‘Fermarsi in tempo’, le avventure di Pasquale Pes tra l’Africa e il calcio anni ’80
La sua è stata una vita di imprenditore di successo con alcune tappe fondamentali nel mondo dello sport. E' entrato nel Consiglio d’amministrazione della As Roma, diventando l’uomo di fiducia del presidente Viola
Un libro fortemente voluto e scritto nel suo buen retiro in Kenya, dal titolo 'Fermarsi in tempo'. Pasquale Pes ha raccontato la sua vita, avventurosa ma ricca di successi. Una vita di imprenditore di successo ma con alcune tappe fondamentali nel mondo dello sport. Di umili origini, nato a Fiumicino nell’immediato dopoguerra, è partito da zero fino ad affermarsi nei settori dell’edilizia e delle infrastrutture, nella Libia del Colonnello Gheddafi, appena rientrato in Italia ha vinto la scommessa di entrare nel Consiglio d’amministrazione della As Roma, diventando in tempi brevi l’uomo di fiducia del presidente Viola e successivamente amico sincero del vulcanico Luciano Gaucci, al fianco del quale è entrato nella storia, vincendo con il cavallo Tony Bin il Grand Prix de l’Arc de Triomphe a Parigi.
Con Gaucci, conosciuto da presidente della Roma, ha condiviso poi anche la felice esperienza al Perugia. Ma il richiamo dell’Africa è stato incessante e ha deciso di intraprendere una nuova attività imprenditoriale in Kenia. Facendo tesoro dei consigli e degli errori dei suoi maestri, Viola e Gaucci, così diversi, ma uniti dalla straordinaria capacità di vivere situazioni sportive da protagonisti, mai da comprimari. Imparando a non andare oltre i suoi limiti. “Fermarsi in tempo” è un’autobiografia vera, senza veli e ricca di aneddoti, che racconta l’uomo, l’imprenditore, il dirigente sportivo.
E’ legato alle sue radici, a Fiumicino, dove ha dato vita a un circolo, l’Olimpia Club, con una piscina olimpionica e una squadra di pallanuoto competitiva, nella quale ha giocato anche Nanni Moretti, che Pes ha appoggiato finanziariamente in occasione dell’uscita del suo primo film di successo, 'Ecce Bombo'.
Pasquale Pes ha fatto tutto di corsa. Il duro lavoro per arrivare a permettersi giovanissimo l’indipendenza, la famiglia alla quale non ha mai fatto mancare niente, l’Olimpia Club che è diventato un riferimento importante per lo sport a Fiumicino, l’esperienza in Libia durante la prima era Gheddafi, il ritorno in Italia. Da quel momento ha sentito più forte il legame con la Roma, che aveva sempre seguito da tifoso. E così è diventato dirigente, non uno dei tanti, ma l’uomo più vicino a Dino Viola, il fidato e silente consigliere, il compagno di tanti viaggi in auto per seguire in trasferta la Roma.
A Malindi Pes ha riproposto l’Olimpia Club ed è stato un altro successo, che affiora in alcuni passaggi del libro (Edipro, 192 pagg. € 16), curato da Freddie del Curatolo e pubblicato grazie all’amico Oliviero Franceschi, nel quale Pes si racconta con sincerità e cuore. Le sue esperienze al fianco di Viola e Gaucci gli sono state utili nella sua vita, ha saputo evitare l’errore che loro hanno commesso, di non riuscire a frenare la smania di superare se stessi. Per questo il titolo scelto è “Fermarsi in tempo”, un libro da leggere tutto d’un fiato, con tanti ricordi e aneddoti. L’esperienza al fianco di Viola ha lasciato un segno indelebile nella sua vita. Il grande presidente dopo aver fatto sognare migliaia di tifosi giallorossi e aver regalato loro uno scudetto atteso mezzo secolo, ha cercato a sue spese di arrivare dove in pochissimi (Agnelli e Berlusconi, che Pes ha conosciuto personalmente) sono saliti.
Se nei confronti di Viola aveva una rispettosa ammirazione, il migliore amico dell’autore di questo libro è Luciano Gaucci che dopo la vittoria all’ippodromo di Parigi, battendo sceicchi titolati e miliardari proprietari di cavalli d’oro con una delle sue “pazze” scommesse, ha cercato di sovvertire le regole polverose del mondo del calcio. Ci sono tante storie di viaggi, di imprese sportive, di arbitri e dirigenti corrotti e calciatori e allenatori dalla grande umanità.
Cultura
ASP —Massimiliano Ossini: “Sul K2 ho capito il...
Il conduttore racconta la sua scalata della 'montagna selvaggia' nel suo ultimo libro
Un'esperienza al limite della sopravvivenza. Un viaggio duro, difficile, pericoloso. Una scalata che mette alla prova la capacità di resistere. Un'avventura da mozzare il fiato che, però, ha molto da insegnare e che nasconde un messaggio prezioso. Ovvero che, nella vita di tutti i giorni così come nelle prove più estreme, è necessario a volte rinunciare a compiere quel passo in più che "potrebbe essere fatale" e fermarsi. È l'insegnamento che Massimiliano Ossini, volto noto del piccolo schermo, ha tratto dalla 'prova impossibile' cui si è dedicato nello scorso mese di luglio: documentare in prima persona la spedizione di alcune alpiniste italiane e pakistane che hanno scelto di sfidare gli 8.611 metri della seconda montagna della Terra, il K2. Un'esperienza che il conduttore di 'Unomattina' su Rai 1 e ora concorrente di 'Ballando con le Stelle' descrive nel libro 'K2. Un passo dalla vetta, un passo dalla vita', pubblicato da Rai Libri e sugli scaffali da pochi giorni.
Questa esperienza, racconta Ossini all'AdnKronos, insegna il valore "di saper rinunciare e di fermarsi in qualsiasi situazione: in una scalata in montagna o nella vita di tutti i giorni. I social vorrebbero che fossimo i primi in tutto, in tutte le situazioni, a scuola o al lavoro. Ci vorrebbero tutti supereroi, stravolgendo la realtà. Ecco, durante questo viaggio, abbiamo capito sulla nostra pelle quanto sia importante la rinuncia che non è sinonimo di sconfitta ma di intelligenza". Ossini ricorda, a questo proposito: "Io sono stato benissimo, non ho avuto problemi ma ho deciso di arrivare al 75% delle mie potenzialità, tornando indietro. C'erano tante persone che mi aspettavano a casa e non volevo neanche mettere a rischio il gruppo con cui ho fatto l'impresa. Ho deciso di fermarmi ad un passo dalla vetta".
A settant’anni dalla storica prima ascensione del K2, Ossini si è confrontato con 'la Montagna Selvaggia', come viene definito il K2. "Ho accompagnato - dice - otto donne, quattro ragazze italiane e quattro pakistane. Per la prima volta al mondo due Paesi hanno celebrato i settant'anni dalla prima ascesa sul K2. Abbiamo voluto portare in cima i padroni di casa, le quattro pakistane insieme alle ragazze italiane, ricordando i primi che salirono su quella vetta: gli alpinisti Achille Compagnoni e Lino Lacedelli che compirono l'impresa nel 1954 con l'aiuto fondamentale di Walter Bonatti. È stato - prosegue Ossini - un viaggio molto fisico: è una delle esperienze più difficili al limite della sopravvivenza. Purtroppo, nel corso della spedizione, ci sono state delle persone che non ce l'hanno fatta, altre si sono dovute ritirare perché hanno avuto edemi polmonari e cerebrali".
La scalata del K2, infatti, non è stata accompagnata soltanto da disagi improponibili ma anche, e soprattutto, da tragedie che hanno scandito la lenta e faticosa ascesa verso la vetta. "Un ragazzo, un portatore, purtroppo è morto. Ha avuto un edema cerebrale. È uscito dalla tenda, ed è morto per ipotermia". Non solo: "Tra le pakistane c'era Samira che aveva già raggiunto per quattro volte gli ottomila metri. Nel corso della spedizione, arrivati al campo base è stata male. Ha avuto anche lei un edema polmonare ed è stata accompagnata d'urgenza al primo villaggio con un asino e la bombola d'ossigeno facendo 60 chilometri. Due giapponesi, che avevano una tenda accanto alla nostra, stavano provando a raggiungere la cima dalla parte occidentale. Purtroppo sono caduti ed entrambi sono morti".
D'altro canto, conclude Ossini, è stata anche una prova "psicologica: abbiamo vissuto per un mese facendo 190 chilometri. Abbiamo dormito sempre in tenda, non ci potevamo fare la doccia. L'unico momento in cui si stava insieme al caldo era quando eravamo vicino al fornello a cucinare". Un'avventura, afferma il conduttore, durante la quale "ci siamo spogliati di tutto, lasciando a casa tutti gli orpelli della vita quotidiana".(di Carlo Roma)
Cultura
“Le esigenze di oggi e la sanità del futuro”,...
Il contributo del ministro della Salute alla 34esima edizione del volume
"Le esigenze di oggi e la sanità del futuro" nell'intervento nel Libro dei Fatti 2024 del ministro della Salute Orazio Schillaci, autore del contributo presente nel volume giunto quest'anno alla 34esima edizione.
L'intervento del ministro Schillaci
"Il 2024 è l’anno della Presidenza italiana del G7. Per la salute globale è un momento importante. È l’anno in cui, grazie al nostro impulso, ai vertici internazionali si discute della necessità di mettere al centro di qualsiasi azione sanitaria la prevenzione e l’approccio One Health per la tutela della salute umana, animale e ambientale.
È l’anno in cui si impone definitivamente l’intelligenza artificiale, che vogliamo sia governata dall’uomo secondo l’etica e la responsabilità e che è destinata a incidere significativamente sulla salute, ampliando la possibilità di cura in tante malattie, aiutando i medici a fare diagnosi più precise, andando verso una medicina sempre più personalizzata.
È l’anno in cui iniziano a consolidarsi gli investimenti previsti dalla Missione 6 Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il potenziamento dell’assistenza territoriale e della digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Siamo al lavoro per migliorare e rinforzare la sanità pubblica, per valorizzare e tutelare medici, infermieri e tutto il personale sanitario. È un impegno senza sosta nell’interesse dei cittadini, per superare le disuguaglianze e garantire un’offerta sanitaria omogenea e sostenibile su tutto il territorio nazionale.
Abbiamo aumentato le risorse del Fondo sanitario nazionale raggiungendo solo nel 2024 la cifra record di oltre 134 miliardi di euro. Siamo intervenuti con coraggio e visione per ridurre l’annoso problema delle liste d’attesa, abbiamo messo più risorse per i rinnovi contrattuali, prorogato lo scudo penale per i medici e assunto l’impegno di abolire il tetto di spesa alle Regioni per le assunzioni in modo da poter potenziare il personale nella sanità pubblica.
Abbiamo avviato un percorso di riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale che ha bisogno di tempo per vedere dispiegati pienamente i propri benefici, soprattutto dopo le politiche poco lungimiranti del passato.
Voglio concludere ricordando che dal 2024 l’Italia finalmente si è dotata di una legge sul diritto all’oblio oncologico frutto dell’attività del Parlamento e sostenuta con forza dal Governo. Una legge di grande sensibilità, con la quale ci prendiamo cura di chi è guarito dal cancro affinché non debba più subire discriminazioni. Passo dopo passo, diamo risposte alle esigenze di oggi e costruiamo la sanità del futuro".
Cultura
‘L’ombra di Artemisia’, destini...
Il romanzo sulla fragilità e sugli abusi firmato dallo scrittore e sceneggiatore
Due destini che si incrociano e si sovrappongono. Due esperienze tragiche e dolorose che sembrano rincorrersi anche se si sviluppano in tempi e modi completamente diversi. Esperienze unite dallo stesso filo conduttore, la violenza sulle donne. Questo il senso de 'L'ombra di Artemisia', un romanzo sulla fragilità e sugli abusi firmato dallo scrittore e sceneggiatore Maurizio Cohen e pubblicato da Vallecchi (pp. 316 euro 18). "Quando al desiderio di un uomo si unisce la forza e si sottrae il rispetto non c'è difesa", si legge nel libro. Una 'verità' che sono costrette a sperimentare le due protagoniste del libro: Jenny, una giovane attrice, e la pittrice Artemisia Gentileschi su cui proprio Jenny sta girando un film.
Nella Roma del Seicento, attraversata da fermenti culturali di ogni genere, laboratorio di arte e di cultura, la vita di Artemisia è sottoposta al giudizio inappellabile dell'Inquisizione. "Questa donna, eminenza, continua a peccare. Non solo - è l'accusa piombata addosso ad Artemisia - ha infangato l'onore e la rispettabilità di molti devoti e generosi cittadini, ma sta tentando, complice il maligno ospitato tra le sue gambe sin da quando era adolescente, di mostrarsi santa. Beata vittima agli occhi di noi tutti". Non solo, Artemisia è anche violentata da un amico del padre, suo insegnante di pittura. E' lo stesso destino che capita anche a Jenny. La ragazza durante le riprese della pellicola, tornando a casa, viene aggredita da tre giovani della Roma 'bene'. Un violenza che viene messa in atto in una data simbolica, il giorno in cui si omaggiano e festeggiano le donne, l'otto marzo. E così la vicenda tragica vissuta da un personaggio storico di primo piano e quella di Jenny in qualche modo si uniscono. Ancora sotto shock, la ragazza si ritrova nella paradossale situazione di dover affrontare due processi: la mattina in tribunale, quello per direttissima per lo stupro vissuto sulla sua pelle, e il pomeriggio quello di Artemisia riprodotto sul set.
Così, poco alla volta, il personaggio della pittrice diventa per Jenny una sorta di ossessione. Le due donne, superando qualsiasi vincolo temporale, instaurano un rapporto ricco di emozioni e complicità ma anche di forti incomprensioni, che finisce per minacciare la stabilità psicologica della già fragile Jenny. Il libro di Cohen - che ha scritto i libri 'La gabbia' e 'Novanta' e ha collaborato con diversi registi tra cui Francesco Nuti, Tinto Brass e José Sanchez - è un racconto che dimostra una sola grande verità: nel corso della storia nulla cambia e tutto si ripete.