elezione di Johnson a Speaker. Ed ora a meno di due mesi dal voto, il leader repubblicano sta cercando di far passare una legge per impedire quelle che definisce la manovre dei dem per far votare in massa immigrati illegali. Accuse che fanno capire come la leadership del partito repubblicano, ormai largamente allineato su posizioni Maga, in caso di nuova sconfitta del tycoon, potrà appoggiare con forza le eventuali nuove denunce di brogli da parte di Trump.

Le conferme nei sondaggi

Una posizione diffusa anche tra la base elettorale, dal momento che un sondaggio di World Justice Project, rilanciato da The Hill, mostra che il 46% degli elettori repubblicani non è pronto ad accettare i risultati elettorali come legittimi in caso di vittoria dem. E il 14% di questi si dice pronto ad intraprendere azioni per rovesciare i risultati. Va comunque sottolineato che anche un 27% di elettori democratici si dice non disposto a riconoscere una vittoria repubblicana, con un 11% pronto a passare dalle parole ai fatti.

Interpellate da Politico, fonti dell'entourage dello Speaker liquidano i timori dei democratici come parte di una strategia tesa a raccogliere più fondi per la campagna per la riconquista della Camera. E di una "narrativa allarmista" riguardo ad una vittoria Gop che ha contribuito a portare ai due tentati assassinii di Trump. Un altro repubblicano vicino a Johnson poi afferma di dubitare che lo Speaker potrebbe cedere così facilmente ai desideri di Trump.

Non bisogna dimenticare poi che, in caso di vittoria dem alla Casa Bianca, Harris, che fino al 20 gennaio continuerà ad essere vice presidente, si troverà, in qualità di presidente del Senato, a presiedere la seduta per la certificazione di voti elettorali. Come il 6 gennaio 2021 fece, una volta sgombrato il Congresso dei rivoltosi, Mike Pence, reo agli occhi di Trump e dei suoi sostenitori di non aver accolto la richiesta del presidente uscente di bloccare la certificazione.

La nuova legge sulla conta dei voti, cosa può accadere

Inoltre, nel 2022 è stata passata una nuova legge che rende più difficile bloccare la conta dei voti elettorali: se prima bastava l'opposizione di un singolo membro per accogliere un'obiezione ora è richiesto il 20% di ciascuna delle due Camere. Ma tra i timori dei democratici c'e' anche quello che Johnson possa ottenere abbastanza repubblicani per bloccare alcuni voti elettorali cruciali, o cercare di riscrivere le regole che governano la sessione per la certificazione dei voti elettorali del 6 gennaio, con l'obiettivo di rendere più facili le contestazioni.

O addirittura cercare di ritardare la seduta che per legge deve essere convocata per il 6 gennaio. Il tutto avendo bene in testa che nessun candidato riceve almeno 270 voti elettorali certificati, la Costituzione prevede quella che viene chiamata la "contingent election", una sorta di elezione di emergenza, con la Camera che elegge il presidente e il Senato il vice presidente. Un procedimento che favorirebbe i repubblicani dal momento che ogni stato deve esprimere un solo voto - quindi anche i tanti piccoli stati a guida Gop avrebbero lo stesso peso di quelli più popolosi, come California e New York, di orientamento dem - e quindi è necessaria una maggioranza di almeno 26 stati.

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