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Briatore boccia la pizza di Napoli, Sorbillo risponde: “Parla lui…”

"La sua è un'altra pizza. Le pizze con l'impasto all'acqua sono un po' stile 'scrocchiarella', tipo crackers"

Gino Sorbillo e Flavio Briatore

Flavio Briatore attacca la pizza napoletana, che somiglia a "una gomma da masticare" e Gino Sorbillo, uno dei maestri della pizza 'made in Napoli', risponde. "Non sono d'accordo con lui. La sua pizza è più sottile della nostra poiché i suoi pizzaioli usano lo schiacciapizza che è uno strumento elettrico che va a schiacciare tutti gli alveoli della pizza rendendola sottile e croccante. La pizza napoletana, invece, è morbida e facilmente manipolabile", dice Sorbillo a Radio Crc.

Briatore si appresta a sbarcare a Napoli con il suo brand Crazy Pizza. "La sua è un'altra pizza. Le pizze con l'impasto all'acqua sono un po' stile 'scrocchiarella', tipo crackers. Lui dice che non siamo stati capaci di tutelare la pizza, poiché è stato l'unico che ha esportato Nel mio caso sono arrivato a superare i 30 punti di vendita. Ho aperto dei locali a Tokyo, Miami e ne stiamo aprendo altri a Roma Termini, Pompei e negli Emirati Arabi. Noi abbiamo una storia", aggiunge Sorbillo.

"Il costo di una margherita in media? 6 euro e 50. Briatore la mette a 17 euro, però utilizza anche la notorietà che ha e il suo giro di amici. Bisognerà vedere se Briatore nelle altre città che ha aperto lavora o meno. A Milano io ho otto locali e lui solo uno, perciò non so se lavora tanto oppure no", afferma ancora.

"Le associazioni possono fare e fanno un grande lavoro con dei riconoscimenti e le tabelle in cui sono elencate le pizzerie e i pizzaioli che rispettano il disciplinare. C'è ancora tanto spazio per chi vuole fare pizza, però non è detto che tutto ciò che è schiacciato può essere pizza. Il termine pizza non lo abbiamo tutelato e ormai è nella bocca di tutti, nonostante siamo stati noi i primi a fare la pizza nella storia che ha trecento anni di storia", afferma.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Matrimoni in calo, ma anche separazioni e divorzi. E ci si...

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La fotografia dell'Istat: trend, età, differenze regionali

Coppia di sposi (Foto )

Matrimoni ancora in calo in Italia, ma diminuiscono anche separazioni e divorzi. E' la fotografia scattata dall'Istat che individua anche trend, età e differenze regionali.

Matrimoni

Nel 2023 i matrimoni sono stati 184.207, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-2,6%); il calo è stato più consistente nel Mezzogiorno (-5,8%) rispetto al Nord (-0,3%), in posizione intermedia il Centro (-1,3%). I dati provvisori dei primi otto mesi del 2024 mettono in luce una ulteriore diminuzione (-6,7%), a conferma di un ridimensionamento della nuzialità che negli ultimi quarant’anni non ha conosciuto soste, al netto di alcuni momenti storici duranti i quali il numero dei matrimoni ha mostrato andamenti altalenanti in relazione a fenomeni di tipo congiunturale, rileva l'Istat.

Nel 2000, ad esempio, si rilevò un aumento dei matrimoni da collegare al desiderio di celebrare le nozze all’inizio del nuovo millennio. All’opposto, nel triennio 2009-2011, il calo fu particolarmente accentuato per il crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati dalle modifiche legislative volte a limitare i matrimoni di comodo. Inoltre, non va dimenticata la crisi economica del 2008 il cui impatto produsse effetti sui comportamenti nuziali delle coppie. Infine, nel 2020 si è assistito a un dimezzamento del numero dei matrimoni per effetto della pandemia da Covid-19 (e delle sue misure di contenimento) che ha visto molte coppie posticipare le nozze, in parte poi celebrate nel successivo biennio 2021-2022.

Nel 2023 i 139.887 primi matrimoni mostrano, se confrontati con l’anno precedente, una diminuzione del 4,3%, più consistente rispetto a quella del totale dei matrimoni (-2,6%). Nel 2023 la quota dei primi matrimoni rispetto al totale delle celebrazioni è pari al 75,9%, evidenziando un netto calo anche rispetto al 79,4% del 2019 (anno in cui il numero di matrimoni totali era stato simile a quello del 2023). La diminuzione tendenziale dei primi matrimoni, al netto delle oscillazioni di breve periodo, è strettamente connessa alla progressiva diffusione delle libere unioni (convivenze more uxorio). Queste ultime sono più che triplicate tra il biennio 2000-2001 e il biennio 2022-2023 (da circa 440mila a più di 1 milione e 600mila), un incremento da attribuire soprattutto alle libere unioni di celibi e nubili.

Ci si sposa sempre più tardi

L'Istat rileva poi che ci si sposa sempre più tardi, l'età media è ormai 34,7 anni per gli uomini e 32,7 per le donne. "Il mutamento nei modelli culturali, nonché l’effetto di molteplici fattori quali l’aumento diffuso della scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi, le difficoltà nell’ingresso nel mondo del lavoro e la condizione di precarietà del lavoro stesso hanno comportato, negli anni, una progressiva posticipazione del calendario di uscita dalla famiglia di origine. La quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61,2%, quasi tre punti percentuali in più in circa 20 anni", si sottolinea.

"Questa protratta permanenza - viene evidenziato - comporta un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze. Tale effetto si amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole spingendo i giovani a ritardare ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui quella della formazione di una famiglia. Sul posticipo del primo matrimonio, inoltre, incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali".

L’analisi del tasso di primo-nuzialità totale, "una misura trasversale attraverso la quale si può valutare quanti primi matrimoni siano attesi da una ipotetica generazione di 1.000 individui", consente di far luce sui processi di formazione delle coppie, di quelle giovani in particolare. Tale indice segnala, in base a quanto registrato nel 2023, un’intensità di 399 primi matrimoni per 1.000 uomini e 450 per 1.000 donne; valori in diminuzione rispetto all’anno precedente (2,2 punti percentuali in meno sia per gli uomini sia per le donne). A livello aggregato, la tendenza al rinvio porta l’età media alle prime nozze a 34,7 anni per gli uomini (+0,1 punti rispetto all’anno precedente) e a 32,7 anni per le donne (+0,2).

Unioni civili

"Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la Legge che ha introdotto in Italia l’istituto dell'unione civile tra persone dello stesso sesso - ricorda l'Istat - Nel corso del secondo semestre 2016 si sono costituite 2.336 unioni civili, un numero particolarmente consistente che ha riguardato coppie da tempo in attesa di ufficializzare il proprio legame affettivo. Al boom iniziale ha fatto poi seguito una progressiva stabilizzazione. Le 3.019 unioni civili tra coppie dello stesso sesso costituite presso gli Uffici di Stato Civile dei Comuni italiani nel 2023 evidenziano un aumento rispetto all’anno precedente (+7,3%), ma i dati provvisori dei primi otto mesi del 2024 delineano un calo (-2,1%) rispetto allo stesso periodo del 2023".

Si conferma anche nel 2023 la prevalenza di unioni tra uomini (1.694 unioni, il 56,1% del totale), stabili rispetto all’anno precedente (56,7%). Il 35,5% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (24,3%). Tra le regioni, in testa si posiziona la Lombardia con il 23,5%; seguono il Lazio (13,3%) e l’Emilia-Romagna (10,4%).

A livello nazionale nel 2023 si sono avute 5,1 nuove unioni civili per 100mila residenti, mentre nel Mezzogiorno l’indicatore è all’incirca la metà. La Lombardia e l’Emilia-Romagna si collocano al primo posto a pari merito tra le regioni (7,1 per 100mila) seguite dal Lazio (7,0) e dal Piemonte (6,9). Emerge con evidenza, aggiunge l'Istat, il ruolo attrattivo dei grandi Comuni: più di un quarto delle unioni si sono costituite nel complesso dei 12 grandi Comuni. In testa si trova il Comune di Roma (con l’8,4%), seguito da quello di Milano (6,8%). Le unioni civili con almeno un partner straniero sono il 17,0%; nel Centro si attestano al 18,1%, nel Nord al 17,4% mentre nel Mezzogiorno sono il 14,4%.

Separazioni e divorzi

Nel 2023 le separazioni sono state complessivamente 82.392 (-8,4% rispetto all’anno precedente). I divorzi sono stati 79.875, il 3,3% in meno rispetto al 2022 e il 19,4% in meno nel confronto con il 2016, anno in cui sono stati finora i più numerosi (99.071), rileva l'Istat.

Il trend dei divorzi è stato sempre crescente dal 1970 (anno di introduzione del divorzio nell’ordinamento italiano) fino al 2015. In tale anno il numero di divorzi subì una forte impennata (+57,5%) in relazione all’entrata in vigore di due importanti leggi che hanno modificato la disciplina dello scioglimento e della cessazione degli effetti civili del matrimonio: il Decreto legge 132/2014, che ha introdotto le procedure consensuali extragiudiziali senza più il ricorso ai Tribunali (direttamente presso gli Uffici di Stato Civile o tramite negoziazioni assistite da avvocati) e soprattutto la Legge 55/2015 (c.d. “Divorzio breve”) che ha fortemente ridotto l’intervallo di tempo tra separazione e divorzio (12 mesi per le separazioni giudiziali e sei mesi per quelle consensuali) determinando un vero boom del fenomeno.

Dopo l’aumento registrato tra il 2015 e il 2016 - che ha riguardato in misura più attenuata anche le separazioni - l’andamento dei divorzi fino al 2019 si è mantenuto stabile con piccole oscillazioni. Nel 2020 è stato invece ben visibile l’impatto della pandemia, soprattutto per effetto delle chiusure degli uffici e delle restrizioni alla mobilità, con conseguenze, nel caso dei provvedimenti presso i Tribunali, anche sui procedimenti di separazione o divorzio avviati negli anni precedenti. Tale impatto è stato poi riassorbito nel 2021, quando i livelli sono tornati sostanzialmente quelli pre-pandemici.

Nel 2023, prosegue l'Istat, si nota un ridimensionamento (-10,9%) della componente consensuale delle separazioni (considerando nel loro complesso quelle in Tribunale e quelle extragiudiziali). L’81,0% delle separazioni si è concluso consensualmente, mostrando una diminuzione rispetto al trend di crescita di questa componente osservato fino al 2021. Le separazioni giudiziali, caratterizzate da una maggiore durata dei procedimenti, confermano il trend di aumento iniziato nel 2018 (interrottosi solo nel 2020).

Tradizionalmente più contenuta rispetto alle separazioni è la quota della componente consensuale (sia giudiziale che extragiudiziale) nei divorzi (70,6%); questa appare sostanzialmente in linea con l’anno precedente (71,5%). I divorzi giudiziali presso i Tribunali nel 2023 si mantengono stabili rispetto al 2022 (-0,5%) mentre i divorzi con rito consensuale mettono in luce un netto ridimensionamento (-14,3%).

Non è ancora possibile valutare gli effetti del D. Lgs. 149 del 10 ottobre 2022 (la cosiddetta “riforma Cartabia”) introdotta con l’obiettivo di razionalizzare i procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. La facoltà di proporre contestualmente la domanda di separazione personale e quella di divorzio è entrata in vigore dal 28 febbraio 2023, ma varie sentenze interpretative successive hanno di fatto rallentato l’entrata a regime delle nuove procedure.

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Cronaca

Callini (I Municipio): “Intitolazione strada a Maria...

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“Non poteva esserci luogo migliore per una partigiana che tanto ha lottato per la libertà e per i diritti delle donne"

"Sono veramente contenta che la Giunta Capitolina, al termine del lavoro svolto dalla Commissione Consultiva di Toponomastica, abbia approvato la deliberazione con la quale autorizza l'intitolazione a Marisa Cinciari Rodano di un viale all'interno del Parco della Resistenza dell'8 Settembre nel quartiere di San Saba”. Lo dichiara Giulia Callini, presidente della Commissione Lavori Pubblici del Municipio I Roma Centro e prima firmataria dell’atto che chiedeva l’intitolazione di un luogo pubblico alla Rodano.

“Non poteva esserci luogo migliore per una partigiana che tanto ha lottato per la libertà e per i diritti delle donne - ha aggiunto - Noi Rete Donne, l’associazione che ha fondato e che promuove la democrazia paritaria ci ha chiesto di ricordare questa grande donna, e sono soddisfatta del risultato frutto di un lavoro di squadra con il consigliere capitolino Riccardo Corbucci che ha presentato un atto analogo in comune e della Giunta capitolina. Per Marisa Rodano, simbolo di una lotta tenace e costante per le libertà di uomini e donne si è derogato alla norma che prevede, per l'intitolazione di un luogo pubblico, l’attesa di dieci anni dal decesso. Ed è giusto così, sono ancora troppo pochi i luoghi pubblici intitolati alle donne rispetto agli uomini”.

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Cronaca

“Rischio Amsterdam? Basso, qui estremisti pro-Pal...

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"In quei Paesi le comunità musulmane sono giunte già alla terza o quarta generazione: l'Italia si trova ancora a cavallo tra la prima e la seconda generazione"

Rischio emulazione Amsterdam o radicalizzazione nelle manifestazioni pro-Palestina? "In Italia c'è una situazione diversa rispetto ad altri paesi europei come Francia, Germania o Regno Unito". Così all'Adnkronos Valerio Mazzoni, analista esperto di Jihadismo e terrorismo internazionale. "Queste nazioni, grazie a una storia coloniale più radicata e a politiche migratorie differenti, hanno visto l'insediamento di comunità musulmane più ampie e strutturate, giunte già alla terza o quarta generazione: l'Italia si trova ancora a cavallo tra la prima e la seconda generazione". L'analista sottolinea che le manifestazioni pro-palestinesi in Italia sono spesso guidate da ambienti legati all'estrema sinistra, centri sociali e movimenti antagonisti, piuttosto che da organizzazioni di matrice islamista militante. "Questa distinzione - evidenzia - è cruciale nel comprendere come la causa palestinese venga inquadrata principalmente con una lente politica di lotta di classe, più che come un terreno fertile per la radicalizzazione religiosa".

L'Italia.. una storia diversa

A differenza di paesi come Francia, Regno Unito e Germania - sottolinea - dove l'immigrazione dalle ex-colonie ha creato comunità musulmane ampie e radicate, l'Italia si trova in una fase demografica diversa. Gran parte della popolazione musulmana residente è costituita da immigrati di prima o seconda generazione, con legami familiari e sociali ancora fortemente connessi ai paesi d'origine. Questo fattore, pur riducendo l'incidenza di fenomeni di isolamento identitario che spesso favoriscono la radicalizzazione, non elimina del tutto il rischio.

Le manifestazioni di sostegno alla causa palestinese in Italia, dice tendono a essere egemonizzate da ambienti della sinistra antagonista, centri sociali e movimenti pro-diritti umani. Questa differenza di prospettiva rende il contesto italiano unico, con la causa palestinese interpretata prevalentemente attraverso una lente politica, anziché religiosa. Tuttavia, non mancano frange minoritarie di matrice islamista che potrebbero sfruttare questa narrativa come strumento per attrarre individui vulnerabili.

Attenzione alla propaganda digitale..

I social media, dice Mazzoni, rappresentano oggi un campo di battaglia fondamentale per la propaganda terroristica. Canali legati a organizzazioni come lo Stato Islamico o al-Qaeda continuano a diffondere contenuti che si rivolgono a un pubblico globale, inclusi utenti italofoni. Un dato significativo emerso dal monitoraggio, afferma, è l’assenza di prodotti originali in lingua italiana.

Questo significa che, ad oggi, la propaganda islamista nel nostro paese si limita a traduzioni e adattamenti di materiali già prodotti in altre lingue. Riviste come Dabiq o Rumiyah, associate allo Stato Islamico, sono state tradotte in italiano per raggiungere un pubblico locale, così come i video sottotitolati dei leader del gruppo. Questi contenuti, pur non avendo ancora prodotto un radicamento significativo in Italia, rappresentano comunque un rischio, specie per individui già esposti a dinamiche di isolamento sociale o crisi identitaria.

Stato Islamico e al-Qaeda.. sulla questione palestinese

Un elemento interessante che emerge dal monitoraggio delle organizzazioni terroristiche globali, afferma l'analista, è il differente approccio di Stato Islamico e al-Qaeda nei confronti della questione palestinese. Lo Stato islamico, dice, si posiziona come il vertice più estremo del radicalismo islamico e adotta una linea intransigente. Per lo Stato Islamico, Hamas è considerata nemica tanto quanto Israele, accusata di compromessi politici e di aver tradito la purezza dell’Islam. Le rare incursioni dello Stato Islamico nella Striscia di Gaza sono state caratterizzate da attacchi tanto contro Hamas quanto contro obiettivi israeliani.

Al-Qaeda, l’organizzazione guidata da Ayman al-Zawahiri (fino alla sua morte nel 2022) ha mantenuto una posizione più ambigua, dice. "Pur non supportando direttamente Hamas, al-Qaeda ne giustifica talvolta le azioni contro Israele, interpretandole come parte di una lotta più ampia contro “l’entità sionista”. Quando i leader di Hamas sono stati assassinati, al-Qaeda ha rilasciato comunicati di cordoglio, dimostrando un atteggiamento più morbido rispetto allo Stato Islamico", afferma. Queste differenze riflettono non solo divergenze ideologiche, ma anche approcci strategici differenti nel rapporto con i movimenti palestinesi.

Manifestazioni pro-palestinesi.. senza scontri

In Italia le manifestazioni pro-palestinesi si sono finora svolte senza episodi di violenza rilevanti. Anche eventi di grande risonanza, come la partita Italia-Israele a Udine, sono trascorsi in un clima pacifico, nonostante il rischio potenziale di tensioni. Questo dato è significativo e contrasta con quanto accade in altri paesi europei, dove manifestazioni simili sono spesso accompagnate da disordini o episodi di antisemitismo, dice. Questo non significa che il rischio sia inesistente. L’assenza di episodi violenti non deve far abbassare la guardia, afferma. L'Italia rimane comunque esposta al rischio di radicalizzazione individuale, il cosiddetto lupo solitario, che potrebbe essere ispirato da eventi internazionali o propaganda digitale. Ma, rimarca l'analista, in Italia c'è una situazione diversa rispetto ad altri paesi europei (Ape)

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