Connected care, Fnopi: “Professioni infermieristiche perno dell’assistenza digitale”
La presidente Mangiacavalli: "La tecnologia aggiunge valore solo se consente l'erogazione di nuovi servizi, più sostenibili, più personalizzati"
"Le professioni infermieristiche - per il loro indissolubile legame ai concetti di relazione, presa in carico, comunicazione - sono e restano quelle attorno alle quali far ruotare il nuovo concetto di assistenza digitale: la tecnologia aggiunge valore solo se consente l'erogazione di nuovi servizi, più sostenibili, più personalizzati, capaci di rilevare bisogni di salute oggi poco o per nulla presidiati". Con queste parole Barbara Mangiacavalli, presidente nazionale Fnopi, Federazione nazionale Ordini delle professioni infermieristiche, ha aperto i lavori del convegno 'Connected Care - Frontiere attuali e fattori di successo nella trasformazione digitale in sanità', organizzato dalla Federazione in collaborazione con l'Università di Bologna per l'intera giornata del 17 settembre. Ai lavori, ospitati nell'Aula Absidale di Santa Lucia, partecipano referenti di ministero della Salute, Dipartimento della trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio, Agenas, Garante per la protezione dei dati personali, Regioni, università, professioni sanitarie e sociosanitarie.
Al centro del dibattito c'è la necessità del cambiamento dei modelli organizzativi, con la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nel cambiamento. Sul ruolo decisivo giocato in questa fase transizionale dai professionisti della salute in generale, e dagli infermieri in particolare, a inizio giornata il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all'Innovazione, Alessio Butti, ha spiegato come il Governo stia "costruendo un nuovo modello di sanità digitale che è fondato su 3 pilastri principali: il Fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina e l'intelligenza artificiale. Rispetto al Fascicolo sanitario elettronico (Fse), ora anche gli infermieri, con il consenso del paziente, possono accedere ai dati necessari a un normale processo di cura. Questo - ha aggiunto - è riconoscimento del ruolo cruciale che già svolgono ogni giorno del nostro Servizio sanitario nazionale e che ora va supportato in modo concreto".
Nel suo intervento Guido Scorza, componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali, si è soffermato sulla "sfida comune da non perdere. L'innovazione fa parte del presente - ha sottolineato - e va gestita con una buona dose di bilanciamento tra i diritti dei cittadini: quello a stare bene e a vedere tutelata la propria dignità e la propria privacy. Non può esistere contrapposizione tra diritti. Per garantire questo equilibrio è fondamentale un'azione di controllo da parte del cittadino sui propri dati, nel segno della massima trasparenza".
La transizione digitale, oltre che al tema dei dati, si lega a doppio filo con quello della formazione. "Non a caso - ha evidenziato Paco D'Onofrio, professore associato del Dipartimento di Scienze per la qualità della vita dell'Università di Bologna - questo convegno è ospitato nelle sale" dell'ateneo bolognese "che è tra i principali artefici di un processo di rinnovamento, sviluppo e ricerca. E anche l'investimento sulla componente infermieristica è da molti anni particolarmente spiccato. Crediamo che appuntamenti come questi possano contribuire ad alimentare il senso di partecipazione al percorso di miglioramento che parte proprio dalla formazione".
Il convegno è anche l'occasione per la Fnopi di presentare un approfondimento del position statement sulla sanità digitale pubblicato dalla Federazione a ottobre 2023 e ora arricchito da ulteriori riflessioni. "Si tratta - ha illustrato il consigliere nazionale e presidente di Opi Bologna, Pietro Giurdanella - di un'analisi dettagliata dei punti cardine del documento, ovvero: l'ultimo miglio come luogo di prossimità, la fragilità digitale, la relazione di cura al centro dell'azione degli infermieri, il cambio dei modelli organizzativi per implementare la sanità digitale, la comunicazione, la formazione, la responsabilità professionale. All'interno di questo studio approfondito è possibile trovare la nostra logica di cambiamento che ha a che fare con le competenze degli infermieri, con la formazione dei cittadini e - ha concluso - con il necessario cambio dei paradigmi".
Salute e Benessere
Fargnoli (Sidemast): “Per cura psoriasi...
'Sono loro a dover inviare i pazienti dallo specialista, preoccupa ancora abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento'
Anche 12 anni di attesa prima di ottenere le prime terapie specifiche. Per i pazienti con psoriasi curarsi è un'odissea. "I motivi del ritardo nell'inizio dei trattamenti sono da cercare nel territorio. Dobbiamo sensibilizzare i medici di medicina generale a inviare i pazienti dallo specialista, ma anche sensibilizzare lo stesso paziente". Lo ha detto Maria Concetta Fargnoli, ordinaria di Dermatologia e Venereologia presso l'Università dell'Aquila e vicepresidente di Sidemast (Società italiana di dermatologia e delle malattie sessualmente trasmesse), intervendo alla conferenza stampa a Roma sull'approvazione della rimborsabilità per il farmaco orale deucravacitinib.
L'altro problema è che il paziente rinuncia con facilità alle cure. "C'è una preoccupante tendenza - fa notare Fargnoli - all'abbandono delle terapie appena c'è un miglioramento, oppure si dilazionano gli intervalli di assunzione del farmaco senza che venga indicato dal medico. Problemi che nascono dalla sottovalutazione della condizione".
Al momento "per la psoriasi moderata severa abbiamo diverse terapie – spiega Fargnoli all'Adnkronos Salute - farmaci convenzionali che hanno sicuramente il limite in termini di efficacia, ma soprattutto di trattamento a lungo termine per la tossicità, e poi abbiamo i farmaci innovativi tra cui biologici e piccole molecole. I biologici di prima generazione sono molto efficaci, ma vengono spesso percepiti troppo forti dal paziente che invece vorrebbe, soprattutto nelle forme moderate, un trattamento meno aggressivo". Tra le richieste dei pazienti "un farmaco che riduca il burden infiammatorio e quelle che sono le comorbidità associate che necessitano una presa in carico multidisciplinare e quindi una collaborazione tra dermatologo, reumatologo, gastroenterologo, solo per fare alcuni esempi. Questa nuova molecola può aiutare i pazienti ad uscire dal guscio e riprendersi la loro vita, perché spesso a causa della psoriasi evitano le relazioni sociali", conclude.
Salute e Benessere
Processo al vino, condannato solo per rischi nei minori e...
Il vino fa male alla salute? Va condannato o assolto? La sentenza è stata pronunciata al termine di un processo in piena regola che si è celebrato ieri sera a Milano, promosso dall'Ordine dei medici provinciale OmceoMi: vino "colpevole", ma solo in parte, "per il fatto di essere certamente pericoloso per i soggetti vulnerabili, per i minorenni e per le donne in stato di gravidanza", e per questo "condannato a 18 mesi di lavori socialmente utili da scontare in un'azienda che produce vino analcolico". Vino "assolto", invece, "per i principali capi di imputazione (112, 590, 589 co. I e IV del codice penale), perché il fatto non costituisce reato".
La difesa esulta: "Si è confuso l'uso consapevole e moderato, che ha portato all'assoluzione, con l'abuso che invece è molto pericoloso, ma che non riguardava i capi d'imputazione. Tutti gli allarmi lanciati dagli esperti riguardano prevalentemente proprio l'abuso. Su cui tutti siamo d'accordo", si legge in una nota diffusa dopo il dibattimento che si è svolto nella sede di Confcommercio, presentato dall'ex rettore dell'università Statale meneghina, Elio Franzini, e diretto da Nunzia Gatto, già avvocato generale al Palazzo di Giustizia di Milano, incaricata dal presidente del tribunale Fabio Roia. Il vino è stato rappresentato dal produttore Walter Massa. Portavoce dell'accusa il magistrato Eugenio Fusco ("a differenza di quanto si dice il vino non ha effetti benefici", ha sostenuto nell'arringa), supportato dai testi Andrea Arighi (direttore Ssd Neurologia-Malattie neurodegenerative Policlinico Milano), Irene Cetin (direttrice Sc Ostetricia e Ginecologia Policlinico Milano) e Alberto Martelli, pediatra. Rappresentanti della difesa le avvocate Ilaria Livigni e Giorgia Andreis, sostenute dai testi Luigi Saverio Belli (direttore Sc Epatologia e Gastroenterologia Niguarda Milano), Stefano Carugo (direttore Uoc Cardiologia Policlinico Milano) e Vito Intini (presidente Onav, Organizzazione nazionale assaggiatori vino).
Le perizie sono state affidate ai medici legali Riccardo Zoja, Arnaldo Migliorini e Giuseppe Deleo, mentre la giuria era composta da Pierluigi Vecchio (direttore Federazione nazionale Ordini dei medici Fnomceo), Andrea Senna (presidente odontoiatri OmceoMi), Roberto Monaco (presidente Ordine medici Siena e segretario Fnomceo) e Filippo Anelli (presidente Fnomceo). "Questa sentenza rispecchia ciò che è emerso dal dibattimento - dichiara Roberto Carlo Rossi, presidente OmceoMi - Attenzione alle persone fragili, ai giovani e giovanissimi, alle donne in gravidanza, dove il vino può davvero essere pericoloso. Attenzione all'abuso, certamente. Ma nessuna evidenza scientifica reale attesta che il vino consumato correttamente sia dannoso per la salute e debba essere vietato".
Per il pediatra Martelli, pro-accusa, "in Italia i numeri relativi al consumo di etanolo fra i giovani sono davvero allarmanti. Il vino sembra però rientrare in questo fenomeno molto marginalmente, perché i giovani abusano perlopiù di superalcolici. Per i minori un percorso educazionale appare essere non più rimandabile in ambito famigliare e scolastico". Il neurologo Arighi avverte che "il consumo eccessivo e cronico di vino comporta gravi danni neurologici, sia a breve che a lungo termine. L'alcol, metabolizzato in acetaldeide, una sostanza tossica, causa stress ossidativo e danni alle cellule nervose. In acuto l'abuso di vino può portare a intossicazione alcolica e crisi epilettiche, nonché ad un aumentato rischio di ictus", mentre "l'assunzione cronica può causare patologie come la demenza alcolica, la neuropatia periferica, oltre a compromettere gravemente la memoria e le funzioni cognitive". Per la ginecologa Cetin, il vino "nuoce al feto durante tutta la gravidanza. Se si pianifica una gravidanza, è opportuno non bere vino e alcolici già dal mese precedente il concepimento perché l'alcol determina modificazioni epigenetiche ai gameti, anche a quelli maschili, che si formano nei 70 giorni precedenti il concepimento. Gli effetti tossici del vino sono principalmente legati al danno neuronale causato dall'etanolo e alla perdita neuronale conseguente. Queste condizioni sono poi associate anche a potenziali esiti nella vita futura".
La difesa sottoscrive i rischi dell'abuso, ma aggiunge altre osservazioni. "Il vino fa male al cuore? In assoluto no - dice il cardiologo Carugo - Le linee guida cardiologiche raccomandano 2 bicchieri (meglio vino rosso) per i maschi e 1 per le donne al giorno, e in generale non più di 100 grammi di alcool la settimana. I polifenoli (resveratrolo) esercitano un'attività antiossidante e antinfiammatoria, e fanno parte in toto della dieta mediterranea assai cardioprotettiva. Ovviamente il vino va assunto con moderazione, ma la complessità ed eterogeneità della 'matrice vino' è il veicolo ideale per aumentarne biodisponibilità e potenziali effetti biologici. L'azione pleiotropica, sinergica e additiva dei diversi fenoli potrebbe spiegare l'effetto protettivo esercitato dal vino anche a fronte di basse concentrazioni". E per non rovinarsi il fegato? "Il limite della moderazione viene abitualmente posto a 2 unità alcoliche al giorno per la donna e a 3 unità alcoliche al giorno per l'uomo - risponde l'epatologo Belli - Una unità alcolica corrisponde a circa 10 grammi di alcol, il contenuto di bicchiere di vino o di una birra da 250 cc. Il vino, anche in piccole quantità, è invece sconsigliabile nei soggetti che dovessero avere malattie epatiche concomitanti soprattutto se avanzate, come la cirrosi da qualunque causa. L'uso smodato dell'alcol è un capitolo a sé stante e può essere causa di malattia di 2 organi: il fegato, fino allo sviluppo di cirrosi, e il cervello quando si instaura dipendenza. Condizioni che nulla hanno a che vedere con il consumo moderato e raccomandato".
Salute e Benessere
Medicina, diagnostica per immagini sempre più centrale...
Gli interventi del radiologo Gualdi nei prossimi congressi
La frontiera della cardiologia viene applicata allo sport, e in particolare alle risposte degli atleti agli stress cardiaci. I casi drammatici e recenti di problemi cardiaci riscontrati durante le competizioni hanno riacceso il dibattito sulla salute degli sportivi e sulle potenzialità della medicina di leggere in anticipo i rischi e individuare le soluzioni. Anche di questo si parlerà il prossimo 25 ottobre a Roma con Gianfranco Gualdi, direttore scientifico del servizio di Diagnostica per immagini dell’Istituto di Medicina e scienze dello sport del Coni, terrà una relazione sulle “modificazioni che possono verificarsi negli atleti sottoposti ad attività agonistica a carico delle strutture cardiache con individuazione del sottile margine tra fisiologico e patologico al fine di accertarne l’idoneità sportiva”. L’intervento è inserito all’interno del 21.simo Congresso Romacuore 2024, organizzato da Collegio federativo di Cardiologia che avrà come tema centrale ‘il ruolo dell’imaging avanzato nelle idoneità sportive: tra fisiologia e patologia’.
Verranno invece descritte nel corso del 107.simo Congresso nazionale Siot, Società italiana di ortopedia e traumatologia, le ultime scoperte mediche sull’instabilità post-traumatica acuta e cronica della spalla nell’atleta. Nell’ambito dell’evento, previsto a Roma dal 29 e il 31 ottobre, è previsto infatti l’intervento di Gualdi che nasce dall’esperienza maturata nel settore sportivo. Partendo dalle modificazioni con coinvolgimento delle strutture anatomiche della spalla, nel suo intervento, il professore, già direttore dell’Unità operativa complessa di Radiologia d’Urgenza del Policlinico Umberto I di Roma, punterà a dimostrare le alterazioni che possono verificarsi a carico delle strutture legamentose e tendinee, oltre che a carico della cartilagine e dei capi ossei e delle strutture muscolari.